Come vendere la flatulenza

Guido Giustetto

Per tutelare gli interessi dei pazienti  è necessario rifiutare l’informazione diretta al pubblico da parte dell’industria farmaceutica.

La pubblicità al pubblico da parte dell’industria farmaceutica sui farmaci da prescrizione è attualmente vietata in tutti i paesi, con l’eccezione degli Stati Uniti e della Nuova Zelanda.

In Europa da alcuni anni Big Pharma sta conducendo un braccio di ferro con le autorità dell’Unione Europea perché le sia permesso di dare direttamente informazioni ai cittadini su disturbi, patologie, farmaci.

Il 24 novembre del 2010 il Parlamento Europeo ha votato una Direttiva e un Regolamento sull’informazione sui farmaci da prescrizione ai cittadini piuttosto permissivi e alquanto controversi, che, per divenire attuativi, dovranno essere approvati entro il prossimo anno dal Consiglio d’Europa.

In realtà già da qualche anno l’industria farmaceutica aggira l’attuale divieto, utilizzando in modo molto abile e spudorato i comuni mezzi di informazione per le sue campagne di “educazione” ai cittadini.

La prima volta che ci capiterà di leggere sull’inserto Salute di un quotidiano qualche articolo ricco di grafici e statistiche sulla sottostima di un importante disturbo ingiustamente negletto o ascolteremo un opinion leader televisivo che si felicita per l’imminente arrivo sul mercato di un nuovo farmaco, ricordiamoci dell’esperimento olandese.

L’esperimento olandese

Gezonde scepsis (sano scetticismo) è un website olandese  che si propone di fare luce  sull’influenza del marketing, diffuso e spesso inappropriato e fuorviante, dell’industria farmaceutica. Si rivolge agli operatori sanitari e intende informare sui diversi metodi con cui le industrie farmaceutiche promuovono i loro prodotti, per aumentare la consapevolezza di individui e organizzazioni.

Gezonde Scepsis è un’iniziativa del Dutch Institute for Rational Use of Medicine, ed è inoltre supportato da Dutch Health Care Inspectorate (IGZ)  e  dal Ministero della Salute. L’Istituto è un’organizzazione indipendente la cui attività include counselling e supporto a gruppi locali di farmacisti e medici, per migliorare la farmacoterapia; il suo obiettivo è  una medicina appropriata, efficiente, sicura ed economica. 

 

Gezonde Scepsis nel 2010 ha pubblicato un report di 40 pagine dal titolo “Public information as a marketing tool – Promotion of diseases and medicines” nel quale descrive come le industrie farmaceutiche informano il pubblico su malattie e condizioni di salute, fornendo un panorama dei vari metodi usati e valutando il loro impatto sul pubblico. Dopo avere analizzato gli aspetti legislativi e i diversi elementi delle campagne di informazione al pubblico, vengono illustrate nel dettaglio tre campagne, quelle sulla sindrome delle gambe senza riposo, sulla pirosi e sulla vescica iperattiva.

Infine  viene descritto l’esperimento con il quale si è fittiziamente pubblicizzato il sintomo flatulenza; la ricerca condotta da Gezonde Scepsis insieme con il canale televisivo dei Consumatori olandesi  Tros Radar voleva verificare direttamente come funziona la promozione di un sintomo e come si  comportino veramente i diversi attori e in particolare i mezzi di informazione.

 

Ne sintetizziamo qui sotto gli aspetti più rilevanti

L’obiettivo della campagna informativa era quello di fare percepire al pubblico la flatulenza come un serio problema e di incoraggiare i cittadini a chiedere al proprio medico un trattamento.

Fu costituita una apposita e fittizia agenzia di marketing la “Company Consultancy” (CC), fu costruito un sito web, presa una casella postale e un numero di telefono.

CC prese i vari contatti dichiarando che aveva la commessa di una importante casa farmaceutica per organizzare una campagna di informazione per preparare l’arrivo sul mercato di un nuovo farmaco contro la flatulenza.

L’effetto desiderato fu presto raggiunto: la campagna ricevette molta attenzione dai media.

1° passo: ricerca di mercato

Nel maggio 2009 CC prese accordi con l’agenzia di ricerche di mercato TNS NIPO, spiegando che la ricerca doveva dimostrare che la flatulenza é un problema importante e diffuso che causa difficoltà fisiche e sociali. L’Agenzia riferì di avere molta esperienza in questo campo e si raccomandò che fosse CC a scrivere i comunicati stampa, in quanto mentre TNS NIPO avrebbe potuto emettere comunicati soltanto basati sui dati della ricerca, CC avrebbe potuto allargare considerevolmente i commenti, aggiungendo citazioni, opinioni di esperti o altre considerazioni. I risultati sarebbero per altro stati forniti in modo che fosse facilitato il loro inserimento nei comunicati stampa. Inoltre i comunicati avrebbero potuto affermare che la ricerca era stata condotta da un’agenzia indipendente.

Il costo della ricerca fu di circa 20.000 euro e le caratteristiche furono le seguenti:

  • Individuare nel data base dell’agenzia le persone con flatulenza
  • Invitarle a partecipare alla ricerca con l’invio di un e-mail
  • Dimensione del campione: 539 persone
  • Questionario di 19 domande  (circa 10 minuti) + questionario di screening (1 minuto)
  • Tasso di risposta 72%
  • Risultati:
  • un olandese ogni 4 soffre di flatulenza maggiore del normale e ciò crea irritazione in molti.
  • Quasi il 70% (maggiormente donne) si vergogna di “fare aria” . Anche chi ne soffre pesantemente difficilmente ne parla e il 76% non ha mai riferito il sintomo al medico. Il 55% di tutti le persone contattate prenderebbe una pillola contro la flatulenza.

 

Comunicato  stampa

Alla fine di agosto, CC, basandosi su questi dati  emise un comunicato attraverso l’agenzia di stampa olandese ANP con l’obiettivo di attirare l’attenzione dei media sulla flatulenza.

La radio 538, la TV SBS6, il canale pubblico NOS News, numerosi giornali e e siti di informazione diedero risalto alla notizia. Tutti i media citarono l’istituto di ricerche TNS NIPO come fonte e il sito web Hetluchtop.nl (possibile traduzione: elimina l’aria). Nessuno mise in relazione il comunicato con una industria farmaceutica o cercò di scoprire da dove proveniva la notizia.

Comunicato stampa:  gli Olandesi soffrono in silenzio di flatulenza

Una ricerca condotta da TNS NIPO per conto di Company Consultancy ha messo in evidenza che un olandese su quattro soffre di flatulenza al di sopra della media.

La flatulenza causa problemi fisici seccanti a molte persone: l’88% si lamenta di non riuscire a fare aria, il 39% soffre di crampi addominali almeno una volta al giorno e il 9% sente costantemente tensione addominale. Quelli che cercano di trattenere l’aria lamentano maggiori disturbi rispetto alle persone a cui scappa. Solo il 15% si sente libero di fare aria. La gente soffre anche psicologicamente per la flatulenza. Il 70% si vergogna di fare aria, in maggior misura le donne. Anche chi ha un disturbo severo, difficilmente ne parla e il 76% non ne ha mai parlato al proprio medico. Il 58% dichiara che neppure intende parlarne in futuro. Il motivo è l’imbarazzo e l’impressione che il sintomo non possa essere alleviato.

Più della metà delle persone sarebbe disponibile ad assumere un farmaco; un quarto di queste fanno aria più di venti volte al giorno.

Per saperne di più sulla flatulenza e su cosa si può fare, vai al sito Htluchtop.nl oppure contattaci per telefono o con un e-mail.

Flatulenza sulle Riviste

Furono contattate due riviste: Libelle e Quest.

Quest rispose che avrebbe messo in evidenza il tema non nella rivista, ma in una nuova sezione del loro sito web. Libelle invece pubblicò la notizia nella sezione “l’umanità e la mente”, riaggiustando il comunicato stampa perché non sembrasse tale.

 

Flatulenza in TV

A giugno 2009 furono presi contatti con gli staff editoriali di diversi programmi televisivi per discutere come attirare l’attenzione sulla flatulenza in occasione del lancio di una nuova medicina.

Sia da parte dei programmi di salute delle TV commerciali, sia da parte delle Soap Opera ci fu disponibilità a far risaltare il tema nei loro show. Ovviamente bisognava pagare.

Good times, Bad times è una popolare soap opera. Per 50.000 euro si sarebbe inserita una scenetta in cui uno dei protagonisti si reca dal medico lamentandosi di flatulenza. Nella sala d’attesa ci sarebbe stato un manifesto con  in  evidenza il sito  Hetluchtop.nl . Un’opzione diversa poteva essere un’attrice che discuteva del problema con il marito che l’avrebbe poi convinta ad andare dal medico.

In questo modo la TV si sarebbe fatta carico di un problema sociale, portato alla luce da un’agenzia indipendente.

Health Angels è un programma di salute nel quale sarebbe stato possibile inserire la flatulenza: parlarne per due minuti sarebbe costato 13.500 euro, per quattro minuti 22.000 euro.

Lo staff editoriale propose anche un pacchetto tutto compreso: un inserto in tutte le principali riviste del paese, un sito web e la diffusione del messaggio, attraverso TV locali, in tutte le farmacie.

“Nel programma possiamo fare qualsiasi cosa, fino a introdurre interi concetti. Noi vi agevoliamo… utilizzando i vostri obiettivi comunicativi, creiamo idee su misura”.

4Me si offrì di produrre un programma a tema sulla flatulenza.

“Possiamo senz’altro mettere in risalto questo argomento, ci piace, possiamo parlarne per un dieci minuti o per il tempo che occorre… per esempio possiamo programmare un servizio di 15 minuti: questo é possibile: sono 1250 euro al minuto. Potremmo mandare in onda 4 speciali per Novembre.”

Your body your life é un altro programma di medicina pronto a parlare di flatulenza. Un programma a tema sarebbe costato 50.000 euro.

 

Flatulenza negli studi medici

Furono prodotti un depliant ed un poster sulla flatulenza, con rimando del lettore al sito  Hetluchtop.nl  per una maggiore informazione e al medico per risolvere il problema.

È stato chiesto a 5 studi medici e a 5 farmacie di esporre il depliant. Acconsentirono tutti senza nessuna domanda che indagasse realmente i contenuti o le fonti. Fu sufficiente assicurare che il depliant era correlato alla campagna di informazione sulla flatulenza.

 

Flatulenza su internet

Ogni messaggio comparso sui media pubblicizzava il sito sul quale erano contenute informazioni sulla malattia chiamata flatulenza, sui disturbi e consigli su come fronteggiarla. In molti punti il sito rimandava i visitatori al proprio medico.

Dalla home page era possibile compilare un test di autovalutazione, visualizzare dei brevi filmati di storie di pazienti ed un testo costruito per attirare l’interesse del lettore:

Ti senti gonfio ? Hai la nausea? Provi imbarazzo ? Fai qualcosa: elimina l’aria! Milioni di olandesi soffrono di flatulenza. La flatulenza è causata da eccessiva formazione di gas nel tratto gastrointestinale. Questo può essere un problema serio, accompagnato da nausea, crampi allo stomaco, imbarazzo, peso sul torace. Vai dal tuo medico per maggiori informazioni. È disponibile una nuova medicina. Su questo sito puoi imparare a riconoscere la flatulenza eccessiva e a fare qualcosa”.

Il sito Hetluchtop.nl restò aperto una settimana ed ebbe 4000 contatti. La metà dei visitatori compilò il questionario.

Alla fine della sperimentazione,  il canale televisivo dei Consumatori olandesi  Tros Radar mandò in onda  una trasmissione televisiva di denuncia, messa a punto da  Gezonde Scepsis con tutto il materiale raccolto.

Quali conclusioni trarre da questo documento?

La sperimentazione di Gezonde Scepsis mette in luce con dovizia di dettagli quanti sono i modi e i canali con i quali è possibile influenzare la percezione, i bisogni  e la gestione della salute da parte dei cittadini. Un esperto di marketing non si stupirebbe e verosimilmente ci potrebbe dire che sono gli stessi utilizzati per pubblicizzare una lavatrice o un’assicurazione auto.

L’obiettivo dell’industria è proprio questo:  equiparare del tutto il farmaco ad un bene di consumo e quindi governarlo con le leggi che regolano quel mercato, avendo a mente esclusivamente il profitto.

Aspetti come l’appropriatezza della prescrizione, la possibilità di effetti collaterali, il significato simbolico del farmaco all’interno dell’atto medico e del rapporto medico-paziente non hanno spazio in questa logica, essendo il  vero obiettivo l’aumento puro e semplice della prescrizione dei farmaci, in particolare di quelli più nuovi e più costosi. Nessuna preoccupazione per l’aumento di spesa ingiustificato per il Servizio Sanitario Nazionale e per  la salute dei pazienti.

Per l’insieme di queste considerazioni e per privilegiare gli interessi dei pazienti  è necessario rifiutare l’informazione diretta ai consumatori sui farmaci da prescrizione.

La Direttiva del Parlamento Europeo citata in premessa prevede oltre tutto di finanziare un sistema di monitoraggio delle comunicazioni dell’industria farmaceutica sui loro prodotti, che rischia di essere caro ed inefficiente. Nell’attuale clima d’incertezza economica, è meglio piuttosto dedicare le risorse pubbliche a rinforzare la trasparenza delle agenzie regolatorie in modo di permettere loro di svolgere una delle loro principali missioni, fornire al pubblico informazioni rilevanti, comparative ed indipendenti.

Guido Giustetto, Medico di famiglia, Pino Torinese.  Gruppo “No Grazie, Pago Io!”.

6 commenti

  1. L’esperimento olandese mette in luce anche altri due aspetti importanti:
    1. che il consumatore medio, abituato ormai a credere alla pubblicità di lavatrici e assicurazioni auto, crede anche a quella di prodotti per la salute
    2. che giornalisti e media si prestano a far da intermediari acritici tra produttori (e compagnie di public relations e pubblicità) e consumatori, in cambio di un compenso a volte nemmeno tanto lauto.
    Questo secondo aspetto è molto più inquietante del primo, ovviamente. Grazie Guido.

  2. Proprio vero; quando “non ci sono” malati allora si inventano le malattie. Complimenti per il post. Davvero interessante il caso olandese.
    Mi viene in mente (pur non essendo faramci da prescrizione) il pesante messaggio del tipo “tu sei malato” che passa oggi nelle pubblicità in Italia per la cellulite o per le verruche; o la disinformazione sui dentifrici che “riparano” il dente semplicemente perchè composti “della stessa sostanza del dente” (con buona pace dell’evidenza).
    Grazie

  3. Davvero molto carino, però come giornalista specializzato (che ha ripreso e rilanciato anche questo articolo, ndr) ho molte cose da dire e molte critiche da fare a Guido Giustetto. Vi riporto un mio intervento sull’argomento già pubblicato sul Bollettino SIFO qualche mese fa, sperando che possa suscitare in voi qualche riflessione diversa dal solito “dalli al giornlista cialtrone”:

    TUTTA COLPA DEI GIORNALISTI; DI CHI SE NO?
    http://www.bollettinosifo.it/articoli.php?archivio=yes&vol_id=550&id=6560

    “Il tema dell’equilibrio delicato tra informazione e interessi commerciali in ambito sanitario è ormai entrato a buon diritto nel poco invidiabile pantheon dei luoghi comuni. Di quei temi cioè dei quali non si discute cercando di comprenderne ogni aspetto, guardando le cose in prospettiva, approfondendo, rispettando le professionalità altrui. Ma viceversa esercitandosi perlopiù in pregiudizi, banalità, affermazioni miopi o corporativismi. Troppe volte nell’ambito di convegni, seminari, workshop è riecheggiata la litania del giornalista pigro che non ha voglia di approfondire, del giornalista che prima di scrivere un articolo dovrebbe consultare la letteratura scientifica, del giornalista a caccia di scoop a tutti i costi, del giornalista ignorante, del giornalista – chissà – probabilmente anche corrotto dalle aziende. Time out, per favore. Parliamo di informazione e Sanità: ma vogliamo provare ad andare un po’ più a fondo?

    Al centro della triangolazione tra aziende farmaceutiche, ricercatori medici e mass media il paziente/cittadino troppo spesso si ritrova indifeso, illuso, truffato. Questo è un dato di fatto incontrovertibile, dal quale è obbligatorio partire per ogni riflessione ulteriore. Ma di chi è esattamente la colpa? Come funziona questo terribile ingranaggio?

    I ricercatori – che amano cullarsi nell’illusione di essere al peggio cattivi comunicatori – a volte sembrano non rendersi conto che in un sistema capitalistico l’informazione è gestita da gruppi editoriali che hanno come scopo il profitto e come parametro di giudizio il numero di utenti, e che questo vale persino per il servizio pubblico radiotelevisivo. Se una trasmissione non fa abbastanza ascolti, viene soppressa; se un giornale non vende o non raccoglie abbastanza pubblicità, inizia a tagliare sui costi del personale ed eventualmente chiude i battenti, e lo stesso vale per le testate Internet.

    Questo – rimanendo a noi – significa che un giornalista quando si appresta a scrivere una notizia di argomento sanitario ha il dovere di soddisfare le seguenti condizioni:

    1. cercare di comprendere quanto più possibile l’argomento che ci si appresta a presentare, di cui verosimilmente non è esperto;
    2. verificare la fonte della notizia, accertandosi della sua autorevolezza (è sufficiente la pubblicazione su una rivista scientifica o bisogna basarsi sull’impact factor della testata in questione? O addirittura si pretende che il povero giornalista operi una revisione degli studi pubblicati confutando questo o quello?);
    3. cercare di esporre l’argomento nella forma più adatta ai lettori verso cui è diretto;
    4. cercare di elaborare un testo e un titolo che siano più accattivanti possibile, perché con quell’articolo il giornalista deve competere con altri colleghi che stanno preparando articoli simili e conquistare una fetta di pubblico più vasta della loro, e/o una maggiore autorevolezza verso il pubblico;
    5. cercare di mediare con eventuali conflitti d’interesse del suo editore senza derogare in nessun caso alla sua deontologia professionale;
    6. cercare di fornire al pubblico “sensibile” (per esempio ai pazienti affetti da una data patologia) informazioni il più possibile veritiere, equilibrate e soprattutto utili.

    Inutile dire che nelle relazioni di cattedratici e intellettuali che si ascoltano sovente durante i convegni, seminari, workshop di cui sopra, il punto 4 (che è invece assolutamente centrale nella quotidianità professionale dei giornalisti) non viene mai preso in considerazione. E figuriamoci se si può comprendere – orrore! – che i tempi e i modi della comunicazione giornalistica non permettono di approfondire, ponderare e temporeggiare nel dare una notizia come molti pretenderebbero. Anzi – doppio orrore! – non è raro persino che una testata giornalistica, pur consapevole della scarsa autorevolezza della fonte di una notizia, decida di diffonderla comunque perché la ritiene capace di catalizzare l’attenzione del pubblico.

    Ma se il nostro scopo deve essere comporre una frattura – filosofica prima che pratica – così profonda, campa cavallo. Il nodo essenziale è invece secondo me un altro, per fortuna. Le aziende farmaceutiche, che sanno muoversi in modo molto aggressivo ed efficace nella giungla della competizione commerciale, hanno capito che i mass media hanno un bisogno continuo di notizie, spunti, materiale – e hanno, al tempo stesso, poco tempo per elaborarlo. E quindi bombardano le redazioni di comunicati stampa sempre più sofisticati, ben costruiti, con ricche bibliografie in appendice, proponendo appetibili interviste a medici affermati già bell’e pronte. I giornalisti più esperti riescono a districarsi tra proclami trionfalistici e dati statistici roboanti, gli altri pubblicano acriticamente tutto e amen (a questo riguardo è utile citare una recentissima ricerca pubblicata dalla rivista PLoS Medicine nella quale un panel di esperti ha sancito che i giornalisti specializzati solo in Salute che lavorano per una singola testata committente scrivono notizie di qualità nettamente migliore rispetto agli altri).

    Come risolvere il problema dell’invasione dei comunicati stampa tendenziosi? Tre umili proposte pratiche, invece che fumose argomentazioni da convegno, seminario, workshop:

    regolamentare severamente il settore delle agenzie di comunicazione in ambito sanitario;
    implementare un servizio di comunicazione degno di questo nome in ogni struttura sanitaria, istituto di ricerca, ente accademico;
    diffondere tra i medici una cultura di collaborazione e disponibilità verso i media che consenta di accedere alla loro opinione più facilmente ai giornalisti anche alle prime armi. ”

    Detto questo, il comunicato sulla flatulenza anche io l’avrei pubblicato al volo, e sapete perché? Perché lo avrebbero letto centinaia di migliaia di persone, essendo un tema divertente. Vi pare poco? Ai direttori di giornale (e direttori tv, web etc) non pare poco affatto, invece.

  4. Il commento di David Frati mi sembra molto ampio e circostanziato ma di necessità sottolinea l’aspetto che più sta a cuore allo scrivente. Alla fine, da chirurgo, che vede anche pazienti che si lamentano dei disturbi minori dell’apparato digerente, ho a cuore principalmente il loro interesse. Questo significa molte cose di più che una semplice consulenza clinica: si tratta di affrontare le ansie e le insicurezze di chi ci sta davanti; l’insufficiente conoscenza tecnica e quindi l’impossibilità di scegliere in maniera consapevole, di fronte ad una proposta terapeutica come dell’adozione di un diverso stile di vita.
    Sono quindi molto irritato ogni volta che mi trovo a dover dialogare nel campo dell’eccesso di informazioni che capita in mano a chi non ha modo di scegliere tra l’utile a l’inutile.
    Non so se basta invocare la libertà di informare e poi lasciare che ognuno si arrangi.
    Chi ha un problema di salute o solo è in ansia perchè crede di averlo, legge le informazioni in maniera tutt’altro che serena e critica.
    Devo sottolineare con decisione che in sanità mettersi dalla parte dei più deboli (chi è o anche solo “si sente” malato) per noi medici dovrebbe essere una parte integrante della professione.
    Non sarebbe male che tutti coloro che entrano nell’area della sanità e quindi anche coloro che producano farmaci, come coloro che contribuiscono al dialogo informativo, venissero più decisamente coinvolti in queste scelte di etica.
    Un giorno potrebbero essere loro (come ognuno di noi) la parte più debole.

  5. Ho letto con interesse la storia, documentata e curiosa, raccontata da
    Guido Giustetto e i commenti alla “trappola” messa in atto dagli
    olandesi di Gezonde scepsis per dimostrare l’influenza fuorviante del
    marketing dell’industria dei farmaci. Che dire? I giornalisti hanno le
    loro responsabilita’. Ma non attribuirei sempre e solo a loro il peso
    delle “colpe” di una cattiva comunicazione.
    Annotava il biologo francese Francois Jacob:il cammino della scienza è
    imprevedibile e la ricerca per la conoscenza è un processo senza fine.
    Per usare le parole del filosofo Paolo Rossi “la scienza non è un
    prodotto finito, ma una serie di tentativi di misurarsi con problemi
    non risolti”. Incertezza e complessità di cui il giornalismo
    scientifico spesso non tiene conto nell’affabulazione quotidiana delle
    nuove scoperte/proposte/promesse. Il giornalista non può limitarsi a
    essere solo curioso, dote certo indispensabile, ma deve assumersi il ruolo di “watchdog”, ossia di un cane da guardia attento a segnalare quando nell’intreccio tra scienza, potere politico e interessi economici c’è qualcosa che non va.
    La medicina, al pari di ogni altra branca dellascienza, non rappresenta un mondo a parte e la comunità scientifica ha
    un ruolo chiave nel dare forma alle notizie e nel favorire certi
    «vizi» della comunicazione elargita.Vizi spesso attribuiti solo ai
    mass media messi sotto processo perché considerati responsabili di
    travisamenti/incompetenze/superficialità.
    La comunicazione sulla medicina dovrebbe fornire gli strumenti per una maggiore padronanza nelle scelte, consentire di farsi un’opinione specie su argomenti controversi: aumentare la conoscenza come sorgente di potere significa favorire il cosiddetto “empowerment”. Ma come districarsi nel gioco dei dati e come distinguere quelli veri da quelli falsi quando perfino il mondo scientifico cerca sovente attraverso la comunicazione una propria legittimazione, un modo per tutelare i propri interessi? Se questo è il contesto socio-economico-culturale in cui si attua l’informazione, “e se i risultati delle ricerche che determinano le scelte mediche sono spesso esagerati, se non fuorvianti o addirittura falsati”, afferma David Freedman sulla rivista americana The Atlantic, come è possibile informare in maniera corretta? E, ancor di più, come tracciare un netto confine tra informazione/promozione? Si può davvero attribuire tutta la responsabilità ai mass media?
    È vero che il pubblico nutre grandi aspettative nei progressi della medicina, e che vuol essere informato, coinvolto, guidato verso scelte consapevoli. Ma è altrettanto vero che la comunità scientifica
    trasmette un’immagine sempre più risolutiva della medicina. Le
    “trappole” in cui il giornalista inesperto puo’ cadere sono molte.
    Inoltre, nei giornali chi dispone di senso critico viene guardato come
    un “nemico”, uno che intralcia il lavoro. Le notizie, per essere
    “vendute” ai direttori, devono essere clamorose, sensazionali oppure
    stravaganti. Buone o cattive che siano, questo e’ il criterio. Direi,
    per concludere, che da ripensare sia l’intero sistema. Come scrive
    Marcia Angell, nel suo saggio “Pharma&Co.”, e’ il sistema che e’
    marcio.E ne fanno parte tutti. Non solo i giornalsti sprovveduti
    o impreparati.

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