Priorità politiche e salute orale

Guido Benedetti

Le cause dell’international neglect  della salute orale sono analizzate secondo la lente delle quattro aree del potere politico.

Che la salute orale sia una priorità dimenticata lo dicono in tanti, recentemente anche Lancet[1]. Tuttavia questo sembra non preoccupare eccessivamente professionisti, accademie, istituzioni e organizzazioni internazionali. La salute orale non fa eccezione alla tendenza che non sempre vede priorità politiche e di salute pubblica procedere di pari passo; si pensi alla cruda dissonanza che esiste tra i Global Funds per specifiche malattie e quel “genocidio” di circa 8 milioni di bambini sotto i 5 anni che ogni anno si compie per lo più in Africa a causa di diarrea, infezioni respiratorie, malnutrizione e infezioni legate al parto[2-5].

Detto questo, a maggior ragione, sembrerebbe quasi offensivo parlare di salute orale; ma tutto dipende da che cosa intendiamo per salute orale e da come la misuriamo. Secondo quanto ci dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), salute orale significa assenza di dolori cronici alla bocca e al volto, di neoplasie del cavo orale o della gola, di difetti congeniti, di malattia parodontale, carie ed edentulia[6].

Salute orale non vuol dire ciò cui siamo abituati a pensare (sbiancamenti, impianti dentali come se piovesse o denti “dritti”) o almeno non possiamo permetterci di intenderla così finché, tanto per dire[7]:

  • metà delle carie presenti nei paesi ad alto reddito resteranno senza trattamento alcuno (il 98% nei paesi a basso reddito);
  • continueremo a puntare tutto sui trattamenti dentali (le otturazioni, per intenderci) che negli ultimi 40 anni hanno contribuito solo per il 3% della riduzione della patologia cariosa nei ragazzi di dodici anni che vivono nei paesi ad alto reddito;
  • il mal di denti resterà la prima causa di assenteismo scolastico nelle Filippine o, come nel 2000, si perderanno 51 milioni di ore di scuola per lo stesso motivo negli Stati Uniti.

Da questi presupposti si muove un articolo recentemente pubblicato sull’International Dental Journal, “Political priority of global oral health: an analysis of reasons for international neglect”[8].

Gli autori (troppi per esser qui tutti citati) esaminano le ragioni della mancata attenzione politica verso la salute orale servendosi del Political Power Framework (PPF) di Shiffman e Smith[9], uno strumento analitico per indagare quali fattori possano determinare le priorità politiche.

Prima ancora di analizzare le cause di questo “international neglect”, l’articolo ne descrive i sintomi:

  • l’esclusione della salute orale da molti sistemi di Primary Health Care;
  • la mancanza di una ricerca orientata allo sviluppo di sistemi odontoiatrici adatti ai paesi a basso e medio reddito;
  • la continua adesione a modelli di lavoro incentrati sul ruolo dell’odontoiatra;
  • lo scarso interesse nell’analisi delle politiche sanitarie per la salute orale;
  • la mancata attenzione alla salute orale nel contesto dei modelli emergenti di assicurazione socio-sanitaria.

E tutto questo, continuano gli autori, si acuisce nel fallito passaggio da un modello di cure individuali a interventi su base comunitaria e nella fuorviante – ma sempre più forte – idea che gli unici interventi adeguati siano necessariamente anche quelli più tecnologici e costosi.

Le cause dell’international neglect  della salute orale sono analizzate secondo la lente delle quattro aree del potere politico:

  • Il potere delle idee – la salute orale, sono tutti d’accordo, è importante per la salute della persona e il suo benessere nella più ampia accezione ma, di fatto, viene dimenticata. Manca, inoltre, una comune definizione per quel “dimenticata” che permetta di dire quanto, come e dove la salute orale effettivamente lo sia. Istituzioni e organizzazioni del settore finiscono così per averne ciascuna una propria idea senza risultare in un approccio politico al problema comune e coerente.
  • Il potere del problema – mancano, alla salute orale, uniformi e adeguati indici di misurazione della stessa che possano poi, in modo comprensibile, essere capaci di catturare l’attenzione di stakeholders e policy makers (i dati esistenti sul DALY della salute orale non risultano affidabili e semmai parziali); tuttavia esiste l’evidenza per giustificare interventi preventivi su base comunitaria – necessari soprattutto laddove l’approccio curativo non è realisticamente praticabile -, esistono modelli e “pacchetti” d’intervento già riconosciuti dall’OMS ma abbandonati da professionisti e accademie troppo spesso focalizzati su modelli tecnologici, quest’ultimi ben appoggiati dall’industria.
  • Il potere degli attori – molti sono gli attori che a livello internazionale perorano la causa della salute orale (l’OMS, attraverso la Global Oral Health Unit, l’FDI (Fédération Dentaire Internazionale) World Dental Federation, l’International Association for Dental Research, l’International Federation of Dental Education Associations e altre organizzazioni come le associazioni nazionali di categoria) ma, ancora, mancando di mission e visione strategica comune, risultano così in azioni deboli; l’OMS produce alcune delle più autorevoli raccomandazioni ma la sua ormai cronica scarsità di risorse ne impedisce la traduzione in azioni locali; la stessa FDI risulta limitata dal proprio connaturato conflitto d’interessi (la sua base è infatti composta da associazioni di odontoiatri privati che, proprio a partire dalla loro formazione individuo-centrica, mancano di un’adeguata vision per incidere sul burden della salute orale); rari e disorganizzati i gruppi di pazienti/consumatori.
  • Il potere del contesto politico – è quindi evidente che la salute orale sconta una mancata analisi, un aggancio e una sufficiente considerazione nel processo politico della salute. Lo si vede a livello internazionale e lo si riscontra a livello locale.

Leggendo questo lavoro non ho potuto fare a meno di rapportarne, nella mia testa, i contenuti alla realtà italiana. Salta facilmente agli occhi come l’esclusione da un modello di Primary Health Care, il presunto fondamentale ruolo dell’odontoiatra, lo scarso interesse nell’aspetto politico, la spinta continua verso un modello di cura individuale possano riassumere a chiare lettere il modello odontoiatrico italiano. Non solo, tutto questo è pacificamente creduto anche dai professionisti (di salute orale e non) e insegnato nelle accademie e socialmente accettato dalla popolazione (e dai pazienti) come l’unico e migliore modello possibile: l’odontoiatria è così perché è sempre stata così (e allora non può essere altrimenti) e se i denti fanno male è perché non vengono curati abbastanza (o al limite è “colpa” dei nonni che ci hanno passato una genetica svantaggiosa). Ma così manca qualcosa, anzi, il più e il meglio.

 

L’impronta internazionale dell’articolo non deve fuorviarci: certo, il nostro paese può ritenersi esente da molti dei gravissimi problemi clinico-patologici e strutturali che devono ancora affrontare i sistemi sanitari di molti paesi al mondo (lasciando per un momento da parte le disuguaglianze all’interno di singoli paesi), ma dal punto di vista della salute orale non possiamo che constatare la nostra arretratezza; direi che abbiamo un modello di servizio odontoiatrico affatto dissimile da quello di molti paesi a basso e medio reddito, almeno per quanto riguarda equità e impatto dello stesso.

Come mi piace ricordare, che differenza c’è tra non avere odontoiatri (1 ogni 1.200.000 abitanti in Etiopia[7]) o averne in sovrannumero ma non “per tutti”?

 

Che in Italia molte persone non accedano ai servizi odontoiatrici o che non possano permetterseli (perché in gran parte privati) è un dato di fatto (spesso più per la popolazione che per le categorie professionali) che viene riportato come “aneddotico”. Né sembra esistere un vivo interesse politico e accademico a misurare il peso e il bisogno della salute orale nel nostro paese: abbiamo dati nazionali sul peso della carie (e mancano ancora per altre patologie orali) solo per i 4 e i 12 anni [10,11]; gli unici dati disponibili circa l’accesso ai servizi sono l’indagine ISTAT[12] sul ricorso alle cure odontoiatriche da parte della popolazione in Italia (con chiare disuguaglianze per età, reddito e provenienza geografica e l’85% delle prestazioni erogate in forma privata – dati del 2005) e il censimento dei servizi odontoiatrici offerti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) effettuato dal Ministero della Salute grazie al Centro di Collaborazione OMS per l’epidemiologia e l’odontoiatria di comunità di Milano e pubblicato nel 2009[13] (3.500 odontoiatri pubblici a fronte, lo sappiamo, di qualche decina di migliaia privati).

In Italia, odontoiatria e medicina generale, scuola e ogni altro “determinante” della salute orale non riescono a trovare, su scala nazionale, la giusta ed efficace compenetrazione (ricordiamoci che al vaglio degli “esperti” c’è anche la separazione degli ordini professionali tra medici chirurghi e odontoiatri). Inoltre, le associazioni di odontoiatri privati finiscono per divenire referenti diretti dei rappresentanti politici (sono molti gli accordi firmati con il settore privato[13] anche se quest’ultimo, per sua ovvia natura, non potrà mai avere un impatto sulla comunità, tantomeno in senso preventivo).
Tutto questo avviene nell’imperante visione odontoiatrica comune: dei denti ce ne occupiamo quando fanno male, curandoli, e se vogliamo prevenire qualche probema lo facciamo sulla poltrona dello studio dentistico, contro ogni logica di salute pubblica. È come dire che gli infarti si prevengono sul tavolo del chirurgo.

Esistono, fortunatamente, anche buone pratiche (e lucide speranze): il progetto Oral Health, sinergia del Ministero della Salute e del Centro di Collaborazione OMS per l’epidemiologia e l’odontoiatria di comunità di Milano, è un esempio efficace e pertinente. Le ASL (quelle aderenti) sviluppano un modello preventivo integrato, facendo lavorare assieme personale di salute materno-infantile e dentale, e sono già stati raggiunti ottimi risultati, in termine di salute e di sostenibilità.

Gli autori del lavoro pubblicato dall’International Dental Journal si domandano: how is it possible to create momentum for oral health?

Parlano di uno slancio; e anche trovandolo, in Italia, come potremmo utilizzarlo?
Potremmo:

  • avere docenti, i cui profili e curricula siano pertinenti alla medicina e all’odontoiatria di comunità, da inserire nei corsi di laurea di odontoiatria (e magari anche di medicina?);
  • istituire presso il Ministero della Salute un gruppo per la sorveglianza epidemiologica della salute orale e con la precisa mission dell’odontoiatria di comunità;
  • pensare a programmi preventivi di comunità che rispondano a tutti i determinanti di salute;
  • incrementare il numero degli odontoiatri di comunità e degli igienisti dentali (ce li scordiamo sempre ma sono quelli che hanno più di tutti il mandato “per la comunità”) operanti nel SSN;
  • identificare dei livelli di assistenza in comune accordo tra Regioni e i professionisti del SSN, al fine di garantire cure essenziali per i gruppi a più alto rischio (ricordandoci che il rischio segue anche un pattern socio-culturale-economico);
  • riconsiderare il servizio privato, cogliendone i limiti strutturali (l’essere individuo-centrico e avere una naturale e insormontabile barriera all’accesso, quella economica).

Guido Benedetti – odontoiatra, Osservatorio Italiano Salute Globale

Autore di “Mamma che denti! Guida pratica alla salute dei denti del tuo bambino.
Mandragora Editore

 

Bibliografia

  1. Editorial. Oral health: prevention is key. Lancet 2009;373:1
  2. Jones G, Steketee RW, Black RE, Bhutta ZA, Morris SS; Bellagio Child Survival Study Group. How many child deaths can we prevent this year? Lancet. 2003 Jul 5;362(9377):65-71
  3. Maciocco G. Prefazione. In: Osservatorio Italiano Salute Globale. A caro prezzo, le disuguaglianze nella salute. Pisa: Edizioni ETS, 2006
  4. Albonico M. Il mondo delle malattie dimenticate. In: Urbani C. Le malattie dimenticate. Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2004
  5. Tognoni G, Valerio M, Romero M. Salute e diritto. Pensieri per una progettualità di ricerca. In: Osservatorio Italiano Salute Globale. A caro prezzo, le disuguaglianze nella salute. Pisa: Edizioni ETS, 2006
  6. World Health Organization. Health topics, oral health. 2011 [citato 21 agosto 2011].
  7. Beaglehole R, Benzian H, Crail J, Mackay J. The Oral Health Atlas – Mapping a neglected global health issue. Cointrin, Geneve, Switzerland: FDI World Dental Federation, 2009
  8. Benzian H, Hobdell M, Holmgren C, Yee R, Monse B, Barnard JT, van Palenstein Helderman W. Political priority of global oral health: an analysis of reasons for international neglect. Int Dent J. 2011;61:124-30
  9. Shiffman J, Smith S. Generation of political priority for global health initiatives: a framework and case study of maternal mortality. Lancet 2007;370:1370-79.
  10. Campus G, Solinas G, Strohmenger L, et al.; Collaborating Study Group. National pathfinder survey on children’s oral health in Italy: pattern and severity of caries disease in 4-year-olds. Caries Res 2009;43(2):155-62
  11. Campus G, Solinas G, Cagetti MG, Senna A, Minelli L, Majori S, Montagna MT, Reali D, Castiglia P, Strohmenger L. National Pathfinder survey of 12-year-old Children’s Oral Health in Italy. Caries Res 2007;41(6):512-7
  12. ISTAT. Il ricorso alle cure odontoiatriche e la salute dei denti in Italia. 9.12.2008.
  13. Salute della bocca e dei denti. Ministero della Salute, 2011 [citato 23 agosto 2011].

3 commenti

  1. Sono il responsabile del Modulo Dipartimentale di Odontoiatria di Comunità presso l’Area Vasta 2 Ancona ASUR Marche; condivido il contenuto dell’articolo; in questi giorni sto lottando per mantenere uno sparuto gruppo di igienisti dentali rinnovando i loro modesti contratti; devo convincere qualcuno che servono, che la loro attività non è una spesa che non possiamo permetterci e che l’igiene dentale nelle categorie protette, individuate con delibere regionali del 2003, è una prestazione LEA…
    Inoltre siccome siamo solo noi nella regione ad avere igienisti dentali nella struttura odontoiatrica pubblica, siamo noi ad essere anomali perché negli altri posti il servizio di igiene dentale è garantito dagli odontoiatri…
    e pensare che oltre a garantire l’assistenza odontoiatrica alle categorie protette, ci occupiamo di campagne educative nelle scuole e mandiamno quasi regolarmente i nostri dentisti nelle case di riposo e nelle carceri

    Buone Feste

  2. Condivido quanto detto da Guido, e anch’io come responsabile del Centro Odontostomatologico Universitario e docente di Odontoiatria Infantile e Odontoiatria di Comunità presso l’Università di Perugia,nonchè “padre dei “Identisti Deibambini” ho trovato e trovo le stesse difficoltà di Franco.Il centro che dirigo nasce appunto dalla convinzione che il “pubblico” non può delegare ai privati la tutela della salute e questo rende necessario formare una nuova classe di odontoiatri che correttamente “educati” possono affiancarci in questa difficile missione resa ancora piu difficile dall'”insensibilità”e incompetenza di chi è chiamato a investire su scelte politiche che guardano in questa direzione.E’ vero,siamo in pochi,ma anche se siamo pochi possiamo essere determinanti solo se sappiamo unire le nostre esperienze.Allora perchè non costituire una rete per condividere progetti nelle realtà in cui operiamo? E’ l’unico mezzo per essere piu forti anche se siamo in pochi.

    A presto allora!!!Con l’augurio che il 2012 veda trasformati i nostri sogni in realtà.

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