La salute dei bambini, il futuro del mondo

Negli ultimi trent’anni, in tutto il mondo, le principali vittime delle crisi economico-finanziarie e delle politiche neoliberiste sono stati i bambini e le bambine.   Un’ecatombe, passata nell’indifferenza generale. Con una media di 10 milioni di morti l’anno, la stima di questa ecatombe è  di 300 milioni di decessi, la maggior parte dei quali facilmente prevenibili e evitabili.

I lettori di SaluteInternazionale hanno più volte sentito parlare degli Obiettivi del Millennio:

L’Obiettivo n. 4 si riferiva alla salute dei bambini e delle bambine e puntava a una riduzione di 2/3 della mortalità dei soggetti di età inferiore ai 5 anni (<5) entro il 2015 (rispetto ai dati del 1990). Il dato  globale aggiornato al 2011[1] ci dice che la mortalità <5 è passata dal 11,6 mln a 7,2 mln con un tasso di riduzione medio annuo del 2,2%, ovvero la metà di quanto previsto per il raggiungimento dell’Obiettivo entro il 2015.   I risultati sono molto diversi tra le diverse aree del mondo, come dimostra la Figura 1, ma complessivamente l’Obiettivo è di gran lunga fallito.
Figura 1. Diverse fasi di raggiungimento dell’Obiettivo del millennio n. 4

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Fonte: Lancet

In Asia e America Latina si sono registrati successi evidenti come quelli di Cina e Vietnam (tassi di riduzione rispettivamente del 5,6 e 6,7%) e di Perù, Cile, Cuba e Brasile (tassi di riduzione rispettivamente del 5,2, 5,0, 4,7 e 4,4%); ma molti altri paesi di questi due continenti dovranno attendere alcuni decenni per raggiungere l’Obiettivo.

La situazione più critica (e tragica) è quella, peraltro nota da tempo, dell’Africa sub-sahariana.  Nel 1990 circa un terzo della mortalità <5 si verificava in questa area del mondo; nel 2011 il numero assoluto dei morti si è lievemente ridotto (da 3,9 mln a 3,5 mln), ma la percentuale rispetto al totale dei decessi si è innalzata al 49%. Anche in Africa si assiste a forti differenze tra paesi,  ben descritte nel post di Annalisa Rosso, Investire nell’infanzia.  I paesi che hanno mostrato i migliori risultati  sono gli stessi che maggiormente hanno investito nell’assistenza sanitaria: Rwanda, Liberia, Tanzania, Niger e Madagascar (quest’ultimo è l’unico paese africano che  probabilmente raggiungerà l’Obiettivo 4 nel 2015; per gli altri l’appuntamento è rimandato  più in avanti, per 23 paesi in una data imprecisata dopo il 2040).  Interessante notare che questi 5 paesi non sono i più “ricchi” del continente e che non c’è una relazione tra miglioramento della salute dei bambini e livello di PIL della nazione. La morale è questa: “La capacità di destinare risorse per la salute dell’infanzia non dipende dalla ricchezza di un paese, ma è primariamente e semplicemente una questione di volontà politica”.

 

Il post di Giovanni Putoto e Chiara Di Benedetto Accesso gratuito al parto sicuro e alla cura del neonato descrive una strategia di cooperazione sanitaria internazionale in Africa sub-sahariana finalizzato a rendere universali, ovvero gratuiti l’assistenza al parto e la cura del neonato.

 

Anche nei paesi industrializzati la crisi economica colpisce soprattutto i bambini,  i soggetti più vulnerabili e indifesi, come dimostra il post di Giorgio Tamburlini, Crisi economiche e salute dei bambini, che mette a fuoco la situazione italiana, caratterizzata dalla totale inconsistenza delle politiche a favore della famiglia, che ha portato il nostro paese in fondo alle classifiche che misurano le diseguaglianze (reddito, istruzione, salute) nel campo dei minori (vedi post  di Valeria Confalonieri, Rapporto UNICEF: bambini e adolescenti ai margini) e ha dilatato le diseguaglianze all’interno del nostro paese (vedi post di Maurizio Bonati e Rita Campi Quale futuro per chi nasce e cresce oggi nel mezzogiorno).

 

La lezione di Romano Prodi sulle diseguaglianze trasmessa il 18.10 su La7 ci fa aiuta a capire cos’ è successo negli ultimi trent’anni nell’economia mondiale e a scoprire il nesso tra le politiche economico-finanziarie neo-liberiste e la mortalità di circa 300 milioni di bambini e bambine nelle aree più povere del pianeta.   

 

Il problema è politico e una politica rispettabile deve prima di tutto confrontarsi con i problemi dei bambini e delle bambine.  Questione degna di un vasto programma politico.  

Intanto leviamo le mani dalla Financial transaction tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Detta anche Tobin Tax, è stata in passato sbeffeggiata e ora invece rilanciata e addirittura invocata dai governi europei per  far fronte alla nostrana crisi del debito.

La Tobin Tax era stata pensata per trovare le risorse basilari per promuovere lo sviluppo dei paesi più poveri, e per garantire in primis cibo, istruzione e assistenza sanitaria ai bambini e alle bambine, quindi per ridurre drasticamente i livelli di mortalità.  E tale deve rimanere.

Cosa fare in Italia? Prima di tutto dare la cittadinanza italiana – e i diritti conseguenti – a tutti i nati in Italia da genitori stranieri; essi rappresentano, con oltre il 13% di tutte le nascite, una parte importante del  futuro del nostro paese.  Poi redistribuire il reddito nazionale, rimettere in moto gli ascensori sociali e rafforzare le reti di protezione.  Lotta senza quartiere agli evasori fiscali e una robusta patrimoniale.  Infine un adeguato innalzamento dell’età pensionabile non per fare cassa o ripianare il debito, ma per trovare le risorse necessarie per l’istruzione, la ricerca, per l’occupazione dei giovani e per dare una casa alle giovani coppie.

Bibliografia

 

2 commenti

  1. Il problema è tenuto nascosto dai media e il nostro paese non è immune, anzi.Dovremmo fare una campagna per il diritto di cittadinanza ai nati in Italia….

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