Morire di morbillo in Europa
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- 4 Novembre 2010
Pier Luigi Lopalco
In Bulgaria nel 2010 si è verificata una grave epidemia di morbillo: 24 mila casi con 24 decessi accertati. Un tasso di letalità vicino a quello registrato nei paesi del terzo mondo. Storia di una epidemia annunciata.
E’ l’estate del 2009. Siamo nelle province di Varna e Burgas, Bulgaria orientale. Le spiagge del Mar Nero sono facilmente raggiungibili anche dai villaggi più interni di queste province. Qui si riversano migliaia di villeggianti per sfuggire al caldo torrido di questi giorni. Sarà anche per il forte caldo che la mamma del piccolo Maiek (nome, ovviamente, di fantasia) capisce subito che la febbre di suo figlio è troppo alta ed è ora di andare in ospedale. Si, perché quando un bambino Rom sta male si va in ospedale. Non si consulta il medico di base, con il quale non si ha alcun rapporto. Nè si va nel poliambulatorio territoriale che è stato chiuso dopo la recente riforma sanitaria e che era il presidio sanitario piú familiare per le comunitá Rom.
I medici del pronto soccorso visitano Maiek e gli somministrano subito una prima dose di antibiotici. Il giorno dopo Maiek comincia a ricoprirsi di puntini rossi. Un esantema via via sempre più vistoso, mentre la febbre comincia a calare e, tutto sommato, le condizioni generali del piccolo migliorano. “Allergia da farmaci” è la diagnosi di dimissione dall’ospedale. Sono passati 17 anni dall’ultima epidemia del 1992 e probabilmente nessuno dei medici che ha visitato Maiek ha mai visto – o almeno ricorda – come si presenta un caso di morbillo. Come Maiek, altri bambini nelle settimane successive si presentano ai medici del servizio sanitario con i segni del morbillo e vengono trattati con antibiotici ed antifebbrili. Le autorità sanitarie perdono settimane preziose per intervenire e cercare di fermare quella che si dimostrerà la più disastrosa epidemia di morbillo degli ultimi decenni in Bulgaria.
L’allarme morbillo scatta in Dicembre, quando ormai i casi notificati raggiungono le centinaia per settimana. In Febbraio le autorità bulgare richiedono il supporto del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie e dell’Ufficio Europeo dell’OMS. L’epidemia è ormai fuori controllo. Si arrivano a contare 700 notifiche a settimana (Figura 1). Il 90% di queste fra bambini Rom. Il numero ufficiale di morti è arrivato a 12, ma purtroppo è destinato a salire, visto che le possibilità di controllo dell’epidemia sono estremamente limitate.
Figura 1. Andamento dell’epidemia di morbillo in Bulgaria. Numero di casi, marzo 2009-agosto 2010

In Bulgaria vivono quasi un milione di Rom, su una popolazione complessiva si circa 8 milioni. Dopo il tentativo del regime comunista di integrazione forzata, la maggior parte dei Rom bulgari sono ritornati a vivere secondo le loro antiche tradizioni di vita semi-nomadica, ritrovandosi automaticamente ai margini della nuova società bulgara, dove la veloce espansione economica ha inevitabilmente accentuato le diseguaglianze sociali e la riforma sanitaria ha modificato profondamente le modalitá di accesso alle cure. Un milione di persone ai margini, praticamente segregate, nonostante gli sforzi del governo di evitare ogni forma di razzismo e stigmatizzazione. Paradossalmente, l’impossibilità di identificare l’appartenenza etnica – proprio per evitare la stigmatizzazione – nei casi di morbillo notificati ha reso ancora più complesse le attivitá epidemiologiche e di controllo dell’epidemia. E’ l’estate 2010 ed il numero di casi di morbillo ha raggiunto quota 24.000, con 24 decessi accertati[1].
Alcune considerazioni immediate saltano subito all’evidenza. L’epidemia del 2010 ha superato in termini di severità ed impatto quella del 1992, quando si registrarono poco più di 20.000 casi. Ma è stata addirittura più letale di quella del 1973-74 quando su circa 90.000 casi si registrarono 26 decessi.
Il tasso di letalità riportato nel 2010, pari a 1 per 1.000, è più prossimo ai tassi osservati nelle epidemie di morbillo nei paesi in via di sviluppo di quanto osservato quaranta anni prima nella stessa Bulgaria. Le ragioni di ciò sono da ricercare nel fatto che le epidemie precedenti si erano propagate nella popolazione in maniera omogenea a causa del fatto che la copertura per la vaccinazione anti morbillo era omogeneamente bassa in tutti gli strati della popolazione.
Nel 2010 il morbillo ha colpito invece quasi esclusivamente la popolazione Rom, come conseguenza della bassa copertura vaccinale selettiva in questo gruppo etnico. Bassa copertura vaccinale segno di difficile accesso alla prevenzione. Alta letalitá segno di difficile accesso alle cure. In entrambi i casi forte segno di marginalizzazione e diseguaglianza. 24 morti pediatriche in un paese della Comunitá Europea causate da una malattia infettiva prevenibile con un vaccino dal costo di 5-10 euro.
Ma un’altra considerazione è d’obbligo. L’epidemia di morbillo del 2010 era stata in qualche maniera una epidemia annunciata. Nel 2008 sul Bollettino dell’OMS era stato pubblicato un articolo scientifico che riferiva i risultati dello studio europeo ESEN2, ampia indagine sieroepidemiologica condotta in 17 paesi europei per valutare il livello di suscettibilità al morbillo nella popolazione[2]. Lo studio riferiva risultati abbastanza preoccupanti, mettendo in evidenza come in 7 paesi europei il rischio di epidemia sarebbe stato particolarmente alto in assenza di contromisure urgenti. In particolare, in Bulgaria fino al 30% di bambini in alcune fasce di età risultava non protetta nei confronti della malattia. Il dato abbastanza eclatante era peró dato dalla discrepanza fra i risultati dello studio ESEN2 ed i dati ufficiali di copertura vaccinale che il Ministero bulgaro riportava all’OMS nelle stesse coorti di nascita, che erano compresi fra il 92% ed il 96%[3].
Chi aveva ragione? I ricercatori dell’ESEN2 o i funzionari del Ministero? Purtroppo avevano ragione entrambi. In quanto la reale copertura immunologica del campione selezionato (bambini provenienti principalemte dall’Ospedale pediatrico di Sofia) era effettivamente bassa (anche inferiore al 70%). Perchè quel campione includeva molti bambini di etnia Rom. Un bias di selezione dato dal fatto che le famiglie Rom ricorrono all’ospedale con frequenza maggiore alla media delle altre famiglie bulgare, avendo difficoltá di accesso alle cure territoriali. Ma di certo non mentiva il Ministero riportando alte coperture vaccinali, legate al fatto che la maggior parte dei bambini Rom non sono inclusi nei registri anagrafici e quindi sono automaticamente escusi dal denominatore nel calcolo delle coperture vaccinali. In pratica, non esistono per le statistiche ufficiali. In definitiva una epidemia annunciata, di una malattia facilmente prevenibile con un tempestivo – ed economico – intervento vaccinale. L’epidemia di morbillo in Bulgaria, ovviamente, ha avuto strascichi e ripercussioni in molti altri paesi della Comunità Europea. Nello stesso periodo infatti sono stati numerosi i focolai di morbillo riconducibili a quella epidemia. A dimostrazione, ancora una volta, che le malattie infettive non conoscono confini e che un approccio sovranazionale è assolutamente necessario.
Un evento tragico come questo ci lascia, almeno, qualche insegnamento. La profilassi delle malattie infettive ormai passa per canali che vanno al di là dei canoni classici della prevenzione. Le diseguaglianze sociali, nell’Europa di oggi, rappresentano uno dei maggiori determinanti di salute. Nessuna campagna di prevenzione potrà prescindere dal considerare fattori quali l’accesso ai servizi sanitari e, più in generale, l’integrazione di quelle larghe fasce di popolazione che vivono ai margini. E’ d’obbligo dunque un approccio globale e multidisciplinare che inquadri il problema infettivo non solo a livello clinico ed epidemiologico, ma anche sociologico e culturale.
Pier Luigi Lopalco, Professore Associato di Igiene, Universitá di Bari. Capo Sezione Malattie Prevenibili da Vaccini, ECDC, Stoccolma.
- National Institute of Infectious and Parasitic Disease, Ministry of Health, Sofia. Dati epidemiologi accessibili sul web.
- Andrews N et al. Towards elimination: measles susceptibility in Australia and 17 European countries. Bull World Health Organ. 2008; 86(3): 197-204
- OMS. Centralised Information System for Infectious Diseases. CISID. Accessibile sul web.
Nelle strategie vaccinali, come in tutte le strategie della promozione della salute, il cardine operativo è l’offerta attiva, non essendo sufficiente la eventuale facilità di accesso ai servizi e la eventuale diffusione dell’informazione della disponibilità delle misure di prevenzione, veicolata con i metodi e gli strumenti della comunicazione di massa. L’offerta attiva comporta la responsabilità dei servizi nel superamento delle barriere della comunicazione, sopratutto quando si ha a che fare con comunità per qualsivoglia motivo marginalizzate, come nel caso delle comunità rom che, peraltro, risultano fortemente clusterizzate e con alti livelli di affollamento. Deve essere bandito il paternalismo direttivo e si deve agire coinvolgendo le comunità nei processi decisionali. Nelle mie esperienze di coordinamento di campagne vaccinali contro il morbillo l’intervento adeguato nelle comunità rom presenti in Italia con l’approccio dell’offerta attiva ha determinato alti tassi di vaccinazione, non dissimili da quelli ottenuti nella popolazione generale. Il cardine epidemiologico delle strategie di prevenzione consiste nella identificazione dei differenziali di rischio nelle articolazioni della popolazione e tenerne conto nell’offerta attiva. Nel caso della prevenzione vaccinale è necessario stimare le aree della suscettibilità e verificare le coperture vaccinali specifiche per condizioni sociali e per aggregazioni territoriali, non accontentandosi di coperture medie nazionali o regionali che possono nascondere cluster di suscettibili, costituendo questi potenziali epidemici che la circolazione dell’infezione prima o poi fa esplodere. l’epidemia in Bulgaria, per di più annunciata, si è sviluppata in un arco temporale tale da permettere interventi tempestivi di campagne di vaccinazione di massa che avrebbero potuto stroncare l’ulteriore sviluppo dell’epidemia stessa.
Michele Grandolfo (michele.grandolfo@iss.it)
p.s. per chi è interessato posso iviare per e-mail miei documenti sulle strategie vaccinali inviandomi una e-mail di richiesta.
E non dimentichiamo che oltre queste comunita’ etniche marginalizzate ci sono anche i combattenti contro le vaccinazioni in genere e contro la trivalente in particolare. Non si tratta di carenza di istruzione ma di cultori del pensiero magico e delle medicine alternative, spesso appartenenti alla classe media e benestante. Questi sono guidati da personaggi, anche laureati in medicina come il DR Verzella e prima di lui il DR.Montinari, che dopo avere cavalcato il metodo DIBELLA ora proclama che il vaccino provoca l’aumento delle diagnosi di autismo.
Il DR Wakefield e’ stato pesantemente punito dalla commissione disciplinare inglese per avere fatto un analogo allarmismo sanitario, ma in Italia , si sa , tutto e’ permesso. Gli ordini dei medici tutelano i medici piu’ che la salute pubblica. Carlo Hanau
Non per fare la Cassandra della situazione, ma come si evince anche dai dati delle coperture vaccinali, riportati nell’ultima indagine ICONA 2008 (Istituto Superiore di Sanità), il nostro Paese, ma in particolare modo alcune Regione, come ad esempio quella dello scrivente, non è completamente scevro da pericoli di epidemie di morbillo!
Il vero problema è anche quello di far recepire certe cose agli Organi competenti, al fine di mettere in atti gli opportuni interventi preventivi.
Non dobbiamo aspettare che crolli prima la Schola Armatorum di Pompei per poi vergognarci!
Rocco Russo
Pediatra
Benevento