La salute dei migranti in Toscana

Fabio Voller e Monica Da Fre

Infortuni sul lavoro, tubercolosi e aborti volontari: le aree critiche su cui intervenire con misure di prevenzione.

Negli ultimi 20 anni si è assistito in Toscana, come nel resto del paese, ad un radicale cambiamento passando da regione di emigrazione e regione di immigrazione. Gli stranieri residenti alla fine del 2009 erano 338.746 e costituivano il 9,1% della popolazione residente (7,0% in Italia), mentre alla fine del 2002 erano il 3,6%. Inoltre, all’inizio del 2009 gli stranieri regolari non residenti provenienti dai paesi a forte pressione migratoria (PFPM) sono stati stimati intorno alle 29.000 unità e gli stranieri irregolari circa 31.000 (Stima ISMU). Questi ultimi sono diminuiti rispetto al 2005 prevalentemente per effetto del nuovo status di cittadini comunitari di rumeni e bulgari. Nel territorio toscano sono presenti ben 173 nazionalità differenti. Albania, Romania, Cina e Marocco sono le quattro nazioni prevalenti che da sole costituiscono il 59,9% degli stranieri residenti tra i maschi ed il 53,8% tra le femmine.

Il background culturale, le differenti caratteristiche socio-demografiche (gli stranieri sono più giovani e meno scolarizzati rispetto agli italiani), ma anche i problemi che gli immigrati incontrano in Italia, quali l’integrazione, la ricerca di un lavoro, di una casa, oltre che il diverso approccio al sistema sanitario, possono influenzare il loro stato di salute e l’accesso ai servizi. Il monitoraggio dei bisogni di salute della popolazione immigrata rappresenta quindi una questione di particolare importanza per il sistema sanitario nazionale al fine di compiere scelte di programmazione sanitaria e sociale centrate sui loro reali bisogni.

In linea con l’aumento delle presenze straniere nel territorio sono aumentati anche i ricoveri della popolazione immigrata presso le strutture ospedaliere toscane le cui proporzioni sono passate dal 3,3% del totale dei ricoveri nel 2000 al 4,6% nel 2005 al 6,8% nel 2010. Il maggior numero di ricoveri di cittadini stranieri si registra nell’azienda sanitaria di Prato (15,3%), seguita da Empoli (9,1%) e dell’AOU Careggi-Firenze (7,9%). Gli stranieri si ricoverano per traumatismi e avvelenamenti, malattie dell’apparato digerente e malattie dell’apparato respiratorio che sono maggiormente correlate con le condizioni di lavoro e di vita generalmente più disagiate rispetto a quelle degli italiani. Gli italiani invece si ricoverano prevalentemente per malattie del sistema circolatorio, tumori e apparato digerente.

 

Una parte dei traumatismi è costituita dagli infortuni sul lavoro: dai dati Inail si evince che è aumentata negli ultimi anni la proporzione di infortuni degli immigrati sul totale degli infortuni considerando sia quelli che causano la morte, sia quelli che generano un indennizzo temporaneo o permanente. Le nazionalità maggiormente coinvolte sono: Albania, Marocco, Romania, Senegal e Tunisia. Gli infortuni avvengono nel comparto delle costruzioni per le prime tre nazioni, seguiti dal comparto metalmeccanico. In quest’ultimo e nel comparto dell’industria conciaria spiccano invece gli infortuni dei senegalesi. Non siamo ancora in grado di dire se i lavoratori immigrati sono a maggior rischio di quelli italiani per la mancanza di denominatori nel calcolo delle frequenze relative. Possiamo dire qualcosa di più sulle malattie professionali: stando ai dati Inail e del flusso MalProf si riscontrano pochi tumori per il periodo di latenza ancora troppo breve, una maggiore prevalenza di forme allergiche, e di malattie muscolo scheletriche da sovraccarico funzionale e nessun caso di patologia psichica.

 

In merito alle malattie infettive sono particolarmente allarmanti i dati relativi la tubercolosi: i casi di Tbc notificati in Toscana a cittadini non italiani erano il 17,6% nel 1994, il 30,5% nel 2001 ed il 59,4% nel 2009. L’incidenza nella popolazione straniera è molto più alta rispetto a quella italiana anche se dimezzata dal 2003 al 2009 passando da 128,0 casi per 100.000 a 64,3 (Figura 1).

Figura 1. Tasso grezzo di incidenza di TBC (per 100.000 residenti) per paese di nascita. Anni 2003-2009

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Per quanto riguarda invece l’AIDS, in Toscana, dall’inizio dell’epidemia al 31 dicembre 2010, sono stati notificati 389 casi tra la popolazione non italiana (8,7% del totale) dei quali 46 di cittadini provenienti dai paesi a sviluppo avanzato. Il tasso di incidenza è più alto rispetto alla popolazione italiana con differenze significative per azienda sanitaria. Considerando il periodo 2003-2010, il più alto tasso di incidenza di AIDS tra la popolazione straniera si registra nelle aziende di Viareggio e Livorno (Figura 2). La maggior parte delle notifiche di cittadini non italiani riguarda immigrati di origine brasiliana (26,2%) e nigeriana (13,1%), tra i quali il rischio di trasmissione del virus HIV è legato prevalentemente a rapporti sessuali connessi alla prostituzione.

Figura 2. Tasso grezzo di incidenza di AIDS (per 100.000 residenti) per Azienda sanitaria di residenza e cittadinanza. Periodo 2003-2010

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Particolarmente importante è infine l’attenzione verso la salute riproduttiva quale indicatore di sviluppo della popolazione. Negli ultimi 10 anni il numero di parti da donne straniere è più che raddoppiato e rappresenta nel 2010 il 25,5% dei parti che avvengono in regione con un picco nell’azienda sanitaria di Prato dove questa percentuale raggiunge il 53,6% grazie soprattutto alle presenze cinesi (Figura 3).
Le donne PFPM presentano un diverso comportamento riproduttivo rispetto alle italiane: l’età media al parto è mediamente inferiore di circa 5 anni rispetto alle italiane. Per quanto riguarda le visite ed i controlli in gravidanza le donne PFPM si rivolgono prevalentemente al consultorio (65.6% vs 11,8% delle italiane), comportamento favorito dalla presenza di mediatori culturali che garantiscono una migliore comunicazione delle buone pratiche relative l’assistenza in gravidanza. Il numero medio di viste in gravidanza rispecchia le indicazioni regionali anche se ben 4 donne su 100 dichiarano di non aver effettuato nessun controllo in gravidanza. L’appropriata assistenza in gravidanza avviene però a seguito di un accesso tardivo ai servizi per le donne PFPM in particolare per le cinesi: spesso la prima visita in gravidanza viene effettuata dopo il primo trimestre di gravidanza. Il taglio cesareo invece viene praticato di meno alle straniere rispetto alle italiane anche se la differenza non è più significativa aggiustando per le variabili socio demografiche. Al momento del parto il 16,6% delle donne PFPM non ha accanto una persona di fiducia rispetto al 6,8% delle italiane: si tratta di un indicatore di sofferenza che non deve essere sottovalutato.
Per quanto riguarda gli esiti del parto, la frequenza di nati vivi di basso peso alla nascita (<2.500 grammi) da madre straniera risulta leggermente inferiore rispetto a quella dei nati da madre italiana (6,0% vs 7,2%) e la differenza non è significativa aggiustando per i confondenti noti. La nascita pretermine (<37 settimane di età gestazionale) è invece più frequente tra le donne PFPM ma solo in caso di parto singolo (6,0% vs 5,3%). Altro aspetto molto importante della salute riproduttiva è costituito dalle interruzioni volontarie di gravidanza: va infatti considerato il frequente ricorso alle IVG da parte delle donne straniere, il tasso di abortività volontaria è superiore a quello delle italiane (30,4 per 1.000 residenti in età feconda vs 6,2) anche se il trend è in diminuzione (il tasso tra le straniere era del 52,1 per 1.000 nel 2003). Il maggior ricorso alle IVG e alle IVG ripetute si registra tra le peruviane (Figura 4). Questa scelta viene effettuata prevalentemente nei primi tre anni dal momento dell’arrivo in Italia, mentre successivamente si assiste a una stabilizzazione e a un allineamento ai comportamenti delle italiane.

Figura 3. Proporzione di parti di donne straniere sul totale dei parti avvenuti in Toscana per Azienda sanitaria di evento. Anno 2010

 

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Figura 4. Rapporto di abortività* volontaria per Paese di provenienza. Periodo 2008-2009

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* rapporto tra il numero di IVG avvenute in Toscana e il numero di nati vivi, per Paese di provenienza.

 

Queste analisi hanno evidenziato i principali bisogni della popolazione straniera, ma sottolineano le differenze di rischio tra le etnie e la diversità dei bisogni in relazione ai diversi tempi di immigrazione. Alcuni interventi già attivi nel territorio si sono rivelati delle scelte vincenti come l’introduzione dei mediatori culturali nei consultori. È necessario continuare mantenere alta la soglia di attenzione attraverso la sorveglianza ed il monitoraggio delle patologie sia di importazione sia di adattamento che di acquisizione.

 

Fabio Voller e Monica Da Fre, Agenzia Regionale di Sanità Toscana

 

 

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