Malattia di Chagas
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- 29 Settembre 2010
Lorenzo Zammarchi e Alessandro Bartoloni
I flussi migratori dall’America Latina stanno mutando i lineamenti epidemiologici della malattia di Chagas. Come emerso dal meeting organizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel dicembre 2009 è impellente tradurre le raccomandazioni esistenti in decisioni di sanità pubblica [1].
Cosa è la Malattia di Chagas?
La malattia di Chagas, o tripanosomiasi americana, è una zoonosi causata dal protozoo flagellato Trypanosoma cruzi. Costituisce uno dei maggiori problemi di salute pubblica in America latina, dove occupa il settimo posto tra le patologie più importanti in termini di impatto socio-economico[2].
La malattia di Chagas è caratterizzata da una fase acuta iniziale, successiva alla penetrazione del parassita nel circolo ematico, spesso asintomatica o accompagnata da pochi sintomi o, più raramente, si manifesta con un grave, e talora fatale, interessamento miocardico o meningoencefalitico. La fase acuta dell’infezione viene riconosciuta solo nell’1-2% dei soggetti[5]. Dopo 6-8 settimane i sintomi scompaiono e il soggetto infetto entra nella fase cronica della malattia, che può rimanere asintomatica per tutta la vita (70-80% dei casi) oppure, dopo una latenza di diversi anni, manifestarsi con interessamento cardiaco (aritmie, cardiomegalia, scompenso cardiaco congestizio, morte cardiaca improvvisa), del tubo digerente (megaesofago, megacolon), del sistema nervoso periferico[6].
Benznidazolo e nifurtimox sono gli unici farmaci oggi disponibili per il trattamento eziologico della malattia di Chagas. La loro somministrazione durante la fase acuta determina, nella quasi totalità dei casi, una regressione di segni e sintomi clinici, e la scomparsa degli anticorpi specifici che testimonia la completa eradicazione della parassitosi.
L’utilità del trattamento eziologico nella fase indeterminata-cronica è stata per molto tempo dibattuta, e solo recentemente alcuni studi hanno dimostrato che la somministrazione di benznidazolo o nifurtimox può determinare l’eradicazione dell’infezione anche in questa fase, con riduzione del rischio di progressione di malattia. Tuttavia, l’efficacia di queste molecole diminuisce all’aumentare del tempo tra infezione e trattamento, e gli effetti collaterali, talora anche gravi, diventano più frequenti al crescere dell’età[4,6].
La Malattia di Chagas in America latina
L’infezione è presente endemicamente solo nel continente americano, in un territorio compreso tra gli Stati Uniti meridionali e la Patagonia, dove colpisce prevalentemente le popolazioni di aree rurali a basso tenore socio-economico e igienico-sanitario. La distribuzione geografica della parassitosi coincide con quella dei vettori, grossi emitteri ematofagi (triatomine) che trasmettono il parassita all’uomo durante il pasto ematico.
La trasmissione vettoriale costituisce ancora oggi la via principale d’infezione nelle aree rurali endemiche dell’America latina, laddove i programmi di controllo non hanno raggiunto una copertura adeguata. Un altro meccanismo di trasmissione, responsabile di circa il 10% dei casi, è rappresentato dalla trasfusione di emoderivati, principale via d’infezione nelle zone urbane. La terza più importante via di trasmissione è quella congenita transplacentare, con approssimativamente 5.000-18.000 casi neonatali per anno; sporadiche sono invece le infezioni contratte mediante trapianto di organi solidi e ingestione di cibi o bevande contaminate da triatomine infette[4].
Secondo le stime dell’OMS, nel 1980 la malattia di Chagas interessava 16-18 milioni di persone. Il 25% della popolazione latino-americana (circa 100 milioni di individui) viveva in area endemica ed era pertanto a rischio di contrarre l’infezione. L’incidenza globale raggiungeva i 700.000-800.000 casi per anno. Gli individui affetti dalla forma cardiaca cronica erano circa 1.200.000, e almeno 200.000 erano i soggetti con megaesofago e/o megacolon; la mortalità per la forma cardiaca della malattia era di 45.000 individui per anno[4-8].
Negli ultimi 20 anni, una serie di iniziative governative a carattere multinazionale hanno determinato, nella maggioranza dei paesi endemici, una netta riduzione dell’incidenza e prevalenza di malattia mediante il “controllo chimico” del vettore e, in secondo luogo, lo screening sierologico dei donatori di sangue. La trasmissione vettoriale e trasfusionale della tripanosomiasi americana è stata interrotta in Uruguay (1997), Cile (1999) e Brasile (2006), e l’incidenza globale di nuovi casi d’infezione umana in America latina è calata del 67%[9]. Oggi si stima che le persone infette siano circa 8 milioni[9]. Prevalenza, incidenza e mortalità associata alla malattia di Chagas sono in continuo cambiamento, in conseguenza dell’impatto dei programmi di controllo, dei mutamenti socio-economici e dei vasti fenomeni di migrazione, che hanno determinato spostamenti di massa della popolazione latino-americana dalle aree rurali endemiche verso i grandi insediamenti urbani dell’America centro-meridionale e, con frequenza sempre crescente, dalle regioni endemiche verso i paesi industrializzati del mondo. A questi movimenti migratori è conseguito un fenomeno di “urbanizzazione” della malattia di Chagas e un’espansione della parassitosi verso regioni non endemiche.
La situazione nei Paesi non endemici
La trasfusione di emoderivati infetti, la trasmissione transplacentare (rischio variabile tra 1 e 12%), il trapianto di organi solidi e di midollo osseo infetti, gli incidenti di laboratorio, sono tutte modalità di trasmissione che possono verificarsi anche in paesi considerati indenni da questa patologia, ma che sono meta di migrazione di persone provenienti da aree endemiche[5, 10-11].
La possibilità di trasmissione della malattia anche in assenza del vettore fa configurare oggi la Malattia di Chagas come problema sanitario emergente anche in paesi come gli Stati Uniti, il Canada, Europa, l’Australia e il Giappone, che costituiscono la principale destinazione per gli immigrati latino-americani.
Per quanto riguarda l’Europa, l’OMS stima ad oggi in circa 80.000 unità la presenza di individui infetti sul territorio europeo. I casi confermati in laboratorio sono invece 3.900 quasi tutti provenienti da Spagna, Francia, Italia, Gran Bretagna, Belgio, Svizzera ma con sporadici casi segnalati anche in altri paesi europei [12-17].
Paesi in cui sono stati segnalati casi di Malattia di Chagas | Immigrati Sudamericani | Immigrati potenzialmente infetti* |
Stati Uniti (2005) | 7,2 milioni (solo regolari)[13] | 56.028-357.205 [13] |
Canada (2001) | 131.135 [13] | 1.218[12] |
Australia (2006) | 65.265[13] | 1.067[12] |
Giappone | dati non disponibili | |
Europa nel suo insieme (2009) | 4,2 milioni [16] | >80.000[18] |
Spagna (2009) | 1.445.751[18] | 39.985-62.258 [1] |
Italia (2009) | 440.000 [1] | 5.520-7.081 [11] |
*Dati calcolati secondo il metodo di Schmunis cioè usando i dati ufficiali delle banche del sangue dei paesi endemici relativi alla prevalenza dell’infezione da T. cruzi in 1000 donatori di sangue e i dati relativi alle migrazioni nei vari paesi[13].
Strategie per la Prevenzione e il Controllo nei Paesi non endemici
Il nuovo scenario epidemiologico descritto imporrebbe ai paesi ospitanti i migranti latino-americani, l’adozione di politiche sanitarie per la prevenzione e il controllo della trasmissione dell’infezione e per garantire il trattamento degli individui affetti da malattia di Chagas. Ad oggi, tuttavia, le direttive ufficiali per il controllo della malattia di Chagas nei paesi non endemici sono ancora evanescenti.
L’impatto dell’infezione è sottovalutato sia sul piano della salute pubblica sia sul piano clinico. Non ci sono procedure standardizzate in grado di identificare i soggetti infetti asintomatici nei momenti critici per la diffusione dell’infezione, ovvero la donazione di sangue o di organi e durante la gravidanza. Inoltre, i soggetti infetti pur se asintomatici sono a rischio di sviluppare in futuro severe complicanze d’organo prevenibili con una diagnosi tempestiva e una terapia adeguata. Contemporaneamente la malattia cronica divenuta sintomatica può facilmente essere confusa dai clinici con patologie più frequenti come una cardiopatia dilatativa idiopatica, una morte neonatale di origine indeterminata, un’infezione grave indeterminata in un paziente immunodepresso.
Per quanto riguarda l’Europa, solo il governo spagnolo ha reso obbligatorio dal 2005 (Decreto Reale 10088/2005) lo screening sierologico di candidati donatori che siano nati in America Latina o, comunque, da madre latinoamericana o che abbiano ricevuto trasfusioni in America Latina. In Francia e Regno Unito (ad esclusione della Scozia) viene promosso in modo analogo lo screening sierologico dei donatori a rischio. Negli altri paesi europei attualmente la selezione del donatore si effettua essenzialmente tramite la somministrazione di questionari anamnestici. Negli Stati Uniti dal 2007 l’agenzia “American Association of Blood Banks” ha reso obbligatorio lo screening sierologico di tutti i donatori[17].
La situazione in Italia non è molto diversa da quella della maggior parte dei paesi non endemici. La notifica di Malattia di Chagas può essere fatta ma non è obbligatoria. Non vi è uno screening sistematico dei familiari dei casi, delle gravide latinoamericane, dei donatori di organi solidi o midollo, dei potenziali donatori di sangue (in questo caso non è previsto un test sierologico, ma ci si limita all’esclusione dalla donazione permanente per i casi certi di malattia di Chagas e temporanea – sei mesi – per chi abbia soggiornato in uno dei paesi a rischio).
Attualmente in Italia solo pochissimi centri hanno introdotto lo screening sierologico dei donatori di sangue e delle gravide a rischio (tra cui l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi e l’Ospedale Sacro Cuore di Negrar, Verona) e quello dei bambini adottati provenienti da aree endemiche (Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, Firenze, e l’Ospedale Sacro Cuore di Negrar, Verona).
Passi verso il futuro
Nel 2007 l’OPS e Medici Senza Frontiere, in un documento ufficiale, lanciavano un appello ai governi dei paesi non endemici affinché avviassero una politica di controllo della malattia[19].
Il messaggio è stato ripetuto nel settembre 2009 dalla Federazione delle Società Europee di Medicina Tropicale durante il 6° European Congress on Tropical Diseases and International Health e nel dicembre 2009 dall’OMS[1]. Il documento OMS raccomanda alle autorità sanitarie dei vari paesi europei l’adozione di adeguate misure per il controllo, la prevenzione e la cura della malattia di Chagas. Adesso sta ai governi tradurre in azioni di sanità pubblica i suggerimenti tecnici sperando che l’esempio spagnolo e le piccole esperienze pilota, come quelle dei centri di Firenze e Negrar, fungano da catalizzatori per il cambiamento.
Lorenzo Zammarchi, Alessandro Bartoloni. Dipartimento Area Critica Medico Chirurgica Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Firenze. S.O.D. Malattie Infettive e Tropicali. Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze.
- WHO. Control and prevention of Chagas disease in Europe. Report of a WHO Informal Consultation (jointly organized by WHO headquarters and the WHO Regional Office for Europe). Geneva: WHO, 2009.
- World Bank 2006. Global burden of disease and risk factors. In Lopez AD, Mathers CD, Ezzati M et al., Oxford University Press and the World Bank, p. 228.
- Teixeira ARL et al. Chagas disease. Postgrad Med J 2006; 82:788-798.
- Prata A. Clinical and epidemiological aspects of Chagas disease. The Lancet Infect Dis 2001; Vol 1.
- WHO Technical Report Series. Control of Chagas Disease. Second report of the WHO expert committee. Geneva: WHO, 2002; no. 905.
- Grisard EC et al. (traduzione dal testo originale inglese a cura di Gatti S). Tripanosomosi americana; in Scaglia M, Gatti S, Rondanelli EG. Parassiti e parassitosi umane. Selecta Medica 2006; 21:261-274.
- Viotti R et al. Long-term cardiac outcomes of treating chronic Chagas disease with benznidazole versus no treatment. Ann Intern Med 2006; 144:724-734.
- WHO. Special programme for research and training in tropical diseases. Eleventh programme report. Geneva: WHO, 1991.
- Moncayo A, Ortiz Yanine MI. An update on Chagas disease (human American trypanosomiasis). Ann of Trop Med & Parasitol 2006; 100(8):663-677.
- Russomando G et al. Treatment of congenital Chagas’ disease diagnosed and followed up by the polymerase chain reaction. Am J Trop Med Hyg 1998; 59(3): 487-491.
- Carlier Y et al. Infección congénita por Trypanosoma cruzi: Desde los mecanismos de transmisión hasta las estrategias de diagnóstico y control. Conclusiones de las mesas redondas y resumen de un Coloquio Internacional Cochabamba, Bolivia, 6-8 Noviembre 2002. Revista da Sociedade Brasileira de Medicina Tropical 2003; 36(6):767-771.
- Organización Panamericana de la Salud. Estimación cuantitativa de la enfermedad de Chagas en las Américas. OPS/. HDM/CD/425-06.
- Schmunis GA. Epidemiology of Chagas disease in non-endemic countries: the role of International migration. Mem Inst Oswaldo Cruz 2007; 102:75-85.
- Pehrson PO et al. Asymptomatic congenital Chagas’ disease in a 5-year-old child. Scand J Infect Dis 1981; 13(4):307-308.
- Riera C et al. Congenital transmission of Trypanosoma cruzi in Europe (Spain): a case report. Am J Trop Med Hyg 2006; 75(6):1078-1081.
- Guerri–Guttemberg, 2009, http://demo.istat.it/, 2008, and Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes.
- CDC. Blood donor screening for Chagas disease. United States, 2006-2007. MMWR Morb. Mortal. Wkly Rep. 56, 141-143, 2007.
- Instituto Nacional de Estadistica (Spagna) consultato il 19 luglio 2010. Disponibile all’indirizzo sul sito INE
- OPS/MSF. Consulta técnica regional OPS/MSF sobre organización y estructura de la atención médica del enfermo o infectado por Trypanosoma cruzi. Montevideo; 2007.
Nel ringraziare gli autori per aver accuratamente inquadrato le problematiche connesse alla diffusione della malattia di Chagas in un paese non endemico come l’Italia, appoggiamo la proposta rivolta alle istituzioni di elaborare protocolli nazionali per lo screening e il trattamento della patologia.
Nell’idea che le piccole esperienze pilota possano fungere da catalizzatore per il cambiamento e che la loro condivisione in rete possa essere funzionale in tal senso, segnaliamo che anche nel contesto bolognese è attivo un gruppo di ricerca sulla malattia di Chagas nato dalla collaborazione tra il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI) dell’Università di Bologna e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico S.Orsola-Malpighi. Accanto all’introduzione di un servizio di screening, il gruppo sta lavorando con l’obiettivo di analizzare, attraverso un approccio multidisciplinare, la complessità delle relazioni tra una malattia dimenticata e le dinamiche migratorie.
Maggiori informazioni sono disponibili al sito http://www.csiunibo.org.
Chiara Di Girolamo, Brigida Marta, Anna Ciannameo per il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale
Buongiorno
questa estate ho subito svariate punture notturne di un insetto
qualificato dalla Zucchet come cimice dei letti in seguito alla cattura di uno di questi e loro conseguente disinfestazione in tre tempi diversi.
mi potete cortesemente fornire ulteriori informazioni e indicare se devo procedere ad ulteriori indagini e esami?
grazie
cordiali saluti.
cristiana caruso-roma