Healthy City Design. Urbanistica e salute
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- 15 Settembre 2011
L’approccio “salutogenico” al fenomeno della urbanizzazione e delle patologie croniche, attraverso la Healthy City Design, richiede il coinvolgimento di architetti, medici, cittadini e, conseguentemente, dei decisori e investitori pubblici e privati.
Nel settimo Congresso mondiale Design & Health, tenutosi a Boston nel luglio di quest’anno, uno dei temi dominanti è stato l’Healthy City Design.
Il dato di partenza per tale riflessione è duplice: l’incremento della popolazione urbana e la prevalenza delle patologie croniche, quali obesità, diabete, malattie cardiache, cancro e depressione. La popolazione mondiale si sta trasferendo dalle zone rurali alle città, dando luogo alle grandi metropoli; tale fenomeno, iniziato nei secoli scorsi nei paesi più industrializzati (Inghilterra) si sta diffondendo in tutte le aree del pianeta, come evidenzia la Figura 1, con il trend dal 1950 e la proiezione della percentuale di popolazione urbanizzata al 2050[1].
Figura 1. La popolazione urbana nelle diverse aree del mondo: 1950 – 2050

Sulle trenta principali nazioni del mondo, in termini di popolazione, nel 1950 solo sei (Inghilterra, Germania, Francia, Stati Uniti, Italia e Spagna) avevano una predominanza di popolazione urbana rispetto a quella rurale. Nel 2009 tale predominanza riguardava sedici paesi; per il 2050 si stima che un solo paese (Etiopia) presenti una maggioranza di popolazione abitante nelle aree rurali (Figura 2) .
Figura 2. Percentuale di popolazione urbana nei trenta paesi più popolosi, stima 2050[2]

Appare pertanto evidente che la salute della popolazione e, in altri termini, la salute del pianeta, sarà fortemente influenzata dalle caratteristiche urbanistiche e dalle condizioni di vita delle città. Il fenomeno dell’urbanizzazione, seppure non recente, ha assunto solo ultimamente una dimensione planetaria; le megalopoli, città oltre i 10 milioni di abitanti, nel 1950 erano due; attualmente sono diciannove e nel 2025 si prevede che saranno ventisette[3]. Anche i rischi ambientali nelle città avevano un profilo differente, la cui evoluzione ed effetto sulla salute è sintetizzato nella Tabella 1, che riassume le fasi della urbanizzazione, indicando, nella quarta fase, la prospettiva a cui si dovrebbe tendere.
Tabella 1. Fasi della evoluzione urbana, delle condizioni ambientali e degli effetti sulla salute[4].
FASE | AMBIENTE | SALUTE |
1. Povertà | Contaminazione delle acque, scarsa igiene, abitazioni malsane | Malattie infettive, malnutrizione, incidenti |
2. Industrializzazione | Inquinamento dell’aria e del terreno da rifiuti e residui chimici | Malattie respiratorie croniche, malattie cardiache, incidenti |
3. Consumismo | Alti livelli di consumo di acqua, energia e altre risorse | Malattie croniche (obesità, diabete, malattie cardiache, cancro), incidenti, depressione |
4. Eco city salubre | Condizioni di vita in equilibrio con la natura | Massimo potenziale di salute |
Le diverse fasi si sovrappongano in parte e, specie nelle grandi metropoli, convivono in prossimità insediamenti propri delle prime due fasi con quelli della terza. Un esempio eclatante è rappresentato dalla situazione di San Paolo (Brasile)[5] illustrata nella Figura 3.
Figura 3. La Favela Paraisaopolis fiancheggia l’elegante quartiere di Morumbi a Sao Paulo (Brasile).

Tuttavia anche nei paesi a basso reddito si assiste, in situazioni normative e culturali più arretrate, all’assunzione di modelli di vita e di consumo propri dei paesi sviluppati e, conseguentemente, a un rilevante incremento della prevalenza di obesità, diabete, cancro, malattie cardiovascolari.
La prevalenza di sovrappeso è in continuo aumento e non riguarda quindi solo i paesi più ricchi, come gli Stati Uniti e l’Inghilterra, dove si stima che nel 2030 vi sia un incremento di 65 milioni di americani e 11 milioni di inglesi in sovrappeso, con conseguentemente aumento di diabete, cancro e infarti[6](Figura 4). Tale “epidemia” si sta infatti estendendo ai paesi in cui il reddito è in aumento, investendo progressivamente le classi medio-basse. Nei paesi a basso reddito l’obesità è invece particolarmente diffusa nelle classi più benestanti[7].
Figura 4. Trends di prevalenza del sovrappeso/obesità (BMI = o > 25 Kg/mq) in nove paesi industrializzati.

Anche la prevalenza del diabete a livello mondiale è stata, nell’ultimo trentennio, in continuo incremento, passando da 153 milioni nel 1980 a 347 milioni nel 2008[8]. La prevalenza del diabete a livello mondiale e le previsioni di incremento per il 2030 sono riportate nella Figura 5. La figura[9] evidenzia che l’incremento maggiore si avrà proprio in aree meno sviluppate, nelle quali la disponibilità di assistenza e farmaci è carente.
Figura 5. Prevalenza di casi di diabete nel mondo (milioni) nel 2000 e le proiezioni per il 2030, con le percentuali di cambiamenti.

Sono queste, urbanizzazione e incremento delle patologie croniche, le problematiche che hanno suggerito a medici, architetti e urbanisti di focalizzare la propria attenzione sul concetto di orientamento salutogenico degli ambienti urbani, sia abitativi che infrastrutturali; attraverso interventi regolativi e strutturali nell’ambito del contesto urbano si intende non solo ridurre o eliminare fattori di rischio e tutelare la salute, ma anche promuovere ed incentivare stili di vita sani.
Si tratta di un problema urbanistico generale, che concerne la distribuzione delle funzioni nelle diverse aree cittadine; la loro integrazione, finalizzata a favorire spostamenti limitati, percorribili usando il mezzo pubblico o, preferibilmente, la bicicletta e a piedi, anche attraverso la realizzazione di aree e percorsi naturalistici. Un problema pertanto da affrontare con un “disegno urbano”, un “progetto del suolo”, che, attraverso regole, criteri, scelte non occasionali, sappia dare una cittadinanza e un significato alle nuove aree urbane, attraverso progetti regolatori, che si ispirino a un criterio di interconnessione[10], come illustrato nella ipotesi della figura 6.
Figura 6. Ipotesi urbanistiche a confronto

La figura esemplifica due tipi di approccio urbanistico: a sinistra la Disconncted, in cui le aree residenziali, commerciali e gli uffici delle istituzioni sono lontane e nettamente separate richiedendo l’uso dei mezzi di trasporto (il più delle volte privati) . A destra l’approccio Connected, che realizza molte interconnessioni stradali fra le zone residenziali e quelle commerciali, facilitando così percorsi pedonali diretti fra le varie destinazioni.
Questi principi urbanistici e architettonici che promuovono un disegno urbano interconnesso, si ispirano all’ampia letteratura[11] che evidenzia la relazione fra obesità e tempo trascorso in autovettura, la rilevanza dell’attività fisica per la salute, la efficacia, in termini di salute e riduzione dell’inquinamento, di iniziative che coniugano la disponibilità diffusa di mezzi di trasporto ecologici (biciclette) e percorsi a ciò destinati.
In realtà molte delle soluzioni attuate nella urbanizzazione degli ultimi decenni si sono invece ispirate ad un utilizzo indiscriminato del trasporto individuale, senza tener conto di costi, inquinamento ambientale ed impatto sulla salute. Un disegno urbano, quale quello esemplificato nella figura 7, impedisce di fatto la possibilità di una attività fisica regolare, di spostamenti a piedi o in bicicletta, a dimostrazione di quanto le scelte non siano su base individuale e volontaria, ma orientate e strettamente condizionate da quello che può definirsi un obesogenic environment[12].
Figura 7. Esempio di ambiente “obesogenico”.

Fonte: Jackson Richard J. Comunicazione; Health & Design, Boston 2011
Oltre a una pianificazione di nuove aree e new town, vi sono importanti, seppure non molteplici, esperienze di recupero di porzioni di città e di infrastrutture dismesse, che possono essere prese quale esempio per una integrazione fra pianificazione urbana, promozione della salute e rispetto dell’ambiente.
In occasione del convegno di Boston è stato presentato l’esempio del recupero dell’area industriale di Denver (Figura 8) e il progetto di riutilizzo del Los Angeles River quale parco fluviale di 32 miglia, senza ridurre la portata dell’emissario (Figura 9)[13].
Figura 8. Denver’s Central Platte Valley: recupero area industriale dismessa e realizzazione parco.

Figura 9. Los Angeles River, tratto di 32 miglia: stato attuale e ipotesi di recupero

Entrambi i progetti sono finalizzati a creare ambienti gradevoli, utilizzabili per spostamenti a piedi o in bicicletta, per attività fisica, con un aumento delle aree verdi e con effetti benefici sia sull’ambiente che sulla salute dei cittadini.
Una delle realizzazioni più interessanti è rappresentata dal riutilizzo di un ampio tratto sopraelevato della metropolitana West Side Line di New York, costruita nel 1930 e da tempo abbandonata. La cittadinanza si è opposta ad una prima ipotesi di abbattimento ed un ampio tratto è stato trasformato, su progetto degli architetti James Corner Field Operations e Diller Scofidio + Renfro, realizzando un impianto naturalistico per un percorso pedonale che si svolge per circa tre chilometri fra ventidue isolati (figura 10).
Figura 10. Tratto sopraelevato della West Side Line (New York) oggetto di trasformazione.

Un “approccio salutogenico” al fenomeno della urbanizzazione e delle patologie croniche, attraverso la Healthy City Design si differenzia pertanto dai generici piani integrati di salute. Si tratta di un indirizzo urbanistico e progettuale, che coinvolge architetti, medici, cittadini e, conseguentemente, i decisori e investitori pubblici e privati. Le fondamentali scelte infrastrutturali e urbanistiche nelle attuali aree urbane e in relazione al loro futuro sviluppo vengono pertanto valutate e selezionate in base al loro impatto sulla salute e sull’ambiente.
- United Nations, 2010. World urbanization prospects: the 2009 revision
- United Nations, 2010 (cit)
- Smith LC. 2050 Il futuro del nuovo Nord, pag. 45. Torino: Einaudi, 2011.
- Capon AG. The way we live in our cities. MJA,2007;187:658-661
- Gregotti V. Architettura e Postmetropoli. Torino: Einaudi, 2011.
- Wang YC et al. Health and economic burden of the projected obesity trends in the USA and the UK. Lancet 2011;378:815-25.
- Monteiro CA et al. Socioeconomic status and obesity in adult populations of developing countries: a review. Bull WHO 2004; 82:940-946. Egger G, Swinburn B. Planet Obesity: How we’re eating ourselves and the planet to death. Allen& UnWin, Australia, 2010.
- Danaei G. National, regional, and global trends in fasting plasma glucose and diabetes prevalence since 1980: systematic analysis of health examination surveys and epidemiological studies with 370 country years and 2.7 million participants. Lancet 2011, 378:31-40.
- Wild et al. Diabetes Care 2004; 27:1047-1053
- Frank LD et al. Obesity relationships with community design, physical activity, and time spent in cars. Am J Prev Med 2004; 27 (2):87-96.
- Rojas-Rueda D. et al. The health risks and benefits of cycling in urban environments compared with car use: health impact assessment study. Bmj 2011;343:d4521.
de Hartog JJ et al. Do the health benefits of cycling outweigh the risks? Environ Health Perspect 20101; 118:1109-1116.
Andersen LB et al. All-cause mortality associated with physical activity during leisure time, work, sports and cycling to work. Arch Int Med 2000,160: 1621-28.
Woodcok J et al. Public health benefits of strategies to reduce greenhouse-gas emissions: urban land transport. Lancet 2009,374:1930-1943 - Swinburn BA et al. The global obesity pandemic: shaped by global drivers and local environments. Lancet 2011;378:804-14
- Johnson M. Life-changing regeneration. Healthy City Design, 15-19.
L’articolo è molto interessante. Sarebbe importante che sul tema proposto da Marco Geddes nella sua dimensione planetaria si aprisse una discussione su specificità di aspetti, criticità, opportunità riferite ai nostri contesti, per capire quali ecocity salubri possiamo promuovere o salvaguardare e valorizzare.
Nessun dubbio sull’interesse dell’articolo di Geddes…che non si smentisce. D’accordo con Torricelli, per provare a passare dall’analisi alle opzioni possibili nelle specificità e farne oggetto di proposta di politiche urbanistiche, ambientali, sanitarie a fini preventivi, di istruzione a tutti i livelli e di formazione superiore…un’altra fase della nostra storia? Certo! Ma radicare le culture richiede tempo e se non si comincia… Grazie per gli spunti.