Una ricerca Istat smonta il mito dell'immigrato untore

di Giovanni Baglio

immigrati_saluteGli immigrati hanno condizioni e bisogni sanitari simili a quelli degli italiani. Da una ricerca dell’Istat il profilo di una popolazione “normale”, del tutto estranea agli esotismi sanitari, solo più esposta alle insidie della marginalità…

Può dirsi tramontato il mito degli immigrati untori?
Si sa che i miti hanno vita lunga, popolati come sono degli stessi angeli e demoni che agitano la storia degli uomini.

Un significativo contributo sul terreno della demitizzazione arriva dalla ricerca dell’Istat “Salute e ricorso ai servizi sanitari della popolazione straniera residente in Italia”, condotta nel 2005 nell’ambito del sistema di Indagini Multiscopo, pubblicata recentemente (in Risorse).

Il campione selezionato è considerevole (circa 3.500 unità) e fa riferimento a persone con cittadinanza non italiana, iscritte nelle liste anagrafiche comunali (collettivo stimato intorno a 2,5 milioni nel 2005). Questo limita la generalizzabilità dei risultati agli stranieri residenti, è vero; ma si tratta pur sempre della componente largamente maggioritaria tra gli immigrati, ancorché la più stabile – in termini di permanenza sul territorio – e integrata nel tessuto socio-demografico del nostro Paese.

L’intento è chiaro, fin dall’incipit: offrire uno spaccato del profilo epidemiologico e dei principali bisogni di salute della popolazione immigrata, a partire dai quali riprogettare l’offerta sanitaria in favore di un’utenza sempre più diversificata sul versante multietnico.

Per tale ragione, l’indagine si sviluppa su un ampio ventaglio di temi rilevanti: dalle condizioni di salute-malattia agli stili di vita, dagli aspetti della prevenzione a quelli della cura, con approfondimenti sulla questione cruciale dell’accessibilità dei servizi e sugli ambiti della salute riproduttiva e del percorso nascita. Vi si trova anche una sezione dedicata agli aspetti della soddisfazione dei pazienti, argomento generalmente poco esplorato altrove.

Emerge il profilo di una popolazione “normale”, con bisogni di salute abbastanza vicini a quelli degli italiani: una popolazione del tutto estranea agli esotismi sanitari, solo più esposta alle insidie della marginalità.

La presenza di malattie nelle quattro settimane precedenti l’indagine è risultata inferiore tra gli stranieri intervistati (23%) rispetto agli italiani (27%), al netto delle differenze per età. Analogamente, il dato sulla salute percepita è risultato favorevole agli stranieri (l’80% ha riferito di sentirsi bene, contro il 72% degli italiani).

Gli immigrati si confermano, dunque, portatori di un patrimonio di salute che tende a mantenersi nel tempo, nonostante l’esposizione ai numerosi fattori di rischio presenti nel Paese ospite (lentezza dei processi di integrazione, condizioni di disagio sociale, ridotta accessibilità dei servizi). Si tratta del cosiddetto “effetto migrante sano”, una sorta di selezione naturale all’origine per cui decide di emigrare chi è in buone condizioni di salute. A questo si aggiunge anche un certo numero (difficilmente quantificabile) di soggetti anziani o ammalati che fanno ritorno nel proprio Paese natale per curarsi o perché non più in grado di mantenersi in Italia.

Tra le malattie più frequentemente riportate troviamo le comuni affezioni del sistema respiratorio (12%) e degli apparati muscolo-scheletrico e digerente (entrambi al 3%); non si evidenziano, peraltro, differenze rilevanti nei pattern di malattia tra la popolazione straniera e quella italiana.

L’accesso alle strutture sanitarie da parte degli immigrati si mantiene complessivamente su livelli inferiori rispetto agli italiani: nelle quattro settimane che hanno preceduto l’intervista, solo il 14% degli immigrati si è sottoposto a controlli medici, contro il 25% degli italiani; mentre il 6,8% ha eseguito un accertamento diagnostico, contro il 9,6%.

Sul versante dell’ospedalizzazione, non si segnalano differenze di rilievo: 2,1% di ricoveri nei due mesi precedenti tra gli stranieri e 2,2% tra gli italiani. A fare uso dei servizi ospedalieri sono soprattutto le donne, per motivi in gran parte riconducibili alla fisiologia della salute riproduttiva (gravidanza e parto); mentre tra gli uomini, troviamo al primo posto i traumatismi (33% rispetto al 17% degli italiani), già segnalati da più parti come vera criticità emergente per la salute degli immigrati 1-3.

Si sottolinea il dato relativo agli accessi di pronto soccorso, da cui emerge che gli stranieri ricorrono alle prestazioni in emergenza con maggiore frequenza rispetto agli italiani (5,7% e 3,8% rispettivamente). Esiste, peraltro, il fondato sospetto che l’utilizzo del pronto soccorso sia solo in parte ricollegabile a un’effettiva gravità delle condizioni cliniche, essendo in molti casi indizio di una minore conoscenza dei percorsi assistenziali, soprattutto a livello di sanità territoriale.

A riguardo, una dimensione dell’assistenza che può essere assunta come indicatore del grado di integrazione sanitaria raggiunto dagli immigrati nel nostro Paese è quella relativa al percorso nascita. È vero che in questi anni, a partire dal 1998 (anno di approvazione della Legge Turco-Napolitano, che garantisce il diritto di accesso ai servizi ambulatoriali per tutti gli immigrati, anche irregolari), sono progressivamente migliorate le condizioni generali di assistenza alla maternità 4-5. Tuttavia, si segnalano ancora oggi carenze di informazioni, per esempio rispetto alla possibilità di ricorrere a esami di diagnosi prenatale, un certo ritardo nell’accesso ai controlli (in termini di prima visita e prima ecografia) e una sorveglianza prenatale complessivamente ridotta (6,6 visite e 4,4 ecografie in media tra le immigrate, contro 7,1 e 5,6 tra le italiane): dati solo parzialmente interpretabili alla luce di una minore medicalizzazione della gravidanza tra le straniere.

Le difficoltà emerse sul percorso nascita si confermano sul versante più generale della prevenzione. Del resto, nella prevenzione non vi è nulla, a parte la consapevolezza che la salute è un bene da tutelare, che renda urgente e indifferibile il ricorso ai servizi; e barriere di varia natura possono più facilmente tradursi in un accesso mancato. Tanto per fare un esempio, si registra un minore coinvolgimento delle donne straniere nei programmi di screening: 52% per il pap-test e 43% per la mammografia, contro 72% e 73% delle donne italiane.

Per concludere, due brevi considerazioni.

La prima è che i dati pubblicati dall’Istat, in coerenza con altri studi e punti di osservazione sul fenomeno migratorio in Italia 1, 6-7, concorrono a delineare un quadro realistico delle condizioni di salute della popolazione straniera nel nostro Paese, che sta agli stereotipi e agli allarmismi sanitari come il buon governo vorrei dire sta alla demagogia!

La seconda considerazione è che in tempi di turbolenze e derive xenofobe che, minando alla base la coesione sociale, rischiano di innescare pericolosi processi di disgregazione, il richiamo alla ragionevolezza e ai dati di realtà dovrebbe tradursi in “metodo di lavoro”, per la ricerca di soluzioni praticabili alle sfide poste dalla contemporaneità.

Risorse

Salute e ricorso ai servizi sanitari della popolazione straniera residente in Italia. Stranieri: salute e ricorso ai servizi sanitari (Anno 2005). Roma: Istat 11 dicembre 2008 [PDF: 256 Kb]

Bibliografia

Geraci S, Baglio G (eds). Salute degli immigrati. In: Rapporto Osservasalute: stato di salute e qualità dell’assistenza nelle regioni italiane. Milano: Prex 2007, 283-319.

AA.VV. La spesa sanitaria per gli immigrati. Monitor 2008; 21:100-8 [PDF: 1,2Mb]

Cacciani L, Baglio G, Rossi L et al. Hospitalisation among immigrants in Italy. Emerg Themes Epidemiol 2006; 3:4. [Testo completo dell’articolo]

Spinelli A, Baglio G, Lispi L, Guasticchi G. Condizioni di salute delle donna immigrata in Italia. Ann Ig 2005; 17 (3): 231-41.

Baglio G, Spinelli A, Guasticchi G. La salute delle donne immigrate in Italia e nel Lazio. Studi Emigrazione 2006; 161:43-58.

Marceca M. La salute degli stranieri tra fatti, contraddizioni e cambiamenti. In: XIII Rapporto sulle Migrazioni 2007 – ISMU. Milano: FrancoAngeli 2008: 145-63. [PDF: 348Kb]

Geraci S. La salute degli immigrati: luci ed ombre. ASI 2007; 44:3-15 [PDF: 719Kb].

Un commento

  1. Sono il direttore sanitario del Poliambulatorio Emergency di Palermo. per migranti (sono da noi seguiti quasi 4000 irregolari) e poveri italiani. I nostri infettivologi hanno confrontato l’incidenza di malattie trasmissibili nella popolazione degli immigrati con l’incidenza nei cittadini italiani. Non vi è significativa differenza, tranne che, negli immigrati, talora l’espressione clinica è più avanzata, e talora la diagnosi non è stata fatta. I motivi di queste differenze sono facilmente desumibili. Grazie Antonio Romano

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