Salute globale. InFormAzione per cambiare

Adriano Cattaneo

Il 4° Rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale è dedicato all’informazione e alla formazione, le basi essenziali per un agire consapevole che miri a ridurre le disuguaglianze.


Parafrasando Giulio Cesare, si potrebbe dire che il mondo tutto è diviso in partes tres.

Nella prima parte stanno i paesi a capitalismo avanzato, anzi maturo, forse un po’ marcio, dove la finanza la fa da padrone, con le conseguenze che conosciamo.
Gli abitanti di questi paesi vivono, in media, al di sopra delle proprie possibilità, consumando tutte le loro risorse, e anche quelle degli altri.

Che l’ambiente ne soffra, e ne soffrano anche gli esseri, umani e non, che in quell’ambiente vivono, non c’importa molto, come dimostra la nostra resistenza a cambiare.
Questo sovrasfruttamento di ambiente e di esseri umani ha permesso di accumulare ricchezza e di migliorare lo standard di vita (alimentazione, casa, lavoro, istruzione, eccetera), e quindi di salute. Beh, non è stato poi così facile e diretto; ci son volute delle belle e lunghe lotte per incamminare una parte delle ricchezze accumulate da pochi verso il bene di tutti. Ma è bastato allentare la presa sui beni comuni faticosamente conquistati per vederseli scippare da maghi della finanza e cavalieri del lavoro che a una scuola e a un centro di salute preferiscono un paradiso fiscale.

Lo scippo procede in un’indifferenza quasi totale. Ogni tanto qualche governante, colpito più duramente del solito da una delle periodiche crisi, ha un sussulto e cerca di cambiare strada, senza limitarsi a coprire i buchi col sangue dei più deboli. Angela Merkel vorrebbe imporre delle regole alla finanza selvaggia. Barack Obama ha tentato di rendere un po’ più pubblica la sanità privata del suo paese. Episodi isolati che non troveranno imitatori e seguaci? O segnali di speranza per uscire dalla crisi e, forse, superare il dogma del libero mercato che ha marcato la fine del XX e l’inizio del XXI secolo?

Nel frattempo, i paesi della seconda parte, Cina, India e Brasile in testa, cercano di imitare quelli della prima e vorrebbero raggiungere gli stessi risultati. Usando politiche protezionistiche simili a quelle usate dai paesi della prima parte secoli o decenni fa, ma per qualche prodotto anche ora, e sfruttando allo stesso modo uomini e ambiente, hanno superato la soglia critica di povertà che li teneva ancorati al cosiddetto sottosviluppo ed esibiscono tassi di crescita economica da rivoluzione industriale. Nel giro di pochi anni o decenni arriveranno ad avere livelli di salute simili a quelli della prima parte del mondo. Ma a che prezzo per l’equità e l’ambiente? E ci riusciranno tutti, o qualche paese resterà indietro per raggiunti limiti ambientali?

E i paesi che non ce la faranno, resteranno nella seconda parte, o scivoleranno nella terza? Questa comprende i disperati, quelli che continueremo a chiamare paesi del terzo o anche quarto mondo. L’Africa Subsahariana, quasi tutta, è in questa parte, ma non mancano rappresentanti di altri continenti, da Haiti all’Afganistan. In questa parte potrebbero precipitare anche paesi che si considerano “in via di sviluppo”, cioè con tassi di crescita dell’economia in aumento e relativi miglioramenti degli standard medi di vita e di salute, ma che, a causa di disastri naturali o causati dall’uomo, o per gli stessi “limiti dello sviluppo”[1], potrebbero non farcela a mantenersi a galla.
Per la maggior parte di questi paesi il raggiungimento dei cosiddetti Obiettivi del Millennio resta un miraggio[2]. Due recenti articoli del Lancet sembrano suggerire qualche speranza:

  • le morti materne non sarebbero oltre 500.000 all’anno, come stimato per almeno due decenni dalle agenzie internazionali, ma circa 343.000, con riduzioni sostanziose anche in qualche paese dell’Africa Subsahariana[3];
  • anche i decessi nei minori di 5 anni potrebbero essere diminuiti da 11,9 milioni nel 1990 a 7,7 nel 2010, anche in questo caso con miglioramenti nei paesi più poveri[4].

Sarà vero? Illustri ricercatori stanno già discutendo sull’affidabilità di questi nuovi dati. A parere di chi scrive vale la pena notare, anche, che il finanziamento per queste nuove stime di mortalità arriva dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, che ha tutto l’interesse a dimostrare che i miliardi di dollari che inietta annualmente nel cosiddetto aiuto filantropico stanno dando dei risultati.

L’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG) continua a essere critico sugli aiuti allo sviluppo, tema al quale sono dedicati alcuni capitoli anche in questo quarto rapporto. Non siamo convinti che l’aiuto allo sviluppo, da solo e così com’è ora strutturato e realizzato, possa contribuire a ridurre lo scarto, in termini di reddito e condizioni di vita, tra primo e terzo mondo. Non lo può fare né per la quantità di aiuto corrisposto, nettamente inferiore ai bisogni, né per la qualità dell’aiuto stesso, troppo spesso legata agli interessi dei paesi donatori rispetto alle priorità e alle politiche dei riceventi. Ma non lo può fare, soprattutto, perché non tocca i meccanismi di scambio ineguale che stanno alla base delle disuguaglianze di reddito nei paesi e tra paesi[5]. E crediamo che l’aiuto allo sviluppo per la salute non costituisca un’eccezione positiva. Anche in questo campo perché le risorse dedicate alla salute sono inadeguate rispetto ai bisogni, ma soprattutto perché solo in piccola proporzione sono dedicate alla priorità di quasi tutti i paesi a basso reddito: il rafforzamento dei sistemi sanitari. Per non parlare dell’estrema frammentazione degli aiuti e del dominio delle cosiddette alleanze tra pubblico e privato, la cui efficacia in termini di risultati è tutta da dimostrare.

Che fare, allora? Lavorare, ovviamente, per far aumentare gli aiuti e, soprattutto, per renderli più efficaci[6]. Come? Facendo pressione su chi ci governa e può prendere decisioni in questo senso, ma anche dialogando con la società civile, dalla quale nascono molte iniziative grandi e piccole per la pace, la giustizia e la solidarietà. E a questo proposito, ci sembra giusto investire di più in informazione, formazione e azione per la salute globale, nella speranza di allargare la base di cittadini coscienti e informati. Per questo abbiamo dedicato questo quarto rapporto all’InFormAzione. Quella che fanno i media. Quella che si fa nelle scuole e nelle università, per operatori sanitari e non. Quella che si fa nella società civile.
Un grosso impulso a dialogare su questi temi ci è venuto da un progetto coordinato da Medici con l’Africa CUAMM[7], cui l’OISG ha partecipato[8]. Il progetto ha permesso di raddoppiare il numero di facoltà di medicina e scienze della salute nelle università italiane che offrono corsi di salute globale. Ha anche permesso ai responsabili di questi corsi di incontrarsi, discutere strategie comuni, condividere materiali didattici, formarsi assieme. Ha infine contribuito a creare una Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) il cui obiettivo è promuovere attività volte a diffondere in diversi contesti un nuovo paradigma di salute, strettamente connesso a un’etica di responsabilità sociale, per generare reali cambiamenti nella comunità. Tale obiettivo si concretizzerà nella progettazione e realizzazione di attività a diversi livelli, dalla formazione (universitaria e non), alla ricerca e al diretto coinvolgimento dell’intera società. L’OISG fa parte della RIISG e ha intenzione di restarvi, come dimostra l’attenzione che questo rapporto dedica al tema.

Adriano Cattaneo, Presidente OISG

Bibliografia

  1. Meadows DH, Meadows DL, Randers J, Behrens III WW. I limiti dello sviluppo. Milano: Mondadori, 1972.
  2. Per ulteriori informazioni: Obiettivi di Sviluppo del Millennio
  3. Hogan MC, Foreman KJ, Naghavi M, et al. Maternal mortality for 181 countries, 1980-2008: a systematic analysis of progress towards Millennium Development Goal 5. Lancet 2010; 375:1609-23.
  4. Knoll Rajaratnam J, Marcus JR, Flaxman AD, et al. Neonatal, postneonatal, childhood, and under-5 mortality for 187 countries, 1970-2010: a systematic analysis of progress towards Millennium Development Goal 4. Lancet 2010; 375:1988-2008.
  5. Emmanuel A. Lo scambio ineguale. Gli antagonismi nei rapporti economici internazionali. Einaudi: Torino, 1972.
  6. Si legga a questo proposito la Dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti [PDF: 317 Mb]
  7. Medici con l’Africa – CUAMM
  8. Equal Opportunities for Health: Action For Development, Medici con l’Africa CUAMM, ottobre 2007

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