Diseguaglianze nell’assistenza sanitaria nei paesi a basso reddito
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- 6 Settembre 2010
Giovanni Putoto
Un recente rapporto della Banca Mondiale mette a fuoco l’importanza di misurare l’utilizzazione dei servizi sanitari sulla base degli indici di povertà. Il sistema sanitario ha il compito di mitigare gli effetti delle diseguaglianze socioeconomiche piuttosto che di generare nuove iniquità.
Introduzione
“Attacking the inequality in the health sector” è il titolo dell’ultimo documento edito dalla Banca Mondiale sul tema delle diseguaglianze in salute[1]. Questo testo fa parte di una serie iniziata con “Reaching the poor” (2005) un volume dove sono presentati 11 casi di buone o cattive prassi del sistema sanitario nel raggiungere i gruppi sociali più svantaggiati. Segue nel 2007 la pubblicazione di “Socio-Economic Differences in Health, Nutrition, and Population within Developing Countries”, probabilmente la fonte più importante di evidenze sulle diseguaglianze socio-economiche esistenti in 56 paesi in via di sviluppo (PVS). “Health Equity using Household Survey” è invece un testo metodologico del 2008 che presenta i concetti, i problemi e gli strumenti quantitativi e qualitativi necessari per studiare le variabili principali legate all’equità.
“Attacking the inequality in the health sector” non è solo un ottimo compendio dei lavori precedenti – come il sottotitolo indica “synthesis of evidence and tools”- ma è di grande interesse per coloro che si occupano di salute pubblica nei Paesi in Via di Sviluppo perché si concentra sul problema dell’utilizzazione dei servizi sanitari da parte dei poveri e quindi sul ruolo che riveste il sistema sanitario nell’attenuare o nell’incrementare le diseguaglianze sociali. L’approccio suggerito è quello empirico. Misurare il problema è il primo passo da fare. Il secondo è essere consapevoli che il sistema sanitario in molti casi è un produttore di iniquità. Il terzo è fare un uso sistematico di dati e informazioni per influenzare coerentemente le politiche e le prassi sanitarie. Le implicazioni pratiche di Attacking Health Inequality in the Health Sector per le agenzie pubbliche e private impegnate nel settore della cooperazione sanitaria internazionale sono molte e importanti.
Nuovi strumenti per misurare l’utilizzo dei servizi sanitari da parte dei poveri
Tema centrale della ricerca in sanità pubblica sono gli effetti della posizione socioeconomica nell’accesso ai servizi sanitari e nello stato di salute. Le informazioni sui determinanti sociali della salute rappresentano un indispensabile strumento per disegnare politiche di contrasto alla povertà che siano mirate ed efficaci. Purtroppo, nelle aree povere del mondo, diversamente da quanto avviene nei paesi ricchi, la misurazione su larga scala della ricchezza familiare espressa in termini monetari (reddito, spese o consumi) si è rivelata per lungo tempo un’impresa impraticabile. È solo dalla fine degli anni ’90 che i ricercatori trovano un sostanziale accordo nell’adottare un sistema di misurazione innovativo noto come asset-score approach[2] . Questo metodo prevede innanzitutto la raccolta di dati sulla disponibilità di beni durevoli (es. radio, biciclette), sulle caratteristiche dell’abitazione (es. tipo di toilette e materiale del tetto), e sull’accesso ai beni essenziali come l’acqua. Molti di questi dati sono raccolti nelle indagini nazionali multiscopo come le Demographich and Health Surveys[3]. Su questa base, applicando tecniche statistiche quali l’Analisi delle Componenti Principali, è possibile elaborare un indice composito di ricchezza patrimoniale[4]. Mettendo in rapporto l’indice di ricchezza patrimoniale con le variabili di esito (es. mortalità, morbilità, stato nutrizionale, accesso e utilizzazione dei servizi) si possono ottenere comparazioni dello stato di salute tra gruppi di popolazione stratificati in base alla posizione socioeconomica. Nonostante alcuni limiti tecnici, l’indice di ricchezza patrimoniale riflette fedelmente i consumi e rappresenta quindi un indicatore indiretto (proxy) dello standard di vita. La rappresentazione grafica delle disuguaglianze sociali si avvale a sua volta di una serie di strumenti innovativi che contribuiscono a veicolare in modo molto efficace il messaggio delle iniquità in termini di esiti di salute e di assistenza sanitaria[5]. E’ la svolta cercata.
Il sistema sanitario può esacerbare le diseguaglianze sociali
Le evidenze disponibili per i paesi a basso e medio reddito indicano che esistono grandi diseguaglianze dello stato di salute tra i più ricchi e i più poveri che dovrebbero essere mitigate dal ruolo di ammortizzatore sociale del sistema sanitario; che tali diseguaglianze sono persistenti nel tempo (fatto che attesta un sostanziale fallimento delle politiche di contrasto alla povertà); che i gap tendono a essere consistenti tra regioni per alcuni esiti ma non per altri (circostanza che dovrebbe spingere a indagare a fondo l’influenza dei determinanti sociali non sanitari); infine, che la variabilità delle diseguaglianze di salute all’interno e tra i paesi è molto elevata e tale da imporre politiche e programmi multi settoriali di lotta alla povertà disegnati sulle specificità contestuali e ambientali.
Ma il dato relativamente sorprendente e carico di conseguenze pratiche per gli operatori sanitari è che il sistema sanitario stesso può contribuire ad allargare la forbice sociale nella salute e che i servizi sanitari possono risultare socialmente distorcenti.
In pratica, nei paesi a basso e medio reddito i servizi sanitari tendono a servire i più ricchi rispetto ai più poveri. Nell’ambito dell’assistenza sanitaria di base, un caso emblematico è rappresentato dai servizi della salute riproduttiva che risultano essere “the worse of the worse” (i peggiori dei peggiori), quelli cioè con il livello più alto di diseguaglianza sociale (vedi Tabella 1.1).
Fonte: Gwatkin, et al 2007.
Anche allargando lo spettro delle prestazioni sanitarie e includendo tutte quelle di base dell’area materno-infantile, la probabilità di utilizzazione è sempre appannaggio delle categorie più ricche. In particolare, per ciò che riguarda l’assistenza professionale al parto, il quintile più ricco ha in media più di 3 volte la probabilità di usufruire di questo servizio rispetto al quintile più povero (vedi Figura 1.3). Ancora una volta un’evidenza del fallimento del settore sanitario verso i poveri, in questo caso verso le donne povere.

Fonte: Gwatkin, Wagstaff, and Yazbeck 2005.
Il quadro non cambia neppure per i servizi ospedalieri governativi di secondo e terzo livello. Un’analisi di 22 paesi indica in modo inequivocabile che nella stragrande maggioranza dei casi (vedi l’eccezione del Costarica) l’allocazione delle risorse sanitarie pubbliche favorisce le classi sociali più abbienti (Vedi Figura 1.7)
Fonte: Filmer 2004.
Fornire informazioni per innescare politiche di contrasto alle diseguaglianze in salute agendo sul sistema sanitario
Attacking Health Inequality richiama la necessità di monitorare l’utilizzazione dei servizi sanitari da parte dei poveri anche in relazione agli effetti delle riforme sanitarie adottate nei paesi in via di sviluppo. Propone al riguardo un originale schema di riferimento su che cosa monitorare. Scelta una prestazione o un gruppo di servizi sanitari per i quali ci siano gap di utilizzazione da parte dei poveri, ci si deve porre le seguenti domande: le disuguaglianze esistenti nell’utilizzo dei servizi stanno cambiando? le barriere al’accesso si stanno attenuando? la configurazione dell’allocazione delle risorse sta cambiando?
Inoltre, il monitoraggio, per essere efficace, dovrebbe includere:
- un sistema di tracing, di tracciamento delle tre classi dei servizi sanitari: per le famiglie, per gli individui e per la popolazione, visto che i problemi di equità e le possibili azioni di contrasto possono essere diversi tra loro (Vedi Figura 19.1).
Fonte: World Bank 200
- Un secondo elemento è di natura finanziaria e contabile e riguarda il rilevamento delle spese sanitarie (health expenditure tracking). Dalle fonti di finanziamento fino agli utilizzatori finali.
- Infine, richiamandosi al principio della trasparenza, è suggerito anche un elemento di partecipazione sociale. Nel processo di monitoraggio bisognerebbe includere i poveri stessi: dalla scelta delle prestazioni da analizzare, all’uso degli indicatori fino alla discussione e alla disseminazione dei risultati finali.
Commenti
Il documento tocca un argomento nevralgico: il sistema sanitario può contribuire a deteriorare le diseguaglianze sociali. L’esatto contrario del suo mandato che è di proteggere i poveri e di ammortizzare gli squilibri esistenti nelle comunità[6].
Quali sono le lezioni pratiche che si possono trarre in proposito?
Alle agenzie pubbliche o private – come le ONG – che si occupano direttamente di cooperazione sanitaria internazionale, la prospettiva di monitorare l’utilizzazione dei servizi sanitari da parte dei poveri nei progetti e nei programmi che conducono sul campo offre molte opportunità ma pone anche delle sfide.
Innanzitutto, una sfida culturale. L’equità è una faccenda seria. Anche senza volerlo si possono fare danni. Non bastano più né la buona fede né il lavorare secondo tradizione (business as usual). È il momento di conoscere quello che si fa e agire di conseguenza.
Una sfida tecnica. Gli approcci e gli strumenti statistici disponibili sono usati nelle indagini nazionali. La complessità di calcolo li rende di difficile applicazione a livello locale anche se ci sono dei tentativi in corso di adattarli a livello di distretto, di ospedale e di prestazione[7,8]. Questo passaggio è importante perché permetterebbe di definire una sorta di “equity profile” degli utenti nei sistemi sanitari decentrati.
Una sfida manageriale e politica. I dati a disposizione dovrebbero costituire la base di partenza per dialogare e confrontarsi con le comunità, le autorità sanitarie locali e i donatori per affrontare il nodo dell’accessibilità e le relative barriere per i poveri. Tali strumenti di analisi permettono inoltre di stabilire se l’allocazione delle risorse sanitarie locali, pubbliche e del settore non for-profit, sono realmente a favore dei poveri; se possono essere applicate strategie di raggiungimento dei poveri attraverso finanziamenti comunitari; se le politiche nazionali orientate alla copertura universale sono applicate o ignorate nei distretti; se gli aiuti internazionali erogati hanno effetti distorsivi in periferia.
Infine, una sfida sociale. Fare partecipare i poveri al monitoraggio dei servizi sanitari, significa essere capaci di ascoltarli e di renderli partecipi delle decisioni e degli esiti dei cambiamenti prodotti. Una lezione non nuova ma tutt’ora valida[9].
Giovanni Putoto. Medici con l’Africa CUAMM
- Abdo S. Yazbeck Attacking Inequality in the Health Sector. Washington, DC: World Bank, 2009 [PDF: 3,14 Mb ]
- Filmer D, Pritchett L. 1998. Estimating wealth effects without expenditure data or tears: an application to educational enrolments in states of India. Washington, DC: World Bank.
- Demographic and Health Survey
- Seema Vyas And Lilani Kumaranayake Constructing Socio-Economic Status Indices: How To Use Principal Components Analysis Health Policy and Planning. November 2006; 21: 459 – 468.
- Presenting Inequality Data: The Wealth Gap, The Odds Ratio, The Full Gradient, The Concentration Curves, The Concentration Index in Abdo S. Yazbeck Attacking Inequality in the Health Sector. Washington, DC: World Bank.
- CSFH (2008). Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Commission on Social Determinants of Change, final report. Geneva: World Health Organization, 2008.
- Abbas Bhuiya et al. Three methods to monitor utilization of healthcare services by the poor. International Journal for Equity in Health 2009, 8:29.
- Emma Pitchforth et al. Development of a proxy wealth index for women utilizing emergency obstetric care in Bangladesh Health Policy and Planning 2007;22:311–319.
- Susan B. Rifkin Lessons from community participation in health programmes: a review of the post Alma-Ata. Experience International Health 2009; 1, 31—36.
Desidero complimentarmi per la sintesi puntuale effettuata dal Dr. Putoto di questo importante lavoro della Banca Mondiale.
Volevo solo sottilineare che quando si parla di disuguaglianze nell’assitsenza sanitaria nei paesi a basso e medio reddito non ci riferisce soltanto a paesi dell’Africa, Asia o Centro/Sud America. In una recente pubblicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità [1], si evidenzia come la riduzione delle disuguglianze nella salute e l’equa distribuzione dei servizi sanitari siano delle priorità assolute anche nei paesi dell’Unione Europea (UE).
Ci sono infatti forti disuguaglianze nella mortalità e nello stato di salute nei vari paesi dell’UE, che non sono diminuite nel tempo nonostante un generallizzato aumento della spettanza di vita, e che coinvolgono i vari gruppi socio-economici. Il reddito, il livello di istruzione, le condizioni di lavoro o lo stato di occupazione influenzano i fattori di rischio delle malattie (es. il fumo e l’obesità), lo stato di salute e la mortalità sia direttamente che indirettamente attraverso fattori ambientali e psico-sociali.
L’accesso ai servizi sanitari può essere notevolmente limitatio negli individui con un reddito basso che vivono in paesi dove la “spesa di tasca propria” per alcuni servizi supera il 40% del costo totale della spesa sanitaria (es. in Grecia, Bulgaria, Cipro e Lettonia). I servizi sanitari in questi casi si riferiscono soprattutto alle visite specialistiche ma, in alcuni casi, anche al servizio prestato dal medico di base e addirittura all’accesso alle strutture ospedaliere. Senza considereare poi che le persone a basso reddito sono quelle gravate da maggior mortalità e maggior prevalenza di malattie, e che necessitano pertanto di una maggiore utilizzazione dei servizi sanitari stessi.
Dr. Flavio Lirussi
Ufficio Europeo per gli Investimenti per la Salute e lo Sviluppo, Organizzazione Mondiale della Sanità, Venezia.
[1]Mladovsky P, Allin S, Masseria C,Hernández-Quevedo C, McDaid D, Mossialos E (2009). Health in the European Union: trends and analysis. Observatory studies series, no. 19. World Health Organization on behalf of the European Observatory on Health Systems and Policies, Copenhagen, Denmark.