H1N1. Vaccini e vaccinazione
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- 12 Ottobre 2009
Carla Perria
Dopo mesi di allarme mediatico, un nuovo vaccino contro l’influenza H1N1 (“suina”) sta per essere somministrato a livello di popolazione. Non mancano dubbi e perplessità sull’efficacia e la sicurezza del nuovo vaccino e sulla reale pericolosità di questa minaccia per la salute globale.
La recente diffusione planetaria del virus H1N1, responsabile dell’“influenza suina” ha generato in tutti i paesi occidentali una sensazione collettiva di pericolosità incontrollabile, di evento invasivo potenzialmente letale, capace di minare seriamente la stabilità della vita sociale.
Sull’onda di questa emozione, sapientemente gestita dai mezzi di comunicazione, che alternavano messaggi rassicuranti a notizie in prima pagina di casi isolati finiti in terapia intensiva o deceduti, la comunità scientifica ha fin dall’inizio assunto una posizione fortemente orientata alla necessità assoluta di un vaccino, appoggiando gli enormi investimenti in “ricerca finalizzata” che le industrie farmaceutiche avevano da tempo già attivato, sulla scia della temuta pandemia da virus H5N1 (aviario) del 2006.
Inoltre, con la dichiarazione di pandemia dell’11 giugno di quest’anno[1] l’OMS ha contribuito a diffondere il messaggio che la gravità della situazione fosse principalmente dovuta al rapido diffondersi dell’infezione piuttosto che alla virulenza del virus, rivelatasi nella maggior parte dei casi molto contenuta, e appellandosi a una definizione di pandemia diversa da quella classica, come sottolinea l’epidemiologo Tom Jefferson in un’intervista dello scorso luglio alla rivista tedesca Spiegel[2].
Dal momento della dichiarazione della fase di massima allerta la macchina per lo sviluppo di vaccini pandemici si è messa in moto con largo anticipo ricorrendo alla tecnica cosiddetta “mock-up”, grazie alla quale è possibile preparare vaccini con un ceppo potenzialmente pandemico avendo a disposizione il tempo sufficiente per effettuare i necessari studi di qualità, sicurezza ed efficacia, e inserendo in un secondo momento il ceppo effettivamente pandemico, quando questo comincia a circolare.
Il nuovo vaccino H1N1, il cui prodotto commerciale è stato recentemente autorizzato in Italia, è stato testato ripetutamente su adulti volontari sani e nuove informazioni si attendono dagli studi clinici ancora in corso che sembrerebbero suggerire che una singola dose possa essere sufficiente al posto della doppia dose, normalmente indicata nel caso di immunizzazione nei confronti di un nuovo ceppo virale.
Tuttavia tale corsa al vaccino merita alcune considerazioni che si spera possano arricchire di elementi di valutazione questo panorama di incertezza e confusione.
La prima è che la recente ondata epidemica estiva ha messo in luce un virus poco aggressivo, in grado di trasmettersi abbastanza efficacemente da persona a persona, ma sostanzialmente incapace di causare malattia severa. Ciò probabilmente a causa di una parziale immunità della popolazione esposta alla circolazione di tale virus che, indicato all’inizio come nuovo, è stato successivamente riclassificato come derivato da un virus che aveva colpito i suini nel periodo della “spagnola” (1918), e successivamente “riemerso” negli anni ’70, con i cui geni l’attuale ceppo pandemico presenta diverse analogie[3].
La seconda è che la tanto temuta seconda ondata di malattia causata da un ceppo mutato e più virulento, che ci si aspetta per il prossimo inverno potrebbe semplicemente tradursi in un consistente aumento di casi “leggeri”, che guariscono senza particolari cure, e in alcuni inevitabili, ma sporadici, casi gravi per lo più in soggetti con uno stato di salute già compromesso[4]. Anche l’impatto sulla salute derivante dalla co-circolazione del virus stagionale e di quello suino, evenienza attesa per il prossimo inverno e anch’essa considerata temibile, potrebbe essere minore del previsto, come si evince dai resoconti dell’esperienza che si è appena conclusa nell’emisfero sud, nel quale l’epidemia da virus influenzale stagionale si verifica in estate[5].
La terza riguarda la cautela che occorre riservare alla fiducia nei confronti del nuovo vaccino per i seguenti motivi: innanzitutto per il fatto che la maggior parte di evidenze proviene da studi clinici effettuati per lo più su giovani adulti sani e non includono alcune delle principali categorie target dell’intervento, e cioè i bambini, gli adulti affetti da patologie croniche e le donne in gravidanza; ma, soprattutto, per la possibile comparsa di effetti collaterali, diversi da quelli noti come conseguenza della vaccinazione contro il ceppo stagionale, e riconoscibili, specialmente i più rari, solo dopo somministrazione a larghe fasce di popolazione. Che ci sia il sospetto, nonostante le rassicurazioni dell’OMS, che questo nuovo vaccino susciti un po’ di diffidenza lo dimostrano alcune indagini condotte in Europa, Cina e Canada, che hanno messo in evidenza come dal 25 al 50% dei soggetti indicati come bersaglio della vaccinazione, compresi gli operatori sanitari, rifiuterebbero il vaccino per paura degli effetti indesiderati[6]. A tale proposito meriterebbe in questo periodo una maggiore risonanza il ricordo dell’esperienza di Fort Dix, base militare nel New Jersey, dove nel 1976 più di 200 reclute furono infettate da un ceppo suino H1N1, filogeneticamente simile al virus della “spagnola”, e una campagna di massa sottopose a vaccinazione circa 40 milioni di americani ad un costo di 137 milioni di dollari. Il risultato fu che la malattia non oltrepassò mai i confini della base militare e che nei vaccinati furono riscontrati numerosi casi di sindrome di Guillain-Barré (neuropatia acuta che si manifesta con paralisi progressiva agli arti), anche se un legame causale non fu mai stabilito. Ciò provocò l’immediata interruzione della campagna e un’ondata di sfiducia si riversò sulle istituzioni, suffragata dai commenti del New York Times, che usò per definire il programma sospeso termini come “debacle” e “swine flu fiasco”[7].
E infine l’ultima considerazione che merita di essere posta all’attenzione dell’opinione pubblica è la prontezza con cui i governi hanno messo a disposizione ingenti investimenti economici per fronteggiare un’emergenza se non improbabile quantomeno incerta. Appena dopo la comparsa dell’influenza suina in Messico la scorsa primavera le case farmaceutiche non hanno esitato a dichiarare che il più presto possibile sarebbe stato disponibile un vaccino, prima ancora che fossero resi noti dati relativi alla capacità diffusiva, alla patogenicità e alla virulenza del nuovo virus. Avendo fiutato l’entità dell’affare, più di 20 aziende hanno sospeso ferie e riposi dei propri dipendenti per tagliare il traguardo dell’autorizzazione in tempo utile per l’inizio della campagna di vaccinazione pandemica, spostata di circa un mese rispetto a quella stagionale di metà ottobre. L’ordinativo di vaccini avanzato dai paesi occidentali ammonta a circa 600 milioni di dosi, corrispondente, secondo J P Morgan, leader mondiale dei servizi finanziari, a un affare di almeno 10 miliardi di euro[8]. Numerose sono inoltre le operazioni finanziare portate a termine dalle industrie in questi mesi per aggiudicarsi un posto di rilevo nella scacchiera del redditizio mercato dei vaccini, come ad esempio l’acquisto di partecipazioni per assicurarsi fette del mercato dei vaccini o l’avvio di partnership per l’espansione verso mercati emergenti, approfittando della crisi economica e della relativa diminuzione dei prezzi.
Tutto questo senza contare che i vari piani di contingenza redatti a suon di milioni di euro dai paesi ricchi lasciano in gran parte scoperti i paesi in via di sviluppo. Come reso noto in una lettera pubblicata sul BMJ il 12 settembre[9], il budget dell’Australia, speso negli ultimi tre anni per le strategie di contrasto della pandemia, supera di gran lunga quello complessivo destinato a tale scopo dal Messico e da tutti i paesi dell’Africa. In barba a qualsiasi forma di equità, questa si profila come una delle tante imprese destinate a prorogare gli effetti delle disuguaglianze socio-sanitarie a livello mondiale.
Nota. Carla Perria, medico di sanità pubblica, Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio
- Zarocostas J. World Health Organization declares A (H1N1) influenza pandemic. BMJ 2009;338:b2425.
- Interview with epidemiologist Tom Jefferson: “A whole industry is waiting for a pandemic”. Spiegel on Line International, 23luglio 2009.
- Zimmer SM, Burke DS. Historical perpective-emergence of influenza A (H1N1) viruses. N Engl J Med 2009;362:279-85.
- Godlee F. Pandemic flu: will there be a second wave? BMJ 2009;339:b3394.
- Sweet M. Pandemic lessons from Australia. BMJ 2009;339:b3317.
- Kmietowicz Z. Opposition to swine flu vaccine among health staff and the public seems to be growing worldwide. BMJ 2009;339:b3461.
- Sencer DJ, Millar JD. Reflections on the 1976 swine flu vaccination program. Emerg Infect Dis 2006; 12 (1): 29-33.
- Prevenzione, business da dieci miliardi. Il Messaggero, 7 settembre 2009.
- Awofeso N. History and economics lessons in asymmetrical flu threats. BMJ 2009;339:b3618.
non parlate di ciò che non è sicuro… non mettete dubbi ke non ci sono… altrimenti darete , come già fatto, pane per il giornlaismo o meglio “la prostituzione intellettuale”…
Parlate con sicurezza DI COSE SICURE… la gente è stufa di polemiche che non esistono e dubbi che non ci sono… dopo il MANCATO EFFETTO DI QUESTO VACCINO ALLORA SARETE CHIAMATI FORSE IN CAUSA… state zitti!
L’impressione è che la sanità “pubblica” metta a disposizione dell’industria dei vaccini ( e farmaceutica) intere popolazioni prima di disporre di studi indipendenti su efficacia e sicurezza!
Questo è già avvenuto l’altro anno per il vaccino HPV.
Occorrerebbe aprire una riflessione almeno su:
– esplicitare un modello di riferimento per la scelta delle priorità in sanità pubblica, a fornte del “non modello” seguito in questo caso;
– etica nei diversi livelli operativi della sanità pubblica, dall’ISS, alle regioni, ai dipartimenti di prevenzione a fronte del fatto che prevale il principio di disciplina rispetto a quello di competenza, nemmeno fossimo nell’esercito!
– obbligo per gli operatori di somministrare un trattamento sanitario della cui efficacia e sicurezza non sono convinti.
Carlo Romagnoli, mecico di sanità pubblica
Ringrazio Carla Perria per l’analisi competente e imparziale su questa situazione piena di incertezze che solleva forti perplessità per le decisioni prese.
Dal cambiamento della definizione di pandemia da parte dell’OMS che ha abbassato la soglia del livello di allerta con tutto ciò che ne è conseguito e ne conseguirà in futuro. Alle procedure d’urgenza per l’autorizzazione di vaccini per i quali gli studi sono ancora in corso, basandosi su dati riferiti ad altri prodotti che contengono antigeni di virus diversi. Fino ai dati insufficienti sui bambini e mancanti sulle gravide, dei vaccini con adiuvanti autorizzati in Europa e di quello scelto in Italia. Quale sarà l’efficacia? E quale la sicurezza? L’FDA ha autorizzato per ora solo vaccini anti H1N1v senza adiuvanti. Diversi documenti riportano l’ipotesi teorica che gli adiuvanti idro-oleosi possano indurre malattie autoimmuni. Servono studi ampi e solide evidenze prima di proporli soprattutto a bambini e gravide. La stessa OMS afferma che sarà molto importante implementare al massimo la sorveglianza post-marketing perchè alcuni vaccini pandemici sono allestiti con nuove tecnologie per la quali non è stata valutata estesamente la sicurezza in alcuni gruppi di popolazione.
Quale sarà l’evoluzione di questo virus è impossibile dirlo. Per ora non sembra una grave minaccia planetaria e le morti non eccedono quelle per l’influenza stagionale, ma vengono segnalate rare forme respiratorie severe da indagare con cura (abbiamo solo dati preliminari) che richiedono ricovero in terapia intensiva, più frequenti nei giovani per lo più con fattori di rischio ma anche sani, se pure in minor proporzione. Almeno così risulta dagli ultimi rapporti appena pubblicati sul NEJM e sul JAMA e dal nuovo Risk Assessment del CDC europeo.
Qualcuno si chiede se la vaccinazione di massa con vaccini di cui non si conoscono bene efficacia e sicurezza, diretti verso un virus che potrebbe cambiare, sia la soluzione migliore. E comunque chi decide di vaccinarsi, avrebbe il diritto di poterlo fare con vaccini senza adiuvante.
Questo dovremmo chiedere noi medici al nostro governo, anche se si è già impegnato diversamente.
E non sarebbe forse meglio investire maggiori risorse per implementare con forza le misure di prevenzione non farmacologica che si sono dimostrate efficaci nel ridurre la diffusione di tutti i virus respiratori (lavaggio delle mani, distanza sociale, ecc.), come risulta dalla revisione Cochrane aggiornata e pubblicata di recente sul British Medical Journal?
Certo nei paesi più poveri anche strumenti tanto semplici sarebbero difficilmente applicabili.
E questo solleva per l’ennesima volta gli effetti delle insopportabili disuguaglianze socio-sanitarie a livello mondiale, sottolineati giustamente da Carla Perria. Ma anche l’incapacità di riflettere seriamente sui veri determinanti della comparsa di virus potenzialmente pericolosi per l’uomo e la volontà di agire per rimuoverli e proteggerci tutti.
Luisella Grandori
responsabile vaccinazioni ACP (Associazione Culturale Pediatri)
Cosa ne dite di quest’intervista?
Bill Ryan di Project Camelot intervista Jane Burgermeister, la giornalista austriaca che ha presentato accuse penali contro l’OMS, la Baxter e diversi personaggi legati alla propagazione volontaria…
Annalisa Pensiero
Un problema che forse bisognerebbe porsi oltre a tutti quelli, assolutamente prioritari, proposti in questo esauriente articolo, è, a mio avviso, quali potrebbero essere gli EFFETTI A LUNGO TERMINE sulla salute globale di un vaccino preparato in fretta e furia probabilmente più a scopo mediatico, che scientifico? cosa si sa su ciò che potrebbe comportare sul metabolismo, e le funzioni fisiologiche di un organismo nel giro di qualche anno?
non credo che si possa chiedere alla popolazione mondiale di fare da cavie per un esperimento di mercato, il cui giro di soldi ammonta a milioni di euro.
l’etica delle case farmaceutiche non è qualcosa in cui si possa realmente sperare (basti pensare a qual è la politica sanitaria delle assicurazioni sanitarie che lavorano a stretto contatto con le case produttrici di farmaci negli stati uniti), ma gli stati dovrebbero avere il compito di tutelare i propri cittadini prima di garantire gli enormi introiti di tali compagnie.
la mia bambina ha sei anni e sta bene non ha gravi patologie.
che fare grazie
secondo me questa virus e una punizzione di dio per tutto quello che facciamo e per come ci comportiamo con la persone e pure con la natura se vi siete lette la bibbia ce un verseto che dice che succederano dele catastroffe teremoti e pure dei virua e una epidemia la cosa giusta da fare e seguendo dio e fare le cose giuste che vuole lui e vedrete che forse le cose cambierano in tutto me se nessuno fara il volere di dio allora si che succedera la fine del mondo come gia la stiamo visendo con i nostri occhi giorno per giorno come i terremoti ora pure questo virus che non risparmia nessuno ne piccoli ne grandi ascoltatemi seguiamo la via giusta che e dio e tutto il mondo cambiera
A Michele, che ha inviato un commento il giorno 4 novembre, rispondo che, secondo l’Ordinanza Ministeriale del 30 settembre che ha definito l’ordine di priorità delle categorie a rischio, la sua bambina non rientra fra le priorità. Essendo bambina, corre senz’altro un certo rischio di ammalarsi, ma essendo sana, non rischia di sviluppare una forma particolarmente grave. Sentite comunque il pediatra di fiducia, che conosce la bambina sicuramente meglio di me.
Nessuno parla dell’incidenza della Sindrome di Guillain-Barrè dopo una vaccinazione antinfluenzale? Mia figlia l’ha avuta, a 6 anni, nel 2007 a venti giorni dal vaccino. In quell’anno ci sono stati vari casi all’ospedale Meyer di Firenze.