Timeo Danone et dona ferentes
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- 29 Giugno 2009
di Adriano Cattaneo
I due attuali giganti dell’industria degli alimenti per l’infanzia, Danone e Nestlè, si combattono a colpi di “health and nutritional claims” e di indecorose alleanze con operatori sanitari e rispettive associazioni per accaparrarsi fette di mercato. Ma le prospettive nei paesi ad alto reddito, dove nascono pochi bambini, non sono rosee. Naturale che si buttino sui mercati emergenti e popolosi dell’Asia, con strategie di marketing aggressive che contribuiscono a deprivare le donne del più antico dei beni comuni: il latte materno. Siamo corresponsabili di questa espropriazione?
Timeo Danone et dona ferentes. Anni fa avrei scritto: timeo Nestlè et dona ferentes. Ma la proprietà si concentra, il mercato cambia, ed ora sono due i giganti a contendersi la supremazia globale nel settore degli alimenti per l’infanzia, con l’ultima arrivata, presente in Italia con i marchi Milupa, Nutricia e Mellin, oltre che con il suo, che sembra comportarsi in maniera più aggressiva della vecchia signora[1,2]. Danone non regala solo cofanetti di dischi autografati e “un viaggio per due persone di una settimana in Usa e Canada con la possibilità di assistere al concerto di Little Tony alle Cascate del Niagara”[3]. Ben altri sono i doni che dispensa agli operatori sanitari, medici di medicina generale, pediatri e nutrizionisti in primis. Finanzia ricerche, congressi, formazione, e quindi dona viaggi, attrezzature, consulenze. In cambio di cosa? Di un po’ di pubblicità, del logo della Società Italiana di Medicina Generale associato all’immagine dei suoi prodotti[4], di qualche messaggio ben visibile in ospedale (Figura 1). Dona anche latte artificiale e piccoli gadget a madri ed operatori sanitari nei paesi dell’Africa sub-sahariana in cui è presente[5], contribuendo così all’abbandono dell’allattamento al seno ed alle relative conseguenze su nutrizione e salute dei bambini[6].
Figura 1. Pubblicità sulle porte di un ascensore in un ospedale italiano.
Tanto che anch’io ho avuto per un attimo la tentazione, rientrata in pochi secondi, di chiedere un regalo. É uscito da poco un libro che vorrei leggere, “Babies and toddlers: emerging opportunities”, pubblicato da Research and Markets, la più grande risorsa mondiale di ricerca di mercato[7]. Non si tratta di un libro destinato a lettori squattrinati; costa 4376 (quattromilatrecentosettantasei!) euro, 4275 se ci si accontenta della versione elettronica. Immagino che Danone e Nestlè ne abbiano acquistato alcune copie. Io non me lo posso permettere, non l’ho quindi letto, e probabilmente mai lo leggerò. Ma dalla presentazione e dall’indice disponibili online si presenta come un libro interessante. Sembra di capire che si tratti di una approfondita ed aggiornata ricerca che porta, per quanto c’interessa, a due conclusioni:
il mercato degli alimenti per l’infanzia ha ancora le potenzialità per espandersi, ma gli acquirenti bisogna andare a cercarli a) dove nascono i bambini, e cioè in Cina, India ed altri paesi molto popolosi, e b) dove l’economia familiare permette di acquistare questi prodotti, e cioè dove numerosa è la popolazione con reddito tale da rappresentare una potenziale clientela. Fortunatamente per l’industria, molti dei paesi dove questa seconda condizione si verifica sono tra quelli più popolosi.
Il grosso ostacolo da superare – che stranezza! – è la volontà delle madri di allattare i loro figli, da cui la necessità di un marketing aggressivo ed innovativo che leghi le madri al marchio fin dalla gravidanza.
Tutto il resto sembra ruotare attorno a queste due conclusioni, comprese le varie strategie di marketing che includono anche lo sviluppo di prodotti biologici ed amici dell’ambiente. L’indice del libro mostra anche un certo grado di preoccupazione da parte dei consumatori sugli effetti obesogenici dei sostituti del latte materno e più in generale dei cibi industriali per l’infanzia (molti dei quali rientrano nella categoria del junk food). Raccomanda perciò di non enfatizzare troppo queste caratteristiche negative e di sviluppare e commercializzare alimenti “funzionali” che proteggano la salute e prevengano malattie. Danone ci ha già pensato e, con il contributo finanziario della Commissione Europea, ha già sviluppato un latte artificiale per prevenire l’obesità[8]. Immagino che i claim per questo nuovo prodotto invaderanno ben presto studi pediatrici, congressi e riviste specializzate.
A giudicare dall’indice, il libro offre sicuramente molti dettagli interessanti per chi vuole conquistare quote di mercato ed aumentare i profitti. Ma la tendenza a spostarsi verso i mercati emergenti dell’Asia è già in atto. L’episodio del latte artificiale cinese contaminato da melamina ci aveva già fatto capire le tendenze. Il mercato globale ha bisogno di prodotti a basso costo ed alto margine di profitto. Questi prodotti devono essere realizzati da manodopera a basso costo, abbondante nei paesi asiatici. Le donne di questi paesi permettono di abbassare ulteriormente il costo del lavoro. Gravidanza e allattamento rappresentano un ostacolo all’integrazione delle donne nel mercato del lavoro. Per la gravidanza non esiste ancora un surrogato, per il latte materno sì. Da cui la pressione commerciale per i sostituti del latte materno, con la conseguente competizione tra industria nazionale e transnazionale, con la prima che, per ridurre i costi, è disposta a violare anche le leggi sulla sicurezza ed a commercializzare prodotti contaminati. Si può leggere questo episodio come una battaglia nella guerra per la conquista dei mercati. Ma si può anche fare un passo indietro e leggere questa guerra come un capitolo della privatizzazione dei beni comuni. Il lettore non avrà difficoltà a ricordare l’Inghilterra della rivoluzione industriale e le enclosures che, privatizzando la terra, bene comune, costringevano contadini e contadine ad emigrare in città per lavorare nelle fabbriche[9]. Un recente libro del filosofo francese Daniel Bensaid analizza le moderne enclosures che privatizzano gli attuali beni comuni: l’acqua, il vento, il mare, ma anche l’energia e le frequenze radiotelevisive, la formazione e la salute[10].
Anche il latte materno può essere considerato un bene comune; i suoi sostituti sarebbero quindi delle enclosures usate dal capitale globale per rendere le donne più disponibili ad andare in fabbrica a lavorare per un tozzo di pane. Ecco quindi che anche noi, acquistando a basso prezzo il “made in China”, contribuiamo a questa espropriazione, e forse contribuiamo a far diminuire i tassi globali di allattamento, come sembrano indicare i dati, per quanto di incerta interpretazione, pubblicati dall’OMS nel suo ultimo annuario statistico (Figura 2)[11].
Ci chiamiamo mammiferi perché allattiamo. Ma se non mettiamo in atto, urgentemente, misure per proteggere il bene comune latte materno, potremmo perdere sempre più questa caratteristica, con grave danno, oltre che per la salute e la nutrizione di donne e bambini, per l’equilibrio ecologico del nostro ambiente. E i campi di questa battaglia sono attualmente in India e in Cina.
Nota: La frase latina Timeo Danaos et dona ferentes si trova nell’Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone. Sono le parole pronunciate da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non fare entrare il famoso cavallo di Troia nella città. La traduzione più diffusa è “Temo i Danai anche quando portano doni”; alcuni preferiscono questa traduzione “Temo i greci e i doni che portano”, Viene oggi utilizzata per ricordare che non ci si deve fidare dei nemici, anche se hanno atteggiamenti amichevoli. (Fonte: Wikipedia)
- Ibfan. Breaking the rules, stretching the rules 2004. Penang: Ibfan, 2004 [PDF: 5,86Mb ]
- Ibfan Italia. Il Codice Violato 2008. Romola (FI): Ibfan, 2008 ()
- Concorso a premi denominato: Vinci Little Tony. Il regolamento [PDF: 63 Kb]
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Provvedimento n. 19816. Bollettino settimanale, anno XIX n. 19 del 1 giugno 2009, pag. 89-117
- Aguayo VM, Ross JS, Kanon S, Ouedraogo AN. Monitoring compliance with the International Code of Marketing of Breastmilk Substitutes in west Africa: multisite cross sectional survey in Togo and BurkinaFaso. BMJ 2003; 326: 127-32
- Jones G, Steketee RW, Black RE, Bhutta ZA, Morris SS, and the Bellagio Child Survival Study Group. How many child deaths can we prevent this year? Lancet 2003; 362: 65-71
- Babies and Toddlers: Emerging Opportunities
- Koletzko B, von Kries R, Closa Monasterolo R, et al, and Grote V for the European Childhood Obesity Trial Study Group. Can infant feeding choices modulate later obesity risk? Am J Clin Nutr 2009; 89(suppl): 1S–7S
- Marx K. Il capitale.Volume 1, parte 9, capitolo 27, 1867
- Daniel Bensaid. Gli spossessati: proprietà, diritto dei poveri e beni comuni. Verona: Ombre Corte, 2009.
- World Health Statistics 2009. Geneva: WHO, 2009. [PDF: 3,5 Mb]
Meno male che c’è Cattaneo, Maciocco e qualche altro….radici nel CUAMM….
Dice bene Adriano Cattaneo, noi siamo mammiferi. Vorrebbero farci scordare anche questo pur di fare “affari” ingordi. Mettendo a rischio non solo la salute fisica della nostra specie ma anche la serenità mentale di milioni di persone. Le tattiche sottili (e pesanti) esercitate ad ogni livello dalle multinazionali per perseguire, senza ritegno, i profitti loro e dei loro azionisti – come quelle che documenta Cattaneo – superano qualsiasi fantasia malata. Come si può credere che i regali dispensati da chi si comporta così, siano disinteressati? Sarebbe ora che almeno i medici cominciassero a rifiutarli.
Grazie per queste riflessioni, estremamente utili per chi come me lavora in una zona ad elevata immigrazione cinese, indiana e pakistana. Vedo con i miei occhi le madri indiane e pakistane che sopraffatte dalle maternità ravvicinate inseriscono la formula per essere liberate della fatica. Spesso la diluizione della polvere è scorretta, non hanno l’abitudine a sterilizzare i biberon nè a bollirli. Sono ginecologa in consultorio e quando dopo il parto rivedo le donne, spesso constato che mancano di informazioni basilari, inoltre per noi professionisti il lavoro interculturale è molto faticoso anche quando, come avviene per me, si può usufruire della mediazione linguistico-culturale.
è risaputo da piu’ di 20 anni il giochino della nestlè sul latte in polvere e le loro pressioni a convincere le donne africane, oriental e sudamericane ad usarlo:non stupiva gia’ prima.
Ci sono molti studi che dimostrano che anche il consumo di latte da parte degli adulti segue la stessa logica, ossia un essere umano adulto non ha bisogno di consumare latte vaccino per vivere, ma ovviamente è un mercato sterminato e quindi sono in atto da diverso tempo molte strategie selvagge per inculcare alle persone l’idea che si debba bere molto latte tutta la vita, con conseguenze devastanti non solo per l’ambiente ma anche per la salute umana.
L’incidenza di osteoporosi tra chi consuma molto latte in età adulta è esponenziale rispetto a chi non consuma latte.
Purtroppo, malgrado le raccomandazioni dell’OMS, la demonizzazione del latte materno avviene costantemente anche nei paesi occidentali. Sono medico e madre da circa un anno e ho provato sulla mia pelle quanto sia difficile, ai giorni nostri, allattare al seno. Nonostante tutte le pressioni contrarie che ho ricevuto in ambito sanitario e non, grazie all’appoggio incondizionato di mio mariro e alla mia testardaggine ho portato avanti l’allattamento che continuo tutt’ora con grande gioia. Ritengo che il pressing commerciale associato alla mancanza di un aiuto strutturato, possano portare facilmente le donne a desistere da tale pratica, ormai considerata dai più inutile e obsoleta