Riformare la sanità americana. Intervista al Prof. Michael Sparer

mss16_3_Sparer_Michael_C_9028Michael Sparer è professore di Health Policy and Management alla Mailman School of Public Health presso la Columbia University di New York. Esperto di assicurazioni sanitarie pubbliche, come Medicare e Medicaid, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui il libro “Medicaid and the Limits of State Health Reform” Temple University Press. Philadelphia,1996. Ha recentemente tenuto alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa un seminario su “Il futuro della sanità americana dopo l’ elezione di Obama”.

Perché è così difficile cambiare il sistema sanitario americano?

Potremmo continuare con le domande. Come mai Franklin D. Roosevelt, Harry Truman, oppure Bill Clinton, tutti hanno provato ed hanno fallito in ciò che Obama ha intenzione di fare adesso? Che cosa rende nel sistema americano tutto così difficile, cosa rende impossibile diminuire il numero dei non assicurati, cosa rende così difficile abbassare i costi? Come mai spendiamo di più e copriamo di meno? Come mai, facendo riferimento al romanzo di Dickinson, “possediamo il meglio della sanità e allo stesso tempo il peggio”? Proviamo a rispondere.

Se sviluppi la forma peggiore di cancro non c’è forse posto al mondo migliore che l’ospedale oncologico di New York. D’altro canto, anche se abiti a New York e non sei assicurato non potrai nemmeno attraversare la porta di questo ospedale oncologico: se invece hai i soldi o possiedi un’assicurazione privata allora puoi ricevere l’assistenza migliore.

Perché mai dovrebbe essere così difficile cambiare questo sistema?

Io sono un uomo di scienza politica: i politici americani hanno speso molto tempo nel parlare su ciò che è diverso dagli altri negli Usa. Come mai gli altri paesi industrializzati del mondo hanno adottato un modo per garantire l’assistenza sanitaria anche ai bisognosi, meglio: a tutti gli appartenenti alle proprie società? Altre nazioni riescono a fare ciò, tenendo sotto controllo i costi della sanità: perché mai noi americani, in questo ambito, non siamo capaci?

Su questo punto gli analisti politici elencano tre teorie principali:

  1. La prima si collega alla questione dei molteplici interessi che influenzano il sistema sanitario americano. Per molti anni negli Usa i dottori e gli ospedali erano i principali nemici di un sistema assicurativo nazionale, perché non volevano che il governo controllasse il loro reddito, la loro autonomia: questo è il motivo per cui i dottori e gli ospedali hanno creato il sistema di assistenza sanitaria privata, poi di conseguenza le compagnie assicurative sono diventate molto potenti, hanno avuto molta influenza sul sistema sanitario americano e si sono battute contro l’intervento del governo nella sanità. Anche l’industria farmaceutica non vuole un sistema sanitario nazionale pubblico; anche i datori di lavoro, le , le banche, l’alta finanza si sono storicamente opposti alla copertura dello stato. Tutti questi gruppi – medici, ospedali, gruppi assicurativi, imprese, banche – hanno molto da temere dalla riforma sanitaria, vi si oppongono e hanno un’alta influenza politica. Influenza che non hanno i gruppi che avrebbero i vantaggi dalla riforma: i non assicurati, le persone a basso reddito spesso immigrati, non politicamente attivi. Alcuni analisti affermano che lo scontro tra questi gruppi di politici è inevitabile e che già si conoscono i risultati dell’esito, chi avrà la meglio.
  2. La seconda teoria dice che gli interessi dei gruppi politici sono influenti, ma non costituiscono la chiave del problema. Per questa teoria la chiave di lettura autentica è la cultura politica americana. Fin dagli inizi della storia degli Stati Uniti d’America, alla fine del 18° secolo, la cultura americana era fortemente antigovernativa, nonostante che il ruolo del governo fosse molto limitato, semplicemente quello di tutelare i diritti dei cittadini, difendere la proprietà privata. Negli Usa spesso non abbiamo un senso per la solidarietà sociale come esiste invece in molti altri paesi del mondo; noi non riteniamo che i giovani debbano pagare per gli anziani, che quelli che stanno bene in salute debbano pagare per gli ammalati. Ad esempio negli Usa esiste uno slogan molto popolare in televisione e alla radio che dice: “io vado in palestra ogni giorno, non fumo, non bevo molto, non sono in soprappeso, prendo cura di me stesso, perché mai dovrei pagare tasse più alte per qualcun altro che sta peggio di me, per qualcun altro che fuma, non va in palestra, che non si prende cura di se e che sviluppa poi il diabete?”. Questo punto di vista è fortemente radicato in America e certamente nel momento in cui Hillary Clinton e Barack Obama cominciano a parlare del problema dei non assicurati, e di garantire a tutti l’assistenza sanitaria, i repubblicani contrattaccano e dicono: “questa è una via socialista, è ciò che fanno gli italiani, i francesi e i tedeschi, gli europei; noi non vogliamo fare come loro, siamo americani. Noi non siamo come loro, siamo diversi”. Durante la storia americana, questo modo di pensare è prevalso, ha avuto potere e influenza sul popolo americano. Questo è quindi il punto due, che ha a che fare con la cultura politica americana.
  3. La teoria numero tre invece focalizza l’attenzione sulle istituzioni americane. Molti analisti politici argomentano che se l’America avesse avuto un sistema parlamentare di tipo europeo, avrebbe adottato un’assicurazione sanitaria statale già da tanto tempo. Invece il nostro sistema di governo è costruito in modo da rendere molto difficile varare e attuare una legge, soprattutto per le leggi con un certo spessore sociale. La sanità è un problema del governo federale: nel Senato ci vuole il 60% del consenso per far passare le leggi, abbiamo poi i tribunali e ogni tipo di ostacolo. Bill Clinton aveva proposto un’assicurazione nazionale nel 1993 e inviò sua moglie per argomentare su questi punti al congresso. Hillary dovette recarsi prima davanti a sette comitati, ognuno dei quali con una giurisdizione diversa; solo dopo questo passaggio il congresso avrebbe avuto la possibilità di votarla ed approvarla. Ma la proposta fu bloccata prima. Abbiamo potenti gruppi di interessi politici, abbiamo una cultura politica molto resistente, abbiamo istituzioni politiche che riflettono le dinamiche di queste differenze di gruppo, e rendono la vita del governo molto più difficile, impedendo ad agire. Non è una novità che F. Roosvelt abbia fallito, o che H. Truman abbia fallito, o Bill Clinton: forse sarebbe una sorpresa se Barack Obama riuscisse ad avere successo.

Quali sono le probabilità che Obama riesca a riformare la sanità americana?

Nonostante l’America stia affrontando una delle peggiori crisi economiche dal 1930, i sostenitori di Obama pensano di avere la possibilità di attuare delle riforme. Prima dovrei dire che ci sono momenti nella storia americana, non molti, in cui abbiamo superato ostacoli molto difficili: a metà degli anni ’30 F. D. Roosevelt superò tutti questi ostacoli e gli Usa svilupparono un sistema di sicurezza sociale, un sistema di benessere diffuso; durante gli anni ’60 il presidente L. Johnson, dopo l’assassinio di Kennedy riuscì a superare diversi ostacoli legislativi e a far approvare i programmi assicurativi pubblici Medicare e Medicaid: ci sono stati momenti negli anni ’30 e negli anni ’60, in cui siamo riusciti ad opporci agli ostacoli della cultura vigente e abbiamo superato quei difficili momenti e quelle barriere istituzionali.
La domanda è: il 2009 è come il 1935 o il 1965 o forse è come tutti gli altri periodi in cui i presidenti hanno fallito?

Parliamo ora di questi ostacoli: ciò che Obama spera è che le aziende che fanno parte del business, le compagnie del cinema, delle auto, del petrolio che posseggono compagnie assicurative, possano sostenere il programma di assistenza sanitaria statale. Obama spera che le nuove grandi aziende diano sostegno alla riforma sulla sanità: non so, io sono un po’ scettico al riguardo e spero di sbagliarmi. Quasi sicuramente ci sarà una feroce opposizione, come si è verificato nelle ultime settimane, quando Obama ha annunciato di investire circa 630 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni per garantire a tutti la copertura assicurativa. Una riforma che prevede di aumentare le tasse ai benestanti, tagli ai costi degli ospedali e alle compagnie farmaceutiche: attualmente gli ospedali e le industrie farmaceutiche dicono che sono anche disposti ad appoggiare la riforma, ma che non accettano i tagli ai prezzi delle loro imprese, perché si trovano già in una situazione difficile. Quindi che si parli delle imprese, o degli ospedali o delle compagnie assicurative, non penso che gli interessi di gruppo siano così differenti nel 2009 rispetto al passato: Barack Obama per attuare la sua riforma ha bisogno dell’appoggio di questi, si sta impegnando tantissimo nel convincerli: le compagnie del business vogliono un cambiamento ma non ammettono che vengano toccati i loro interessi; è vero che spendiamo 2.300 miliardi di dollari all’anno per la sanità, ma è altrettanto vero che ciascuno di questi miliardi va a qualcuno, entra sicuramente nel reddito di qualcuno. Non appena si vanno a toccare le buste paghe e i redditi di qualcuno, qui subentrano le battaglie di interesse: per questo non penso che le cose siano molto differenti degli anni passati.

Peraltro la cultura politica non è molto cambiata negli ultimi tempi. Durante la ultima campagna elettorale Mac Cain ha chiamato le proposte di riforma di Obama “socialiste”, e questo nella cultura politica americana è ancora un luogo comune, come una parola magica; quello che invece io dico è che abbiamo molto da imparare dai paesi europei. Questo non va molto giù alla popolazione americana: pensiamo che trovandoci dall’altra parte del mondo siamo diversi ed unici, che possiamo fare le cose a modo nostro. Non c’è la certezza che Obama riuscirà ad attuare una nuova era come negli anni ’30 o negli anni ’60, se riuscirà o meno a convincere l’opinione pubblica che il governo americano dovrebbe avere un ruolo maggiore nella sanità. Ci sono molti economisti a sinistra, che dicono che le banche come City Bank o Bank of America, che non hanno soldi, dovrebbero andare in bancarotta e che Obama dovrebbe farle fallire e nazionalizzarle, in modo che il governo possa prendersi carico di queste banche, ma Obama non vuole fare ciò: il Presidente è stato molto cauto su questo punto perché non vuole sfidare il potere del settore privato, delle banche, delle grosse compagnie assicurative. Quindi stiamo erogando miliardi di dollari in sussidio per le banche, per le compagnie assicurative, sperando che evitino il fallimento.

Come farà Obama ad intraprendere questa battaglia culturale, come la porterà avanti, come la affronterà nel settore della sanità?

Questo ancora non è chiaro: in ambito culturale forse ce la farà perché il popolo americano è pronto per un cambiamento; vedremo e soprattutto conosceremo qual’ è la strategia di Obama. Un altro punto di Obama è quello di dire che non farà gli stessi errori di Bill Clinton, perché impara dalla storia. Obama dice di non voler commettere quello stesso errore e di poter quantificare la quantità di soldi che potrà generare, 632 miliardi di miliardi di dollari, tramite l’aumento delle tasse e la riduzione dei costi ma lascerà al congresso la possibilità di dettagliare il piano, di svilupparlo: non farà come Clinton che si era presentato con un piano di mille pagine,e poi di seguito ha fallito. Obama lascerà lo sviluppo di quel piano al congresso. Clinton ha fallito perché all’inizio del 1993 la recessione era già finita e quindi stava agendo in un periodo in cui l’economia americana versava in una condizione migliore: Obama dice che proporrà la copertura universale nel giro di pochi mesi, con l’aiuto del congresso, in un periodo in cui la disoccupazione toccherà il 10%, quando ci troveremo nel pieno della recessione e le cose peggioreranno, la situazione peggiorerà prima di poter migliorare, su questo non c’è dubbio. Obama pensa che la sua riforma avrà successo proprio nel momento in cui l’America vivrà un tasso di disoccupazione tra i livelli massimi, quando la classe operaia, la borghesia si troveranno nel momento più vulnerabile: secondo Obama proprio per questo motivo saranno più recettive ad un intervento del governo, più disponibili ad accettare un intervento del governo.

Quando Bill Clinton è stato eletto presidente nel ‘92, aveva ricevuto il 42% dei voti: infatti negli Usa abbiamo un sistema bipartitico, i repubblicani e i democratici. Quando Bill Clinton era in corsa contro G. Bush nel 1992 c’era un terzo candidato, R. Crowe, che ottenne il 15% dei voti; senza quel terzo candidato probabilmente Bill Clinton non sarebbe stato eletto presidente: eletto con una percentuale non tanto alta, con un supporto istituzionale molto debole. B. Obama invece ha ottenuto il 53,5% dei voti: nonostante la devastante situazione economica Obama ha ancora un’approvazione che raggiunge il 60%; Obama ha ancora molta credibilità, grazie anche al fatto che dà la priorità al sistema sanitario; i suoi sostenitori sanno che le riforme deve farle nel primo anno di mandato, occorre farle subito, agire immediatamente non appena si è eletti.

Una volta L. Johnson disse: “ogni giorno che trascorro nel mio ufficio da presidente, mi sento sempre più debole”. Obama deve agire immediatamente: la sanità è certamente un problema, ma il problema numero uno è la situazione economica degli Usa, il numero due le guerre in Iraq e in Afghanistan, poi il problema dell’energia, dell’educazione, delle polizze sulla salute e poi il problema dell’immigrazione.

Di tutti questi punti elencati, quale priorità Obama darà alla sanità rimane un grande quesito: molti pensano che il 2009 è l’anno in cui la copertura sanitaria sarà universale. Spero di sbagliarmi nel mio scetticismo. Il senatore Ted Kennedy, fratello di Bob Kennedy e del presidente John Kennedy, ha fatto di tutto per diffondere la copertura sanitaria universale, durante gli inizi degli anni ’70: Ted Kennedy sta ora morendo per un cancro al cervello e gli rimangono soli pochi mesi di vita. Molti pensano che le opinioni di Obama e quelle di Ted Kennedy possano essere messe insieme e finalmente venga attuata la copertura sanitaria universale.

Abbiamo una pessima situazione economica, e con una tale situazione non sappiamo se possiamo o meno spendere soldi per la sanità. Obama sta argomentando che anche se stiamo vivendo una situazione economica pessima, bisogna spendere soldi per la sanità in questo momento, perché se non mettiamo le mani sulla sanità non possiamo risolvere il problema economico, e io spero che Obama abbia ragione. Personalmente penso che sia una tragedia che ci siano 45 milioni di americani senza un’assicurazione sanitaria, in uno stato che spende tantissimi soldi per la sanità. Tutto questo è tragico.

Vantiamo al mondo la migliore sanità e allo stesso tempo anche la peggiore: è assurdo che l’America possa essere l’unico paese industrializzato al mondo che non garantisce una copertura assicurativa sanitaria universale. Ogni paese combatte con gli alti costi della sanità, ogni paese sta lavorando per diversificare i ruoli nel settore pubblico e quelli nel settore privato: ogni nazione europea possiede un’interazione tra settore pubblico e privato, eppure gli Usa è il paese che spende di più nella sanità, ma non possiede alcuna interazione tra i due settori.

Personalmente non credo che nel 2009 avremo l’assicurazione sanitaria universale perché l’opposizione dei gruppi di interesse contrari è troppo forte, perchè le barriere istituzionali sono troppo alte, ma almeno credo che se pure non dovessimo attuare una copertura sanitaria nazionale almeno spero che Obama riesca a far passare delle riforme importanti: quindi ciò che dico ai sostenitori di Obama è che dobbiamo espandere il programma pubblico MEDICARE, il programma universalistico che offre la copertura agli anziani. Perché creare un nuovo programma, una nuova burocrazia? Per me tutto ciò non ha senso, quello che dobbiamo fare secondo me è allargare il programma MEDICARE e permettere ai non assicurati di comprare questo programma, credo questo sia il tragitto più logico da intraprendere negli Usa.

Vedremo, perché è una questione estremamente importante: Obama è il primo presidente di colore negli Usa e ciò suscita un interesse globale, poi d’altro canto è un presidente estremamente popolare. Deve cimentarsi in un paese fortemente diviso, spaccato in due, estremamente polarizzato, che versa in una situazione economica stressante; ma dalla crisi nascono le opportunità, da una nuova presidenza nascono opportunità. Obama è un personaggio estremamente carismatico ed un individuo estremamente capace, illuminato politicamente, che ha speso gran parte della sua carriera a scrivere e riflettere su come mai l’America non riesca ad adottare un sistema adeguato al suo popolo, come invece hanno fatto la Germania, l’Italia, la Francia, l’Inghilterra, ll Canada, che posseggono una copertura sanitaria generale; ha riflettuto sul fatto perché spendiamo così tanto ed in cambio otteniamo così poco.

Per concludere, mi piacerebbe poter scrivere un giorno che l’America nel 2009 ha superato le resistenze culturali, le differenze politiche, le barriere istituzionali. Mi piacerebbe scrivere che l’America nel 2009 ha superato tutto questo e che finalmente ha raggiunto un piano di assistenza sanitaria universale che non solo garantisca l’assistenza ai non assicurati, ma che focalizzi il problema sui costi della sanità. Abbiamo assolutamente bisogno di un sistema che sia meno specialistico e che si interessi maggiormente delle cure primarie. Mi auguro che il 2009 sia almeno l’anno che segna un passo in avanti verso questi obiettivi.

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