L’Audit clinico. Inghilterra – Italia: 4 a 1!

Marco Geddes e Francesco Venneri

calcioSe fosse una partita di calcio il pronostico dell’incontro Italia – Inghilterra sarebbe di 4 a 0 a favore dell’Inghilterra o, per amor di patria, di 4 a 1! Questa in sintesi la differenza sulla diffusione dell’Audit clinico nei due Sistemi sanitari, caratterizzati da molteplici affinità e in primo luogo dall’universalismo delle prestazioni e dalla proclamazione di politiche ispirante alla centralità del paziente!


L’Audit clinico[1] (Clinical Audit) è una iniziativa condotta da clinici che cerca di migliorare la qualità e gli outcome dell’assistenza attraverso una revisione fra pari strutturata, per mezzo della quale i clinici esaminano la propria attività e i propri risultati in confronto a standard espliciti e la modificano se necessario, sottoponendo i risultati di tali modifiche a nuove verifiche.

Una valutazione della pratica dell’Audit in Inghilterra è possibile, sia grazie a una serie di documenti ufficiali a livello nazionale, che attraverso occasioni annuali di confronto su quanto realizzato nei diversi Trust e nelle varie zone del Paese[2]. Il quadro che ne emerge è quello di una attività sistemica orientata in misura rilevante dalle scelte di politica sanitaria nazionale nonché dagli obiettivi delle diverse associazioni professionali, portata avanti con notevole sistematicità, nella volontà di dare concretezza alle parole d’ordine “Good doctors, safer patients”[3] e “High Qualty care For All” [4].
Diversa la situazione italiana, caratterizzata da alcune esperienze in qualche regione o presso Istituti a carattere scientifico, orientata prevalentemente sul Risk management o finalizzata alla valutazione di eventi sentinella, con una carenza – salvo alcune eccezioni – di sistematicità e sostanzialmente priva, nell’ambito dell’Audit clinico, di iniziative che coinvolgano in modo capillare il Sistema sanitario nel suo complesso.

INGHILTERRA

Il NHS si avvale di una serie di istituzioni che si occupano di Audit clinico.

NICE: National Institute for Health and clinical excellence è la istituzione preposta alla messa a punto di Linee guida in ambito clinico, organizzativo e tecnologico. Il testo di riferimento, disponibile in pdf, è Principles for Best Practice in Clinical Audit, pubblicato nel 2002[5].

CQC: Care Quality Commisssion. La Commissione ha definito gli standard per la qualità del Servizio Sanitario inglese, sollecitando le diverse organizzazioni sanitarie ad attivare Audit clinici, pubblicando un report annuale sulla attività, accessibile al pubblico.

NCAAG: National Clinical Audit Advisory Group. E’ l’ organo del Dipartimento di sanità per promuovere e sostenere Audit clinici, sia a livello locale che nazionale, riferendone al Ministero.

HQIP: Health Quality Improvement Partnership. Si tratta di una istituzione recente (2008) realizzata grazie a una partnership fra l’Academy of Medical Royal Colleges, il Royal College of Nursing e la Long Term Conditions Alliance. Ha obiettivi più operativi rispetto al NCAAG. Il suo compito è quello di fornire un supporto per l’AC a livello locale.

NPSA: National Patient Safety Agency. E’ l’Agenzia del NHS preposta a promuovere e coordinare iniziative sulla sicurezza del paziente. A tal fine collabora e sostiene alcuni Audit di carattere nazionale.

NHSLA: NHS Ligation Authority. E’ l’ente che si occupa del contenzioso legale, promuove le attività di Audit clinico al fine di migliorare la sicurezza del paziente e anche con l’obiettivo di ridurre il contenzioso.

Grazie anche a questo insieme di Agenzie e Commissioni l’attività di Audit in Inghilterra è assai diffusa, sia a livello nazionale che nelle diverse istituzioni locali.
Le problematiche affrontate sono molteplici, e seguono in linea generale un criterio di priorità:

  1. Audit clinici finalizzati alla verifica della adesione alle Linee guida del NICE, e agli obiettivi dati dal governo centrale.
  2. Audit clinici programmati dalla Direzione dei diversi Trust o Fondazioni.
  3. Audit clinici sulla base delle scelte dei Dipartimenti
  4. Audit clinici proposti dai singoli professionisti.

Appare evidente, dalla scala di priorità sopra riportata, che i livelli decisionali, seppur collegiali, sono centrali (Agenzie governative, programmi delle associazioni professionali, obiettivi delle “Aziende sanitarie”) e sono fortemente influenzati da dati e istanze provenienti dai pazienti e dalle associazioni di utenti, anche tramite la Health Care Quality Commission, che rappresenta gli interessi dei diversi attori.

Tale sistema ha consentito tre risultati:

1. La attuazione di molteplici Audit nazionali, quali, a titolo esemplificativo:

National Audit Project: Major complications of airway management in the UK, promosso da: Royal College of Anaesthetists National Audit Project, The Royal College of Anaesthetists (RCoA) and the Difficult Airway Society (DAS), supported by the NPSA.

National Audit of Continence Care for Older People, promosso da: Royal College of Physicians of London, Clinical Effectiveness and Evaluation Unit, Health Care of Older People Programme[6].

Nell’ambito del progetto WHO Safe Surgery Saves Lives “The Use of Checklists” il gruppo britannico ha condotto una serie di audit clinici nazionali sulla compliance nell’uso di checklists di sicurezza del paziente in sala operatoria. I risultati hanno consentito di conoscere qual è l’esatta collocazione degli strumenti di sicurezza in ambiti complessi e difficili come i settings chirurgici e la diffusione ed implementazione delle stesse (WHO – Safety Surgery; SafeSurg)

2. La continuità delle attività di Audit, al fine di verificare periodicamente la implementazione delle linee guida e il raggiungimento di nuovi standard di qualità. Ad esempio il National Audit Project: major coomplications of airway management in the UK viene ripetuto per la quarta volta.

3. La capillare attuazione, in molte realtà, di Audit clinici. Ad esempio nel complesso ospedaliero di Sheffield (5 ospedali per adulti, 12.200 dipendenti, 23 dipartimenti e 40 specialità), nel corso del 2008, primi mesi del 2009 sono stati realizzati 171 Audit clinici, oltre a una serie di altre attività di verifica di qualità (Audit di sistema etc.). Una tale attività è resa possibile, ovviamente, anche da una adeguata struttura di riferimento, che dedica alla revisione di qualità 18 operatori[7].

Una breve osservazione sulla partecipazione della popolazione degli operatori sanitari. In Gran Bretagna il NHS ha effettuato numerosi programmi di informazione e comunicazione sull’importanza dell’Audit clinico come strumento proattivo alla gestione degli eventi avversi. E’ tuttora considerato uno strumento molto utile al management sanitario ma è altrettanto utile nella revisione delle evidenze scientifiche offrendo ai professionisti una opportunità di confronto ed innovazione

ITALIA

In Italia le organizzazioni sanitarie hanno iniziato ad introdurre sistemi di gestione del rischio clinico solo a partire dal 2005. Infatti alcune realtà regionali come l’Emilia Romagna e la Toscana hanno scelto di inserire l’Audit clinico sia in ambito del sistema qualità sia nell’analisi degli eventi avversi gravi e mancati.
Successivamente altre regioni hanno implementato in ambito sanitario i sistemi sia di qualità che di gestione del rischio clinico. La Toscana in particolare è stata la prima regione italiana ad istituire a livello del governo regionale un Centro regionale per la Gestione del Rischio Clinico (GRC) con il mandato di supportare i clinici e le organizzazioni sanitarie stesse nella gestione del rischio clinico e nell’implementazione delle innovazioni organizzative[8,9]. Ogni azienda sanitaria ospedaliera e locale ha un clinical risk manager ed una rete di facilitatori con il preciso mandato di diffondere la cultura della segnalazione spontanea degli eventi avversi e della implementazione dell’Audit clinci GRC come strumento; all’Audit clinico sono stati affiancati altri strumenti di revisione e di analisi come le morbidity and mortalità reviews e la analisi delle cause alla radice. Attualmente questi strumenti molto diffusi e noti agli operatori sanitari sono ancora oggetto di miglioramento e diffusione.

Non vengono svolti Audit clinici su base nazionale; la rete GRC sviluppa all’interno delle organizzazioni sanitarie stesse, localmente e per alcuni aspetti in joint venture con altre organizzazioni, momenti di incontro e di analisi con particolare focus sugli eventi avversi.
Le professioni sanitarie sono altrettante e fortemente coinvolte in Audit clinici che nella loro essenza trovano collocazione tra gli strumenti di analisi reattiva. Attualmente con il cambiamento organizzativo in atto nelle aziende sanitarie ed ospedaliere la pratica dell’audit clinico GRC si sta consolidando.
La Toscana ancora recentemente ha inserito tra i requisiti dei percorsi di accreditamento istituzionale minimi standard di gestione del rischio clinico; tra questi requisiti minimi rientra l’obbligo per ogni struttura organizzativa lo svolgimento di almeno un audit clinico GRC all’anno tra gli obiettivi di budget e l’attestazione volontaria di almeno una best practice tra quelle poste in delibera dal governo regionale.

La Lombardia ha recentemente istituzionalizzato l’organizzazione della gestione del rischio clinico con la nomina di risk managers in tutte le aziende sanitarie ed ospedaliere. Alcune istituzioni sanitarie di eccellenza hanno sistemi GRC molto consolidati e godono di un forte consenso; tra questi lo Istituto Europeo di Oncologia è un esempio dove la gestione del rischio clinico si è collocato all’interno di un grande processo di qualità e sicurezza del paziente che trova periodicamente impegnati in audit clinici ed in RCA molti operatori sanitari; la rete è diffusa in maniera capillare con un forte controllo a livello centrale da parte dell’Ente Regione. Attualmente in Lombardia e Veneto si registrano solo alcuni Audit clinici regionali condotti per l’analisi di alcuni percorsi clinico-diagnostici, come ad esempio la gestione del paziente con lesione vascolare cerebrale acuta, la donazione degli organi, la riabilitazione post dimissione di pazienti sottoposti ad interventi di protesi d’anca, l’appropriatezza dei tagli cesari.
Realtà lombarde come l’Azienda Ospedaliera Niguarda di Milano e l’Azienda ospedaliera S. Gerardo di Monza sono altrettante punti di forza del modello lombardo per la gestione del rischio clinico.

Di non trascurabile valore è l’offerta formativa in ambito sia del management sanitario sia per la formazione di figure specifiche dedicate alla gestione del rischio clinico. Il GIMBE – Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze promuove, da oltre dieci anni, incontri e corsi sul tema dell’Audit clinico, nell’ambito della attività di implementazione delal Clinical Governance e delle Linee Guida. La Scuola Superiore S. Anna di Pisa ha recentemente promosso la 5° edizione del Master di Alta Formazione per Clinical Risk manager e la stessa Università Bocconi di Milano ed il CINEAS di Milano hanno rinnovato le iscrizioni per le edizioni dei loro rispettivi master in management sanitario e hospital risk management.
Il percorso italiano, seppure a diffusione non sempre omogeneo, ha registrato in questi ultimi 5 anni un notevole sviluppo con gli operatori sanitari fortemente coinvolti a tutti i livelli. La partecipazione inoltre di organizzazioni dei cittadini e dei pazienti (Cittadinanzattiva, World Alliance for Patient Safety, ecc.) sottolinea l’importanza e sensibilità della tematica con un forte empowerment del cittadino-utente.
Sicuramente le luci ed ombre sono fortemente presenti nel sistema italiano, ma la sensibilità delle organizzazioni sanitarie a tutti i loro livelli, il coinvolgimento della politica sanitaria e locale e la forte spinta al rinnovamento ed innovazione rappresentano per l’Italia punti di forza per la diffusione della cultura degli Audit e della gestione del rischio clinico in generale[10]. La conoscenza della, assai più sviluppata, realtà anglosassone, può essere utile a una implementazione delle attività di Audit clinico in Italia.

Nota. Francesco Venneri è responsabile Risk management, Azienda sanitaria di Firenze.

Bibliografia

  1. Marco Geddes da Filicaia. Guida all’Audit Clinico. Pianificazione, preparazione e conduzione. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2008.
    Prefazione di Alessandro Liberati [PDF: 128 Kb]
    Premessa [PDF: 130 Kb
  2. Clinical Audit and Improvement – Ninth Annual Conference. London: Savoy Place, 4 – 5 february 2009.
  3. Department of Health. Good doctors, safer patients. 14 July 2006 [PDF: 2,13 Mb]
  4. NHS. High quality care for all: NHS Next Stage Review final report. 30 June 2008 [PDF: 2,76 Mb]
  5. NICE. Principles for Best Practice in Clinical Audit. Radcliffe Medical Press [PDF: 1,5 Mb ].
  6. Wagg A, Mian S, Lowe D, Potter J (edited by). National audit of continence care for older people. Report of the national audit of continence care for older people (65 years and above) in England, Wales & Northern Ireland. St Elsewhere’s Hospital. November 2005.
  7. Comunicazione di J. Jenkins e V. Patel al IV Workshop Italiano sull’Audit Clinico, organizzato dalla SIQuAS-VRQ e dall’A.O. Ospedale Maggiore di Crema, Crema. 5 giugno 2009.
  8. Il modello toscano per la Gestione del Rischio Clinico. Clinical Governance, novembre 2005 .
  9. Organizing patient safety: the experience of the Tuscany’s . Clinical Risk Management Centre. , Maastricht: International Ergonomics Association congress, July 2006.
  10. Rischio clinico: il contesto internazionale. MONITOR, rubrica ASSR on line, n. 19 Settembre 2007.

2 commenti

  1. Ho letto di recente il libro di Marco Geddes da Filicaia, spinto dalla convinzione che nei nostri sistemi si parli, si citi e si invochi l’audit clinico a sproposito. Il testo, che ho apprezzato per la completezza abbinata a concretezza ed efficacia didattica, mi ha confermato l’opinione: l’audit clinico è lo strumento che serve sempre di più, anche a livello di distretto, dove io lavoro, ma in realtà ci sono pochi che lo sappiano “maneggiare”. Si dichiara troppo spesso di fare “audit” (e lo si scrive anche nelle relazioni di progetti e programmi) intendendo semplici discussioni monoprofessionali fra colleghi. Credo che dovremmo padroneggiare lo strumento facendo crescere, con appositi programmi formativi, operatori che lo sappiano utilizzare e far utilizzare (animatori). Vedrei un’interessante possibilità di sviluppo nell’ambito del sistema delle cure primarie, dove gli aspetti della cura a lungo termine e della multidisciplinarietà sono caratterizzanti e strategici.
    Dr Luciano Pletti
    direttore del distretto Est
    A.S.S. n.5 “Bassa Friulana” Palmanova (UD)

  2. Ma che pessimisti !

    Vi segnalo che in Italia esistono:
    – un network italiano per l’Audit Clinico che raggruppa 8 aziende sanitarie le quali portano (faticosamente) avanti dei programmi aziendali di audit, http://www.ospfe.it/index.phtml?id=1012
    – un gruppo di lavoro all’interno della Siquas, che si sta occupando di raccomandazioni sulla conduzione di audit clinici, interamente basate sulle evidenze scientifiche
    http://www.siquas.it/index.php/informare/documenti/73
    – ogni anno, all’inizio di Giugno viene organizzato un Workshop Nazionale sull’Audit Clinico,
    – alcune regioni stanno investendo grosse cifre nella formazione di facilitatori per l’Audit,
    – la Regione Emilia – Romagna, da anni conduce audit sistematici sulle cardiochirurgie e neonatologie,
    – in Medicina Generale esiste il progetto Netaudit,
    – una cinquantina di Asl cercano di organizzare audit sulla BPCO (progetto “Quadro”)….
    – l’Italia sarà anche presente al prossimo “Gotha” a Londra:
    http://www.healthcare-events.co.uk/conf/booking.php?action=home&id=333

    Che l’uso autarchico del termine “Audit Clinico”, introdotto dalla Regione Toscana, non abbia aiutato a fare chiarezza, è indubbio.
    Ma su questo magari interverrà qualcun altro.
    Possiamo fare almeno “4 a 2” ?

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