Long-term care. Gli USA sulle orme dei primi della classe

Luca Valerio

A margine della riforma sanitaria di Obama, fuori dai riflettori dei media, si sta preparando negli USA una rivoluzione altrettanto epocale: un’assicurazione sociale per la long-term care che sembra ispirata dagli ottimi esempi di Paesi molto diversi, Germania e Giappone.


L’altra faccia della sanità

Dopo la riforma di Obama, gli USA si stanno facendo tentare dal gestire in stile più “europeo” un’altra delicatissima sfera di bisogni – l’assistenza agli anziani e ai disabili. È questo l’obiettivo del Community Living Assistance Services and Supports Act, o, più semplicemente, CLASS Act, una riforma cui Ted Kennedy aveva lavorato sin dal 2003 fino alla sua scomparsa lo scorso anno, ma che è arrivata al Congresso solo oggi, a margine della riforma sanitaria.

Del resto, un intervento del genere era quantomai opportuno. Anche se la cosa è rimasta finora in secondo piano rispetto al problema della copertura sanitaria, il sistema statunitense non è in grado di rispondere ai bisogni degli anziani e dei disabili in modo adeguato.

Le stime parlano di 12,7 milioni di soggetti che hanno bisogno di assistenza in almeno una ADL (Activities of Daily Living, attività di vita quotidiana)[1].

Le uniche fonti di supporto pubblico sono fondi derivanti da Medicaid e Medicare, che però hanno un impatto marginale: i criteri di eleggibilità sono tali da escludere la maggior parte dei soggetti. Ma, soprattutto, i finanziamenti non sono ben distribuiti: quasi tutto il denaro è convogliato nell’assistenza istituzionale (case di riposo, ospizi, istituti per le malattie mentali, lungodegenza), che rappresenta una minoranza della popolazione interessata (1,8 milioni di soggetti, contro 10,9 milioni che rimangono in comunità), e che non rappresenta certo la prima scelta per la qualità della vita. Inoltre, la maggior parte dei beneficiari sono anziani, perché gran parte dei fondi pubblici proviene da Medicare (appunto, l’assicurazione statale per gli anziani). Ma neanche questo riflette la composizione della popolazione che ha bisogno di assistenza: il 50%, infatti, ha meno di 65 anni.

Il denaro speso in questo settore non riesce quindi a impedire che la maggior parte di questi soggetti abbia come unico supporto l’assistenza informale, quella che deriva, nella stragrande maggioranza dei casi, dalla famiglia. Con tutte le difficoltà che si possono immaginare sulla qualità della vita degli stessi caregiver.

In cerca di buoni modelli

Eppure, le soluzioni per affrontare il problema esistono. Come ha mostrato un recente studio, i Paesi che affrontano il bisogno di long-term care con un’assicurazione sociale lo fanno in modo efficace, garantendo ad anziani e disabili dei servizi di gran lunga superiori a quelli disponibili negli USA tramite Medicare e Medicaid. Ma quel che colpisce ancora di più è che i “primi della classe” in questo campo, Giappone e Germania, lo fanno spendendo più o meno quanto gli USA con il loro “sistema” attuale. Anzi: la Germania spende notevolmente meno (Figura 1).

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Le cose non sono così semplici, però. Innanzitutto, il modello tedesco e giapponese non possono essere semplicemente copiati e incollati negli USA, perché poggiano su sistemi sanitari diversi da quello statunitense con cui si integrano perfettamente – basti pensare alle commissioni mediche per la valutazione dell’eleggibilità, la cui composizione in Germania è attentamente controllata, o alla competizione regolata (managed competition) fra le assicurazioni sanitarie nazionali (si tratta di sistemi mutualistici) per la definizione di alcune tariffe. Inoltre, i due sistemi sono a loro volta molto diversi fra loro, soprattutto dal punto di vista della spesa (Tabella 1).

  • La Germania è quella che spende di meno proprio perché ha il sistema più severo e restrittivo. Forse fin troppo: solo dopo anni, nel 2008, ci si è resi conto che i versamenti in denaro, non essendo legati al costo della vita, diminuivano velocemente in valore reale, e si è deciso di agganciarli all’inflazione, oltre a ritoccare verso l’alto la gamma di servizi offerti.
  • Il Giappone spende di più per almeno due motivi. Innanzitutto ha un sistema in cui è più facile ottenere l’eleggibilità: nel 2007 è stato rifiutato solo il 3% delle domande di assistenza, contro il 30% della Germania. Non sorprende dunque che l’assicurazione giapponese serva il 17% della popolazione ultrasessantacinquenne, contro il 10% dell’omologa tedesca[2]. Inoltre, il sistema giapponese, a fronte di un piccolo co-payment, offre servizi molto più vasti di quello tedesco: il loro valore, sia nell’assistenza domiciliare che in quella istituzionale, è circa il doppio di quello del programma tedesco, e c’è perfino un contributo di un terzo delle spese di alloggio non previsto in Germania.

Tabella 1 – Minimo e massimo valore dei sussidi e dei servizi di Long-Term Care erogati in Germania e Giappone, 2008

GermaniaGiappone*
Popolazione copertaTutte le etàIllimitata per gli ultra65enni

Condizionata a malattie gravi per coloro fra i 40 e i 65 anni

Livelli di eleggibilità37 (2 per il livello di bisogni minimo, 5 per il programma regolare)
Contributi in denaro250-794$, più premi per la pensione dei caregiverNessuno
Assistenza domiciliare490-1,730$livello di bisogni minimo:

430-950$

programma regolare:

1,440-3,400$

Assistenza istituzionale1,200-1,730$1,680-3,670$
Spese di alloggioNon coperteCoperte da un minimo di un terzo alla totalità, a seconda del reddito

*dati riferiti al 2009
Fonte: modificata da Campbell su fonti governative tedesche e giapponesi.

Come spesso accade, probabilmente non sono stati motivi culturali o diverse scelte economiche a determinare queste differenze, ma una questione puramente (e banalmente) politica. L’assicurazione tedesca è stata introdotta nel 1995 da un governo conservatore, attento alle questioni di bilancio, e in un contesto precedente privo di grandi sovvenzioni per gli anziani – per cui l’introduzione di un programma anche limitato ebbe effetti ben visibili, soddisfacendo le associazioni dei caregiver. Diversa la storia dell’assicurazione giapponese, introdotta nel 1990 da una coalizione che, in una concitata campagna elettorale, aveva alzato l’asticella delle aspettative facendo agli anziani e ai loro caregiver promesse eclatanti, partendo peraltro da un sistema che già in origine offriva agli anziani servizi sanitari quasi completamente gratuiti – ovviamente l’assicurazione per la long-term care non poteva sfigurare rispetto a quanto già si offriva dal punto di vista sanitario.

Cosa è in gioco

A quale modello si ispirerà il CLASS statunitense? I dettagli saranno definiti nei prossimi mesi dallo staff del Ministro della Sanità Kathleen Sebelius, ma alcuni punti-chiave sono già noti.

Innanzitutto, il sistema sarà finanziato interamente da premi, e non un dollaro proverrà dalle tasse. La prestazione offerta sarà rappresentata essenzialmente da versamenti in contanti, e non dal contributo al pagamento di servizi, in omaggio alla freedom of choice e lasciando la possibilità di integrare l’aiuto pubblico con i servizi delle assicurazioni private[3]. Fin qui, dunque, sembra che si voglia seguire l’esempio tedesco più che quello giapponese.

La più grande incognita è la sostenibilità economica del programma. Qui, però, non ci si preoccupa tanto dei criteri di eleggibilità, quanto della selezione avversa: se al programma si iscriveranno solo persone già anziane o disabili e nessun giovane in piena età lavorativa e ancora sano, le entrate non compenseranno le uscite. Per ovviare al problema, si inserirà un meccanismo di partecipazione di tipo opt-out (si è iscritti automaticamente, a meno che non si comunichi esplicitamente il rifiuto a partecipare) e si garantirà la sostenibilità attuariale del programma per almeno 75 anni. Ma potrebbe non essere sufficiente. La paura è che, rispetto alle previsioni iniziali, si possa essere costretti ad alzare troppo i premi, abbassare troppo i servizi, o addirittura ad attingere dalla tassazione generale, rinunciando al principio del finanziamento esclusivo tramite premi e rendendo il programma, di fatto, un ennesimo ramo di Medicaid. Idea impopolare, e che rovinerebbe i conti del governo Obama[4]. Ecco perché si sta procedendo senza fretta: la Sebelius deve presentare i dettagli del piano entro Ottobre 2012. Gli osservatori nazionali e internazionali rimangono alla finestra.

Bibliografia

  1. Kaye HS, Harrington C, Laplante MP. Long-Term Care: who gets it, who provides it, who pays, and how much? Health Affairs 29, 1 (2010):11-21.
  2. Campbell JC, Ikegami N, Gibson MJ. Lessons from public long-term care insurance in Germany and Japan. Health Affairs 29, 1(2010): 87-95.
  3. Span P. Details on the Class Act part 1. NYtimes.com, April 29, 2010.
  4. Span P. Details on the Class Act part 2. NYtimes.com, May 3, 2010.

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