Unione Europea e il diritto alla salute dei migranti. Tra contraddizioni e titubanze

Francesca Severino

Una riflessione sull’attuale incapacità dell’Unione Europea di promuovere e sostenere, all’interno dei paesi membri, politiche egualitarie ed omogenee di tutela della salute dei migranti.


La Commissione Europea (CE) ha recentemente predisposto una comunicazione strategica contenente una serie di proposte per far fronte alla situazione attuale e per rafforzare la politica dell’Unione Europea (UE) in materia di migrazione[1].

La Commissaria responsabile degli Affari Interni, Cecilia Malmström, ha dichiarato che l’UE, anche alla luce degli ultimi avvenimenti in corso in Africa settentrionale, ha bisogno di una politica comune forte in materia di asilo e migrazione. In questa direzione, la comunicazione adottata dalla CE definisce una strategia a breve, e una a medio e lungo termine per circoscrivere ed affrontare le questioni legate alla migrazione.

La strategia a breve termine comprende alcune proposte che verranno presentate dalla CE prima dell’estate. Tra queste:

  1. una nuova governance per Schengen (verrà deciso a livello comunitario quali Stati Membri possono, in casi straordinari, reintrodurre i controlli alle frontiere e per quanto tempo)
  2. Un sistema europeo di asilo improntato alla solidarietà tra Stati Membri (la Commissione presenterà alcune proposte con l’obiettivo di arrivare entro il 2012 all’adozione del Sistema Europeo di Asilo con regole e procedure omogenee).
  3. Un migliore controllo alle frontiere (rafforzamento di ‘Frontex’ e linee guida comuni per le polizie di frontiera).
  4. Una rinnovata politica dei visti (proposta di reintrodurre l’obbligo del visto in caso di problemi di sicurezza).

La strategia nel medio e lungo termine intende invece svilupparsi sulla base di queste linee direttive:

  1. una condizionalità nell’erogazione di aiuti allo sviluppo ai paesi del nord-Africa (l’aiuto allo sviluppo verrà erogato in cambio di un impegno serio da parte di questi ultimi nel contrasto all’immigrazione illegale, il controllo alle frontiere, il rimpatrio degli immigrati irregolari).
  2. Un aumento delle risorse finanziarie per le azioni in materia di immigrazione.
  3. Una prevenzione dell’immigrazione illegale (nel 2012 sarà presentata una strategia per una migliore attuazione della politica europea dei rimpatri degli immigrati irregolari nel loro Paese di origine).
  4. Una promozione dell’immigrazione regolare, in quanto l’UE necessita di manodopera qualificata.

Ad una prima analisi, la comunicazione strategica predisposta dalla CE sembra indicare che una migliore gestione della politica migratoria a livello europeo passi prima di tutto da un rafforzamento della sicurezza dei confini della “zona Europa”.

Poco spazio è stato invece dato alle misure che l’UE intende incrementare per garantire ai nuovi cittadini europei, quei migranti di cui l’Europa ha bisogno per il proprio sviluppo, una parità di trattamento rispetto agli autoctoni.

La Commissaria Malmström ha affermato che è “altrettanto evidente che un’immigrazione mirata di forza lavoro sarebbe vantaggiosa per l’UE, contribuendo a colmare le carenze di manodopera previste in vari settori e a riequilibrare il declino demografico della popolazione attiva europea che dovrebbe registrarsi nei prossimi anni. Nel contempo tuttavia è necessario gestire la migrazione in modo corretto, il che significa garantire controlli efficaci alle frontiere e il rimpatrio dei migranti in posizione irregolare”.

Il migrante (regolare) al quale si fa riferimento nella comunicazione è evidentemente un fattore di produzione per l’UE, più che un soggetto di diritti umani universali all’interno dell’UE. E se è vero che nella comunicazione strategica si parla anche di integrazione dei migranti e si menziona un’Agenda Europea per l’Integrazione degli immigrati regolari (la cui strategia dovrebbe essere resa nota a breve dalla Commissione), non sembra che alla questione dei diritti dei migranti sia stata trovata una collocazione particolare all’interno del dibattito.

Fa eccezione l’impegno mostrato dalla Commissione Europea nel potenziare il Sistema Europeo di Asilo, reso evidente dalle proposte e iniziative presentate nel documento. L’obiettivo della Commissione sarebbe quello di arrivare, entro il 2012, all’adozione di un Sistema Europeo di Asilo con regole e procedure omogenee per tutti gli Stati Membri. Questo equivale a dire che, per problematiche relative alla regolamentazione delle richieste di asilo, si attiverebbe una più generale competenza comunitaria. È l’Unione Europea che, in questo caso, s’impegna a garantire che una serie di diritti vengano applicati su tutto il suo territorio e che vi sia totale adesione sia alla Convenzione di Ginevra del 1951 che ad altri obblighi internazionali.

Per quanto riguarda più specificamente la tutela del diritto alla salute del migrante, sebbene da più parti – sia a livello europeo[2,3] che internazionale[4,5,6,7] – ne sia stata sottolineata negli ultimi anni l’estrema rilevanza, non si è finora riscontrato nessuno sforzo credibile in direzione della creazione di regole e procedure analoghe per tutti gli Stati Membri. La creazione di un sistema europeo di salute, in grado di far valere una serie di diritti su tutto il territorio europeo, in maniera paritetica tra nuovi cittadini europei e autoctoni, non ha riscosso evidentemente lo stesso interesse del sistema di asilo.
Ciò malgrado lo stesso Parlamento Europeo, lo scorso 8 marzo 2011, abbia adottato, con 379 voti a favore, 228 contro e 49 astensioni, una Risoluzione sulla “riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’Unione Europea”[8] in cui si chiede agli Stati membri di affrontare le disuguaglianze nell’accesso alle cure sanitarie anche per gli immigrati irregolari. Pur non essendo tale pronunciamento giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell’UE, si è trattato di un chiaro messaggio improntato alla opportunità di tutelare i diritti e la salute dei migranti irregolari, soprattutto delle donne in gravidanza e dei bambini. In questa Risoluzione, il Parlamento Europeo sottolinea che “le disuguaglianze sanitarie sono il risultato non soltanto di una moltitudine di fattori economici, ambientali e connessi alle scelte di vita, ma anche di problemi relativi all’accesso ai servizi di assistenza sanitaria” (punto P) e che “in numerosi Stati dell’UE non è garantita, né nella pratica né nella normativa, la parità di accesso all’assistenza sanitaria per i migranti sprovvisti di documenti” (punto AD).
Il Parlamento europeo invita quindi gli Stati membri “ad assicurare che i gruppi più vulnerabili, compresi i migranti sprovvisti di documenti, abbiano diritto e possano di fatto beneficiare della parità di accesso al sistema sanitario”, per “valutare la fattibilità di soluzioni volte a sostenere l’assistenza sanitaria per i migranti irregolari, elaborando sulla base di principi comuni una definizione degli elementi di base dell’assistenza sanitaria quale definita nelle relative normative nazionali” (punto 5)  e “a garantire che tutte le donne in gravidanza e i bambini, indipendentemente dal loro status, abbiano diritto alla protezione sociale quale definita nella loro legislazione nazionale, e di fatto la ricevano” (punto 22).

La Risoluzione è, in gran parte, frutto di un’azione di advocacy esercitata da diverse Organizzazioni non governative (Médecins du Monde, la Rete di Huma, PICUM, la Lobby europea delle donne – LEF e l’Ufficio europeo di lotta alla povertà – EAPN…), azione cui ha aderito anche la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, che ha evidenziato come i migranti privi di documenti – soprattutto donne incinte e bambini – sono minacciati da barriere legislative e pratiche quando hanno necessità di accedere all’assistenza sanitaria.

Purtroppo, per la tutela della salute del migrante, l’UE non ha alcuna competenza coercitiva nei confronti dei singoli Stati Membri. In questo caso vale il cosiddetto principio di sussidiarietà, secondo cui la Comunità Europea interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dai singoli Stati Membri.

I dati relativi al binomio migranti/salute a livello europeo mostrano che la concettualizzazione del diritto alla salute risente molto dei particolarismi locali. Gli Stati Membri non sembrano essere in grado di realizzare l’obiettivo di garantire il diritto alla salute per tutti i nuovi cittadini, e soprattutto di farlo in maniera paritaria rispetto agli autoctoni. Il principio di sussidiarietà applicato al diritto alla salute determina che gli Stati Membri sviluppino pratiche locali estremamente diverse tra loro, che sicuramente non favoriscono una più auspicabile e ordinata gestione comunitaria del tema salute. Servirebbero quindi regole europee comuni e condivise, che possano garantire ai nuovi arrivati una parità di trattamento rispetto ai loro concittadini.

Una strategia globale in linea con i valori del progetto europeo avrebbe potuto offrire più spazio alla discussione su come sviluppare le politiche interne per una migliore accoglienza dei migranti. Un approccio equilibrato in materia di migrazione dovrebbe mirare a conciliare tutti gli interessi in gioco e tutte le relative sfide.

Francesca Severino. Laboratorio per la Salute Materno-Infantile – Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano

Bibliografia

  1. European Commission. Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the Economic and Social Committee and the Committee of the Regions. Communication on Migration. Brussels, 2011 [COM (2011) 248 final of 4 May 2011] [PDF: 726 Kb]
  2. European Council. Final draft of the Lisbon Conference “Good practices on health and migration in the EU”. Lisbon: 2007 [PDF: 14,5 Mb]
  3. Ingleby D. (IOM). European Research on Migration and Health. 2006
  4. Global Migration Group. International Migration and Human Rights. Challenges and opportunities on the Threshold of the 60th Anniversary of the Universal Declaration of Human Rights. 2008  [PDF: 1,6 Mb]
  5. International Organization for Migration (IOM). Migration Health. Better Health for All in Europe. Final Report. Brussels, 2009 [PDF: 1,7 Mb]
  6. WHO. International Migration Health & Human Rights. Geneva, 2003 [1 Mb]
  7. World Health Assembly. Resolution n. WHA61.17 of 24 may 2008. 61st World Health Assembly. Health of migrants. 2008 [vedi post La “Salute dei Migranti” secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Salute Internazionale, 13.07.2009]
  8. Parlamento Europeo. Risoluzione sulla riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE (2010/2089(INI)). Documento di Seduta A7-0032/2011 dell’8.2.2011. Approvazione finale dell’8 marzo 2011 [PDF: 284 Kb]

Un commento

  1. sarebbe interessante verificare l’ipotesi che nelle realtà in cui il godimento di servizi di qualità (e non il semplice accesso ai sevizi, quand’anche normato) per i migranti, sopratutto gli “irregolari” (sono chiamati tali, ovvero clandestini, perchè non dispongono di cannoniere) è scadente, in quelle stesse reatà esistono più significativi differenziali di indicatori di salute per stratificazione sociale nella popolazione “autoctona
    è mia opinione che la qualità della salute tra i migranti, anche irregolari, è cartina di tornasole della qualità della salute nella comunità generale.
    michele grandolfo

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