Complessità, parola d’ordine del mondo globalizzato

Enrico Materia e Giovanni Baglio

Partecipazione delle comunità, equità, intersettorialità e utilizzo di tecnologie appropriate – i principi cardine della Primary Health Care – rimandano alla complessità epistemologica e sociale.

L’umore culturale tende a prendere sempre più le distanze dal razionalismo positivista e dal riduzionismo semplificante che ha caratterizzato la Modernità, intesa come impalcatura che ha impregnato la filosofia e la scienza per più di tre secoli, da Cartesio, Newton e Kant fino ai nostri giorni.

Al cospetto di una realtà pluralista e imprevedibile lo spirito del tempo tende oggi a rispecchiarsi nella “complessità”, un concetto che si adatta alle nuove istanze conoscitive per le quali molteplicità e incertezza non sono più fenomeni da imbrigliare, quanto piuttosto dimensioni da valorizzare, in quanto indissolubilmente legati alla vita stessa e alla biodiversità[1].

Il mutamento di prospettiva (di paradigma, in questo caso si può dire) si è fatto strada anche tra le discipline biomediche e nel settore sanitario [2,3] e riguarda da vicino anche la salute globale. Questa stessa nozione sembra espressione della nuova visione del mondo: un campo interdisciplinare, con affluenze provenienti dalle scienze sociali, naturali e umane, che prende in esame la molteplicità degli attori e dei temi della salute – dalle migrazioni ai conflitti, dai diritti umani al ruolo del commercio e all’accesso ai farmaci [4].

Rafforzamento dei sistemi sanitari

I sistemi sanitari sono oggi considerati come organizzazioni adattative complesse, al pari degli organismi viventi e dei sistemi ecologici, economici e sociali, che non è sufficiente analizzare o modificare con approcci selettivi tesi alla scomposizione nei singoli elementi costitutivi (nel caso dei sistemi sanitari: i sei blocchi proposti dall’OMS[6]).

Le caratteristiche dei sistemi complessi consistono in un’elevata capacità di auto-organizzazione e adattamento agli stimoli esterni, e nella coesistenza di determinismo e di imprevedibilità a diversi livelli di organizzazione. L’approccio System Thinking per il rafforzamento dei sistemi sanitari[6] riconosce la complessità intrinseca dei sistemi stessi con la loro architettura dinamica di interazioni e sinergie. Le interconnessioni tra le varie componenti rendono i sistemi sanitari molto sensibili ai cambiamenti prodotti in qualsiasi parte del sistema, con possibili fallimenti di fronte a soluzioni apparentemente ovvie. Di qui la necessità di decifrarne la complessità attraverso un percorso integrato di strumenti e approcci (composto da “dieci passi”)[6] che prevede il coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse, la concettualizzazione dei potenziali effetti di un intervento e la stretta integrazione operativa tra intervento e valutazione.

Definizione di salute

La salute è oggi intesa come capacità di adattamento – una caratteristica precipua dei sistemi complessi – e di autogestione a fronte dei cambiamenti fisici, emozionali e sociali cui va incontro la persona[7-9]. Non è solo il cambiamento epidemiologico intercorso a livello globale (l’aumentata prevalenza delle malattie croniche), l’allungamento della vita media e il contributo (sia pure involontario) alla medicalizzazione della società a rendere impraticabile la definizione OMS, ma anche il bisogno di allontanarsi dall’impronta positivista e assolutista (“completo benessere fisico, mentale e sociale”). Di più, la nuova formulazione non intende presentarsi come una definizione, che richiede confini netti e implica il tentativo di arrivo a un significato preciso, quanto come quadro concettuale[7]in sintonia con la nuova epistemologia che rifiuta le demarcazioni e il principio logico di non-contraddizione.

Primary Health Care

L’OMS ha di recente riproposto l’approccio della Primary Health Care come piattaforma per l’organizzazione dei servizi e lo sviluppo sanitario [10], già promosso negli anni ’70 alla storica Conferenza di Alma Ata. Partecipazione delle comunità, equità, intersettorialità e utilizzo di tecnologie appropriate – i principi cardine della PHC – rimandano alla complessità epistemologica e sociale. La storica contrapposizione tra strategie dell’OMS e della Banca Mondiale nell’arena della salute globale può essere letta come uno scontro tra prospettive epistemologiche e non solo politico-ideologico: da una parte gli approcci comprensivi, i programmi integrati, l’importanza del contesto locale e la prospettiva olistica della salute richiamano una visione complessa della realtà e dello sviluppo; dall’altra, gli approcci selettivi, i programmi verticali, l’orientamento alle malattie invece che alla persona, l’enfasi ossessiva sul parametro astratto costo-efficacia e le ricette pre-definite (one fits all) da proporre ovunque come su tabula rasa, hanno un chiaro sapore di vecchia Modernità. “La versione di razionalità che sostiene il programma filosofico della Modernità si basa su tre pilastri – scriveva lo storico delle idee Stephan Toulmin in Cosmopolis – certezza, sistematicità e tabula rasa” [11].

Aiuto allo sviluppo

L’OMS afferma che “l’agenda dell’efficacia dell’aiuto allo sviluppo riguarda la gestione della complessità”[12], con l’architettura dell’aiuto frammentata in più di 53.000 enti che si occupano a vario titolo di cooperazione allo sviluppo. Al processo di allineamento alle politiche nazionali e di armonizzazione tra donatori iniziato a Parigi e ad Accra per migliorare l’efficacia dell’aiuto, è sottesa una visione complessa della realtà con parole d’ordine quali molteplicità, integrazione, contesto. In questa prospettiva sono orientate le correnti politiche di aiuto allo sviluppo con slogan (delivering as one) che riportano alla sfaccettata unitarietà della realtà.

Questa impostazione sembra aver ispirato anche la strategia del Wide-Sector Approch (SWAP) per il finanziamento congiunto delle priorità sanitarie definite a livello paese, nonché l’approccio dell’International Health Partnership con gli Health Compacts realizzati recentemente in vari paesi a basso reddito, tra cui Etiopia e Mozambico, sulla base dei piani sanitari nazionali. Più in generale, la politica di molti donatori soprattutto pubblici, a iniziare dall’Unione Europea, ha negli ultimi anni assunto una fisionomia basata su fondi unici e programmi integrati che superano la logica parcellizzante dei singoli progetti con elevati costi di transazione.

Enrico Materia e Giovanni Baglio. Lazio Sanità – Agenzia di Sanità Pubblica

 

Bibliografia

  1. Morin E. Epistémologie. La complexité. Revue internationale des sciences sociales 1974; 26: 607-634.
  2. Materia E, Baglio G. Health, science and complexity. J Epidemiol Community Health 2005; 59: 534-5.
  3. Baglio G, Materia E. La condizione postmoderna e le traiettorie della complessità. In: Geraci S, Gnolfo F. In Rete per la salute degli immigrati. pp 12-23. Bologna: Ed. Pendagron, 2012
  4. Global Heath. Kings College London. Overview -Online prospectus.mht
  5. World Health Organisation. Everybody’s business: strengthening health system to improve health outcomes: WHO’s framework for action. Geneva: WHO, 2007.
  6. De Savigny D and Adam T (Eds). Systems thinking for health systems strengthening. Alliance for Health Policy and Systems Research, WHO, 2009.
  7. Huber et al. How we should define health? BMJ 2011; 343: d4163.
  8. What is health? The ability to adapt [editorial]. Lancet 2009; 373: 781.
  9. Baglio G, Materia E. La salute come capacità di adattamento. www.saluteinternazionale.info 12 luglio 2009.
  10. The World Health Report 2008. Primary Health Care, Now More Than Ever. Geneva: WHO, 2008.
  11. Toulmin S. Cosmopolis. Milano: Rizzoli, 1991.
  12. Dodd R et al. Aid effectiveness and health. Making Health System Work – Working paper n° 9.  World Health Organisation 2007.

2 commenti

  1. Complesso non vuol dire necessariamente complicato! Dipende dalla capacità di scomporre lo scenario in problemi risolvibili, senza perdere di vista l’insieme. Assicurare la salute ad una popolazione richiede senza dubbio un sistema complesso. Purtroppo è da anni che con l’invenzione di partnership, iniziative tra loro sconnesse (salvo poi promuovere nuovi coordinamenti) e nuove organizzazioni si è fatto di tutto per rendere più difficile e complicata la gestione della sanità (e non solo) nei paesi più svantaggiati.
    Buona la scelta dei SWAp (con le dovute precauzioni), ma diversi paesi che pure s’impegnano in quell’approccio poi continuano a mantenere progetti autonomi prallelamente all’approccio SWAp.

  2. L’approccio sistemico alla complessità in sanità è quanto mai necessario e moderno poichè non solo è costo – efficace ( grazie all’integrazione delle organizzazioni e al buon uso delle risorse ) ma presuppone che tale integrazione e quindi collaborazione sia presente all’interno delle stesse organizzazioni che si muovono in un contesto complesso, anche quello. Questo crea organizzazioni elastiche, in sviluppo, fatte di persone che vengono valorizzate e non sfruttate. Una tendenza che forse viaggia al contrario rispetto al mondo del lavoro come è oggi.

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