Riforma sanitaria in Cina. Lo stato dell’arte
- 0
- 2.5K
- 7 Min
- |
- 28 Settembre 2009
Giorgio Mario Cortassa, Ledia Lila, Daniele Brombal, Maria Santonastaso, Rosario Centola
Uno studio della cooperazione sanitaria italiana: nel 2008 in Cina, nel 46,5% dei casi alla prescrizione di ricovero non faceva seguito l’ospedalizzazione, un valore superiore di sedici punti percentuali rispetto a quello rilevato nel 2003.
Con una popolazione pari ad un quinto di quella mondiale, resa avvezza dal Confucianesimo a muoversi compatta senza troppo discutere, la Cina rappresenta, oggi come ieri, una massa d’urto biologica tale da costituire un punto chiave per la salute del mondo. E non solo per quanto riguarda i virus: l’epidemia di SARS del 2003 e le numerose, ricorrenti influenze “asiatiche” rappresentano solo una parte dell’equazione, che deve tener conto anche delle potenziali, catastrofiche conseguenze socioeconomiche – e quindi anche mediche – globali di una grave destabilizzazione dell’Impero di Mezzo.
Oggi i cinesi in realtà stanno “di salute” meglio di ieri, eppure hanno molte e valide ragioni per essere insoddisfatti. Il loro sistema sanitario, che negli anni precedenti al 1978 funzionava egregiamente all’interno di una ferrea economia comunista di piano, oggi – dopo trent’anni di scriteriata apertura al “libero mercato” (in un contesto, oltretutto, di basso law enforcement) – è infatti (come loro stessi ammettono)[1] complessivamente, un disastro. Ma come ció è potuto accadere?
La semplicistica, pragmatica scommessa di Deng Xiaoping ha funzionato: aumentando i soldi i cinesi staranno meglio. Ed in effetti l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata, la mortalità materna ed infantile è diminuita (Tabella 1).
Tabella 1: il miglioramento dei fondamentali indicatori di salute | ||
Speranza di vita alla nascita | Nel 1981 67,9 anni | Nel 2000 71,4 anni |
Mortalità Infantile | Nel 1991 50,2 x 1.000 nati vivi | Nel 2005 19,0 x 1.000 nati vivi |
Mortalità Materna | Nel 1991 88,9 x 100.000 nati vivi | Nel 2005 47,7 x 100.000 nati vivi |
Fonte:[2]
Con i soldi arrivano migliore alimentazione e migliore educazione, acqua corrente, servizi igienici decenti, vestiti comodi e riscaldamento, luce elettrica, per cui – certo – si vive meglio. Però arrivano anche maggiori aspettative generali ed un allargamento della forbice sociale. Inoltre la ridotta mortalità infantile, nel nostro caso combinata con la politica del figlio unico, sta influenzando rapidamente in Cina la piramide delle età. I cinesi stanno invecchiando rapidamente ed il pattern delle loro patologie si sta allargando velocemente verso le malattie non-infettive. Tutto ciò comporta un aumento della complessità e del costo delle cure che, combinato alla logica di mercato ed al cronico sottofinanziamento governativo della salute pubblica crea una miscela esplosiva.
[Nota: Il governo centrale paga per la sanità circa l’1% del PIL, ma il costo globale della sanità cinese è circa 5 volte superiore, pari al 4,7% del PIL].
Nel 1978 la spesa sanitaria globale cinese era di 110 miliardi di yuan (10 yuan = 1 euro), di cui un mero 0,1% usciva direttamente dalla tasca dei pazienti. Nel 2004 questa cifra era salita a 7.600 miliardi di yuan, il 33% dei quali rappresentato da pagamenti diretti[3], per raggiungere nel 2007 gli 11.000 miliardi di yuan. La sanità cinese è diventata cento volte più cara rispetto a trenta anni fa; un aumento esagerato, persino rispetto alla straordinaria crescita del PIL registrata dalla fine degli anni ‘70.
La conseguenza di un servizio costoso, da pagare di tasca propria, è che in Cina molta gente non si può più permettere le cure. Gli indicatori di utilizzo dei servizi sanitari sono in peggioramento da tempo, soprattutto a causa della ridotta accessibilità. La percentuale di occupazione dei posti letto – ad esempio – era dell’80% nel 1990 ed era già scesa al 60% nel 1999; il carico medio di lavoro ambulatoriale per un medico rurale, che era di 1.200/visite/anno nel 1990, era sceso a 780 già nel 1997[4]. Ma ciò che preoccupa maggiormente è l’accessibilità in emergenza e per ricoveri ospedalieri.
Nel 2000 una household survey su 1.771 famiglie sponsorizzato dalla Cooperazione Italiana e realizzato dalla Accademia Cinese di Medicina Preventiva in coordinamento con l’Istituto Superiore di Sanità dimostrava che il 20% dei pazienti in area urbana (a Pechino ed a Lhasa, Tibet) ed il 52% dei pazienti in area rurale (Jagadaqi, Manciuria) non aveva accesso ai servizi di pronto soccorso e che ciò avveniva, nel 30% dei casi, per ragioni economiche[5].
Nel 2003, secondo uno studio del Ministero Sanità Cinese, la percentuale di necessità di ricovero disattese nel corso di un anno era – nelle aree rurali – pari al 30,3%[6].
Nel 2008 l’Unità di Coordinamento Sanitario della Cooperazione Italiana a Pechino ha supportato un ulteriore studio svolto dal centro HHRDC (The MoH – Health Human Resources Development Center) del Ministero della Sanità Cinese su 3.340 famiglie rurali nelle province di Hebei, Mongolia Interna e Shaanxi. I risultati di tale ricerca indicano un ulteriore peggioramento della accessibilità negli ultimi cinque anni: nel 46,5% dei casi alla prescrizione di ricovero non fa seguito l’ospedalizzazione, un valore superiore di sedici punti percentuali rispetto a quello rilevato nel 2003 (Tabella 2). Ma se si prendono in considerazione solo le fasce meno abbienti, la percentuale di mancati ricoveri sale al 70,9%. Inoltre, il 24.9% dei ricoverati si dimette anzitempo contro il parere dei medici a causa della mancanza di denaro per proseguire le cure[7].
Tabella 2. Le necessità disattese di cura (in ambiente rurale)
Mancati ricoveri
46,5%
Mancati ricoveri nella fascia di minor reddito
70,9%
Mancato ricovero per motivi economici
89,2%
Dimissioni contro parere medico per motivi economici
24,9%
Fonte: [8]
In definitiva, il quadro complessivo del sistema sanitario cinese è decisamente fallimentare. Nell’anno 2000 l’OMS lo classificava al terzultimo posto mondiale per quanto riguarda l’equità ed al 144mo, subito dopo il Burundi, per la performance complessiva[9]. Non si tratta di una condizione adeguata al livello di sviluppo economico del paese e se è vero che i cinesi sono un popolo solerte e tollerante, anche per loro esiste un limite: la percentuale di persone insoddisfatte del servizio ospedaliero, che nel 1998 era del 12% in città e del 7% in campagna, nel 2003 era salita al 61% e al 54% rispettivamente[10]. L’esasperazione dei pazienti e dei loro famigliari trova spesso espressione in fenomeni di violenza: nel solo 2008 si sono registrati circa 10.000 episodi violenti, con il ferimento di oltre 5.500 lavoratori sanitari all’interno di ospedali cinesi[11]. La situazione è ben descritta dallo studio svolto nel 2006 dall’Accademia Cinese di Scienze Sociali intitolato “Censimento Nazionale della Stabilità e della Armonia Sociale”: la principale preoccupazione dei cinesi è oggi dovuta al fatto che “è troppo difficile andare dal medico” e/o “è troppo caro andare dal medico”.
Nell’intento di salvaguardare la stabilità sociale ed economica del paese e di garantire al popolo cinese il fondamentale diritto alla salute il governo ha varato nel 2009 una riforma mirata a riportare la sanità cinese su binari di equità ed efficacia, iniettando nel sistema una (relativamente) considerevole dose di fondi: 850 miliardi di yuan aggiuntivi per il periodo 2009-2011, il che costituisce un aumento delle risorse finanziarie disponibili compreso fra il 30 ed il 35% su base annuale. Ma naturalmente i soldi da soli non basteranno a realizzare il miracolo: servono buone leggi e regolamenti efficaci e serve la loro corretta applicazione.
Il dispositivo del governo si articola su due livelli: un documento strategico redatto dal Comitato Centrale del Partito e dal Consiglio di Stato che delinea le guide di indirizzo fino al 2020 ed un piano di implementazione “d’emergenza” valido per il triennio 2009-2011.
In sintesi, quest’ultimo documento consta di cinque punti:
Copertura universale del sistema assicurativo di base
Sistema di farmaci essenziali
Potenziamento delle cure primarie, in particolar modo a livello rurale
Riforma degli ospedali pubblici, specialmente per i corretti protocolli di cura e di gestione e per il loro finanziamento
Potenziamento della medicina preventiva ed educazione sanitaria per tutti
L’aspetto è quello di una ricetta efficace, il cui successo nel breve periodo dipenderà dalla reale capacità di implementazione di meccanismi pragmatici e sperimentati come quello dell’educazione sanitaria, delle vaccinazioni e dei farmaci essenziali. Nel lungo periodo però il successo o il fallimento della riforma si giocherà verosimilmente soprattutto sulla capacità del sistema di riorientare efficacemente i suoi meccanismi di finanziamento e di monitorare accuratamente ed in tempi reali i risultati raggiunti, soprattutto nel settore cruciale delle costose cure ospedaliere.
A questo proposito bisogna notare che se è vero che la Cina è titolare del Sistema Informativo Sanitario (SIS) piú grande del Mondo, dedicato a monitorare lo stato di salute di un miliardo e mezzo di persone, il livello di informatizzazione del SIS cinese è tuttavia ancora assai basso ed i conseguenti tempi di raccolta, elaborazione, analisi dei dati e successiva reazione sono dilatati all’eccesso.
Inoltre, il sistema fiscale cinese è di natura decentralizzata, con localizzazione di importanti centri di costo a livello provinciale nell’ambito di una struttura simile, in scala cinese, a quella delle regioni italiane. Malgrado ciò, al momento le analisi di performance del sistema sanitario vengono realizzate in Cina solo a livello nazionale, mentre manca del tutto una simile capacità di analisi a livello provinciale[12].
È quindi evidente l’opportunità di inserire a titolo sperimentale un SIS telematico con informatizzazione dei dati di rilievo per la corretta gestione, almeno economica, della rete ospedaliera a livello provinciale. Si tratta di un settore nel quale l’Italia, con lo strumento della Cooperazione e con i suoi centri di eccellenza nella gestione sanitaria degli ospedali pubblici, potrebbe offrire un valido supporto alla riforma sanitaria cinese e quindi alla stabilità socioeconomica ed al benessere di una grossa fetta di umanità.
Nota. Giorgio Mario Cortassa, Ledia Lila, Daniele Brombal, Maria Santonastaso e Rosario Centola fanno parte della Cooperazione Italiana, Unità Tecnica Locale, Pechino, Ministero Affari Esteri, DGCS.
Bibliografia
- The China National Development Reform Committee. The DRC Report 2005. Beijing: NDRC, 2005.
- The Chinese Ministry of Health. China Health Statistic Digest. Beijing: the Peking Union Medical College Press, 2007.
- China Ministry of Health. China Health Statistic Yearbook. Beijing: MOH, 2005, 2008
- China Ministry of Health. China Health Statistic Yearbook. Beijing: MOH, 1997.
- Ferrelli R. National Institute of Health (Italy), Ministry of Foreign Affairs (Italy), CAPM (Chinese Academy of Preventive Medicine). Emergency Care Services and willingness to pay in three areas of China: results of a survey carried on in Lhasa, Jagedaqi and in the Dongcheng district of Beijing. Paper presented to the International Congress AEMC-2001, Beijing, 2001 (available on request).
- Centre for Health Statistic and Information, Ministry of Health. An analysis report of National Health Services Survey 2003. MOH 2003.
- MoH, Health Human Resources Development Center and HCU, Health Coordination Unit, Cooperazione Italiana Pechino, MAE-DGCS. Report on the influence of the NRCMS implementation on access to health care service in Central and Western rural China. 2008 (unpublished paper, in print).
- Ibid.
- World Health Organization. The WHO health report 2000. Health system: improving performance. WHO library catalog, 2000.
- Centre for Health Statistic and Information, Ministry of Health. Report of National Household Health Services Surveys 1993, 1998, 2003. MOH.
- Thompson D. China’s Health Care Reform Redux. The Nixon Center, 2008.
- Liu Y, et al. Health System reform in China 7. China’s health system performance. Lancet 2008;372(9653):1914-23. Epub 2008 Oct 17.