La violenza contro le donne e il ruolo dei sistemi sanitari
- 0
- 3.9K
- 6 Min
- |
- 14 Ottobre 2013
Antonella Graziadei e Enrico Materia
La violenza contro le donne rappresenta, secondo l’OMS, un problema globale di sanità pubblica di proporzioni epidemiche. A livello globale, il 30% delle donne ha subito violenza domestica nel corso della vita, con valori regionali più elevati per Africa, Mediterraneo orientale e Asia dell’Est. Complessivamente il 35% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il 38% degli omicidi di donne sono stati commessi dai partner.
Sono passati quasi tre anni da quando Saluteinternazionale.info ha trattato il tema della violenza di genere come priorità sociale e sanitaria[1] (Vedi post) . Da allora la dimensione globale del fenomeno e la sua pervasiva gravità sono emerse alla pubblica attenzione, assumendo rilevanza sempre maggiore per i governi e le istituzioni sopranazionali.
Una crescente consapevolezza
Nel 2012, l’onda di mobilitazione popolare in India per i continui casi di donne e bambine violentate e uccise ha contribuito a far emergere dall’invisibilità e dall’indifferenza lo scandalo quotidiano della violenza contro le donne. Anche in Italia è divenuto consueto il drammatico computo degli episodi di violenza domestica, perpetrata da mariti e partner: una donna uccisa ogni due/tre giorni.
Prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime e porre fine all’impunità dei colpevoli sono gli architravi della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica: il trattato internazionale di più ampio respiro sul tema, aperto alla firma dal 2011 e ratificato dall’Italia nel 2013. L’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine è stato argomento principale della 57° sessione della Commissione sulla condizione delle donne (CSW), tenutasi all’ONU nel marzo 2013. In quella occasione è stato approfondito anche il rapporto tra violenza e salute e sono state formulate raccomandazioni utili a rafforzare con un approccio multisettoriale i servizi, i programmi e le risposte alla violenza contro le donne.
Prevalenza ed effetti sulla salute
L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha di recente resi noti i risultati delle revisioni sistematiche riguardanti: a) i dati di prevalenza, globali e regionali, della violenza domestica e sessuale; e b) gli effetti della violenza sulla salute[2].
A livello globale, il 30% delle donne ha subito violenza domestica nel corso della vita, con valori regionali più elevati per Africa, Mediterraneo orientale e Asia dell’Est, come mostra la figura 1. La prevalenza globale della violenza sessuale perpetrata da non-partner è del 7,2%. Complessivamente il 35% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il 38% degli omicidi di donne sono stati commessi dai partner.
I dati confermano che la violenza è un fenomeno molto diffuso e non relegabile alla sfera delle relazioni private: rappresenta piuttosto un problema che riguarda la società nel suo insieme e che deve essere affrontato con urgenza, energia e in modo coordinato. Le variazioni regionali suggeriscono peraltro che è possibile contrastare la violenza di genere, prevenirla e ridurne la pervasività.
Le donne vittime di violenza soffrono di problemi fisici o psicologici con frequenza maggiore rispetto alle donne che non hanno subito violenza domestica, come conseguenza dei traumi subiti e dello stress cronico. Il 42% delle vittime di violenza domestica e/o sessuale ha riportato lesioni fisiche come risultato della violenza. Lo stress nel corso della gravidanza è responsabile di un rischio più alto (16%) di avere figli con basso peso alla nascita, probabilmente perché l’elevato livello di cortisolo determina vasocostrizione e diminuito afflusso di sangue all’utero. Doppio è il rischio di abortire rispetto alle donne che non hanno subito violenza; più che doppia la frequenza di depressione, il rischio di suicidio e l’abuso di alcool. In alcune regioni del mondo, il rischio di contrarre l’infezione da HIV è più elevato del 50%.
Lo studio, condotto da OMS, London School of Hygiene e South African Research Council, si è concentrato solo su alcuni predefiniti esiti di salute, non indagando altre condizioni per le quali è già stata riportata l’associazione con la violenza: i disturbi gastrointestinali cronici; le sindrome da dolore cronico; i disturbi del comportamento alimentare e quelli nutrizionali; l’uso di tabacco e di droghe; le malattie croniche non comunicabili (cardiovascolari, tumori, diabete); e la salute dei bambini che assistono alla violenza.
L’OMS ribadisce che la violenza contro le donne è un problema di sanità pubblica globale di proporzione epidemiche così come una violazione dei diritti umani fondamentali. La violenza rappresenta un determinante sociale della salute fisica e mentale della donna, a fronte del quale i sistemi sanitari hanno risposto finora con lentezza.
Figura 1. Tassi di prevalenza della violenza domestica per Regione OMS (2010)[2]

Ruolo dei sistemi sanitari
Diversi documenti sono stati di recente pubblicati dall’OMS su come il sistema sanitario debba intervenire per prevenire e rispondere alla violenza contro le donne operando in collaborazione con altri settori della società: i servizi sociali, la scuola, i governi locali, le forze di polizia, la magistratura e i media.
Il settore sanitario deve fornire servizi comprensivi per le vittime di violenza, raccogliere informazione sulla prevalenza e i fattori di rischio, informare la polizia, promuovere programmi di prevenzione, svolgere un ruolo di advocacy indicando la violenza come un problema di sanità pubblica[3].
Particolare importanza rivestono le linee guida cliniche e di policy elaborate dall’OMS[4] che riportano le raccomandazioni basate su revisioni sistematiche fornendo standard utili ai governi nazionali anche per la formazione degli operatori[4]. Il personale sanitario si trova infatti in una posizione unica per intercettare e rispondere alla domanda di salute e psicosociale della donna vittima di violenza, ma non è usualmente addestrato a svolgere questo compito.
Per grandi linee, le raccomandazioni delle linee guida riguardano i seguenti argomenti:
- le modalità di approccio alle donne vittime di violenza (assistenza centrata sulla donna): si raccomanda di garantire confidenzialità, non intrusività, ascolto attento, e di fornire informazioni e supporto sociale.
- L’identificazione e l’assistenza per le donne sopravvissute alla violenza domestica: non appare indicato effettuare uno screening di routine della violenza in qualsiasi occasione di incontro della donna con i servizi, quanto piuttosto indagare con discrezione quando la donna chiede assistenza per una condizione che può essere determinata dalla violenza domestica.
- L’assistenza clinica per le donne sopravvissute alla violenza sessuale: assistenza immediata; contraccezione di emergenza; profilassi dell’infezione da HIV e per altre infezioni a trasmissione sessuale; interventi psicologici anche prolungati nel tempo, se necessario.
- La formazione degli operatori sanitari sulla violenza domestica e sessuale, sia in fase di pre-qualificazione del personale di prima linea (in particolare medici, infermieri, ostetriche) sia come formazione in servizio del personale addetto all’assistenza delle donne. La formazione deve essere multidisciplinare e riguardare i vari aspetti della risposta alla violenza: identificazione; valutazione della sicurezza e pianificazione della protezione; comunicazione e competenze cliniche; documentazione dei fatti riferiti e offerta di percorsi assistenziali.
- L’organizzazione dell’assistenza sanitaria per le donne vittime di violenza, integrandola per quanto possibile nei servizi già esistenti dando priorità a quelli di cure primarie.
Programmi organizzati di screening per la violenza domestica non sono al momento considerati appropriati, almeno al di fuori dell’assistenza prenatale[5]. Piuttosto appare opportuno, come raccomandato nelle linee guida OMS, adottare un approccio a “bassa soglia” con domande collegate alla storia clinica della donna.
I documenti predisposti dall’OMS rappresentano strumenti sicuramente utili per contribuire a realizzare servizi efficaci e appropriati per le donne vittime di violenza anche al di fuori degli ospedali – finora il principale setting assistenziale per la violenza domestica in Italia – e per integrare il sistema di cure primarie con programmi di sanità pubblica orientati alla prevenzione e al contrasto del fenomeno.
Antonella Graziadei, Esperta di Pari Opportunità, e Enrico Materia, Esperto di sanità pubblica.
- Graziadei A, Materia E. La violenza contro le donne come priorità sociale e sanitaria. Salute Internazionale, 11.10.2010
- World Health Organisation. London School of Hygiene and Tropical Medicine. South African Medical Research Council. Global and regional estimates of violence against women: prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence. WHO, 2013.
- World Health Organisation. Violence against Women. The Health Sector Responds. Infographics. WHO, 2013.
- World Health Organisation. Responding to intimate partner violence and sexual violence against women. WHO clinical and policy guideline. WHO, 2013.
- World Health Organisation. Expert meeting on Health-sector responses to violence against women 17–19 March 2009 Geneva, Switzerland.