Assistere le persone con condizioni croniche

Gavino Maciocco

Modelli assistenziali innovativi in un documento canadese. L’approccio focalizzato sulla persona (person-focused care).


Il documento del Canadian Academy of Health Sciences,Transforming care for Canadians with chronic health conditions” (vedi risorse), rappresenta un contributo importante e originale nella letteratura scientifica interessata alla gestione delle malattie croniche. Per tre motivi.

  1. Per un motivo (apparentemente) lessicale. Nel titolo infatti il focus non sono, come abitualmente avviene, le malattie ma le persone (“Canadians”) e lo stesso termine “malattia” (“disease”) è sostituito da un più generico “chronic health conditions”. In realtà non è questione di lessico: il documento infatti sposa l’approccio focalizzato sulla persona (person-focused), rispetto all’approccio dominante focalizzato sulla malattia (disease-focused).
  2. Altro elemento di grande “richiamo” è la composizione del panel di esperti incaricati di fornire al governo canadese le raccomandazioni sul tema: oltre a un nutrito e qualificato gruppo di esponenti canadesi, figurano nel panel i più importanti innovatori nel campo delle cure primarie: da Ed Wagner (MacColl Institute for Healthcare Innovation) a Raymond J. Baxter (Kaiser Permanente), con un contributo speciale di Barbara Starfield .
  3. Il documento mette a disposizione dei lettori una bibliografia completa e veramente esauriente, presentata in modo organico e ragionato. Per chi è interessato a approfondire il tema una vera miniera, da non perdere.

Il documento tratta una molteplicità di questioni dalla definizione di “Chronic Health Conditions” all’impatto di queste sull’economia e sulla sostenibilità di un sistema sanitario pubblico (come quello canadese), dal concetto di “Person-Focused Care” alla necessità che questo concetto si incardini nelle politiche dei sistemi sanitari (non solo quello canadese).

Tratteremo qui solo un aspetto, peraltro uno dei più approfonditi: quello dei modelli assistenziali innovativi.

Il punto di partenza è il seguente: sta emergendo un generale consenso internazionale sul fatto che per migliorare l’assistenza alle persone con condizioni croniche è necessario un approccio più ampio (a more comprehensive approach). “E’ necessario sollevare l’orizzonte del sistema sanitario dalla malattia alla persona e alla popolazione”.

 

I modelli assistenziali innovativi

Il Chronic Care Model (Figura 1), capostipite dei modelli innovativi, elaborato da Ed. Wagner, si basa su sei fondamentali elementi[1,2].

Figura 1. Chronic Care Model

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I sei elementi del Chronic Care Model:

  1. Le risorse della comunità. Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie devono stabilire solidi collegamenti con le risorse della comunità: gruppi di volontariato, gruppi di auto aiuto, centri per anziani autogestiti.
  2. Le organizzazioni sanitarie. Una nuova gestione delle malattie croniche dovrebbe entrare a far parte delle priorità degli erogatori e dei finanziatori dell’assistenza sanitaria. Se ciò non avviene difficilmente saranno introdotte innovazioni nei processi assistenziali e ancora più difficilmente sarà premiata la qualità dell’assistenza.
  3. Il supporto all’auto-cura. Nelle malattie croniche il paziente diventa il protagonista attivo dei processi assistenziali. Il paziente vive con la sua malattia per molti anni; la gestione di queste malattie può essere insegnata alla maggior parte dei pazienti e un rilevante segmento di questa gestione – la dieta, l’esercizio fisico, il monitoraggio (della pressione, del glucosio, del peso corporeo, etc.), l’uso dei farmaci – può essere trasferito sotto il loro diretto controllo. Il supporto all’auto-cura significa aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi.
  4. L’organizzazione del team. La struttura del team assistenziale (medici di famiglia, infermieri, educatori) deve essere profondamente modificata, introducendo una chiara divisione del lavoro e separando l’assistenza ai pazienti acuti dalla gestione programmata ai pazienti cronici. I medici trattano i pazienti acuti, intervengono nei casi cronici difficili e complicati, e formano il personale del team. Il personale non medico è formato per supportare l’auto-cura dei pazienti, per svolgere alcune specifiche funzioni (test di laboratorio per i pazienti diabetici, esame del piede, etc.) e assicurare la programmazione e lo svolgimento del follow-up dei pazienti. Le visite programmate sono uno degli aspetti più significativi del nuovo disegno organizzativo del team.
  5. Il supporto alle decisioni. L’adozione di linee-guida basate sull’evidenza forniscono al team gli standard per fornire un’assistenza ottimale ai pazienti cronici. Le linee-guida sono rinforzate da un’attività di sessioni di aggiornamento per tutti i componenti del team.
  6. I sistemi informativi. I sistemi informativi computerizzati svolgono tre importanti funzioni: 1) come sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee-guida; 2) come feedback per i medici , mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie croniche, come i livelli di emoglobina A1c e di lipidi; 3) come registri di patologia per pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un’assistenza “population-based”. I registri di patologia – una delle caratteristiche centrali del chronic care model – sono liste di tutti i pazienti con una determinata condizione cronica in carico a un team di cure primarie.

Le sei componenti del chronic care model sono interdipendenti, costruite l’una sull’altra. Le risorse della comunità – per esempio le attività di una palestra – aiutano i pazienti ad acquisire abilità nell’auto-gestione. La divisione del lavoro all’interno del team favorisce lo sviluppo delle capacità di addestramento dei pazienti all’auto-cura da parte degli infermieri. L’adozione di linee-guida non sarebbe attuabile senza un potente sistema informativo che funziona da allerta e da feedback dei dati.

Come obiettivo finale il chronic care model vede un paziente informato che interagisce con un team preparato e proattivo, con lo scopo di ottenere cure primarie di alta qualità, un utenza soddisfatta e miglioramenti nello stato di salute della popolazione.

Il chronic care model è stato adottato dall’OMS e largamente introdotto nelle strategie d’intervento dei sistemi sanitari di diversi paesi, dal Canada all’Olanda, dalla Germania al Regno Unito.

 

Il Regno Unito, adottando integralmente il modello, ne ha modificato l’impianto grafico[3] (Figura 2)

Figura 2. National Health Service Social Care and Chronic Disease Management Model

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Expanded chronic care model

Un gruppo di ricercatori canadesi ha proposto una versione allargata (“expanded”) del chronic care model, dove gli aspetti clinici sono integrati da quelli di sanità pubblica, quali la prevenzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti della salute; gli outcome non riguardano solo i pazienti ma le comunità e l’intera popolazione[4] (Figura 3).

 

Figura 3. Expanded chronic care model

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Kaiser Permanente’s risk stratification model

Kaiser Permanente ha integrato il modello di Ed Wagner con una particolare attenzione alla stratificazione del rischio e una differenziazione delle strategie d’intervento in relazione ai differenti livelli di rischio (Figura 4) – (Vedi PPT in Risorse).

Figura 4. Kaiser Permanente’s risk stratification model

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Patient Centered Medical Home

Il modello si basa sul fatto che la persona ha un medico di riferimento che si fa carico dei suoi problemi di salute, garantendo il coordinamento, la continuità e la globalità degli interventi; la persona ha accesso a un team assistenziale interprofessionale che dispone di avanzati strumenti informativi; il miglioramento della qualità del servizio e la sicurezza del paziente sono gli obiettivi-chiave del team[5] (Figura 5).

Figura 5. Patient Centered Medical Home

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Questi modelli assistenziali hanno in comune molti elementi che qui elenchiamo:

  1. Il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva”.
  2. Un’assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenziale.
  3. Il riconoscimento che le cure primarie devono essere il punto centrale (Hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema.
  4. L’erogazione di un’assistenza focalizzata sui bisogni individuali della persona, nel suo specifico contesto sociale.
  5. La presenza di sistemi informativi evoluti.
  6. Poter far leva sulla partecipazione comunitaria.
  7. Investire sull’auto-gestione dei pazienti e dei caregivers.
  8. Disporre di linee guida in grado di tener conto della co-morbilità.
  9. Basarsi su team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo.

Gavino Maciocco, Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze

Risorse

  1. Nasmith L, Ballem P, Baxter R, et al. Transforming care for Canadians with chronic health conditions: Put people first, expect the best, manage for results [PDF: 4,7 Mb]. Ottawa, ON, Canada: Canadian Academy of Health Sciences, 2010.
  2. Nasmith L, Ballem P, Baxter R, et al. Transforming care for Canadians with chronic health conditions: Put people first, expect the best, manage for results – Appendices [PDF: 1,9 Mb]. Ottawa, ON, Canada: Canadian Academy of Health Sciences, 2010.
  3. Introduction to Kaiser Permanente. [PPT: 1,8 mb] Robert M. Crane, Director,  Kaiser Permanente  Institute for Health Policy

Bibliografia

  1. Wagner EH. Chronic disease management: What will it take to improve care for chronic illness? Effective Clinical Practice 1998; 1, 2–4.
  2. Bodenheimer T, Wagner EH, Grumbach K. Improving primary care for patients with chronic illness. Journal of the American Medical Association 2002; 288, 1775–1779.
  3. From An NHS and Social Care Model for Improving Care for People with Long Term Conditions (The NHS and Social Care Long Term Conditions Model section, 1) by the Department of Health, 2010.
  4. Barr VJ, Robinson S, Marin-Link B, Underhill L, Dotts A, Ravensdale D, Salivaras S. The expanded chronic care model: An integration of concepts and strategies from Population Health Promotion and the Chronic Care Model. Healthcare Quarterly 2003; 7(1), 73–82.
  5. American College of Physicians. The Advanced Medical Home: A Patient-Centered, Physician-Guided Model of Health Care. [PDF: 260 Kb] January 22, 2006

3 commenti

  1. Grazie Gavino. Personalmente per me, nel 2002, leggere il libro “Innovative care for chronic coniditions” pubblicato dall’OMS, era una rivelazione, che ha avuto un forte impatto sul mio lavoro legato alla disabilità. Negli anni successivi, quelle idee iniziali hanno assunto diverse forme e strategie pratiche.

  2. Grazie a Gavino e a tutti coloro che hanno collaborato e collaborano alla gestione dei pazienti con problemi cronici.
    Un clinico non può che apprezzare l’integrazione e la collaborazione lavorando all’interno di sistemi così umanizzati.
    Giogio Pellis

  3. Considero illuminante l’articolo di Gavino Maciocco. Le dimensioni chiave del Chronic Care Model si dovrebbero applicare al mondo dell’emofilia e delle malattie rare, per il quale svolgo da molti anni attività di volontariato. Coltivo il sogno di tessere rapporti con decisori e amministratori del sistema sanitario sensibili a questa visione.

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