Si chiude la 64a Assemblea dell’OMS, domani il Consiglio Esecutivo per dare il via alla riforma

Chiara Bodini, Ilaria Camplone
L’ultima giornata della 64a Assemblea dell’OMS è iniziata nell’attesa di capire se e come si sarebbe conclusa l’accesa discussione del giorno prima sulla distruzione degli ultimi depositi di virus del vaiolo, conservati nei due laboratori di riferimento in Russia e negli Stati Uniti.

Da indiscrezioni circolate la sera prima si sapeva già che il gruppo di lavoro istituito ad hoc (vedi il post del 23 maggio 2011), presieduto dall’India, non era riuscito a trovare un accordo che potesse mediare le posizioni contrapposte di Stati Uniti da un lato – contrari a stabilire una data per la distruzione del virus – e Iran dall’altro. Il rapporto del gruppo di lavoro, presentato in Assemblea, ha raccontato di un intero pomeriggio e di una serata in cui ben 50 Paesi hanno discusso a porte chiuse nel tentativo di raggiungere un consenso.
Di fronte al nulla di fatto, l’Assemblea si è aperta a suggerimenti su come uscire dall’empasse, visto che – soprattutto su una questione tanto delicata – nessuno era incline ad andare a una votazione, dall’esito incerto. La Svizzera si è fatta avanti per prima, proponendo di posporre la decisione all’Assemblea del 2014 per consentire al Segretariato di costruire un consenso su una posizione comune. Tuttavia, tre anni sono sembrati un tempo eccessivo ai Paesi che da tempo chiedono il rispetto delle risoluzioni già prese dall’OMS e la definizione di una data per la distruzione definitiva del virus. Varie altre proposte si sono succedute, ma dopo un’ora di discussione si era ancora al punto di partenza, per l’ostinazione delle parti in causa e soprattutto degli Stati Uniti, che non hanno accettato il compromesso proposto dalla Thailandia di ridurre la proroga a due anni. E’ intervenuta dunque Margaret Chan, chiedendo la sospensione della seduta e rendendosi disponibile per mediare la negoziazione. Ciò che è avvenuto in seguito è difficile da descrivere. Ci è voluta più di un’ora e mezza, e la Direttrice Generale ha fatto la spola tra i banchi dei vari Paesi – soprattutto Iran e Stati Uniti – innumerevoli volte. Piccola e colorata in un tailleur rosa acceso, la Chan era ben visibile nella schiera di doppiopetti grigi. Sorridente, arzilla e scherzosa, ma al tempo stesso molto risoluta e scaltra, passo dopo passo è riuscita a ricucire una situazione che rischiava di paralizzare l’Assembla proprio nel rush finale. Se e quali siano stati i “pesi” messi in gioco per spostare gli equilibri non è dato saperlo. Alla fine la seduta è ripresa con l’annuncio della stessa Chan dell’accordo raggiunto, ovvero quello di rimandare ogni decisione alla 67a Assemblea. Nel frattempo, continueranno le valutazioni già intraprese delle ricerche in atto.
Dopo ciò, nessuno ha più osato intervenire e si respirava in aula un certo sollievo e anche un’allegria da “ultima ora”, quando sta per suonare la campanella e ci si prepara ad andare a casa. Tra le fila della società civile invece lo sconcerto era palpabile. Da un lato perché una decisione importante per la sicurezza mondiale e attesa dal 1986 è stata ancora una volta rimandata, senza peraltro mettere in atto nessun procedimento che consenta di non ritrovarsi, tra tre anni, nella stessa situazione. Dall’altro perché i toni, sia del dibattito che della negoziazione, sono stati chiaramente lontani da qualunque ragione scientifica o di salute pubblica.

Chiusa la spinosa questione, l’Assemblea è continuata senza intoppi nell’approvazione delle risoluzioni finali. Merita una menzione il discorso conclusivo di Margaret Chan, fatto a un’aula ormai semivuota visto che molte delle delegazioni erano già partite. Tornando su diversi dei temi affrontati nel discorso di apertura (vedi post del 17 maggio 2011), la Direttrice Generale ha dipinto in toni trionfalistici l’Assemblea appena conclusasi. Ha esordito riprendendo le parole dei due ospiti che sono intervenuti il secondo giorno (vedi post del 18 maggio 2011). Innanzitutto il primo ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, che “ha ricordato che povertà, fame e malnutrizione hanno volti ma non hanno voce”. E’ nostro dovere, ha proseguito la Chan, dare voce soprattutto ai poveri e agli emarginati. In secondo luogo Bill Gates, che “ha detto che la salute pubblica è il lavoro più difficile ma anche il più gratificante al mondo, e che questa Assemblea fa realmente la differenza”. La Chan ha proseguito elogiando la generosità, l’impegno e la leadership del co-presidente della Fondazione Bill e Melinda Gates, sposando a pieno la sua visione di portare a tutti la salute in quella che sarà “la decade dei vaccini” (vedi post del 19 maggio 2011). I passaggi successivi del discorso sono stati dedicati alla riforma dell’OMS, rispetto alla quale la Chan si è detta soddisfatta per aver ottenuto un “consenso netto” da parte dei Paesi. E’ stata poi molto abile nell’assemblare un “taglia e cuci” degli interventi – anche critici – fatti dai delegati durante la discussione della riforma, con citazioni letterali che – fuori contesto – ha potuto (e saputo) utilizzare per rafforzare la propria posizione, facendola al tempo stesso apparire come frutto di un processo partecipativo. Il discorso è poi proseguito sottolineando le risoluzioni più importanti adottate dall’Assemblea, a partire da quella sul sistema di allerta e risposta per l’influenza pandemica (definita “un trionfo della diplomazia sanitaria” e “un tributo all’equità, alla giustizia, alla solidarietà”), con una particolare menzione di riguardo e gratitudine per la collaborazione raggiunta con le case farmaceutiche. Anche le risoluzioni sul rafforzamento dei sistemi sanitari, sulle malattie non trasmissibili, sugli Obiettivi del Millennio hanno meritato una menzione. Ma è la risoluzione denominata “visione e strategia per un’immunizzazione globale” quella a cui Margaret Chan ha dedicato più spazio, riprendendo e citando nuovamente Bill Gates relativamente ai successi ottenuti con i nuovi vaccini contro la meningite epidemica e la polmonite. La Chan ha affermato che “un vaccino troppo costoso per i Paesi in via di sviluppo è peggio che non avere alcun vaccino”, e dichiarato che OMS, Unicef, GAVI e – immancabile – la Fondazione Bill e Melinda Gates stanno lavorando molto su questo punto. Grazie a questa strategia vaccinale, “le giovani vite salvate da morte e disabilità si conteranno a milioni”. Prima della conclusione, un passaggio è stato dedicato alle strategie comunicative dell’OMS, storico punto debole dell’organizzazione. Con aperto orgoglio, Margaret Chan ha raccontato che oltre tre milioni di persone sono state aggiornate sui lavori dell’Assemblea tramite Twitter. Infine, Bill Gates ha meritato una quarta menzione proprio in chiusura, quando la Chan ha nuovamente citato il suo intervento dicendosi d’accordo sul fatto che “il nostro lavoro nella salute pubblica è uno dei più difficili e dei più gratificanti al mondo, e stiamo avendo un impatto notevolissimo sulla salute delle persone”.
Dopo Ramazzini, Engels e Virchow, sembra dunque che sia Bill Gates il padre della salute pubblica nel ventunesimo secolo. Per onestà intellettuale, dovremmo chiamarla “salute”, e basta. Al pubblico, tanto, ci pensa Twitter…

Chiara Bodini, Ilaria Camplone. Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Università di Bologna.

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