Bill Gates inaugura “il decennio dei vaccini”

Chiara Bodini, Ilaria Camplone
La seconda giornata dell’Assemblea Mondiale della Sanità ha visto in primo piano l’atteso discorso di Bill Gates, co-fondatore della Bill e Melinda Gates Foundation.

La grande sala del Palazzo delle Nazioni, dove si svolgono le riunioni plenarie dell’Assemblea, si è riempita ben prima del previsto inizio della sessione. Annunciato con tutti gli onori, Bill Gates ha parlato per circa un’ora, raccontando le origini del suo impegno umanitario.

Dopo essersi dedicato all’informatica, da adolescente, per “cambiare il mondo”, si è reso conto che i privilegi e i benefici di cui poteva godere come cittadino statunitense non erano appannaggio di gran parte del popolazione. Inoltre, alcune aree del pianeta – in particolare l’Africa Subsahariana – non progredivano sulla strada dello sviluppo. Ha perciò deciso, con la moglie Melinda, di dedicare le ricchezze accumulate e il proprio tempo per combattere tale ingiustizia.

Il discorso è proseguito attraverso la narrazione dei successi ottenuti in particolare negli ultimi cinque anni. Successi che giustificano – a suo dire – un ancora maggiore ottimismo per il futuro. Nella visione sua e della Fondazione che presiede, si inaugura ora “il decennio dei vaccini”.

I successi finora ottenuti nel campo della meningite epidemica e della polmonite, grazie a nuove tecnologie vaccinali “eleganti, facili da somministrare ed estremamente potenti”, consentiranno a breve o medio termine di raggiungere successi senza precedenti nella storia. I parallelismi tra il successo imprenditoriale in ambito informatico, a capo della Microsoft, e la nuova entusiasmante esperienza in campo umanitario non sono mancati. Unico ambito di incertezza, in particolare per il dichiarato obiettivo di eradicazione, è quello della lotta alla poliomielite. Qui Bill Gates si è lasciato andare ad esortazioni pressanti nei confronti dei delegati dei Paesi membri, chiedendo che i programmi di immunizzazione – e in particolare la somministrazione dei nuovi vaccini resi disponibili grazie alla Fondazione da lui diretta – diventino una priorità nell’agenda (e nei bilanci) del Ministeri della Salute.

Nel complesso, il discorso non è stato particolarmente incisivo né carismatico.

Due aspetti sono però da sottolineare:

  • Il primo riguarda le notevoli simmetrie con il discorso inaugurale di Margaret Chan, tali da indurre a pensare che ci sia stata una qualche concertazione preliminare volta a far emergere le sinergie esistenti tra l’agenda dell’OMS e quella della Fondazione Bill e Melinda Gates.
  • Il secondo riguarda invece il grado di entusiasmo che ha accolto e accompagnato Bill Gates durante tutto l’intervento. Nessun altro, prima di questo, era stato interrotto svariate volte da applausi “a scena aperta”, che hanno sottolineato un alto livello di condivisione e di apprezzamento da parte della platea.

Non essendo prevista discussione, non è dato sapere se e quanti tra i delegati avessero in realtà sentimenti di perplessità o preoccupazione. Di certo, quello che è emerso è che l’intera Assemblea aspettava questo momento e – in qualche modo – intorno a questo momento era stata costruita. Più di una voce, nei corridoi e nei recessi più appartati del Palazzo, parla da giorni di ciò, facendo esplicito riferimento a una precisa strategia di Margaret Chan volta a trovare consensi e garanzie per una rielezione nel ruolo di Direttore Generale.

Tra le fila della società civile, le reazioni variavano dall’incondizionata approvazione all’aperta critica. Di certo, nessuno può obiettare che esista una grande e problematica contraddizione tra l’azione filantropica che Bill Gates dichiara di perseguire e la sua strenua difesa dei diritti di proprietà intellettuale, responsabili – attraverso gli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – di gravi limitazioni nell’accessibilità a farmaci essenziali per centinaia di milioni di persone (e di ingenti profitti per i produttori che ne detengono il brevetto). Forse ancora più preoccupante è il fatto che l’OMS, organismo dedicato per mandato alla promozione e alla tutela della salute nell’interesse comune e collettivo dei cittadini del mondo, abdichi di fatto alla sua sovranità per seguire – in aperta crisi di risorse e identità – un’agenda dettata da una fondazione privata guidata da una tra le persone più ricche e influenti del pianeta. Se vi siano ancora spazi di rappresentatività democratica, e dove, è una domanda che forse a questo punto è necessario porsi. Da parte loro, i governi – con qualche significativa eccezione – tendono a vedere con favore l’intervento di attori privati che li sollevino dalle responsabilità finanziare di sostenere un impegno che si fa sempre più complesso e gravoso, anche alla luce dell’attuale crisi economica globale.

Chiara Bodini, Ilaria Camplone. Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Università di Bologna.

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