Immigrati. La nuova legge sulla sicurezza è ingiusta, dannosa e pericolosa
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- 12 Luglio 2009
di Salvatore Geraci
Il reato di ingresso e soggiorno irregolare crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa anche in sanità: nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione.
“Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.” [1]
don Lorenzo Milani (1965)
Il 2 luglio 2009 il Senato Italiano ha approvato, dopo tre voti di fiducia, con 157 sì (Pdl e Lega), 3 astenuti e 124 no (Pd, Idv, Udc), il disegno di legge 773-B, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”. [2] Si avvia così alla conclusione (si aspetta ancora la firma del Presidente della Repubblica), l’ultimo dei provvedimenti in materia di sicurezza pubblica varati dal Governo nella seduta straordinaria del Consiglio dei Ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008. Dopo il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n. 125, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, dopo le ordinanze presidenziali sui campi nomadi, dopo i due correttivi ai decreti legislativi in materia di ricongiungimento familiare (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 160) e rifugiati (d.lgs. 3 ottobre 2008, n. 159), dopo il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 3, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” (peraltro emendato della disposizione sul prolungamento del trattenimento nei CIE in sede di conversione, poi di nuovo reintrodotta nel decreto sicurezza), il Parlamento ha licenziato il pacchetto più complesso – ed anche il più controverso – recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” con numerose modifiche alla disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero, nonché alcuni “correttivi” alla legge sulla cittadinanza ed alle disposizioni sulla protezione internazionale.
Una prima considerazione nel metodo: senza una nuova legge sull’immigrazione (l’ultima approvata, ed ancora in vigore, è la cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002), si modificano sostanzialmente le politiche sull’immigrazione nel nostro paese, considerando anche le iniziative per il respingimento in mare, essenzialmente a “colpi decreti e di fiducia” e ciò, per la delicatezza del tema, ci sembra francamente inquietante.
Nel merito, l’ultimo provvedimento prevede una serie di atti, a nostro avviso inutili per aumentare sicurezza e dannosi per il convivere sociale, e che schematicamente riassumiamo:
- Introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale.
- Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno ai fini dell’accesso ai servizi (con esclusione di sanità e scuola dell’obbligo) e ai fini del perfezionamento degli atti di stato civile (matrimonio, registrazione della nascita – bambini invisibili, riconoscimento del figlio naturale – figli invisibili, registrazione della morte).
- Obbligo di dimostrazione della regolarità del soggiorno per la celebrazione del matrimonio in Italia.
- Obbligo di certificazione (da parte del Comune) dell’idoneità abitativa dell’alloggio ai fini del ricongiungimento.
- Introduzione del permesso a punti (“accordo di integrazione”).
- Condizionamento del rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo al superamento di una prova di conoscenza della lingua italiana.
- Introduzione di un contributo (da determinare) tra 80 e 200 euro per ogni rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno.
- Condizionamento della conversione del permesso dei minori non accompagnati, al compimento della maggiore età, alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale.
- Estensione da sei mesi a due anni del periodo di residenza in Italia richiesto ai fini dell’acquisto della cittadinanza per matrimonio.
- Abolizione del regime di silenzio-assenso ai fini del rilascio di nulla-osta per il ricongiungimento.
- Legalizzazione delle ronde.
Tutte queste norme avranno come unico effetto, come egregiamente spiegato da Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale e docente universitario, “… di fare terra bruciata attorno agli stranieri irregolari, impedendo loro od ostacolando l’accesso a prestazioni e servizi pubblici. Così però si rischia di attentare a diritti fondamentali della persona, e in ogni caso l’unico effetto pratico probabile di queste misure sarà far scomparire ancor più le persone nella clandestinità invece di farle emergere. … Si inseguono e si alimentano paure quotidiane di cittadini indotti a considerare l’immigrazione come una sorta di flagello da cui difendersi solo con misure di ordine pubblico, invece che avere il coraggio di affermare come necessarie, e di cominciare a praticare, politiche di lungo periodo che mirino alle radici del problema …”.[3]
Come operatori sanitari siamo stati coinvolti in prima persona, tra ottobre 2008 ed aprile 2009, per la proposta emendativa al “pacchetto sicurezza” di 5 senatori leghisti che volevano abrogare il divieto di segnalazione nei confronti di immigrati privi di permesso di soggiorno che si rivolgono alle strutture sanitarie (comma 5, art. 35 del D.ivo 286 del 1998). Da quel giorno un impegno costante per contrastare una simile iniziativa ha aggregato nel tempo gruppi, associazioni, sindacati, ordini professionali … parlamentari di tutti gli schieramenti. Quell’articolo specifico, dopo una prima approvazione in Senato il 5 febbraio 2009, a seguito anche di una forte mobilitazione di piazza, anzi di piazze (era il 17 marzo 2009 e si è manifestato contemporaneamente in quasi 50 città italiane – “noi non segnaliamo day”, nell’ambito della campagna nazionale, promossa anche da OISG, “Divieto di segnalazione”), è stato stralciato dal disegno di legge il 27 aprile 2009. Vedi post Il diritto alla salute non ha bisogno di documenti a cura di Di Thiene del 26 gennaio 2009; e il post Noi non segnaliamo: la posizione ufficiale dei medici di Di Thiene e Marceca del 24 febbraio 2009.
Tra gli operatori socio-sanitari un successo forse, ma amaro: non si è riusciti ad opporsi con eguale efficacia alla proposta di fare della presenza irregolare nel nostro paese un reato, punibile amministrativamente ma pur sempre un reato. E così il “pacchetto sicurezza” regala una società più “cattiva”, inutilmente cattiva perchè non se la prende con i delinquenti, ma crea un reato per colpire chi è in cerca di un futuro, di una vita dignitosa, di una speranza. L’irregolarità giuridica è spesso l’anticamera forzata per futuri e possibili percorsi regolari (le nostre leggi rendono quasi impossibile un ingresso regolare, di fatto per chiamata nominativa: ma chi affiderebbe i propri figli o i genitori a persone non conosciute?) o è la caduta accidentale, il ritornare indietro rispetto alla regolarità, per strozzature delle norme o delle amministrazioni (overstayers). La stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di pazienti visitati nelle strutture per gli immigrati irregolari in questi anni, oggi vivono regolarmente nel nostro paese, sono inseriti nella vita produttiva, sociale e culturale accanto ed insieme a noi.
Ma il reato di ingresso e soggiorno irregolare, anche in sanità, crea una condizione di ambiguità estremamente pericolosa: come detto nella nuova legge non è prevista alcuna abrogazione del “divieto di segnalazione” ma, a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia dello straniero della cui condizione di irregolarità venga a conoscenza nell’esercizio della propria funzione (artt. 361 e 362 codice penale). Due norme contrastanti – divieto di segnalazione e obbligo di denuncia – che creano confusione, ambiguità e discrezionalità. In questo senso è da leggere la presa di posizione della FNOMCeO che ha ipotizzato una eventuale “disobbedienza civile” da parte dei medici ed ha esplicitato una azione di sostegno per i medici denunciati perché ‘non denuncianti’.
Noi siamo convinti che la permanenza del divieto di segnalazione della norma del 1998 sia sufficiente per tutelare gli immigrati (e gli operatori) nel settore sanitario (a conforto di ciò ci sono i pareri di illustri costituzionalisti), ma in attesa di una consolidata giurisprudenza in materia il rischio di discrezionalità e, soprattutto, il diffuso timore da parte degli immigrati, ridurrà significativamente l’accesso ai servizi con rischio di danno per la salute sia individuale che collettiva.
Comunque, a sostegno del “divieto di segnalazione” nelle strutture sanitarie, anche in presenza del “reato di clandestinità”, è da ricordare che:
a) il diritto ai trattamenti sanitari è tutelato come diritto fondamentale nel suo “nucleo irrinunciabile del diritto alla salute, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto” (sentenze n. 432 del 2005, n. 233 del 2003, n. 252 del 2001, n. 509 del 2000, n. 309 del 1999, n. 267 del 1998);
b) l’articolo 6, comma 2, del testo unico sull’immigrazione – come modificato dall’articolo 1, comma 22, lettera g), del disegno di legge sulla sicurezza – prevede una espressa esenzione dall’obbligo dello straniero presente di esibire il permesso di soggiorno per l’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione;
c) nell’ambito dell’accesso e fruizione dei servizi sanitari, la perdurante disposizione di cui all’art. 35 comma 5 del Testo Unico opera, secondo il principio di specialità, quale norma di esenzione dell’obbligo di denuncia dello straniero irregolare da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
Partendo da queste sollecitazioni ci auguriamo (in attesa di un radicale ripensamento delle politiche) che a livello statale (già su vari punti del pacchetto sicurezza si prevedono aggiustamenti o chiarimenti politico-amministrativi) o a livello locale (note, circolari o leggi regionali), si possa chiaramente fornire una chiave di lettura univoca ed inclusiva. Inclusivo come è stato fino ad oggi il nostro sistema sanitario nei confronti degli immigrati a qualsiasi condizione giuridica appartenessero, e che ha fatto dell’Italia, in questo specifico ambito, esempio e riferimento in Europa. [4]
- L’obbedienza non è più una virtù. Documenti del processo di Don Milani, Firenze: Libreria Editrice Fiorentina, 1965.
- Disegno di legge 773-B – pacchetto sicurezza [PDF: 408 Kb]
- Valerio Onida. Le vie del mare e le vie della legge. Il Sole24Ore 19.05.2009
- Cure agli irregolari, Italia da imitare
Intervista a Heiko Waller. Metropoli di La repubblica 28.06.2009
(Dopo una serie di circolari regionali, il 27.11.2009 finalmente la Circolare del Ministero dell’Interno n. 12, su richiesta di chiarimento avanzata da SIMM, MSF, OISG e ASGI, ribadisce la permanenza del divieto di segnalazione: http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/inverno_09/12-circ_min_int_n.12_09.pdf )