Immigrazione in Grecia. Dagli all’Untore
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- 3 Maggio 2012
Maurizio Marceca e Eleni Mavromatidi
Nella sofferenza l’uomo riesce a dare il meglio di sé. Oppure no. Nel mezzo della crisi più grave, il governo greco decide di adottare misure sanitarie eccezionali contro gli ‘Untori’ immigrati e per farlo si affida a poliziotti, infettivologi e centri ospedalieri. Col plauso di Borghezio.
Primo aprile 2012 (ma non è un pesce d’aprile). I ministri greci della sanità, Mr. Loverdos, e degli interni, Mr. Chrisochoidis, annunciano in una conferenza stampa della domenica sera un progetto finalizzato alla protezione della salute pubblica dai rischi recati dagli immigrati illegali, che sarà oggetto di un futuro provvedimento legislativo[1,2,3].
Secondo i due ministri, il problema dell’immigrazione (in particolare di quella illegale nel centro di Atene) è una “bomba sanitaria pronta a esplodere”; il circa milione di immigrati che vive in Grecia (la maggior parte dei quali illegalmente) ha creato immensi problemi alla salute e sicurezza pubbliche; malattie precedentemente scomparse, come la lebbra, la sifilide e il colera sono drammaticamente aumentate, e ciò è dovuto all’ingresso incontrollato di immigrati illegali dall’Africa e dall’Asia[2,4]. I due ministri hanno sottolineato, ad esempio, che i casi di AIDS sono cresciuti del 1.000 %, in un contesto in cui sono registrati 620 bordelli privi di licenza[3].
La soluzione a questa situazione è stata individuata nel ‘Certificato di Salute’, un documento rilasciato dal Centro di Prevenzione e Controllo delle Malattie (KEELPNO; in inglese HCDCP) che, a regime, dovrà essere in possesso di tutti gli immigrati.
Il progetto si basa su 6 linee principali di azione:
- ricercare e identificare le malattie diffusive portate da parte degli immigrati che entrano nel paese illegalmente;
- rendere obbligatori i controlli sanitari per tutti gli immigrati e non selettivamente per alcuni, come è accaduto finora;
- creare all’interno degli ospedali speciali aree di sorveglianza, sotto il controllo della polizia, degli immigrati con diagnosi di patologia infettiva contagiosa;
- non permettere agli immigrati con patologie infettive trasmissibili di svolgere lavori che possano influire sulla salute pubblica;
- gruppi di poliziotti, insieme con lo staff del KEELPNO effettueranno i controlli sanitari sugli immigrati illegali;
- istituire una linea telefonica cui ogni cittadino si possa rivolgere segnalando luoghi o appartamenti dove gli immigrati vivono in condizioni di sovraffollamento e di scarsa igiene, o luoghi in cui si radunano, e che possono originare epidemie[4].
Il certificato di salute sarà richiesto a tutti gli immigrati che cercano lavoro, a quelli che fanno richiesta di asilo e a chiunque voglia rimanere nel paese. Ispezioni sanitarie e di igiene cominceranno immediatamente sull’intera popolazione immigrata[3]. È stato anche annunciato che la proposta di aprire tre nuovi centri ospedalieri per immigrati verrà immediatamente sottoposta alla discussione in Parlamento[4]. Misure per ‘dare un giro di vite’ all’attuale immigrazione illegale saranno attuate più vigorosamente. I proprietari di appartamenti che consentono ad immigrati illegali di viverci, così come loro datori di lavoro, verranno perseguiti severamente[2].
Inoltre, la nuova regolamentazione non permetterà ad alcun cittadino di offrire lavoro o alloggio a qualunque immigrato sofferente di una malattia infettiva e comunque “ai datori di lavoro sarà permesso di impiegare solo quegli immigrati che sono in possesso del certificato di salute”. Per tutti quelli che già danno lavoro a stranieri, sono concessi tre mesi di tempo per espletare tutte le procedure necessarie a farglielo ottenere[4].
A partire dal 1° luglio 2012, tutti gli immigrati dovranno essere in possesso del certificato di salute, in cui saranno indicati: la nazionalità; il cognome, il nome ed il nome del padre; la data ed il luogo di nascita; il domicilio; la fotografia e le impronte digitali.
I ministri hanno anche annunciato che entro aprile inizierà ad operare il primo centro di accoglienza per immigrati illegali, per poi creare un totale di 30 centri, 3 in ciascuna delle zone amministrative del paese, per arrivare a ospitare fino a mille immigrati. Gli immigrati illegali, hanno affermato i due ministri, vi saranno trattenuti per un periodo limitato di tempo, fino a che le procedure di espatrio non saranno completate[3].
Fin qui i fatti che è possibile ricostruire attraverso le fonti di informazioni greche.
Inevitabile porsi una serie di domande: quali sono i dati scientifici a disposizione del governo che dimostrano l’esistenza di un rischio infettivologico portato dagli immigrati presenti in Grecia, ed eventualmente per quali malattie? Quali le prove di evidenza scientifica, la famosa EBM, o meglio EBP (Evidence Based Prevention), che controlli ‘a tappeto’, che vadano ad indagare (si presume) tutte le principali patologie trasmissibili, rappresentino misure efficaci di sanità pubblica? E francamente, visto l’enorme potenziale volume di indagini diagnostiche da espletare, quali le ricerche costi/efficacia disponibili? Tutto ciò appare grottesco considerando l’attuale situazione economica di quel paese e le sue prospettive future a qualche anno.
Temiamo di avere già la risposta: non sono disponibili prove scientifiche affidabili che supportino questi indirizzi di sanità pubblica.
L’impressione immediata è quella di un deja vú: già nei primi anni ’90 in Italia diversi mezzi di comunicazione di massa, attraverso servizi e articoli privi di ogni scientificità e improntati all’allarmismo, orientavano l’opinione pubblica a farsi persuasa che gli immigrati rappresentassero un serio rischio di importazione di malattie infettive.
L’impostazione data dai due ministri greci citati (ma la ‘imputiamo’ prevalentemente a quello della Sanità) è sovrapponibile a quella che, a suo tempo (correvano gli anni 1991-1992) fu data dall’allora Ministro della Sanità De Lorenzo. Questi, al fine di definire strategie di sanità pubblica adeguate rispetto al ‘problema’ dell’immigrazione, istituì la prima Commissione di studio sulla salute degli immigrati così composta: tropicalisti, infettivologi, un medico del turismo e … un veterinario! In quegli anni furono presentate varie proposte di controlli sanitari alle frontiere, screening obbligatori, certificati specifici per ottenere il visto, fortunatamente arenate.
I dati scientifici che, pur nelle difficoltà tecnico-organizzative, venivano nel frattempo raccolti, non erano infatti tali da giustificare questi provvedimenti… così come non lo sono a tutt’oggi!
Per tornare al caso greco, basti solo un esempio a dimostrazione di quanto ‘precarie’ possano essere le presunte giustificazioni scientifiche addotte dai decisori: cercando verifiche sull’affermazione relativa all’andamento dei casi di AIDS sul Rapporto annuale del KEELPNO relativo alla sorveglianza dell’HIV/AIDS al 31.12.2011, non abbiamo trovato il dato riferito dai ministri (aumento del 1.000%), ma quello che nei tossicodipendenti da droghe iniettabili l’AIDS è aumentato del 1.500%; nella popolazione generale il Rapporto riferisce (pag. 13) invece che l’aumento di AIDS in totale dal 2010 al 2011 è stato del 57%. Nessun dato disaggregato è disponibile con riferimento alla popolazione straniera, per cui ne deriva che uno dei principali argomenti a sostegno della decisione di introdurre tutti questi controlli risulta totalmente arbitrario [5].
Nella parte specificamente dedicata alle malattie trasmissibili di un volume recentemente pubblicato nella serie dello European Observatory on Health Systems and Policies dal titolo “Migration and health in the European Union”, gli autori, tirando le conclusioni, sottolineano che: “la gran parte dell’evidenza disponibile deriva da dati registrati e non tiene conto di potenziali fattori confondenti, quali lo svantaggio socioeconomico; per di più, le definizioni di migranti variano grandemente e i dati sull’incidenza e la prevalenza delle malattie tra i migranti sono lacunosi. Dappertutto, in Europa, alcune categorie di migranti sembrano essere a particolare rischio di malattie trasmissibili, particolarmente TB, infezioni HIV trasmesse tra partner eterosessuali ed epatite virale; tuttavia, sarebbe sbagliato percepire gli immigrati primariamente come una minaccia di patologie infettive alla popolazione non-migrante. Inoltre, i benefici individuali e di sanità pubblica, così come la costo-efficacia, di screening per malattie infettive specifiche rivolti a tutti gli immigrati arrivati, o almeno a quelli da paesi ad alta endemia, rimangono aperti a dubbi considerevoli. Di particolare rilevanza sono i diritti umani degli immigrati e la loro possibilità di accedere a interventi tempestivi, efficaci e continuativi di natura curativa e preventiva Le infezioni eventualmente acquisite nel paese ospite possono essere dovute alle condizioni di indigenza dei migranti (ad es. nel caso delle infezioni tubercolari) o ad insufficiente informazione sull’importanza delle misure preventive (ad es. incomplete vaccinazioni nei bambini immigrati). Il miglioramento delle condizioni di vita dei migranti e della loro accessibilità a servizi sanitari appropriati, inclusa l’offerta di programmi di prevenzione specifici per i migranti e di materiale informativo, può plausibilmente portare tanto ad una riduzione e ad una migliore gestione delle patologie infettive tra gli immigrati quanto ad una riduzione nell’incidenza e prevalenza delle malattie infettive in generale nel territorio europeo”[6].
Ciliegina sulla torta: lunedì 2 aprile (e siamo già fuori dal famoso ‘pesce’…) l’europarlamentare della Lega Borghezio, assurto alla fama nazionale per diverse prese di posizione relative alle politiche sull’immigrazione che ritiene giusto e necessario adottare in Italia e in Europa, rilancia la notizia dell’iniziativa greca (e gliene siamo grati altrimenti avremmo rischiato di farcela scappare). Attraverso l’agenzia di stampa AgenParl apprendiamo le sue seguenti dichiarazioni: “La presenza di circa un milione di immigrati, legali o meno, ha fatto sì che in Grecia sono ricomparse malattie che si pensavano debellate: per tale motivo da oggi tutti gli immigrati sono obbligati ad avere un certificato sanitario che ne attesti le condizioni di salute, i quali, in caso di positività, saranno accompagnati in uno dei centri creati appositamente negli ospedali. Qualcuno in casa nostra, di fronte ad analoghe richieste formulate negli anni dalla Lega, ci ha accusati di proporre norme troppo dure e che non sarebbero state avvallate dell’Ue. Ora che uno Stato membro dell’Ue ha il coraggio di attuarle responsabilmente, cosa diranno i ‘tartufi’ di casa nostra?” [7].
Viene solo da commentare che c’è chi usa irresponsabilmente l’avverbio ‘responsabilmente’… quanto poi alla profumata citazione, vuoi vedere che il ‘nostro’ è così colto da alludere all’ “ipocrisia untuosa e spregiudicata dei frati-tartufi, figura chiave in tutta la tradizione novellistica da Boccaccio in poi?”[8].
Maurizio Marceca, Sapienza Università di Roma, Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM)
Eleni Mavromatidi, Società italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM)
- Compulsory health checks for migrants. Kathimerini, 01.04.2012
- Nikolas C. Greece to tackle problem of migrant communicable diseases. digitaljournal.com 01.04.2012
- AMNA. Immigration problem must be faced, ministers stress. Athensnews.gr 02.04.2012
- Health Certificate for Immigrants. Protothema.gr, 01.04.2012
- Ministry of Health and Social Solidarity. Hellenic Center for Disease Control and Prevention. HIV/AIDS Surveillance in Greece [PDF: 1,8 Mb]. Data reported through 31.12.2011.
- Wörmann T, Krämer A. Communicable diseases. In: Rechel B, Mladovsky P, Devillé W, Rijks B, Petrova-Benedict R, McKee M. Migration and health in the European Union. European Observatory on Health Systems and Policies Series. Maidenhead (England), McGraw-Hill, 2011: 121-138
- AgenParl (Agenzia Parlamentare per l’informazione politica ed economica). Immigrazione: Borghezio (LNP), prendiamo esempio dalla Grecia schediamoli anche noi. Agenparl.it, 02.04.2012
- Anonimo. Dante Alighieri: opere di dubbia attribuzione.
Non è una vecchia strategia, quando i paesi affrontano gravi problemi, costruire un nuovo problema legato ad un gruppo specifico della popolazione e focalizzare sulle paure delle persone?
Chi avrà il compito di rilasciare i certificati, saprà riconoscere le varie malattie tropicali e distinguere i casi effettivi?
La minaccia che le persone con certe malattie identificate durante il processo sarà mandate via, peggiorerà l’illegalità e il tentativo di nascondere delle persone.
Storia da segnalare a Naomi Klein per la prossima edizione di Shock Economy. Della serie: non predere mai la buona occasione per dare una mazzata ai poveri cristi.
La storia si ripete con le sue costanti, come nota Sunil ed è raccapricciante il mix di protervia, arroganza del potere, ignoranza strumentale e mistificazione, accanimento verso i più deboli alla ricerca di improbabili capri espiatori per deviare l’attenzione dalle vere cause della crisi.
Spero vivamente che il tessuto sociale reagisca e sappia opporsi in qualche modo come è avvenuto qui da noi con la campagna ” Noi non segnaliamo”. Certo è che in Italia è stato possibile rigettare l’oscena proposta di segnalazione perchè si è realizzato negli anni un paziente e capillare lavoro di accoglienza, informazione, sensibilizzazione e pressioni sulle istituzioni, studio e ricerca che ha attivato singoli e gruppi in modo trasversale e variegato sul territorio. Le reti poi, formali come la SIMM o i GRIS e quelle informali più fluide e aperte al momento opportuno hanno saputo reagire attivando una mobilitazione generalizzata perchè il terreno era pronto nei territori dal profondo sud all’estremo nord. Mi chiedo se nel tessuto sociale greco siano presenti analoghi anticorpi perchè, se l’operazione di innesco di una guerra fra poveri riesce, la crisi non può che approfondirsi e avvitarsi su se stessa.
la prevenzione se è strategia di sanità pubblica, deve interessare tutta la popolazione e non essere ad hoc. non si può ghettizzare il problema agli immigrati irregolari … ed i riferiti bordelli non contollati? ribadisco cose già dette, temo profondamente questo momento storico di incontrollati disvalori. spero che chi fa sanità pubblica, chi guarda alla prevenzione reale, alla presa in carico del bisogno assistenziale, adotti criteri corretti scientificamente e non da stato di polizia, cosa che collide con la scienza medica ed ancor più con le startegie preventive.