G8: un passo avanti. Ma con quale credibilità?
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- 31 Agosto 2009
di Eduardo Missoni
Smarcandosi dalle impostazione selettive che hanno caratterizzato i summit precedenti, il G8 dell’Aquila ha preso impegni rilevanti per la salute globale, in una prospettiva olistica e comprensiva che prevede il rafforzamento dei sistemi sanitari. Ma in assenza di un piano di finanziamento, i risultati del G8 rischiano di rimanere solo promesse e un esercizio di buone intenzioni.
Nel 2001, prima ancora che il G8 di Genova lanciasse il Fondo Globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria, diverse voci si erano levate per chiedere ai donatori di “sostenere i sistemi sanitari africani e non esacerbare il loro collasso”. Il rapporto presentato da alcune ONG all’Assemblea Mondiale della Sanità precedente il Summit di Genova raccomandava di tenere conto delle lezioni del passato prima di impegnarsi con nuovi fondi. Secondo Regina Keith, di Save the Children UK, il collasso dei sistemi sanitari africani era la conseguenza delle riforme economiche e sanitarie imposte a quei paesi e di “programmi diretti dai donatori e centrati su specifiche malattie, piuttosto che su di un approccio olistico per lo sviluppo di servizi e risorse”. Secondo la Keith “la sanità di base deve essere vista come un diritto umano, non un investimento per la crescita economica”.[1]
Eliminazione di ticket e costi diretti per i pazienti; meccanismi di finanziamento dei sistemi sanitari fondati su ampie basi contributive (pooling del rischio); miglioramento delle condizioni di lavoro e della formazione degli operatori sanitari; integrazione dei servizi e approccio intersettoriale per la salute, erano le altre raccomandazioni contenute in quel rapporto.[2]
E’ interessante ricordare che i primi documenti relativi alla formulazione dell’agenda “salute” del summit trasmessi ai partner dalla presidenza italiana del G8 tenevano conto in buona parte di considerazioni analoghe a quelle del citato rapporto. I termini di riferimento proposti dalla Presidenza italiana a gennaio 2001, indicavano che “l’accesso a un appropriato sistema di servizi di salute appare come la questione centrale. In particolare, la necessità di un approccio integrato allo sviluppo che dia priorità al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni”.
Si insisteva sulla necessità del coordinamento di tutti gli attori a sostegno e nel contesto di strategie e piani nazionali dei paesi beneficiari. Si sosteneva la necessità di misurare i risultati non solo attraverso la vigilanza delle più importanti malattie infettive (quali AIDS, tubercolosi e malaria), ma anche di altre condizioni quali la mortalità materna, le malattie infantili e in generale quelle legate alla povertà, ivi incluse le malattie mentali e le disabilità; infine veniva riproposto il tema dell’accesso ai farmaci essenziali, per assicurare che nessun paese potesse fallire nel raggiungimento dei suoi obiettivi di salute per loro mancanza, individuando come opzioni in tal senso l’adozione di “prezzi differenziati” (secondo il potere di acquisto dei paesi) e lo sviluppo della capacità produttive locali nei paesi in via di sviluppo.[3]
Complessi equilibri interni all’amministrazione italiana e tra i partner del G8 ricondussero l’agenda salute di Genova al solo Fondo Globale. Anche quando – a marzo 2001 – l’idea di un Fondo Globale (emersa dall’incontro dei ministri economici del G7) fu esaminata dal gruppo di esperti sanitari del G8, questi si trovarono d’accordo sul fatto che non vi fosse alcuna necessità di costituire nuove strutture “piuttosto dovrebbero essere potenziate quelle esistenti” esplorando meccanismi “che consentano di ricondurre le iniziative sanitarie sotto un quadro comune”.[4]
Anche a livello politico non c’era accordo sul senso della nuova iniziativa e la sua struttura. Alcuni hanno sostenuto che l’Italia e altri fossero schierati contro la posizione degli Stati Uniti e di quanti non volevano che il Fondo Globale fosse gestito dalle Nazioni Unite o dalla Banca Mondiale.[5]
In effetti la prima proposta italiana parlava di un Fondo fiduciario Globale per l’Assistenza Sanitaria (The Genoa Trust Fund for Health Care) amministrato dalla Banca Mondiale.
Alcuni autori hanno addirittura sostenuto che uno dei propositi di alcuni promotori delle Partnership Pubblico-Privato fosse proprio quello di “debilitare il ruolo di policy-making del Sistema delle Nazioni Unite”.[6]
All’epoca, però, lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, era un fervente sostenitore della necessità di un Fondo Globale esterno al sistema, ritenendo ciò indispensabile per attrarre nuove risorse[7] e anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sotto la direzione della dott.ssa Brundtland aveva entusiasticamente sposato la promozione di iniziative “verticali” dirette al controllo di singole malattie costituendo per ciascuna di esse delle Partnership Globali Pubblico-Privato,[8] senza interrogarsi sulle conseguenze di una prevedibile accresciuta dipendenza della sua organizzazione da fondi privati.[9]
Il modello che influenzò anche il G8 e quindi la costituzione del Fondo Globale era quello del GAVI, l’alleanza globale sui vaccini e le immunizzazioni, che aveva attirato non poche critiche,
[10,11,12,13]ma che godeva del non trascurabile vantaggio di avere nel mecenate Bill Gates il suo principale sostenitore.[14]
Così, al G8 di Genova fu varato un nuovo mostro istituzionale: il Fondo Globale per la lotta all’HIV-Aids, la tubercolosi e la malaria. Verticale, in contrasto con le dinamiche di armonizzazione e allineamento che già si stavano proponendo a livello paese e che si sarebbero poi consolidate come strategie e impegni dei donatori con le Dichiarazioni di Roma (2003) e di Parigi (2005) e il Piano di azione di Accra (2008) in ambito OCSE, il Fondo Globale non considerava i veri problemi e le iniquità alla base delle condizioni di salute nei paesi poveri.[15]
Contribuiva all’ulteriore frammentazione dei sistemi nazionali, con gestione e procedure parallele, senza contare i notevoli dubbi che sollevava in tema di governance, rappresentanza, trasparenza e competenza.[16]
Con il lancio del Fondo Globale si affermava l’influenza del G8 come organo collettivo sull’agenda globale della salute, dalla cui formulazione l’OMS veniva progressivamente emarginata.[17]
Summit dopo summit il G8 affrontò nuovi argomenti e assunse nuovi impegni: l’eradicazione della polio; il miglioramento dell’accesso ai servizi, e a farmaci a prezzi abbordabili; la ricerca sulle malattie che colpiscono maggiormente i paesi poveri; la cooperazione internazionale contro l’emergere di nuove epidemie come la SARS; la costituzione di un’Impresa Globale per lo sviluppo del vaccino contro l’HIV; il rafforzamento dei sistemi sanitari in relazione alla gestione dei sistemi di forniture, dell’informazione e delle risorse umane; la ricerca, lo sviluppo e la produzione di vaccini, microbicidi e farmaci per l’HIV, la tubercolosi, la malaria e altre malattie infettive; il lancio di programmi di ricerca clinica e nuove partnership pubblico-privato, basati su meccanismi finanziari innovativi.[18]
Tra questi il cosiddetto Advanced Market Commitment (AMC) e la International Financing Facility for Immunisation (IFFIm). La prima nata su iniziativa della Gates Foundation,[19]ma promossa dall’Italia, che prevede l’impegno di risorse finanziarie per la futura sovvenzione pubblica all’acquisto di vacccini che il settore privato s’impegna a produrre in base a criteri concordati.[20]
L’IFFIm, lanciata nel 2006 dall’allora ministro degli esteri britannico, Gordon Brown, è basata sull’emissione di bonds per la raccolta di fondi per l’acquisto di farmaci e vaccini da parte del GAVI.
Tutta questa attività propositiva, basata su approcci selettivi ed alla ricerca di soluzioni d’effetto, non ha fatto che contribuire alla frammentazione dei meccanismi di finanziamento della salute globale e all’incremento dei costi di transazione per la messa in atto di misure efficaci, in evidente contrasto con la crescente necessità di potenziare i sistemi sanitari e di garantire un più vasta copertura sanitaria alle popolazioni più svantaggiate, soprattutto in un momento di profonda crisi economica e finanziaria globale.
Sulla scia del processo avviato nel 2006 al G8 di Gleneagles, il Summit di Toyako incluse nel comunicato finale un importante riferimento alla salute richiamando il rapporto prodotto dal Gruppo degli esperti sanitari del G8, denominato Toyako Framework for Action che rifletteva la rinnovata attenzione mondiale verso il potenziamento dei sistemi sanitari.[21]
Anche su spinta della società civile giapponese e italiana, quella rinnovata attenzione ad un approccio sistemico ha caratterizzato anche l’agenda proposta quest’anno dall’Italia nell’assumere il suo turno di presidenza del G8. In apparente contrasto con le scelte che caratterizzano la presente stagione politica nazionale, sembrerebbe che il governo italiano voglia tornare ad ispirarsi ai tradizionali principi guida della Cooperazione Italiana allo Sviluppo in tema sanità – messi da parte a partire dall’esperienza del Fondo Globale – per un approccio sistemico piuttosto che selettivo alla salute, e teso a garantire l’accesso alle cure come diritto fondamentale e universale. Gli stessi principi sui quali, del resto, si fonda anche il nostro Servizio sanitario Nazionale. D’altra parte è anche curioso rilevare come l’agenda proposta per il vertice del 2009 ricalchi, in buona sostanza la prima proposta del 2001, quella qui già ricordata, poi soppiantata dal Fondo Globale come unico punto all’ordine del giorno.[22]
Ad ogni buon conto, la presidenza italiana ha messo nell’agenda del G8 realizzato a L’Aquila quattro temi piuttosto impegnativi:
la promozione dell’accesso universale ai servizi sanitari attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitari e soprattutto l’assistenza sanitaria di base;
l’approccio integrato per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio inerenti la salute;
la promozione della salute come risultato di tutte le politiche pubbliche e,
la maggiore efficacia e quantità degli aiuti internazionali.
Purtroppo, mentre lanciava questa coraggiosa agenda, con la legge finanziaria del 2009 l’Italia tagliava i fondi per l’aiuto pubblico allo sviluppo, riducendo la sua già bassa credibilità in tema di cooperazione internazionale[23].
Quali sono stati i risultati del vertice?
I quattro temi ricordati sono stati tutti accolti nel Comunicato Finale del G8 de L’Aquila, “Leadership per un futuro sostenibile” con alcune importanti sottolineature: l’attenzione ai bisogni dei più vulnerabili, ed in particolare donne e bambini, e il superamento delle diseguaglianze tra i sessi; il miglioramento della forza lavoro sanitaria a tutti i livelli, con l’impegno ad affrontare il tema della penuria di operatori sanitari e incoraggiando l’OMS a sviluppare entro il 2010 un codice di buone pratiche per il reclutamento internazionale; l’insistenza sulla necessaria sinergia tra iniziative globali e i sistemi sanitari; la mobilitazione di risorse, anche attraverso meccanismi finanziari innovativi a sostegno dei sistemi sanitari. Il capitolo della dichiarazione dedicato alla Promozione della Salute Globale, si conclude con il rinnovo degli impegni già presi, ivi incluso quello di investire 60 miliardi di dollari per la lotta alle malattie infettive e per il rafforzamento dei sistemi sanitari entro il 2012, e l’annuncio della messa in atto di un nuovo meccanismo di monitoraggio degli impegni presi. Infine, il comunicato accoglie favorevolmente il rapporto presentato dagli esperti sanitari del G8.[24]
Un importante apporto di quest’ultimo, oltre naturalmente ad orientare l’impegno dei G8 sul piano delle politiche sanitarie, è stata proprio l’organizzazione delle informazioni fornite da ciascuno degli otto (che poi sono nove, perché includono la Commissione Europea) in un formato standard per il monitoraggio degli impegni, evitando l’individuazione di nuovi indicatori e rifacendosi piuttosto al sistema in uso presso la OCSE. Un positivo contributo alla maggiore comparabilità dei dati e alla trasparenza,[25] cui hanno plaudito anche osservatori della società civile.
Questi, hanno ovviamente rilevato come, ancora una volta nel comunicato del G8 si usi il linguaggio delle buone intenzioni e come, a parte il rinnovato impegno per l’investimento di 60 miliardi di dollari entro il 2012 – la cui credibilità è messa in dubbio dall’assenza di qualsivoglia piano di finanziamento – non si individuino altre azioni concrete e misurabili[26,27].
Certo coloro che plaudirono nel 2001 all’azione davvero concreta della costituzione del Fondo Gobale per la lotta all’HIV-Aids, la tubercolosi e la malaria, non si sono mostrati entusiasti del nuovo approccio olistico. I paladini della lotta selettiva all’AIDS, infatti, rivendicando la bontà dei programmi indipendenti e verticali come il PEPFAR – il fondo del Presidente Bush per la lotta all’AIDS in Africa – hanno sostenuto la necessità di avere “più PEPFAR, piuttosto che vuote promesse” e più fondi per il Fondo Globale.[28]
Purtroppo, ma era inevitabile, non sono mancati quelli che hanno messo il dito nella piaga italiana. “L’Italia è il paese con le peggiori prestazioni” ha rilevato Oliver Buston, il rappresentante di One campaign – l’iniziativa guidata dagli attivisti rockstar Bono e Geldof – obiettando la legittimità del capo dell’esecutivo a presiedere il summit, dopo che l’Italia aveva pagato solo il 3% della somma promessa nel 2005. “E’ una disgrazia”, ha aggiunto Adrian Lovett, il portavoce di Save the Children, commentando il fatto che alla vigilia del Summit l’Italia invece di annunciare una ripresa degli aiuti, avesse messo in atto ulteriori tagli, “venendo dal paese ospitante il G8, questa azione solleva serie dubbi circa la credibilità del summit”.[29]
Nota
Eduardo Missoni – Coordinatore Salute Globale. Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale – CERGAS. Università Bocconi. Milano.
- “Donors urged to support Africs’s health systems not exacerbate their collapse” (accesso 11 Giugno, 2001)
- The Bitterest Pill of All: The Collapse of Africa’s Health Systems. Published jointly by Save the Children UK and Medact, 2001 (accesso 15 Agosto, 2009) [PDF: 1,56 Mb]
- Giovanni Berlinguer e Eduardo Missoni, “Anche la salute è ‘GLOBALE'”, Politica internazionale, 29(1/2), 2001, pp. 273-284
- Missoni E. Il Fondo globale per la lotta all’HIV-Aids, la tubercolosi e la malaria, in: “Osservatorio Italiano sulla Salute Globale, Rapporto 2004 salute e globalizzazione”, Feltrinelli, Milano, 2004, pp.221-232
- Phillips M. Infectious-disease fund stalls amid U.S. rules for disbursal. Wall Street Journal, 5 august 2002
- Deacon, B, Ollila, E., Koivusalo, M., Stubbs, P., op.cit, p. 57
- Highlights from the noon briefing, by Manoel de Almeida e Silva, deputy spokesman for the Secretary-General of the United Nations UN Headquarters, New York, Thursday, May 17, 2001
- Ford, N. and Piedagnél, J., WHO must continue its work on access to medicines in developing countries. Lancet, 2003, 361: 3.
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- Science Speaks: HIV & TB News, The G8’s Declaration on Global Health, July 8, 2009 (accesso del 20.8.2009)