Primary health care. Ora più che mai
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- 26 Gennaio 2009
di Enrico Materia
La strategia integrata di cure primarie (primary health care), formulata nella Dichiarazione di Alma-Ata nel 1978, proponeva un ventaglio di valori guida per lo sviluppo sanitario (equità, intersettorialità, tecnologie appropriate e partecipazione della comunità) e una serie di approcci per organizzare i servizi sanitari e per dare risposta ai bisogni di salute.
Questa strategia è ancora valida? Il rapporto 2008 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità[1] attesta che, oggi più che mai, la primary health care è necessaria per ridurre le crescenti diseguaglianze nella salute e per rispondere alla domanda di assistenza sanitaria centrata sulla persona. Forse, è iniziata una nuova era nella storia della salute globale.
Tre decenni orsono, sullo sfondo della guerra fredda, 134 Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 67 agenzie internazionali e diverse organizzazioni non governative, riuniti nella conferenza tenutasi ad Alma-Ata, raggiunsero un accordo epocale: adottare la primary health care come prospettiva di riferimento per raggiungere “la salute per tutti” nell’anno 2000[2].
La strategia di politica sanitaria enunciata ad Alma-Ata coniugava la salute ai diritti umani e alla giustizia sociale per rendere universalmente accessibili i servizi sanitari essenziali. Ampliava il modello medico riconoscendo l’importanza per la salute dei fattori socioeconomici. Dava spazio a soluzioni a livello locale onorando la resilienza, le capacità e il senso d’appartenenza delle comunità. Soprattutto, la primary health care offriva una piattaforma per organizzare l’intero ventaglio dei servizi sanitari, dalle famiglie agli ospedali, dalla prevenzione alla cura, con risorse distribuite con efficienza nei diversi livelli assistenziali[3].
Le cose poi andarono diversamente. La prospettiva di Alma-Ata fu duramente contrastata dalle istituzioni tecnocratiche internazionali (in primis la Banca Mondiale) e dal soft-power dell’establishment medico, svalutata come utopica, mentre gli approcci selettivi e verticali per il controllo di singole malattie prendevano il sopravvento.
Oggi, dopo anni d’oblio, la primary health care è risorta e il Rapporto 2008 dell’OMS esplicita perché, ora più che mai, vi è bisogno di tornare ad Alma-Ata.
A fronte del miglioramento complessivo dello stato di salute conseguito nelle ultime decadi, le diseguaglianze nella salute sono cresciute sia tra i paesi sia al loro interno. I sistemi sanitari, soprattutto nei paesi poveri, sottofinanziati e costretti a orientarsi verso la privatizzazione e forme deregolamentate di commercializzazione della salute, hanno perso di vista la protezione sociale e l’equità: si stima che più di cento milioni di persone cadano ogni anno in povertà a causa delle spese mediche. L’offerta assistenziale è poi incentrata sugli ospedali e sulle cure specialistiche, frammentata in una miriade di programmi per il controllo di singole malattie, quando la promozione della salute e la prevenzione primaria potrebbero prevenire fino al 70% del carico di malattia[4,5].
I valori espressi ad Alma-Ata, da molti considerati allora principi etici radicali, sono divenuti aspettative sociali largamente diffuse tra le popolazioni: la risposta deve giungere da sistemi sanitari orientati ad assicurare l’equità e soddisfare la crescente domanda di assistenza centrata sulla persona.
L’OMS propone dunque una visione aggiornata della primary health care basata non tanto sulla definizione dei “pacchetti” essenziali di interventi, quanto sul ruolo dei sistemi sanitari definito dalle dinamiche sociali nelle varie società.
L’agenda per tradurre in pratica la strategia è costituita da quattro gruppi di riforme orientate all’equità, alla solidarietà e all’inclusione sociale. Le riforme della primary health care, da adattare ai diversi contesti locali, riguardano:
a) La copertura universale. Il settore sanitario, oltre a promuovere azioni intersettoriali per agire sui determinanti sociali[6], può migliorare l’equità nella salute attraverso riforme indirizzate verso la copertura universale. Questa va intesa come accesso ai servizi sanitari per l’intera popolazione, abbinato alla garanzia della protezione sociale attraverso meccanismi perequativi di finanziamento della spesa sanitaria.
b) L’erogazione dei servizi. Le riforme per l’erogazione dei servizi mirano a mettere al centro dei servizi la persona, i suoi bisogni e le sue aspettative, e a migliorare gli esiti di salute. A tal fine è necessario integrare i livelli assistenziali, dalla promozione alla prevenzione e al trattamento, garantire la continuità assistenziale, assicurando efficacia, appropriatezza e sicurezza delle cure. Vi è anche bisogno di recuperare la dimensione umana dell’assistenza, promuovere l’empowerment e l’auto-cura dei pazienti, e rispettarne i bisogni di dignità, autonomia, riservatezza e informazione. Mettere al centro la persona comporta abbandonare la logica mercantile del business as usual.
c) Le politiche pubbliche di promozione e protezione della salute. Le riforme delle politiche pubbliche per promuovere e proteggere la salute delle popolazioni riguardano: le politiche per il corretto funzionamento delle varie componenti del sistema sanitario7, da quelle per risolvere la crisi delle risorse umane a quelle per i farmaci essenziali e le tecnologie sanitarie; le politiche di sanità pubblica, dagli interventi locali di igiene ambientale fino alle strategie sovranazionali per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, controllare le pandemie e preparare risposte rapide in caso di disastri; infine, le politiche degli altri settori della società secondo il dettato “la salute in tutte le politiche”.
d) Il governo della sanità. Queste riforme richiedono nuove forme di leadership e di governo della sanità, per permettere la gestione della complessità degli odierni sistemi sanitari e rendere le autorità più responsabili di fronte alle popolazioni. Il modello auspicato è di una leadership collaborativa, partecipatoria, pluralista, basata sul negoziato, che rimpiazzi gli opposti canoni del comando centralistico da una parte e del laissez-faire privo di regole che vede “lo stato come problema” dall’altra.
Primary health care: riforme dei sistemi sanitari di segno opposto
Il rapporto è stato presentato nello scorso ottobre ad Almaty (già Alma-Ata, in Kazakistan), in occasione del trentennale della conferenza. Un “ritorno al futuro” che rappresenta un nuovo libro dei sogni buono per ogni occasione oppure un piano concreto che potrebbe finalmente realizzarsi?
Al riguardo sono opportune due considerazioni.
Primo, il rapporto propone di rendere operativa la strategia della primary health care attraverso riforme dei sistemi sanitari orientate a renderli pienamente responsabili della loro funzione di istituzioni sociali nell’ambito del contratto tra stato e cittadini: lo sviluppo di una società può essere infatti giudicato dalla qualità della salute dei suoi cittadini, dall’equità della sua distribuzione e dal livello di protezione che viene ad essi garantito[7]. Riforme dei sistemi sanitari, dunque, ma di segno ben diverso da quelle stampate sulla logica del mercato in sanità e sul privato come modello, risultate fallimentari dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza, e catastrofiche da quello dell’equità[8].
Poi, è lo spirito del tempo, l’umore culturale – quella complessità epistemologica che oggi caratterizza la nostra contemporaneità – a sottendere e improntare la strategia aggiornata, inclusiva e integrata, di primary health care. Il movimento di Alma-Ata già affondava le sue radici culturali nella complessità, in antinomia con i modelli scientistici e tecnocratici, selettivi e verticali, tipici di una Modernità giunta al suo declino.
Questa volta la domanda sale dal corpo sociale, segnato nella carne da politiche globali di stampo predatorio, e non solo da un manipolo di operatori sanitari visionari fermi a difesa di Termopili9.
Risorse
The World Health Report 2008: Primary Health Care, Now More Than Ever. Geneva: WHO, 2008 [PDF: 3.7 Mb]
Primary Health Care: Report of the International Conference on Primary Health Care. Alma-Ata, URSS, 6-12 settembre 1978. Geneva: World Health Organization, 1978 (Health for All Series N° 1). [PDF: 12 Kb]
CSDH (2008). Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Final Report of the Commission on Social Determinants of Health. Geneva: World Health Organization, 2008. [PDF: 7.28 Mb]
- The World Health Report 2008: Primary Health Care, Now More Than Ever. Geneva: WHO, 2008 [PDF: 7.28]
- Primary Health Care: Report of the International Conference on Primary Health Care. Alma-Ata, URSS, 6-12 settembre 1978. Geneva: World Health Organization, 1978 (Health for All Series N° 1).
- Chan M. Return to Alma-Ata. Lancet 2008; 372: 865-6.
- Fries JF et al. Reducing health care costs by reducing the need and demand for medical services. New Engl J Med 1993; 329: 321-5.
- The World Health Report 2002 – Reducing risks, promoting healthy life. Geneva: World Health Organization, 2002.
- CSDH (2008). Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Final Report of the Commission on Social Determinants of Health. Geneva: World Health Organization, 2008.
- Everybody’s business – strengthening health systems to improve health outcomes. Geneva: World Health Organization, 2007.
- Marmot M. Achieving health equity: from root causes to fair outcomes. Lancet 2007; 370: 1153-63.
- Godlee F. The market has failed. BMJ 2008; 335.
- Termopili. In: Kavafis C. Settantacinque poesie. Torino: Einaudi, 1992.
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