Dal task shifting al task revolution
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- 21 Marzo 2013
Di fronte ai nuovi bisogni assistenziali, alle sfide che pone l’epidemia delle malattie croniche, il task shifting è necessario, ma non sufficiente. Per realizzare strategie innovative per la salute è indispensabile individuare e sviluppare nuovi ruoli e nuovi compiti. Una vera rivoluzione: dal task shifting al task revolution.
Basta cercare su internet “Nurse practitioner” e uno trova: “A nurse practitioner is an advanced practice nurse that helps with all aspects of patient care, including diagnosis, treatments and consultations”(a). E ancora “Primary care nurse practitioners are generalists who work in family health clinics or hospitals. They provide general and preventative care, conduct check-ups, treat illnesses, order lab tests and prescribe medication for children and adults”. Questo avviene gli USA: Nurse Practitioner Job Description, Duties and Responsibilities.
Per il Regno Unito cercare “Walk-in centre (WIC)”, ambulatori di primo intervento gestiti da infermieri: “NHS WICs are usually managed by a nurse and are available to everyone. Patients do not need an appointment”. I problemi più frequentemente trattati sono:” infections and rashes, blood pressure checks, emergency contraception and advice, stomachaches, vomitting and diarrhoea, hay fever.”
Questi due brevi spunti per dire che il task shifting (ovvero il trasferimento dei compiti, e più in generale delle competenze e delle responsabilità) è una questione che non riguarda solo paesi molto poveri come quelli dell’Africa sub-sahariana (vedi i due post a corredo di questa newsletter). Il nurse practitioner fu introdotto negli USA a metà degli anni ’60 del novecento a causa della carenza di medici di famiglia, i Walk-in Center si sono sviluppati nel Regno Unito negli ultimi dieci anni per ridurre le liste di attesa dei medici di famiglia.
Ma esiste un task shifting che non è legato a un “banale” trasferimento di compiti dal “titolare” di quelle funzioni a un livello più “basso” perché manca il “titolare” o perché il “titolare” non ha il tempo. Si tratta di un task shifting che deriva dalla inadeguatezza del tradizionale modello organizzativo, basato sulla rigida definizione dei ruoli e delle funzioni, di fronte a una tipologia di bisogni nuova e radicalmente diversa rispetto al passato.
Nuovi bisogni che nascono dal dilagare delle malattie croniche e dall’affermarsi di modelli organizzativi e assistenziali che giustamente non si limitano, come nel caso delle malattie acute, alla definizione della diagnosi e alla prescrizione della terapia, ma puntano alla prevenzione, al coinvolgimento dei pazienti, al loro empowerment, al supporto all’auto cura e alla promozione di comportamenti salutari (esercitati individualmente o in gruppo), alla sanità d’iniziativa e quindi alla pro-attività, al lavoro in un team in cui i ruoli e le funzioni dei professionisti e degli operatori vengono disegnati in funzione del raggiungimento di determinati obiettivi. E dove è necessario, ma non sufficiente il task shifting, perché per realizzare strategie innovative per la salute è indispensabile individuare e sviluppare nuovi ruoli e nuovi compiti. Una vera rivoluzione: dal task shifting al task revolution.
Molto rapidamente tre casi.
- Kaiser Permanente, una delle organizzazioni che ha maggiormente investito in innovazione nella gestione delle malattie croniche[1], ha “inventato” una nuova figura di operatore sanitario per supportare il lavoro dei medici di famiglia e facilitare le loro relazioni con gli assistiti. Tale figura si chiama Medical Assistant, il cui processo formativo ha la durata di sette mesi. I Medical Assistant si occupano dell’accoglienza dei pazienti, svolgendo vere e proprie pre-visite, rilevando e aggiornando parametri biologici e vitali (es: pressione arteriosa, glicemia) e poi curando il successivo rapporto con gli stessi pazienti per telefono o per e-mail: gestione del follow-up, richiami per visite di controllo, screening, sostegno al self-management. I Medical Assistant svolgono anche funzioni tipicamente amministrative: inserimento dei dati dei pazienti, elaborazioni statistiche, predisposizione di report (ogni paziente riceve il riassunto della visita con l’indicazione della sintomatologia, dei contenuti della discussione, delle eventuali prescrizioni e/o prenotazioni di esami e o visite successive).
- Il Brasile ha deciso di affrontare la dilagante epidemia delle malattie croniche con la strategia della Primary Health Care. Il Programa Saúde da Família ha introdotto la capillare diffusione di équipe multi-professionali, composte da: un medico di famiglia, un infermiere, un infermiere ausiliare e sei operatori comunitari di salute (Agentes Comunitarios de Saúde). A quest’ultime figure sono affidate le funzioni di prevenzione e promozione della salute, vedi anche il post dedicato all’argomento. Questa attività di base è integrata con massicci interventi di promozione dell’attività fisica basati sui “community coaches”, allenatori di comunità, istruttori di educazione fisica che – nei parchi, nelle piazze, nei centri comunitari, – hanno formato delle classi che si sono dedicate alla ginnastica aerobica, allo yoga, allo stretching, alla danza. Alle classi possono partecipare tutti liberamente, il più delle volte in maniera del tutto gratuita, per favorire i gruppi più sfavoriti della popolazione che sono quelli che sono maggiormente esposti al rischio di ammalarsi di patologie croniche[2]. Questo intervento si svolge in più di mille città del Brasile e grazie a ciò nell’arco di soli 2 anni la percentuale di popolazione inattiva è passata del 16% (2009) al 14,1% (2011)[3].
- Infine il caso dei programmi di autogestione delle malattie croniche, dove alla fine sono gli stessi pazienti a diventare dei veri e propri “agenti comunitari di salute”, come afferma Kate Lorig, direttore del Patient Education Research Center dell’Università di Stanford: “Abbiamo provato che conduttori “laici” possono essere formati per condurre un corso sull’artrite abbastanza complesso. Si sono dimostrati affidabili e, soprattutto, accettati sia dal pubblico che dagli operatori sanitari”. Vedi anche il post Nothing about me, without me .
- Maciocco G, Salvadori P, Tedeschi P. Le sfide della sanità americana. Il Pensiero Scientifico Editore, 2010, p. 128.
- Heath GW. Evidence-based intervention in physical activity: lessons from around the world. Lancet 2012; 380:272-81.
- Editorial. Policies to promote physical activity in Brazil. Lancet 2012; 380:195-6.
a. A nurse practitioner’s role may include the following:
- Diagnosing, treating, evaluating and managing acute and chronic illness and disease (e.g. diabetes, high blood pressure)
- Obtaining medical histories and conducting physical examinations
- Ordering, performing, and interpreting diagnostic studies (e.g., routine lab tests, bone x-rays, EKGs)
- Prescribing physical therapy and other rehabilitation treatments
- Prescribing drugs for acute and chronic illness (extent of prescriptive authority varies by state regulations)
- Providing prenatal care and family planning services
- Providing well-child care, including screening and immunizations
- Providing primary and specialty care services, health-maintenance care for adults, including annual physicals
- Providing care for patients in acute and critical care settings
- Performing or assisting in minor surgeries and procedures (with additional training and/or under physician supervision in states where mandated; e.g. dermatological biopsies, suturing, casting)
- Counseling and educating patients on health behaviors, self-care skills, and treatment options
Ancora una volta grazie Gavino per gli spunti che offri. Come probabilmente già sai nei distretti della Bassa Friulana la attuazione, con pieno successo, della figura dell’infermiere di comunità, è prenamente coerente con i principi a cui si ispirano le esperienze che ci descrivi in questo post. Il passo avanti da fare è l’attivazione di “equipe di comunità” di cui devono far parte l’MMG, il fisioterapista distrettuale e l’assistente sociale. Questo può rappresentare un modello adatto alle realtà rurali, fatte di picooli centri, come è prevalentemente in regione FVG, dove è più difficile attuare modalità riconducibili alla casa della salute (possibile solo in centri di una certa dimensione) e a cui potrebbe comunque affiancarsi per la gestione dei pazienti non autosufficienti (l’apice delal piramide della cronicità). La valorizzazione dell’autonomia professionale degli infermieri è comunque la strada su cui la CARD sta puntando da tempo.
segnalo il congresso dell’AIFeC, il 18 maggio a torino, in cui si parlerà dei temi affrontati nell’articolo, con esperienze europee di valorizzazione del ruolo dell’Infermiere di famiglia e di comunità.
info fb aifec org http://www.aifec.it
In merito all’interessante articolo di cui sopra mi sembra opportuno segnalare la presenza nell’ordinamento italiano di una figura che sembra essere elettiva per le attività descritte:
D.M. 17 gennaio 1997, n. 69 – Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale dell’assistente sanitario.
In breve l’Assistente Sanitario è individuato come “Personale sanitario addetto alla prevenzione, promozione ed educazione alla salute, in grado, tramite tecniche specifiche e pratiche sanitarie, acquisite con la formazione universitaria, di rilevare i bisogni sanitari della popolazione e di indirizzare la stessa ad acquisire le competenze necessarie per scelte di salute consapevoli.”
La nomenclatura ISTAT è la seguente :
3.2.1.5-Professioni tecniche della prevenzione
Le professioni comprese in questa categoria applicano i protocolli e i principi medicali e sanitari nelle attività di educazione alla salute, di prevenzione, verifica e controllo dell’igiene e della sicurezza ambientale nei luoghi pubblici e di lavoro.
Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito http://www.assistentisanitari.com e http://www.asnas.it