Obama, riparte la riforma sanitaria?
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- 1 Marzo 2010
Gavino Maciocco
Un summit sulla riforma sanitaria in diretta TV non ha prodotto risultati nella direzione di una soluzione bipartisan. Ciò probabilmente convincerà Obama a finire rapidamente il lavoro.
Ricapitoliamo (vedi anche la serie Dossier USA).
1. La riforma del sistema sanitario americano rappresenta la prima priorità del programma elettorale di Barak Obama che promette: “Se hai già un’assicurazione sanitaria, l’unica cosa che cambierà sarà il prezzo del premio assicurativo. Sarà più basso. Se invece sei uno dei 45 milioni di americani privi di assicurazione, sarai coperto una volta che il mio programma diventerà legge”.
Questi i punti principali del programma:
- I datori di lavoro tenuti ad assicurare i propri dipendenti; non si tratta di un obbligo assoluto, la formula scelta è “play-or-pay”, o assicuri o paghi una multa.
- Obbligatoria la copertura assicurativa dei minori.
- Estesa l’eleggibilità per Medicaid, quindi un maggior numero di poveri otterranno la copertura assicurativa pubblica.
- Istituzione di un nuovo programma assistenziale pubblico, New National Health Plan, che, a prezzi contenuti, si rivolgerà a coloro che non fruiscono di copertura assistenziale da parte delle imprese o che non hanno titolo per poter usufruire di programmi pubblici come Medicaid.
- Istituzione di un organismo, New National Insurance Exchange, che avrà il compito di regolamentare le assicurazioni private, stabilendo standard di qualità, di efficienza e di equità, impedendo ad esempio che le condizioni di salute di una persona siano motivo di esclusione, o comunque di discriminazione.
2. Obama non manca, fin dai suoi primi atti di Presidente, di confermare la sua linea politica riguardo alla sanità: l’immediata firma su una legge (a lungo bloccata dalla precedente amministrazione Bush) che garantisce la copertura assicurativa a più di 4 milioni di bambini non-assicurati, l’investimento di 634 miliardi di dollari in dieci anni in vista del raggiungimento della copertura universale della popolazione americana (metà della somma ricavata dall’aumento del prelievo fiscale alle fasce più ricche della popolazione, un quarto dall’eliminazione di esenzioni fiscali alle assicurazioni sanitarie più generose, un quarto infine dalla riduzione dei pagamenti di Medicare a imprese farmaceutiche, ospedali e agenzie di assistenza domiciliare). Questi provvedimenti sono considerati un inizio, un semplice acconto (Down payment), nella strada di una riforma che inizia – siamo a febbraio 2009 – il suo (tormentato) percorso parlamentare.
3. Il percorso parlamentare è particolarmente tormentato in parte a causa delle procedure (in ognuno dei due rami del Congresso la proposta di legge deve superare l’approvazione di 3 diverse commissioni), in parte per la durissima opposizione del partito repubblicano a cui si aggiungono incertezze e ripensamenti da parte di alcuni rappresentanti democratici.
Di fronte a queste resistenze, Barak Obama è costretto a intervenire rivolgendosi direttamente al pubblico americano.
4. Il 22 luglio 2009 Obama tiene alla Casa Bianca un discorso in cui afferma: “Capisco come sia facile per questa città consumarsi nel gioco della politica, trasformare ogni problema nella conta di chi ha vinto e di chi ha perso. Ho sentito che uno stratega repubblicano ha detto al suo partito che politicamente è meglio andare a una rottura, piuttosto che raggiungere un compromesso. Un altro senatore repubblicano ha affermato che sconfiggere la riforma sanitaria è come farmi fuori. Voglio essere chiaro. La cosa non riguarda me. Io ho un’ottima assicurazione sanitaria, come tutti i membri del Congresso. Questo dibattito riguarda le lettere che giornalmente leggo quando mi trovo nel mio ufficio della Sala Ovale. Riguarda le storie che continuamente ascolto durante gli incontri con i cittadini. Riguarda la donna del Colorado che pagava 700 dollari al mese alla sua assicurazione, per scoprire poi che questa non avrebbe pagato un centesimo per il trattamento del suo cancro; che alla fine ha dovuto usare il suo fondo pensione per salvare la sua vita. Riguarda il laureato della middle-class del Maryland la cui assicurazione è scaduta quando ha cambiato lavoro e che si è ritrovato a dover pagare un debito di 10 mila dollari quando si è risvegliato da un intervento chirurgico di emergenza. Riguarda tutte le famiglie, tutte le imprese, tutti i contribuenti che continuano a sopportare il peso di un problema che Washington non è riuscito a risolvere per decenni. Questo dibattito non è un gioco per questi americani, che non possono permettersi di aspettare più a lungo una riforma. Essi contano su noi perché questa riforma sia fatta. Noi dobbiamo farcene carico e non possiamo deluderli. Noi approveremo una riforma che abbassa i costi, favorisce la libertà di scelta e fornisce una copertura su cui tutti gli americani possono contare. E noi lo faremo entro quest’anno”.
5. Il giorno 9 settembre Barak Obama rivolge un discorso sulla riforma sanitaria al Congresso a Camere riunite. Una modalità di comunicazione del Presidente degli Stati Uniti particolarmente eccezionale e solenne, usata in passato in occasioni drammatiche, come l’annuncio di una guerra. Alcune battute del discorso – durato circa 50 minuti – danno l’idea della gravità del momento e dell’alta posta in gioco.
“Stasera io torno a parlare di un problema che è centrale per il futuro dell’America, la questione dell’assistenza sanitaria. Io non sono certamente il primo Presidente ad affrontare questo affare, ma sono determinato ad essere l’ultimo”. “Il nostro fallimento collettivo nell’affrontare e risolvere la sfida (di una copertura sanitaria universale, ndr) – anno dopo anno, decennio dopo decennio – ci ha condotto a un punto di rottura. Ognuno è in grado di comprendere la straordinaria sofferenza di chi è senza assicurazione sanitaria, di chi vive nel terrore che un incidente o una malattia lo possa trascinare nella bancarotta. Questi non sono principalmente persone povere, assistite dai servizi sociali. Questi sono middle-class Americans. Qualcuno non riesce ad ottenere l’assicurazione nel posto di lavoro. Altri sono lavoratori autonomi che non si possono permettere l’assicurazione, perché a loro costa tre volte di più rispetto a un lavoratore dipendente. Molti altri Americani, che vorrebbero assicurarsi e che potrebbero pagare, si vedono rifiutata l’assicurazione a causa di malattie pregresse o perché portatori di condizioni che le compagnie assicurative considerano troppo rischiose” .“Noi siamo l’unica democrazia avanzata nella Terra – l’unica nazione con alto reddito pro-capite – che infligge una simile sofferenza a milioni di suoi cittadini. Ci sono oggi più di trenta milioni di Americani che non riescono a ottenere la copertura assicurativa. Nell’arco di due anni un Americano su tre ha la probabilità di trovarsi senza assicurazione sanitaria per un certo periodo. E ogni giorno 14.000 Americani perdono (anche a causa della crisi economica, ndr) la loro copertura assicurativa. In altre parole il disastro può capitare a tutti”.
6. Il giorno 13 settembre una folla di 25-50 mila persone manifesta davanti alla Casa Bianca contro la riforma sanitaria.
7. Dopo estenuanti passaggi nelle commissioni parlamentari, la riforma ottiene finalmente l’approvazione della Camera (8 novembre) e del Senato (24 dicembre). I testi approvati dai due rami del parlamento sono alquanto diversi, in quanto si dividono sul punto più qualificante della riforma: la creazione di una nuova assicurazione pubblica (nota nel dibattico politico come “public option”). Il testo approvato dalla Camera introduce la public option, quello del Senato nega questa parte della riforma. A questo punto si trattava di trovare una soluzione di compromesso tra i due testi, da far approvare da Camera e Senato, prima della firma definitiva del Presidente. L’esito delle elezioni del Massachusetts (con la vittoria di Scott Brown, il 19 gennaio 2010) manda in frantumi questo percorso perché con la perdita di quel seggio i Democratici perdono la maggioranza di 60 seggi (su 100) che metteva al riparo la riforma sanitaria dall’ostruzionismo (“filibustering”) dell’opposizione repubblicana.
8. Obama di fronte a questo smacco tace e si attira le critiche di molti, tra cui quella di Paul Krugman che in un editoriale del New York Times (22 gennaio 2010) scrive che i Democratici nel giorno delle elezioni del Massachusetts hanno invano atteso che Obama desse qualche segno della sua leadership. La Camera – afferma Krugman – dovrebbe approvare subito il testo passato al Senato, senza alcuna modificazione, in modo che questo non debba tornare nell’assemblea dove sono cambiati i numeri della maggioranza e possa essere subito firmato da Obama. Certamente – osserva Krugman – il testo approvato dal Senato è lontano dai contenuti originari della riforma (non contiene ad esempio la public option), ma è meglio, much better than nothing.
9. Nonostante le pressioni provenenti da più parti il governo non si muove. Solo dopo qualche settimana di silenzio Obama prende l’iniziativa di convocare rappresentanti della maggioranza democratica e della minoranza repubblicana a confrontarsi sulla riforma, nella speranza che il dialogo generi soluzioni condivise. 40 parlamentari (equamente distribuiti) si riuniscono il giorno 25 febbraio presso la foresteria della Casa Bianca (Blair House): sei ore di faccia a faccia in diretta TV (vedi Risorse). Alla fine nessuna soluzione condivisa, caso mai una radicalizzazione delle posizioni.
10. Obama, dopo questo passaggio (rivelatosi inutile ai fine della ricerca di una soluzione bipartisan) sembra intenzionato a chiudere davvero la partita della riforma sanitaria, ma non è chiaro attraverso quale strumento. Un editoriale (non firmato) del New York Times[1] rilancia la proposta di Paul Krugman di fare approvare alla Camera il testo del Senato per evitare che questo debba tornare nel ramo del Congresso dove si è modificata la maggioranza. In alternativa la legge di riforma potrebbe essere ripresentata al Senato con una procedura denominata “budget reconciliation” che richiede per l’approvazione la maggioranza semplice (51 senatori su 100).
11. Scrive P. Krugman nell’editoriale del 25 febbraio[2] “Quello che devono fare i Democratici – e hanno il potere di farlo – è di finire il lavoro e di approvare la riforma sanitaria”.
Risorse
- Werschukul B. Video: The Health Care Session in 4 Minutes. NYtimes.com Blogs, February 25, 2010 [Video]
- Herszenhorn DM. Blogging the Health Care Summit. NYtimes.com Blogs, February 25, 2010
- La rivista Health Affairs ha dato ampio risalto al summit del 25 febbraio.
Riportiamo di seguito due post di Timothy Jost tratti dal blog di Health Affairs.
The President’s Health Reform Proposal: Insurance And Revenue Provisions. Health Affairs blog, February 22, 2010.
Health Care Summit: Half-Time Report. HealthAffairs blog, February 25, 2010 - Kaiser Family Foundation ha pubblicato un sondaggio sull’opinione degli americani sulla riforma sanitaria in discussione al Congresso: l’America è spaccata a metà, 43% a favore e 43% contro. [PDF: 367 Kb]
- Editorial. After the summit. NYtimes.com, February 26, 2010.
- Krugman P. Afflicting the Afflicted. NYtimes.com, February 25, 2010.