La sanità a Cuba. Una sfida vincente

di Michela Campinoti e Francesca Santomauro
cuba_clinic-150x150Negli ultimi 50 anni Cuba ha sviluppato un sistema sanitario nazionale esclusivamente pubblico che garantisce, con apprezzabili risultati di salute, cure e programmi di prevenzione di buona qualità a tutta la popolazione.

Oggi a Cuba l’assistenza di primo livello è garantita da oltre 32.000 medici di famiglia. Ogni medico ha in carico circa 120-160 famiglie e, affiancato da un’infermiera, svolge attività di prevenzione e di cura sia ambulatorialmente che a domicilio. Il secondo livello di assistenza è fornito da 491 policlinici (poliambulatori o cliniche di comunità) disseminati su tutto il territorio, in cui un team multidisciplinare (geriatri, ginecologi, ostetriche di comunità, psichiatri e operatori sociali) collabora con il medico di famiglia. Le prestazioni ivi erogate, in regime prevalentemente di day hospital, sono di tipo diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Il terzo livello di assistenza è assicurato da 222 ospedali a elevata specializzazione, alcuni dei quali di rilievo internazionale (Tabella 1). Nell’isola inoltre esistono circa 200 strutture residenziali per anziani[1],[2],[3],[4].

Tabella 1. Cuba: indicatori generali. Fonte [1]

Popolazione11 .239.128
Densità di popolazione (ab./km2)102,3
Medici per 10000 abitanti64,4
Medici di famiglia32.548
Numero di ospedali222
Numero di policlinici491

Questa articolata rete di assistenza ha contribuito al raggiungimento di risultati di salute comparabili a quelli dei paesi più ricchi. Il dato sicuramente più interessante è rappresentato dalla speranza di vita alla nascita della popolazione cubana che, grazie al controllo delle malattie infettive e al progressivo miglioramento delle condizioni socioeconomiche del paese, ha raggiunto i 78 anni. L’invecchiamento della popolazione (dal 9,1% di over 65 nel 1996 all’11,5% nel 2007) determinato anche dalla riduzione del tasso di natalità (12,7 ‰ nel 1996 al 10,0 ‰ nel 2007) ha comportato, dal punto di vista epidemiologico, l’aumento di incidenza delle malattie cronico-degenerative[1],[6]. Tra gli adulti, infatti, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte, anche se negli ultimi 30 anni, grazie a programmi di prevenzione efficaci ed ai progressi terapeutici, questo tasso si è dimezzato. Altra importante causa di morte sono le patologie oncologiche: i tumori più frequenti sono il carcinoma polmonare e quello della prostata seguiti da quelli della mammella e del colon-retto. Tra gli adulti di età inferiore a 49 anni la principale causa di morte è costituita dagli infortuni. Per quanto riguarda le malattie infettive, ottimi risultati sono stati ottenuti grazie a ripetute campagne vaccinali. Di alcune di esse non si verificano casi clinici da molti anni: poliomielite (1962), tetano neonatale (1972), difterite (1979), morbillo (1993), pertosse (1994), rosolia e parotite (1995)[3]. L’infezione da HIV sull’isola ha una bassa prevalenza (<0,1% della popolazione di età compresa tra 15 e 49 anni)[4].

A proposito della salute materno-infantile, si rileva come, a fronte di un tasso di mortalità materna ancora molto elevato, si sia raggiunto un tasso di mortalità infantile tra i più bassi del mondo (Tabella 2).

Tabella 2. Cuba e paesi selezionati: indicatori sanitari
(I Parte).
Fonte [5]

Speranza di vita alla nascita M/FTasso di mortalità infantile
(per 1000 nati vivi)
Tasso di mortalità materna (per 100.000 nati vivi)
Cuba76/80545
America latina70/7523160
Italia78/8433
UE 1577/8346
UE 2575/8147
USA75/80711

Tabella 2. Cuba e paesi selezionati: indicatori sanitari
(II Parte).
Fonte [5]

Tasso di mortalità causa specifico*

(per 100.000)

Prevalenza HIV**

(per 100.000)

Malattie

cardiovascolari

TumoriInfortuni
Cuba2151295452
America latina25913367755
Italia17413429300
UE 1518513837189 (a)
UE 2525014652238 (b)
USA18813447508

* standardizzato per età; ** ≥ 15 anni; (a) Escluso Finlandia e Lussemburgo; (b) Escluso Finlandia, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Slovenia, Cipro e Malta.

Questi risultati sono da considerarsi ancora più di valore se si considera che sono stati ottenuti a fronte di una spesa da 10 a 20 volte minore rispetto a quella di paesi che hanno raggiunto obiettivi di salute comparabili (Tabella 3). Ciò è stato possibile grazie ad una strategia sanitaria incentrata sulla medicina preventiva di comunità, alla disponibilità di una larga forza-lavoro retribuita con salari molto bassi, e all’impiego di una tecnologia non molto avanzata[7],[8].

Tabella 3. Cuba e paesi selezionati: spesa sanitaria. Fonte [5]

CubaAmerica latinaItaliaUE 15UE 25USA
Spesa sanitaria
totale come % PIL
8799815
Spesa sanitaria pubblica
come % della spesa sanitaria totale
915377767345
Spesa per la sanità
come % sul totale della spesa pubblica
121314151422
Spesa sanitaria totale
pro capite (PPP int. $)
3334862474304224376350
Spesa sanitaria pubblica
pro capite (PPP int. $)
3022561894232418262862

Uno sguardo al passato

Nel periodo pre-rivoluzione il sistema sanitario era molto eterogeneo e rudimentale, esisteva un solo ospedale universitario, un’unica scuola di medicina e le prestazioni erano erogate per la maggior parte privatamente da medici residenti prevalentemente all’Avana. Inoltre, le condizioni di vita di coloro che abitavano nelle campagne erano veramente precarie, e solo all’8% circa di essi era assicurata una qualche forma di assistenza medica.

Con l’arrivo di Fidel Castro nel 1959, la nuova leadership cubana si prefisse l’ambizioso obiettivo di creare un sistema sanitario nazionale che erogasse servizi gratuiti e accessibili a tutta la popolazione. I primi interventi eseguiti furono quelli di bonifica ambientale, in particolare la realizzazione delle reti idrica e fognaria. Negli anni successivi, circa la metà dei medici, in disaccordo con il governo socialista e vedendosi togliere i privilegi a cui erano abituati, abbandonò Cuba. Nonostante questo all’inizio degli anni ‘60 il Ministero della Salute iniziò un programma di nazionalizzazione e regionalizzazione dei servizi sanitari: furono reclutati medici per l’assistenza alla popolazione rurale, realizzati nuovi ospedali e cliniche di comunità, fu iniziato un programma nazionale di immunizzazione dei bambini e fu istruito ulteriore personale sanitario.

Negli anni ‘70 il modello di cure primarie basato sulle cliniche di comunità (o policlinici, centri polifunzionali di zona) fu potenziato e si accollò l’educazione alla salute, la prevenzione e il monitoraggio ambientale. Furono istituiti quattro programmi nazionali di assistenza multidisciplinare mirati alla tutela della salute materno-infantile, al controllo delle malattie infettive, alla prevenzione e cura delle malattie croniche e alla tutela degli anziani.

Gli anni ‘80 videro lo sviluppo dell’assistenza specialistica e della ricerca. Fu istituito un programma nazionale per i trapianti d’organo e installata la prima risonanza magnetica nucleare dell’America Latina. Altre conquiste importanti furono il decollo dell’industria delle biotecnologie, in particolare in ambito vaccinale (in tale settore Cuba si affermò a livello mondiale) e l’introduzione nel 1986 del Programma del Medico di Famiglia, che mise a disposizione dei pazienti un team costituito da medico e infermiera e garantì, a partire dai primi anni ‘90, l’assistenza primaria al 95% delle famiglie cubane direttamente nel proprio quartiere di residenza.

Gli anni ‘90 sono stati caratterizzati da una profonda crisi economica (si parla di Periodo Speciale) dovuta al crollo dell’Unione Sovietica (in due anni Cuba perse l’85% dei propri affari commerciali) e alle condizioni di embargo ancora più restrittive stabilite nel 1992 dagli USA. Lo stato di salute della popolazione regredì così di un decennio a causa delle restrizioni alimentari, del mancato approvvigionamento di farmaci e dell’impossibilità di sostituire le apparecchiature mediche obsolete o guaste. Sono stati necessari alcuni anni e una serie di interventi mirati a favorire lo sviluppo di un’economia agricola locale per recuperare la qualità di vita persa. Ciò è stato possibile anche grazie al prioritario interesse rivolto dal governo cubano verso i bisogni di salute della popolazione, all’attenta pianificazione della politica sanitaria ed all’oculata razionalizzazione delle risorse[4][9].

Le sfide per il futuro

La parziale ripresa economica degli ultimi anni, dovuta agli accordi stretti dal governo con il Venezuela per il rifornimento di petrolio e ad altri proficui rapporti commerciali con diversi paesi, fa ben sperare per il sistema sanitario. Si ipotizza che in pochi anni le strutture sanitarie saranno rinnovate ed equipaggiate di strumentazioni moderne. Il programma di rinnovamento degli ospedali è iniziato e il personale sanitario ha ricevuto un aumento, seppur modesto, del salario mensile[10].

Inoltre, al sistema prioritariamente centralizzato è stata affiancata una politica di decentralizzazione che permette una maggiore flessibilità a livello municipale nell’organizzazione dei servizi e nell’utilizzazione delle risorse in risposta ai bisogni locali[11].

Per evitare potenziali carenze di personale sanitario dovute al suo coinvolgimento massivo nelle missioni internazionali, anche l’addestramento dei nuovi operatori è in fase di rinnovamento e si sta assistendo allo sviluppo di un sistema di insegnamento decentralizzato, direttamente a livello dei policlinici. Si apre così la particolare sfida di riuscire a mantenere la qualità accademica di questo sistema di insegnamento. Inoltre, Cuba è impegnata ad offrire la formazione medica universitaria gratuita a migliaia di studenti provenienti da paesi in via di sviluppo[12].

Infine, il “Piano di Salute Nazionale verso il 2015” del 2006 riconosce nell’invecchiamento della popolazione una sfida per i prossimi decenni e prevede un riorientamento dei servizi, in particolare di quelli erogati a livello dei policlinici di comunità, “from cure to care”. Un altro passo in questa direzione è rappresentato dal potenziamento dei centri di cura diurni per gli anziani inseriti nei quartieri in cui essi vivono.

Anche se le sfide da affrontare sono enormi, i principi fondanti del sistema sanitario cubano non sono in discussione. Il suo carattere pubblico, l’accessibilità finanziaria (nessun pagamento al momento dell’erogazione del servizio) e la buona qualità delle cure offerte a tutta la popolazione in un’ampia rete integrata di strutture sanitarie, sono in forte contrasto con la tendenza registratasi in molti altri paesi dell’America Latina ad andare verso la progressiva privatizzazione dei servizi[10].

Il punto forte del sistema sanitario cubano, che ha raccolto e per alcuni versi anticipato i principi contenuti nella dichiarazione di Alma Ata del 1978, è rappresentato quindi dallo sviluppo di un buon sistema di cure primarie, focalizzato sulla prevenzione delle malattie, attraverso per esempio le vaccinazioni dei bambini e gli screening di popolazione, piuttosto che sulla produzione di farmaci costosi e che ha investito sull’ottima formazione del personale, invece che sullo sviluppo di sofisticate strumentazioni diagnostiche[2][11].

Al di là delle critiche che possono essere mosse al regime cubano e alla limitazione dei diritti civili che esso impone, il modello assistenziale sviluppato a Cuba merita senz’altro maggiore considerazione da parte della comunità scientifica, affinché ne sia compreso il reale valore e sia valutata la possibilità di esportarne gli elementi di forza in altre realtà in via di sviluppo.

Bibliografia

  1. Situación de Salud en Cuba [PDF: 412 Kb]
  2. Bourne PG. Asking the right questions: Lessons from the Cuban healthcare System. Health Equity Network Lecture. London School of Economics and Political Science, 2003
  3. Cooper RS, Kennelly JF, Orduñez-Garcia P. Health in Cuba. Int J Epidemiol 2006; 35: 817-824
  4. Bonati M. Cuba. In: Salute globale e aiuti allo sviluppo – Diritti, ideologie, inganni. 3° Rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale. Edizioni ETS, Pisa 348-358, 2008
  5. World Health Statistics 2008
  6. Anuario Estadístico 2007 – Datos Demográficos
  7. Evans RG. Thomas Mc Keown meet Fedel Castro: physicians, population health and Cuban paradox. Healthcare Policy 2008; 3: 21-32
  8. Aitsielmi A. An analisys of the Cuban health system. Public Health 2004; 118: 599-601
  9. Cuban Health System
  10. De Vos P, De Ceukelaire W, Bonet M, Van der Stuyft P. Cuba’s health system: challenges ahead. Health and Planning 2008; 23: 288-290
  11. WHO. Cuba’s primary care revolution: 30 years on. WHO Bulletin 2008; 86:5
  12. Mullan F. Affirmative action, Cuban style. NEJM 2004; 351:2680-2682
  13. De Vos P, De Ceukelaire W, Van der Stuyft P. Colombia and Cuba, contrasting models in Latin America’s health sector reform. Tropical Medicine and International Health 2006; 2: 1604-1612

9 commenti

  1. Cari amici,
    pur avendo apprezzato il vostro post e condividendo il vostro entusiasmo per la medicina pubblica, mi sembra che l’articolo pecchi un po’ di ottimismo acritico.
    Due esempi: si sa molto bene che nei paesi dell’Est europeo, ove la medicina e’ pure un servizio erogato dallo stato su base solidaristica, se non passi la busta sottobanco al dottore non ottieni prestazioni o ne ottieni di molto scarse. E’ cosi’ anche a Cuba?
    Voi citate poi l’ampio impegno internazionale dei medici e infermieri cubani. Io ne ho conosciuti parecchi in Africa e so che, oltre la determinazione a esportare la rivoluzione, hanno un’altra forte motivazione: sono pagati bene e in dollari. Verrebbe da pensare che l’attivita’ nei paesi poveri sia una forma di compenso che il governo cubano ha escogitato per dare un contentino a dei professionisti che in patria non faranno mai molti soldi. Io sono fortemente convinto che la sanita’ cubana sia una perla ed un esempio da imitare ma mi sembra pure che si debba parlarne esponendo tutti i suoi aspetti, Altrimenti si da adito a dubbi di parzialita’.
    Congratulazioni e grazie per il bell’articolo.

    Giampaolo

  2. L’articolo di Michela e Francesca è partigiano per scelta e acritico per difficoltà. Sono infatti pochi i contributi formali prodotti da cubani o da stranieri su Cuba e da Cuba che accedono alla letteratura scientifica internazionale: contesto appropriato per analizzare e discutere di salute, bisogni, accessi alle cure, etc. Sono quindi le esperienze, dirette o indirette, non le “evidenze”, come i due esempi/domande di Giampaolo a governare i giudizi e ad alimentare i dubbi di parzialità.
    Il primo esempio: “la busta sottobanco”. Non mi sembra accada nell’ambito delle cure primarie, non l’ho percepito in loco e non mi è mai stato raccontato ne da pazienti ne da colleghi. La medicina di famiglia è organizzata e strutturata in modo simile al nostro (anzi viceversa per correttezza storica) e la quantità e qualità delle prestazioni sono su richiesta del paziente e monitorate attentamente dall’amministrazione sanitaria locale. Passando agli accessi per le prestazioni di secondo livello (quelle definite a Cuba “del Policlinico” ) o per quelle più specialistiche del terzo livello, i criteri possono essere anche influenzati dalle conoscenze o dal rango sociale (perchè da noi un poco no?). Storia e criteri e sistemi organizzativi completamente diversi da quelli dei Paesi dell’Est europeo e, quindi, poco paragonabili.
    Secondo esempio: medici e infermieri cubani internazionalisti per denaro (mercenari della salute)? Mah, ancora una volta, l’esperienza è diversa. Ho conosciuto medici cubani e infermieri che lavoravano sul campo in programmi internazionali (in particolare il progetto Milagro, ma non solo) pagati non solo in dollari (pochi), ma in pesos e anche nella moneta locale del Paese in cui operavano. Erano convinti della “causa”, ma anche consapevoli che la loro presenza contribuisse ad un ritorno economico per Cuba (petrolio, zucchero, utensili, etc.). “un contentino a dei professionisti che in patria non faranno mai molti soldi”? Sì, certo forse anche, ma è vero per i medici come per gli ingegneri, per esempio, in un sistema chiuso (non solo per colpa dell’embargo) e autoreferenziale, con un eccesso di produzione di professionisti sottoccupati rispetto alle potenzialità. Potenzialità che necessiterebbero di decisioni, intraprendenza e fantasia “giovanili”. Forse anche un po’ di quella intemperanza giovanile che viene repressa negando anche dei diritti. Ma tutto ciò attiene alla “salute” e non alla sanità che è ancora vincente.

  3. L’articolo non credo sia stato acritico in quanto la sua base di analisi e correlazione con tutti gli altri paesi ha fornito una base di scelta al lettore. Il tema: la salute a Cuba forse necessitava di molte più argomentazioni (battute) per essere maggiormente esauriente ma il tentativo di essere sintetici e dunque forse maggiormente accessibili al lettore pigro è stato un obiettivo (fine) degli autori. L’articolo ha fornito un contributo articolato e scientifico e perché no partigiano, aprendo importanti spunti di riflessione e criticità.
    Medici, infermieri, educatori, insegnanti ecc. cubani, “sottopagati” professionisti in territorio straniero svolgono un ruolo internazionalista incarnando la figura del medico (professionista) in America latina e nel mondo, Dott. Ernesto Guevara docet. Per un rivoluzionario non conta la paghetta mensile che lo Stato ti offre per svolgere un lavoro ma la realizzazione del fine della tua vita per cui la tua formazione è stata pagata da anni di fatiche dal popolo. In effetti essi non sono solo sottopagati ma rischiano quotidianamente la loro vita per una causa molto nobile. I mercenari della salute sono i professionisti socio-sanitari delle industrie farmaceutiche che percepiscono un profitto dal bisogno di salute della popolazione, ovviamente con scarsi risultati, vedi contesto mondiale. L’internazionalismo dei professionisti socio-sanitari cubani sottopagati non deve essere confuso con forme di assistenzialismo: ti offro il pesce perché giornalmente muori di fame, ma soprattutto il senso dei rivoluzionari è darti da mangiare e offrirti le condizioni affinché tu possa andare a pesca. Questo concetto si materializza con le figure dei professionisti cubani nel mondo e con il ricambio dopo qualche anno di professionisti autoctoni formati gratuitamente a Cuba per rimpiazzare il lavoro degli internazionalisti. Il problema principale è chi porta maggiormente benessere: lo stato cubano, che offre i suoi professionisti sanitari e soggetti alfabetizzanti ai paesi sottosviluppati o lo stato italiano che offre: professionisti militari e armi ai paesi sottosviluppati, col tentativo bipartisan di farci credere che sono in missioni di pace.
    Il problema di professionisti cubani sottopagati è un problema oggettivo che suscita particolare attenzione ed interesse nei professionisti nostrani. Indubbio che il potere d’acquisto non può essere messo a confronto fra professionisti socio-sanitari di diversa nazionalità, ma questo problema trascende il fine dell’articolo e apre un discorso ancora più grande sull’economia. Di particolare interesse sono le cause socio-sanitarie dell’embargo alla popolazione o meglio, come direbbero i cubani, del blocco culturale sociale ed economico imposto militarmente dalla più grande potenza economica ed esercito militare mondiale, gli Stati Uniti d’America. I giovani studenti a Cuba nutrono un particolare rammarico perché a studiare all’università essi percepiscono uno stipendio in pesos cubani (mentre i nostri giovani italiani devono pagare profumatamente l’accesso all’università) al pari dei loro coetanei che lavorando direttamente con il turista percepiscono paghette in dollari. Non fermiamoci alle apparenze mediatiche ma ricerchiamo il sentito dei giovani cubani e vi posso assicurare che essi, hanno una capacità di analisi, di critica propositiva politica altamente qualitativa, questo però apre altre strade di politica e proposte giovanili. Essi fanno parte delle proposte e scelte fatte dalla Repubblica insieme alle analisi e scelte dei lavoratori cubani.

    Angelo

  4. e’vero, è vero…Cuba merita maggiore attenzione e considerazione.Come psichiatra ho visitato un ex ospedale psichiatrico, dico ex perchè non aveva nulla a che vedere con i nostri vecchi ospedali psy , e due strutture ambulatoriali psy, e devo dire che “l’ex manicomio ” sembrava piuttosto un centro diurno e prestava molta attenzione anche alle donne e che i servizi ambulatoriali lamentavano allora (2003) una qualche carenza circa i farmaci, ma esisteva tutta una rete di risposte territoriali.
    forse gli stipendi… andavano migliorati…
    quello che anche andrebbe esplorato è la compresenza di una come dire rete parallela, che si alimemta di pratiche tradizionali,a tutt’oggi ben forti nell’isola, famiglia per famiglia, con le pratiche oricha , diffusissime.
    dunque, due reti ugualmente forti, la tradizionle non certo ostacolata dal governo, ma forse diversamente significative… rete tradizionale che andrebbe anch’essa meglio analizzata,a fronte di un sistema sanitario pubblico, che certo funziona.
    ivana nannini

  5. Pingback: Anonimo
  6. Ma per favore a Cuba ci sono stato e pure negli ospedali. Non c’è niente di niente, neanche la luce di notte o la carta per una ricetta. Non ci sono farmaci per curarsi, i dottori non hanno libri perchè troppo costosi e così imparano tutto a memoria. Il popolo cubano è il popolo più mnemonico del mondo.
    Un medico guadagna l’equivalente di 50 dollari al mese. (Li più hai studiato e meno prendi, si chiama “piramide rovesciata”) A Cuba l’unica cosa che abbonda sono i militari e i loro circoli. Per favore finiamola con le favole. Grazie

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