La Cina è vicina
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- 20 Giugno 2012
Gavino Maciocco
In Cina le riforme attuate negli ultimi anni non hanno di fatto protetto le famiglie dalle spese catastrofiche subite a causa del pagamento delle prestazioni sanitarie. Anzi la spesa sanitaria out-of-pocket sta crescendo rapidamente, perché il sistema (comprese le remunerazioni dei medici) è interamente basato sul profitto. Così l’esasperazione dei cittadini si scarica sugli ospedali, con diffusi episodi di vandalismo, ma soprattutto sui medici sempre più frequentemente oggetto di episodi di violenza. “Al tempo dei miei genitori – scrive uno studente di medicina – la professione medica era una carriera ammirata e rispettata. Oggi non più”.
“La Cina è vicina” è il titolo di un film di Marco Bellocchio (1967): una mordace satira di un certo maoismo nostrano al tempo della rivoluzione culturale cinese.
Il titolo del film (non il suo contenuto) mi è venuto in mente leggendo un recente editoriale di Lancet, dove si denuncia il crescente clima di aggressività contro i medici cinesi, e ripensando a quanto, mesi fa, pubblicato sul sito dell’Ordine dei medici di Udine dopo la notizia dell’aggressione di un medico del pronto soccorso dell’ospedale S. Filippo Neri di Roma: “E’ l’ennesimo episodio di violenza nei confronti di un medico che induce a dire un secco : BASTA! Queste aggressioni quotidiane che vanno dalle invettive, alle violenze verbali, alla violenza fisica fino alla morte non sono più tollerabili. Non si vede per quale motivo le forze dell’Ordine devono essere tutelate con la previsione del reato di resistenza a pubblico ufficiale e gli operatori sanitari non devono avere pari tutela nell’esercizio di una funzione di pubblica utilità. Fermo restando la comprensione e la solidarietà per chi subisce un dolore per un grave lutto non si possono accettare queste forme di grande inciviltà che affondano le radici in un tessuto sociale sempre più privo di valori etici e rispetto per le persone”.
Ma dalla lettura dell’editoriale[1], e di una lettera al direttore di Lancet da parte di uno studente di medicina cinese[2], si capisce che la situazione di violenza a danno dei medici e delle stesse strutture sanitarie in Cina – per quantità e gravità – non è paragonabile a quella italiana.
“Ci sono molte possibili ragioni perché i medici cinesi sono sotto minaccia. Queste cause sono sistemiche – si legge nel citato editoriale -: gli scarsi investimenti nel sistema sanitario e nella formazione e nella remunerazione dei dottori, che può condurre a errori medici, corruzione e incomunicabilità tra professionisti e pazienti. Altri fattori sono culturali e riguardano la copertura negativa della stampa nei confronti dei medici, le scarse conoscenze mediche e le aspettative irrealistiche della popolazione, a cui si aggiungono le spese catastrofiche che le famiglie subiscono a causa delle cure mediche”.
“I rapporti deteriorati tra medici e pazienti stanno trasformando la pratica medica in Cina in un lavoro ad alto rischio – afferma lo studente Li Jie. Ciò sta cominciando a influenzare la prossima generazione di dottori. Come studente in medicina cinese mi pento di aver scelto gli studi medici. Ho scoperto che molti studenti vicini a me non volevano iscriversi a medicina, ma sono stati forzati a farlo su pressione dei loro parenti. Al tempo dei miei genitori la professione medica era una carriera ammirata e rispettata. Oggi non più. La nuova generazione di medici cinesi si sente perduta, conclude Li Jie; essi non sanno se continuare o meno gli studi, e come affrontare la complessa e difficile relazione con i loro pazienti”.
Salute Internazionale, fin dall’inizio delle sue pubblicazioni ha seguito da vicino la situazione in rapido movimento del sistema sanitario cinese (vedi Dossier Cina) e in questa newsletter riportiamo il primo (2.3.2009) e l’ultimo (28.5.2012) post della serie, che sottolinea (too little, too late) come le riforme attuate negli ultimi anni non hanno di fatto protetto le famiglie dalle spese catastrofiche subite a causa del pagamento delle prestazioni sanitarie.
Anzi – osserva un altro editoriale di Lancet – nonostante che la copertura dell’assicurazione sanitaria abbia raggiunto nel 2011 la percentuale del 95,7% della popolazione, la spesa sanitaria out-of-pocket sta crescendo rapidamente, perché il sistema (comprese le remunerazioni dei medici) è interamente basato sul profitto[3].
La Cina è lontana. O forse no. Più di 9 milioni di italiani – rileva il Censis – dichiarano di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche. 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni risiedono nel Mezzogiorno (vedi: Crisi sociale e salute).