La manovra sulla sanità: una dieta improvvisata e inefficace
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- 20 Luglio 2011
La scelta del governo di tagliare (in alcuni casi addirittura azzerare) le risorse alle politiche per la non autosufficienza, ai servizi per l’infanzia, agli immigrati, alle politiche sociali è ancora più grave dei tagli imposti alla sanità.
Nei momenti di difficoltà le cure dimagranti sono inevitabili. E quando le difficoltà, a lungo negate, emergono in tutta la loro gravità, diventano indifferibili. Ma non sempre le diete sono efficaci, a maggior ragione quando sono improvvisate. Le donne, le madri di famiglia, sanno quanto sia faticoso preparare pasti (soprattutto in tempi di crisi) in modo da alimentare adeguatamente bimbi in crescita, adolescenti sportivi, ragazze attente alla linea, mariti in sovrappeso e nonni diabetici. Nessuna madre di famiglia avrebbe imposto alla sanità pubblica la dieta prevista dalla manovra. Almeno per quattro buone ragioni.
Perché applica al servizio sanitario un regime alimentare adatto a chi soffre di obesità, anche se la sanità italiana è fra le meno spendaccione e inefficienti dei paesi sviluppati; l’ultima conferma viene da un recente lavoro dell’Oecd[1], dal quale risulta che l’Italia è il paese che può vantare al contempo una elevata speranza di vita, una contenuta dinamica della spesa sanitaria e bassi livelli di inefficienza (in termini comparativi, rispetto alla media degli altri paesi dell’Oecd). La sanità italiana non ha quindi bisogno di cure dimagranti, anche se la grave crisi economica impone una attenta verifica degli ulteriori margini di miglioramento (pur sempre possibili).
In secondo luogo, perché la manovra impone la stessa dieta a tutte le regioni, rischiando di provocare gravi squilibri in chi sta lavorando bene, senza incidere in modo adeguato su chi deve affrontare i danni prodotti da decenni di mancata programmazione. Di fronte ai rilevanti divari tra regioni nella dotazione di personale, nella disponibilità di strutture, nella quantità e qualità dei servizi offerti, nel mix pubblico privato, anche una manovra predisposta in condizioni di emergenza dovrebbe prevedere maggiore flessibilità. Preoccupano ancora una volta le restrizioni al personale dipendente che rischiano di riprodurre, come in passato, un aumento del precariato e un ricorso indiscriminato alle esternalizzazioni di servizi, esponendo il sistema alla penetrazione della criminalità organizzata.
In terzo luogo perché nessuna madre imporrebbe sacrifici solo ai figli, salvaguardando i propri privilegi, come ha fatto il palazzo. Una madre sa che risultati duraturi possono essere raggiunti solo con il buon esempio, adottando comportamenti esemplari che possono rendere meno gravosa la disciplina imposta agli altri. Una madre sa che, se adeguatamente motivati e responsabilizzati, anche i familiari più egoisti sono disposti a dare il proprio contributo, pur brontolando. Valga per tutti l’ultimo esempio, riferito alle politiche sociali: il Governo prima taglia le risorse destinate alla famiglia (25 milioni per il 2011, contro gli oltre 300 nel 2008) e poi decide di tenerle tutte per sé, tenuto conto della loro esiguità![2]. E così i sacrifici sono solo delle Regioni e degli Enti locali.
Infine, perché la manovra rischia di produrre effetti indiretti devastanti: il robusto ragazzo sportivo mangerà fuori casa merendine ipercaloriche, vanificando gli sforzi in termini di risparmio e di corretta alimentazione. E’ questo il caso del ticket di 10 euro che produce effetti distorsivi a favore del settore privato, rendendo, per molte prestazioni, più costoso accedere al servizio pubblico che rivolgersi ai laboratori privati[3]. La manovra ipotizza infatti che da questo derivi un aumento delle entrate da ticket, senza rendersi conto che in realtà produce solo un drastico calo dell’attività pubblica e di conseguenza anche delle entrate. Non solo; verrà meno ogni obiettivo di appropriatezza nel consumo di prestazioni, posto che il privato non ha interesse a limitare l’attività alle sole prestazioni effettivamente utili, e aumenterà il ricorso a prestazioni (esempio il day hospital) più complesse e costose per le casse del Ssn. E i livelli di assistenza saranno di fatto ridotti, a dispetto di ogni tutela costituzionale.
Infine il benessere delle persone risentirà degli interventi previsti (con l’ultima manovra e con i precedenti provvedimenti) per il settore sociale. La scelta del governo di tagliare (in alcuni casi addirittura azzerare) le risorse alle politiche per la non autosufficienza, ai servizi per l’infanzia, agli immigrati, alle politiche sociali[4] è ancora più grave dei tagli imposti alla sanità. Si tratta di una precisa scelta politica, confermata dalla proposta di riforma dell’assistenza collegata alla manovra, che nega le diffuse difficoltà delle persone (assumendo che non si tratti di “autentici” bisogni) e comunque le consegna alla beneficenza e alla cura delle famiglie. Una proposta che suona offensiva nei confronti delle migliaia di bambini, adulti e anziani con gravi problemi di salute e di integrazione sociale, grossolanamente accomunati ai pochi casi (che pur esistono) di falsi invalidi. Ancora una volta una scelta che la nostra madre di famiglia non avrebbe mai fatto: perché in tempi di diete c’è bisogno di più attenzione alle persone in difficoltà, che altrimenti rischiano di restare schiacciate dalle drastiche rinunce. E una sanità tenuta a stecchetto ha bisogno di più (e non meno) sociale.
Nerina Dirindin, economista, Università di Torino
Bibliografia
- Oecd. Health care systems: getting more value for money [PDF: 880 Kb]. Economics Department Policy Notes n. 2, 2011.
- La proposta è stata presentata in questi giorni alla Conferenza delle Regioni.
- Si rinvia alla nota di Nerina Dirindin. Un ticket che porta alla sanità privata [PDF: 25 Kb]. Lavoce.info, 19.07.2011
- Si veda la sintesi di Antonio Misiani. Finanziaria 2011: fine delle politiche sociali? [PDF: 360 Kb]
Analisi ineccepibile e sconfortante. Dal modello “pubblico” al mix “pubblico/privato agevolato” al mix”pubblico/privato/malavita”. E’il segno dei tempi.
Dottoressa Nerina,ormai la Sanità sta crollando:I proggetti personalizzati sulla persona,non sono sulla persona ma sull’azienda o i comuni che si muovono nel loro interesse.
Il paziente chiede bianco,ma viene risposto nero.E’ solo la Legge Del Più Forte quella che viene applicata.
Grazie alla dott.ssa Dirindin del contributo molto interessante per molti motivi:
– perchè fornisce una lettura al femminile di un tema molto legato ai problemi che soprattutto le donne (e le professioni di servizio alla persona) affrontano;
– perchè richiama certe posizioni di una politica machista, ma sostanzialmente irresponsabile, ad una più realistica ed umana ponderazione;
– perchè indica con grande senso di responsabilità, la necessità di valorizzare il sistema sanitario italiano, che, al di là delle innegabili inefficienze e sacche di privilegio, senz’altro da combattere con forza quanto prima (dov’è il Governo su questo tema?), rappresenta un valore da migliorare invece che da disprezzare, come l’italiano medio fa di solito in maniera infantile, senza la fatica di fermarsi a riflettere sui dati oggettivi;
– perchè indica chiaramente che “privato non è necessariamente meglio” soprattutto quando si tratta di servizi per la salute, che notoriamente, molto facilmente inducono la domanda anche quando può essere irrazionale;
– perchè nell’insieme, il messaggio invita a valorizzazione l’assistenza alle persone, dopo l’ubriacatura di tecnologia e del tutto-possibile enfatizzata da una medicina con eccessiva autostima e da mass-media troppo attenti al supposto nuovo e strabiliante. L’assistere le persone nel loro bisogno e nella loro dignità, sta diventando invece la vera sfida alla nostra cosiddetta civiltà, se tale vuole continuare ad essere.
Grazie ancora a Dirindin.
Elio Drigo
Da madre di famiglia ( e operatrice nella Sanità Pubblica) mi chiedo: e adesso cosa facciamo? Come possiamo agire in modo costruttivo per mantenere quasti beni preziosi che sono la sanità pubblica, le risorse per le politiche sociali e la non autosufficienza? Non bastano più il rigore morale, la attenzione a un lavoro attento a ben utilizzare le risorse. Io mi sento disperata e disarmata.
Ciò che colpisce, ma purtroppo non stupisce, della manovra economica del governo è la mancanza di equità. E’ proprio nei momenti di difficoltà che ci si aspetta una maggiore solidarietà. Purtroppo il concetto di solidarietà non fa parte della cultura del nostro governo. Uno dei problemi che iniziano ad emergere in questo contesto è il ruolo vicariante dei servizi sanitari chiamati (impropriamente ma necessariamente) a risolvere problematiche sociali che ormai non trovano più risposte adeguate. Sbaglia chi cerca una soluzione nel cambiamento della politica del governo. Bisogna cambiare il governo.
AL di là dell’inevitabilità per la Regione Toscana di inserire il ticket di utilizzo dopo la manovra finanziaria mi sono posto alcune domande circa gli effetti di un ticket di utilizzo parametrato con il reddito (sistema scelto dalla Toscana).
Ora, gli effetti di un tale sistema mi sembrano muoversi in due direzioni, anche opposte, il cui risultato finale è tutto da decifrarsi.
Da una parte una larga area di esenzione dal ticket (reddito fiscale familiare o isee < 30000€) permette di eliminare il ticket di utilizzo e quindi di mitigare alcuni degli effetti disotrisivi indicati da Dirindin.
Dall'altra introdurre il ticket parametrando con il reddito ( per ricetta 5,10 o 15€ rispettivamente per le fasce sopra a 30000€, 70000€ e 100000€) potrebbe accellerare alcuni degli effetti distorsivi segnalati.
In particolare:
1) potrebbe risultare conveniente ricorrere alle prestazioni sul mercato privato, un mercato privato che potrebbe iniziare così a 'fidelizzare' la clientela a maggior reddito disponibile (quella con maggiore capacità di spesa) sia con il prezzo delle prestazioni che, innegabilmente, per alcuni aspetti qualitatitivi tipo i tempi di attesa. Tralascio l'alternativa del presentarsi con la ricetta 'bianca' pagando direttamente il costo della prestazione.
2)Questo tipo di comportamento potrebbe determinare saldi negativi sulla previsione di incasso spingendo a rimodulare le fasce o ad intervenire in altro modo.
Infine, da un punto di vista di politica generale, si introduce una profonda discontinuità nel sistema.
In particolare l'accesso ai livelli essenziali di assistenza sarebbe graduato per la prima volta dal reddito. In un sistema universale finanziato dalla fiscalità generale secondo una tassazione progressiva chi ha di più paga, in proporzione, già di più. Introducendo un ulteriore esborso per reddito si spezza questa logica (perchè devo pagare di più alla fonte e poi di più al punto di utilizzo?)
Non si accellera così la rottura di un patto di mutua solidarietà spingendo alcuni strati della popolazione verso la convinzione della necessità di modificare il sistema stesso? Non si richia di accellerare il percorso verso un sistema duale pubblico/privato?
Domande teoriche, mi rendo conto, ma se il percorso intrapreso è questo nessuno garantisce che un domani potrebbe essere parametrato il pagamento di ricoveri, pronto soccorso.. ecc.
Vorrei sapere cosa ne pensa l'autrice.
e aumenterà il ricorso a prestazioni (esempio il day hospital) più complesse e costose per le casse del Ssn. E i livelli di assistenza saranno di fatto ridotti, a dispetto di ogni tutela costituzionale.