Essential Health Benefits
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- 21 Dicembre 2011
Anche gli USA sono costretti a adottare lo strumento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Proponiamo un’analisi dei criteri e dei metodi per la formulazione e l’aggiornamento di questo strumento.
La crisi economico – finanziaria attuale, che ha avuto inizio nel 2008 sta incidendo pesantemente sui sistemi sanitari. Tuttavia, è bene ricordare che la crisi finanziaria dei sistemi sanitari contemporanei ha avuto inizi e manifestazioni più lontane ed è determinata dalla persistente divaricazione fra il tasso di crescita della domanda sanitaria che, nel medio periodo, risulta essere costantemente superiore al tasso di crescita della ricchezza nazionale, espressa dal prodotto interno lordo.
Se non si risolve questo problema, nel medio – lungo periodo – quale che sia il modello di tutela del diritto salute prescelto – risulterà sempre più elevato il rischio di una sostanziale riduzione (progressiva o catastrofica) del grado di tutela della salute.
La complessità, la centralità e anche l’evolutività del rapporto fra esplicitazione del livello di tutela della salute da garantire alla popolazione e risorse necessarie (o disponibili!) a questo fine sono evidenziabili anche nelle modifiche a questo proposito introdotte dal passaggio fra l’ordinamento definito dalla Legge 833/70 e il Decreto legislativo 502/92[1].
La Legge 833 all’articolo 3 prevedeva che “la legge dello Stato, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale, fissa i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere comunque garantite a tutti i cittadini”.
Il Decreto Legislativo 502 all’articolo 1 adotta una formulazione sensibilmente diversa: “L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal SSN (…) è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al SSN, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di finanza pubblica”.
Quindi, i livelli di assistenza, che nella formulazione adottata dalla legge 833 risultavano essere la variabile indipendente del sistema, tanto da dover essere “comunque” garantiti, nella formulazione adottata dal decreto 502 hanno la stessa forza delle risorse finanziarie destinate al SSN, tanto da dover essere definiti “contestualmente” ad esse o addirittura risultano individuati quale variabile dipendente, in quanto sono subordinati al “rispetto delle compatibilità finanziarie”.
Resta, comunque, fermo che i LEA (livelli essenziali di assistenza) realizzano nell’attuale ordinamento del SSN la funzione di esplicitare gli ambiti di tutela del diritto salute e, quindi, definiscono attraverso quali prestazioni ed a quali condizioni il SSN garantisce la tutela della salute per tutta la popolazione.
Il grado di analiticità e di specificità con i quali sono formulati i LEA, la loro frequenza di aggiornamento e di adeguamento alla evoluzione delle pratiche assistenziali e cliniche, ma anche la trasparenza del nesso fra la determinazione degli stessi LEA e l’entità delle risorse disponibili condizionano fortemente il livello effettivo di tutela della salute.
L’attuale formulazione dei LEA risale al 2001 (DPCM 29 novembre 2001) ed è caratterizzata dalle seguenti criticità:
- inadeguata specificità nell’individuazione dei servizi e delle prestazioni: questo criterio è indispensabile per assicurare trasparenza all’effettivo livello di tutela, nonché uniformità nella sua realizzazione; l’attuale formulazione dei LEA, invece, è fortemente disomogenea al suo interno e non è espressa secondo criteri tassonomici uniformi.
- La mancanza di un periodico aggiornamento non è compatibile con la evoluzione tecnologica, clinica ed organizzativa delle attività; non soltanto non è prevista una tempistica vincolante nella periodicità dell’aggiornamento dei LEA, ma per qualsiasi modifica agli allegati del DPCM del 2001 è necessaria una procedura lunga e complessa: l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
- Non è stato esplicitato un modello trasparente di verifica della corrispondenza fra i contenuti dei LEA e le risorse necessarie e/o disponibili per l’erogazione degli stessi LEA. L’accordo stipulato fra il Governo e le Regioni nell’agosto 2001 non è fondato su un metodo trasparente di quantificazione delle risorse necessarie a fronte dei contenuti esplicitati nei LEA, ma su un’asserzione presuntiva: “una fotografia dell’esistente, un tempo zero al quale le risorse potessero essere definite (complessivamente) congrue rispetto all’attività svolta”[2].
Molto recentemente negli USA è stata affrontata questa stessa esigenza: definire un insieme esplicito di servizi e prestazioni sanitarie e stimarne i relativi costi.
Infatti, la Riforma Obama del sistema sanitario americano tra i suoi obiettivi qualificanti ha previsto l’estensione della copertura assicurativa sanitaria a gran parte dei trenta milioni di cittadini americani che ne sono attualmente privi.
La riforma prevede che sia definito un insieme di servizi sanitari essenziali (Essential Health Benefits Package: EHBP) allo scopo di identificare che cosa includere come essenziale nella copertura assicurativa.
L’Institute of Medicine (IOM), su incarico del Department of Health Services, ha pubblicato un rapporto che non definisce il “package”, ma identifica i criteri ed i metodi per la formulazione e l’aggiornamento dello stesso “package”, sulla base di un principio generale: coniugare un adeguato livello di copertura assicurativa con la sostenibilità dei relativi costi[3].
La predisposizione del rapporto dell’IOM è stata accompagnata da una consultazione pubblica realizzata attraverso due incontri aperti al pubblico e la pubblicazione on-line dei materiali preparatori, al fine di raccogliere osservazioni e proposte.
Il tentativo di coinvolgimento della popolazione nel processo di identificazione dei livelli essenziali di assistenza ha degli illustri precedenti: soluzioni analoghe furono, infatti, utilizzate sia nel primo tentativo di questo genere (realizzato da parte dello Stato dell’Oregon alla fine degli anni Ottanta), sia nella successiva esperienza svedese (1993). La consultazione della popolazione è soprattutto finalizzata a far emergere la gerarchia dei valori prevalente nella popolazione, in quanto è ritenuto uno dei determinanti nel processo di definizione dei livelli di assistenza.
Il rapporto IOM identifica tre criteri prioritari che devono guidare l’inclusione delle prestazioni nel “package”:
- Il grado di “necessità medica”
- Le prove di efficacia disponibili
- I valori individuali e sociali
In particolare, il criterio “necessità medica” esplicitato corrisponde ai servizi ed alle prestazioni che siano:
- clinicamente appropriati per il singolo paziente;
- supportati dalle migliori prove di efficacia, ordinate gerarchicamente in funzione della validità delle stesse prove;
- in grado di produrre benefici di salute superiori rispetto ad ogni altra alternativa[4].
Il rapporto si concretizza in un ampio numero di raccomandazioni: di particolare interesse sono quelle relative alla garanzia di sostenibilità, alla periodicità dell’aggiornamento e alla specificità del “package”.
Al fine di garantire la sostenibilità economica e, quindi, l’equilibrio fra accessibilità ai servizi e relativi costi, il rapporto raccomanda di identificare un “package” il cui costo di erogazione sia compatibile con un livello predefinito di risorse. Gli aggiornamenti periodici del “package” devono essere realizzati in modo che l’incremento di costo del “package” non ecceda il tasso di inflazione. Inoltre, il costo di ogni servizio o prestazione eventualmente aggiunti al “package” deve essere compensato dai risparmi ottenuti attraverso l’eliminazione dei trattamenti non appropriati e/o obsoleti.
La specificità nella formulazione degli EHB è ritenuta indispensabile in quanto incrementa la probabilità che gli utenti ricevano un insieme uniforme di benefici dovunque, nonché consente la verifica della sostenibilità economica. Il rapporto raccomanda l’utilizzo sistematico delle più aggiornate tassonomie nella identificazione del “package”.
L’aggiornamento del “package” dovrebbe avere periodicità annuale e dovrebbe tendere a rendere il “package” stesso pienamente “evidence-based”. Tuttavia, il rapporto segnala che la rigidità nell’applicazione del criterio “necessità medica”, senza considerare le circostanze del singolo caso, non è auspicabile poiché potenzialmente discriminatorio.
La definizione dei livelli di assistenza e la loro periodica manutenzione non è in sé sufficiente per arrestare la crescita della spesa sanitaria, ma è un processo fondamentale sia per esplicitare l’effettivo grado di tutela del diritto salute, sia per favorire la compatibilità economica del sistema sanitario.
Il rapporto dell’IOM è uno strumento di grande valore perché esplicita i nodi teorici e prospetta soluzioni rigorose. Il suo messaggio fondamentale è compiere scelte guidate dalle prove di efficacia e dal valore.
È necessario molto lavoro per sviluppare metodi rigorosi per gli studi comparativi di efficacia, i cui risultati possano guidare le scelte di politica sanitaria: a questo fine, abbiamo bisogno soprattutto di individuare ed adottare metodi più validi per incorporare in quegli studi i costi[5].
Tommaso Langiano. Direttore Generale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer, Firenze
Risorsa
Institute of Medicine (IOM). Essential Health Benefits – Balancing coverage and cost [PDF: 410 Kb]. Washington, DC: The National Academies Press (Prepublication copy), 2011.
Bibliografia
- Taroni F. Tempi moderni. Politiche sanitarie 2011; 12: 56.
- Arcà S. I livelli essenziali di assistenza. Tendenze nuove 2003; 4-5 : 355.
- Institute of Medicine (IOM). Essential Health Benefits – Balancing coverage and cost. Washington, DC: The National Academies Press (Prepublication copy), 2011.
- Iglehart JK. Defining Essential Health Benefits – The view from the IOM Committee. NEJM 2011; 365: 1461.
- Patel K. Essential Health Benefits: Balancing costs, coverage and necessity. Health Affairs Blog, 14.10.2011.
L’analisi sui livelli essenziali di assistenza deve essere effettuata nel contesto attuale caratterizzato da sprechi per interventi inappropriati o inutili anche in seguito allo sviluppo del “disease mongering”. Tali sprechi si stima ammontino al 30% della spesa sanitaria. La stessa cosidetta crisi economico-finanziaria non è conseguenza di un influsso astrale ma piuttosto la risultante di una profonda distorsione del mercato che ha la stessa origine ideologica che sta alla base degli sprechi. Non era insensata l’assenza di condizioni nel definire le prestazioni sanitarie da garantire a tutti da parte della legge833/78 se si considera che la salute per tutti era l’obiettivo da perseguire e da verificare con appropriati indicatori e sistemi di valutazione (obiettivi, indicatori e sistemi di valutazione mai definiti e promossi dopo il varo della legge, per scelte politiche pesantemente influenzate dalle corporazioni che hanno visto come fumo negli occhi la legge di riforma che contestava alla radice l’autoreferenzialità dei tecnici).
E sta alla comunità stabilire come ripartire le risorse pubbliche che derivano dalle tasse, compreso lo stesso livello di tassazione, sempre che ci sia trasparenza e consapevolezza. Non a caso l’autorità sanitaria passa dall’ufficiale sanitario al sindaco, che presiede la conferenza sanitaria locale mai fatta seriamente funzionare.
Inoltre, non va dimenticato che la legge di riforma aveva come fondamento un impegno decisivo nella promozione della salute, che ha come obiettivo l’aumentata capacità di controllo sul proprio stato di salute da parte delle persone e delle comunità.
Tanto per fare un esempio, quando si opera, nonostante il 95% delle mamme desideri allattare al seno, per impedire l’avvio corretto dell’allattamento al seno (meno del 5% sono i punti nascita classificati come “amici dei bambini”) si opera per danni alla salute a breve, media e lunga distanza, danni che devono essere presi in carico ed eventualmente trattati con interventi non infrequentemente inappropriati. Sono evidenti quali interessi economici stanno dietro tali dinamiche. Se si riflette sull’effetto di disempowerment nei confronti sia della mamma che del bambino (per quest’ultimo ancora più grave perchè si tratta della prima e unica espressione di competenza che viene inibita) si comprende come non si promuova la salute in termini di aumento di capacità di controllo e si disponga le persone ad accettare più o meno supinamente le offerte di chi traduce un bisogno percepito di salute in domanda, che l’inappropriatezza dilagante dimostra essere orientata non al raggiungimento di migliore salute (di qui l’ostracismo radicale verso ogni forma di valutazione di esito: tanto se le cose vanno bene è merito del taumaturgo, se vanno male è il corso della natura, nella migliore delle ipotesi, è colpa della persona, nella peggiore).
Per la valutazione della qualità basterebbe partire dalla verifica se il sitema sanitario riduce gli effetti sulla salute delle disuguaglianze sociali. Qualunque differenziale degli indicatori di esito per livello sociale sta a indicare che si sta lavorando male. Non è un caso che le persone meno abbienti sono maggiormente esposte a interventi inappropriati e meno esposte a quelli appropriati.
Michele Grandolfo