Una sola salute – Una sola medicina

Filippo Curtale
Un nuovo approccio interdisciplinare alla salute umana e animale sta emergendo per garantire la biodiversità e proteggere la conservazione degli ecosistemi. I “principi di Manhattan” riassumono questi orientamenti di grande rilevanza per la sanità pubblica e la dimensione etica.


L’iniziativa “One Medicine – One Health promuove la collaborazione e la comunicazione tra diverse discipline affinché lavorino insieme a livello locale, nazionale e globale, stabilendo un approccio integrato (olistico). L’obiettivo comune è la prevenzione ed il controllo delle malattie in grado di determinare epidemie tra gli esseri umani e gli animali (epidemiche ed epizootiche) mantenendo l’integrità del nostro ecosistema, a beneficio di tutti gli esseri viventi, e garantendo la biodiversità fondamentale per tutti noi. La coalizione scientifica, che sta emergendo da questo sforzo collaborativo, rappresenta l’unica possibilità di allontanare le nubi che si stanno addensando sul genere umano ed in grado di determinare in futuro un miglioramento significativo e duraturo della salute umana ed animale.[1]

Il concetto che la salute degli animali e l’ambiente intorno a noi influenzano la salute delle popolazioni non è un’idea nuova. Già tra il XIX° ed il XX° secolo Rudolf Virchow e William Osler avevano cominciato a considerare la salute animale ed umana come strettamente correlate.
Virchow fu il primo ad utilizzare il termine “zoonosi”, intendendo una qualsiasi malattia infettiva o parassitaria degli animali che può essere trasmessa all’uomo direttamente (contatto con la pelle, peli, uova, sangue o secrezioni) o indirettamente (tramite altri organismi vettori o ingestione di alimenti infetti). Successivamente Osler sostenne con convinzione l’importanza della veterinaria come disciplina fondamentale di sanità pubblica. Gli esempi di zoonosi che mettono a rischio la salute umana sono numerosi (febbre gialla, brucellosi, rickettsiosi), esiste poi un rilevante numero di parassitosi (amebiasi, schistosomiasi, tripanosomiasi, teniasi, toxoplasmosi, leshmaniasi, fascioliasi, trichinellosi, per citare solo le più diffuse) che mantengono serbatoi animali e sempre più spesso sono in grado di colpire l’uomo.[2] Il fatto che, delle 1461 malattie riconosciute che colpiscono la specie umana, circa il 60% sia causato da patogeni in grado di colonizzare più ospiti e migrare tra specie diverse (tra queste AIDS, SARS, malaria, febbre dengue ed altre febbri emorragiche) ci dà la dimensione allarmante del problema.[1]

Termini come “infezioni emergenti” e “nuova peste” sono stati utilizzati in più occasioni per descrivere l’aumentato rischio rappresentato da alcune malattie infettive, molte delle quali trasmesse dagli animali all’uomo e favorite anche dai cambiamenti climatici in atto. Si stima che, nelle ultime tre decadi, circa il 70% delle malattie infettive umane emergenti siano zoonosi, o malattie trasmesse da vettori (Figura 1).

Figura 1. Malattie infettive umane emergenti e zoonosi

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Due esempi molto attuali di zoonosi emergenti sono rappresentati dall’influenza aviaria A, da ceppo H5N1, che si è in primo tempo diffusa tra pollame e volatili colpendo occasionalmente l’uomo, e la più recente pandemia influenzale causata dal ceppo H1N1, che partendo da un allevamento di maiali in Messico si è poi diffusa a Stati Uniti, Europa, Asia ed Africa. Allo stesso tempo, il riscaldamento del clima ha facilitato prima la diffusione di alcuni vettori e quindi delle malattie da loro trasmesse ad aree dove non erano originariamente presenti. L’esempio piu eclatante e più studiato è quello delle zanzare del gene Aedes, che trasmettono importanti malattie umane, originariamente presenti solo in zone tropicali e subtropicali ed ormai diffuse a tutti i continenti escluso Artide ed Antartide. Tra le specie appartenenti a questa famiglia Aedes albopictus, meglio conosciuta come zanzara tigre, è la più invasiva ed ormai stabilmente presente in Italia e Stati Uniti dove ha determinato l’emergenza della febbre del West Nile[3] e Chikungunya[4,5](Figure 2 e 3).

Non meno allarmante è l’aumento delle rickettsiosi da zecche in Europa[6] o la diffusione della fascioliasi umana dal delta del Nilo agli altopiani boliviani.[7]

Figura 2. Aedes albopictus – Zanzara Tigre

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Figura 3. Distribuzione della zanzara tigre nel 2007. In blu le aree originarie ed in verde le zone recentemente colonizzate.

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Negli anni novanta, Calvin W. Schwabe dell’Università di California, epidemiologo veterinario, parassitologo e riconosciuta autorità mondiale sulle zoonosi, coniò il termine “One Medicine”, successivamente modificato in “One Health”, con lo scopo specifico di unificare le discipline mediche umane e veterinarie per sconfiggere le zoonosi rilevanti per la sanità pubblica. Bisognerà però attendere il 2004 perché il termine “One Health”, venga definitivamente adottato a livello globale da parte degli esperti mondiali ed includa anche un riferimento all’importanza della salvaguardia dell’ambiente in cui noi tutti, uomini ed animali, viviamo.

Rappresentanti del OMS, FAO, CDC ed altre organizzazioni nazionali e sovranazionali, nel corso di un simposio a presso la Rockfeller University, il 24 settembre 2004, denunciarono il pericolo rappresentato da fenomeni sempre più comuni, come la scomparsa di alcune specie e l’invasione di specie aliene, il degrado dell’ambiente, l’inquinamento ed i cambiamenti climatici in grado di alterare la vita nel nostro pianeta, dagli oceani più profondi alle città più popolose. In quell’occasione è stata presentata una lista di 12 principi “The Manhattan Principles on One World, One Health”[8]che rappresentano un pressante invito a tutto il mondo scientifico affinché il ricorso ad un approccio interdisciplinare e trasversale alla prevenzione, la sorveglianza ed il controllo della malattie sia in grado di garantire l’integrità biologica e la conservazione dell’ambiente del nostro pianeta per le generazioni future.

I dodici principi di Manhattan esortano i leader mondiali, la società civile e gli esperti globali di sanità pubblica a:

  1. riconoscere il legame essenziale tra la salute di esseri umani, animali domestici e specie selvagge e la minaccia che le malattie pongono alle persone, la sicurezza alimentare ed economica, ed alla biodiversità necessaria al mantenimento di un ambiente sano ed un ecosistema ben funzionante di cui noi tutti abbiamo bisogno.
  2. Riconoscere che tutte le decisioni riguardanti l’uso della terra e dell’acqua presentano implicazioni rilevanti per la salute. Ogni qualvolta ignoriamo questa relazione si manifestano alterazioni dell’ecosistema e l’emergenza di nuove malattie.
  3. Includere lo studio della salute delle specie selvagge come una componente essenziale della prevenzione globale delle malattie, la loro sorveglianza ed il loro controllo.
  4. Riconoscere che i programmi di sanità pubblica possono contribuire in maniera rilevante alla conservazione delle varie specie.
  5. Promuovere approcci innovativi, olistici e proiettati nel futuro della prevenzione, sorveglianza, il monitoraggio ed il controllo delle malattie emergenti e riemergenti, che prendano in considerazione la complessa interconnessione tra le specie.
  6. Cercare opportunità per la piena integrazione tra una prospettiva di conservazione della biodiversità ed i bisogni umani quando si adottano misure per il controllo delle malattie infettive.
  7. Ridurre il commercio e regolare la conservazione e la caccia delle specie selvagge, non solo per proteggere tali specie, ma anche per ridurre il rischio di trasmissione delle malattie, anche tra le specie, e lo sviluppo di nuovi ospiti per i patogeni.
  8. Ridurre l’abbattimento programmato di specie selvagge libere per il controllo delle malattie solo a specifiche situazioni basate su un consenso scientifico, multidisciplinare ed internazionale, che tale popolazione rappresenta effettivamente una significativa minaccia alla sanità pubblica, la sicurezza alimentare, o alle altre specie selvatiche.
  9. Aumentare gli investimenti in infrastrutture sanitarie globali, sia umane sia animali, adeguate alla gravità delle minacce emergenti e riemergenti alla specie umana ed a quelle animali, rafforzando la sorveglianza sanitaria su animali ed uomini e migliorando il coordinamento tra agenzie governative e non governative, compagnie produttrici di vaccini e di farmaci, e tutti i possibili partner.
  10. Creare una collaborazione tra governi, popolazioni, settori pubblici, privati e non-profit per affrontare le sfide di salute globale e conservazione della biodiversità.
  11. Fornire risorse e supporto allo sviluppo di network globale di sorveglianza sanitaria sulle specie selvatiche in grado di scambiare informazioni con il sistema di sanità pubblica e veterinario come parte di un sistema di allerta per l’emergenza e la ri-emegenza delle malattie.
  12. Investire in educazione e sensibilizzazione della popolazione mondiale per influenzare il processo politico atto a migliorare la consapevolezza che dobbiamo capire meglio la relazione tra salute e integrità dell’ecosistema per migliorare con successo le prospettive sanitarie del un pianeta

È chiaro che nessuna disciplina o settore della società dispone delle conoscenze e delle risorse sufficienti per prevenire l’emergenza e la ri-emergenza di malattie nel nostro mondo globalizzato. Nessuna nazione da sola può invertire la tendenza alla distruzione dell’habitat e all’estinzione che rappresenta una seria minaccia alla salute di uomini ed animali. Solo superando le barriere tra agenzie, individui, specialità e settori diversi si potranno liberare le energie e condividere le conoscenze necessarie ad affrontare le serie minacce alla salute di tutte le specie viventi e alla stessa integrità dell’ecosistema. Non è possibile risolvere i problemi di oggi e le minacce future con i metodi passati; viviamo nell’era di “una sola medicina, una sola salute” e dobbiamo sviluppare soluzioni innovative, multidisciplinari e proiettate nel futuro per affrontare le sfide che ci aspettano.

Risorse

Contributing to One World, One Health – A Strategic Framework for Reducing Risk of Infectious Diseases at the Animal-Human-Ecosystem Interface. 14 Oct. 2008. Consultation Document produced by FAO, OiE, WHO, UN System Influenza Coordination, UNICEF, THE WORLD BANK. [PDF: 633 Kb]

Bibliografia

  1. Kaplan B, Kahn LH, Monath TP. The brewing storm. Veterinaria Italiana 2009; 45 (1): 9-18.
  2. Kaplan B, Kahn LH, Monath TP, Woodall J. ONE HEALTH and parasitology. Parasites & Vectors 2009; 2:36. doi:10.1186/1756-3305-2-36
  3. Gould EA, Higgs S. Impact of climate change and other factors on emerging arbovirus diseases. Transactions of the Royal Society of Tropical Medicine and Hygiene 2009; 103 (2) 109-21.
  4. Rezza G. Chikungunya and West Nile virus outbreaks: what is happening in north eastern Italy? European Journal of Public Health 2009; 19 (3): 236-7.
  5. Rezza G, Nicoletti L, Angelini R, et al. Infection with Chikungunya virus in Italy: an outbreak in a temperate region. Lancet 2007; 370: 1840-6.
  6. Lo N, Beninati T, Sacchi L, et al. Emerging rickettsioses. Parassitologia 2004; 46 (1-2): 123-6.
  7. Mas-Coma S, Esteban JG, Bargues MD. Epidemiology of human fascioliasis: a review and proposed new classification. Bulletin of the World Health Organization 1999; 77 (4): 340-346.
  8. Contributing to One World, One Health – A Strategic Framework for Reducing Risk of Infectious Diseases at the Animal-Human-Ecosystem Interface. 14 Oct. 2008. Consultation Document produced by FAO, OiE, WHO, UN System Influenza Coordination, UNICEF, THE WORLD BANK. [PDF: 633 Kb]

4 commenti

  1. Sono perfettamente d’accordo. Ogni malattia che colpisce l’uomo dovrebbe essere sempre considerata nel contesto delle patologie che colpiscono ogni essere vivente. Se questo e’ ormai scontato per le malattie infettive,lo sviluppo di una “patologia comparata” credo sarebbe di grandissimo aiuto per le nostre future conoscenze di ordine fisiopatologico e clinico.

  2. “One Health One Medicine” nella mia esperienza dovrebbe anche essere esteso a tutte quelle branche mediche dette impropriamente “tradizionali”, con un termine cioè che tende a suggerire erronemante come la “nostra” “medicina occidentale” sarebbe NON-tradizionale … dimenticando le diverse migliaia di anni di storia che le stanno dietro! Sto parlando della Medicina Cinese, della Medicina Africana, della Medicina Tibetana etc. nei confronti delle quali si viene spesso a creare una sorta di dualismo del tipo medicina scientifica-“allopatica” versus medicina “tradizionale”-olistica. Nella mia esperienza, specialmente in aree rurali remote, risulta subito chiaro invece che esiste UNA SOLA MEDICINA: QUELLA CHE FUNZIONA! Voglio dire che dovremmo cercare di estrarre il meglio dai vari approcci con gli strumenti della scienza, del pragmatismo, della sostenibilita’ ed anche della filosofia che ispira sia il nostro agire come anche il sentire – nel loro contesto – delle persone che curiamo. “One medicine” quindi, come analisi del particolare che spacca l’atomo ma anche come visione olistica che abbraccia “il tutto” … quindi anche come scienza ed arte … come sappiamo in fondo che la nostra missione sempre è stata.

  3. Molto interessante ed utile.
    Utilissima anche l’iconografia ed in particolare la Fig. 1 che chiederei se posso utilizzare, ovviamente citando la fonte. Io ne avevo fatta una per l’Europa, ma era meno bella (Pugliese A, Beltramo T, Torre D. Emerging and re-emerging viral infections in Europe.Cell Biochemistry and Function. 2007; 25: 1-13).
    Congratulazioni vivissime.

    Agostino Pugliese
    Già Prof. Microbiologia Clinica, Univ. di Torino

  4. @ Professor Agostino Pugliese
    Gentile professore riprenda pure la figura citando la fonte.
    Cordialmente
    Norina Wendy Di Blasio
    Redazione Saluteinternazionale.info

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