Una politica per gli anziani
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- 27 Maggio 2013
Gavino Maciocco
In Italia non c’è una politica nazionale per gli anziani. Come non esiste alcuna politica nazionale per qualsivoglia settore della sanità (se non quella dei tagli). Questa mancanza di una identità nazionale nelle politiche per la salute rende il sistema estremamente vulnerabile anche sul piano dei principi e dei diritti.
Pisa. 7 Maggio 2013. Aula Magna della Scuola Superiore S.Anna. Seminario internazionale su “Cure primarie, anziani e cronicità”. Per la Svezia interviene Eva Nilsson Bågenholm MD, coordinatore nazionale dell’assistenza agli anziani. E’ una presentazione molto ricca di dati e di utili informazioni. Viene descritta l’intera filiera d’interventi che riguardano l’assistenza agli anziani partendo dalle cure primarie all’assistenza specialistica, fino all’assistenza residenziale.
In Svezia le cure primarie sono basate su team multidisciplinari, “primary care units” (ne esistono 1100 in tutto il paese, libera scelta tra team pubblici – due terzi del totale – e team privati). Il team è composto da medici di famiglia, da 2 a 8, infermieri distrettuali specializzati, assistenti infermieri, assistenti sociali, psicologi, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, dietisti. Per quanto riguarda l’assistenza residenziale, la Svezia dal 1992 ha abolito le “long term care institutions”, equivalenti alle nostre Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), sostituendole con unità abitative composte da 10-15 mini-appartamenti, dotati di servizi comuni il cui uso è facoltativo (come mensa, soggiorno, libreria, lavanderia, etc) e di assistenza alla persona per l’arco dell’intera giornata: attualmente sono 90 mila gli anziani residenti in queste strutture. La presentazione tratta di investimenti, di linee guida nazionali, di progetti di larga portata e con risultati eccellenti, come quello relativo all’assistenza ai pazienti con Alzheimer.
Durante l’intervento della collega svedese cresceva in me lo sconforto nel confronto con la situazione italiana. Pensavo ad esempio che mentre, agli inizi degli anni novanta, in Svezia abolivano le RSA in Italia scoppiava lo scandalo “Italsanità”, un’operazione speculativa per la diffusione in tutta Italia dei “ghetti d’oro”, le RSA appunto.
Cercavo di collegare la situazione dei due sistemi sanitari, quello svedese e quello italiano, molto simili per alcuni versi: entrambi appartenenti al modello Beveridge, sistemi sanitari nazionali finanziati prevalentemente attraverso la fiscalità generale, con un forte decentramento nel governo e nella gestione della sanità, affidata alle Contee in Svezia e alle Regioni in Italia.
Ma il decentramento in Svezia prevede – a differenza che in Italia – un ruolo centrale del governo centrale e del ministero della sanità nella programmazione nazionale e nella definizione dei modelli organizzativi, anche in presenza, come oggi, di un governo conservatore, favorevole a politiche market-driven anche in sanità.
Cercavo di immaginare un equivalente italiano della Dr.sa Eva Nilsson Bågenholm che partecipa a un seminario internazionale in Svezia sullo stesso tema di quello organizzato a Pisa. Lo cercavo, ma invano. Perché non c’è una politica nazionale per gli anziani. Come non esiste alcuna politica nazionale per qualsivoglia settore della sanità (se non quella dei tagli). Questa mancanza di una identità nazionale nella politica (o meglio nelle politiche: nelle strategie, nei programmi) per la salute rende il sistema sanitario estremamente vulnerabile anche sul piano dei principi e dei diritti. Chi ha a cuore il diritto alla salute in Italia, chi vuole difendere il sistema universalistico, dovrebbe non solo preoccuparsi dei tagli e dei ticket, ma anche battersi per correggere la devolution in sanità, prodotta dalla modifica del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001.
Considerazioni amare ma che purtroppo corrispondono alla realtà in cui ci troviamo, dove sembra smarrita ogni traccia dello spirito che aveva animato la costruzione del nostro sistema sanitario
Caro Gavino,
purtroppo hai ragione. In questo paese continua a dominare una visione “pietistica” dell’assistenza e, dunque, anche di quella per gli anziani. Nonostante i cambiamenti profondi che l’innalzamento dell’età media ha prodotto, si continua a guardare con l’ottica che conosci e denunci. Occorre continuare una forte battaglia politica e culturale con le competenze necessarie.
Manca una politica per gli anziani e anche un’idea forte e condivisa di come prendersene cura. Come Geriatra (ospedaliero) quello che mi sembra più’ evidente e’ un eccesso di medicalizzazione fatto di (cattiva) prevenzione, di troppe diagnosi ( disease mongering o futilità diagnostica) e di troppe terapie ( farmacologiche) accompagnato paradossalmente da una mancanza di ‘cura’ .
Il nostro serivizio sanitario nazionale aveva come modello quello inglese, ma dimenticò la parte che riguardava il territorio, sempre più importante. Un errore strategico e politico che ha procurato seri danni. Non tutte le strutture per anziani sono RSA: molte sono semplici residenze con variabile intervento sanitario, sempre indefinito ed indefinibile. L’ Italia gerontocratica è in realtà un paese con diffuso ageismo che spende assai in welfare ma con obiettivi poco chiari (si pensi al numero crescente di badanti)e risultati non noti.
Ricordo che il nostro servizio sanitario nazionale quando fu creato non prevedeva regole precise per le cure primarie-territoriale come quello inglese.