La Sanità di Iniziativa attraverso gli occhi dei pazienti

Anna Maria Murante

I risultati dell’applicazione del Chronic Care Model in Toscana.  Il 73 % dei pazienti dichiara che l’assistenza complessiva è migliorata e ora è in grado di gestire meglio la propria malattia. Il 67% dei pazienti dichiara che il suo stato di salute è migliorato.


Era il 1997 quando Edward Wagner portava la comunità scientifica a riflettere sui principali ostacoli che i sistemi sanitari incontrano nel dare risposta ai bisogni dei pazienti cronici, sui punti di forza e debolezza dei numerosi approcci assistenziali in uso in quegli anni e sugli effetti che le strategie adottate hanno sui pazienti cronici[1]. Dal dibattito che ne scaturì prese a delinearsi negli USA una nuova idea di assistenza per i pazienti cronici, poi tradotta nel modello organizzativo-assistenziale oggi noto a tutti come il Chronic Care Model. Un modello che ha nel self-management, decision support, delivery system design e clinical information system le sue principali componenti (Figura 1), e la cui implementazione dimostra sin da subito di poter assicurare migliori risultati in termini di processo e di outcome, oltreché una riduzione dei costi e degli accessi inappropriati ai servizi[2,3]. Questo modello viene presto esportato oltre oceano, arrivando ad essere applicato anche in alcune regioni italiane come la Toscana.

Figura 1. Il Chronic Care Model

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Con il Piano Sanitario Regionale 2008-2010 la Regione Toscana pone infatti le basi per un rinnovamento organizzativo e culturale che segna un cambio di rotta nell’assistenza dei pazienti cronici, definendo la strategia per il prossimo futuro: passare da una medicina d’attesa, re-attiva e pensata per i pazienti in fase acuta, ad una sanità che – basandosi sul modello del Chronic Care Model (vedi Assistere le persone con condizioni croniche) – va incontro al paziente, in maniera pro-attiva e programmata per «[…] assumere il bisogno di salute prima che la malattia cronica insorga, si manifesti o si aggravi […]». Nasce così la Sanità di Iniziativa, che muove i suoi primi passi nel 2010, quando 627 medici di famiglia, organizzati in 56 moduli multiprofessionali (composti oltre che dai medici di famiglia, anche da infermieri e operatori socio sanitari), aderiscono alla fase pilota del progetto (attualmente i medici che aderiscono al progetto sono oltre mille, circa il 38 % del totale dei mmg toscani). A livello regionale vengono definiti obiettivi chiari tanto per i moduli, il cui raggiungimento è monitorato con un set di indicatori (DGR 355 del 22/03/2010), che per i direttori generali delle aziende sanitarie, che a questi vedono legati una quota percentuale degli incentivi annuali.

I risultati che si ottengono dall’attività di monitoraggio sul processo e sugli outcome sulla base dei dati forniti direttamente dai moduli (che alimentano gli indicatori sopra citati) e sulla base della banca dati MaCro dell’Agenzia sanitaria regionale (ARS Toscana), da quest’anno sono completati dai risultati sull’esperienza dei pazienti presi in carico.

Tra febbraio e luglio 2012 è stata infatti condotta un’indagine telefonica (secondo la metodologia Computer Assisted Telephone Interviewing) tra i pazienti presi in carico dai moduli della fase pilota della Sanità di Iniziativa. Un campione di circa 6500 pazienti, diabetici e scompensati, ha risposto al questionario costruito dai ricercatori del Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa con il supporto di un panel di esperti a livello nazionale ed internazionale e approvato dalla Commissione Regionale CORMAS. Il questionario è strutturato in 7 sezioni: la fase di reclutamento, le visite di controllo, gli incontri di counselling, gli aspetti logistici, le visite specialistiche, il coordinamento tra le figure professionali e una valutazione complessiva in termini di informazione, empowerment, assistenza e benefici per lo stato di salute.

Il 72% dei pazienti intervistati ha più di 65 anni, soffre di diabete o di scompenso cardiaco in media da circa 11 anni.

I pazienti hanno accettato di essere assistiti secondo il nuovo paradigma assistenziale soprattutto perché hanno fiducia nel medico di famiglia che glielo ha proposto e perché desiderano avere un punto di riferimento nella gestione della malattia cronica. Hanno un minor peso in questa decisione l’auspicio di ottenere dei benefici in termini di salute o di migliorare la gestione della malattia. La presa in carico ha quindi un peso importante nelle scelte assistenziali dei pazienti cronici.

La pro-attività dei moduli nell’attività di follow up è buona, confermando che la sanità d’iniziativa «non aspetta sulla soglia dei servizi il cittadino» (PSR 2008-2010), ma va loro incontro,  ad esempio contattando i pazienti prima della visita di controllo per ricordare o fissare la data dell’appuntamento (è quello che accade al 73% dei pazienti intervistati).

Durante le visite di controllo l’infermiere del modulo lavora per aumentare l’empowerment del paziente, in primis attraverso un’educazione volta ad intervenire sugli stili di vita, e il paziente sembra apprezzare. Le informazioni fornite su una sana alimentazione,sull’attività fisica, sul consumo di alcolici e sul fumo (Figura 2) soddisfa infatti la quasi totalità dei pazienti (97%), e porta il 67% dei pazienti a dichiarare di sentirsi più informato sulla propria malattia cronica.

Figura 2. Le informazioni che il paziente riceve durante le visite di controllo

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Rispetto al monitoraggio dello stato di salute dei pazienti, emerge che la misurazione della pressione e della glicemia (o la verifica dei valori registrati a casa), e della circonferenza della vita (o del peso corporeo) avvengono regolarmente, mentre non è ancora una prassi il controllo del piede (Figura 3).

Figura 3. Le attività di follow up svolte durante le visite di controllo.

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Sono davvero pochi (9%) i pazienti che dopo aver incontrato l’infermiere si rivolgono al medico di famiglia per chiedere conferma o spiegazioni. Alla base di quest’ultimo risultato c’è sicuramente la completa fiducia che l’88% dei pazienti nutre nell’infermiere. Inoltre, il team composto dal medico di famiglia e dall’infermiere riceve valutazioni molto positive, soprattutto quando si parla di lavoro di squadra ( 91 volte su 100 è ottimo o buono). Il paziente dunque non ha alcun pregiudizio rispetto al ruolo assegnato all’infermiere nella gestione del proprio percorso assistenziale e risponde positivamente al cambiamento organizzativo, e al tempo stesso culturale, posto in atto dalla Regione Toscana con la Sanità di Iniziativa.

La pro-attività del sistema è invece ancora poco strutturata quando il paziente ha bisogno di una visita specialistica. La prenotazione della visita il più delle volte viene fatta dal paziente o da un suo parente/amico attraverso il CUP, e solo poche volte è realizzata dal personale del modulo (15%). La figura dello specialista è ancora collocata fisicamente fuori dall’ambulatorio della sanità di iniziativa, se non in rari casi. Questi elementi identificano certamente degli ampi spazi di miglioramento su cui intervenire nella costruzione di un solida ed efficace continuità assistenziale.

Per finire, la rilevazione condotta tra i pazienti ha permesso di ottenere le prime valutazioni sull’efficacia della Sanità di Iniziativa in Toscana, direttamente dai pazienti. Il 73 % dei pazienti dichiara che l’assistenza complessiva è migliorata e ora è in grado di gestire meglio la propria malattia. Un altro risultato importantissimo in termini di outcome segnala che questa nuova modalità di presa in carico produce dei benefici sullo stato di salute dei pazienti nel 67% degli intervistati, vedi Figure 4 e 5.

Figura 4. Le valutazioni dei pazienti sul miglioramento dell’assistenza

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Figura 5. Un risultato di outcome: l’impatto della Sanità di iniziativa sulla salute dei pazienti.

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La rilevazione condotta in Regione Toscana conferma dunque i risultati presenti in letteratura sull’efficacia del Chronic Care Model, e fornisce alla governance regionale e agli operatori impegnati sul campo informazioni utili sugli ambiti in cui la presa in carico può essere ancora migliorata.

Anna Maria Murante, Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Bibliografia

  1. Wagner, Managed Care and Chronic Illness: Health Services Research Needs, Health Services Research, 1997; 32(5): 702-714.
  2. Bodenheimer et al, Improving Primary care for Patients with Chronic illness: the chronic care model, Part 2, JAMA, 2002; 208: 1909-1914.
  3. Coleman et al, Evidence On The Chronic Care Model In The New Millennium, Health Affairs, 2009; 28(1):75-85.

 

3 commenti

  1. Mio commento non puo’ essere altro che apprezzare questo miglioramento sul rapport col Malato(molto importante far sentire il malato che noi il personale della Salute stiamo realmente facendo il possibile per l’interesse del/lmalato/a) perche poi buona parte della cura e’ psicologica ed e’ un fattore che aiuta molto per l’efficacia del farmaco.

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