La violenza contro le donne e il ruolo dei sistemi sanitari

ViolenzaDonneAntonella Graziadei e Enrico Materia

La violenza contro le donne rappresenta, secondo l’OMS, un problema globale di sanità pubblica di proporzioni epidemiche. A livello globale, il 30% delle donne ha subito violenza domestica nel corso della vita, con valori regionali più elevati per Africa, Mediterraneo orientale e Asia dell’Est. Complessivamente il 35% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il 38% degli omicidi di donne sono stati commessi dai partner.


Sono passati quasi tre anni da quando Saluteinternazionale.info ha trattato il tema della violenza di genere come priorità sociale e sanitaria[1] (Vedi post) . Da allora la dimensione globale del fenomeno e la sua pervasiva gravità sono emerse alla pubblica attenzione, assumendo rilevanza sempre maggiore per i governi e le istituzioni sopranazionali.

Una crescente consapevolezza

Nel 2012, l’onda di mobilitazione popolare in India per i continui casi di donne e bambine violentate e uccise ha contribuito a far emergere dall’invisibilità e dall’indifferenza lo scandalo quotidiano della violenza contro le donne. Anche in Italia è divenuto consueto il drammatico computo degli episodi di violenza domestica, perpetrata da mariti e partner: una donna uccisa ogni due/tre giorni.
Prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime e porre fine all’impunità dei colpevoli sono gli architravi della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica: il trattato internazionale di più ampio respiro sul tema, aperto alla firma dal 2011 e ratificato dall’Italia nel 2013. L’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine è stato argomento principale della 57° sessione della Commissione sulla condizione delle donne (CSW), tenutasi all’ONU nel marzo 2013. In quella occasione è stato approfondito anche il rapporto tra violenza e salute e sono state formulate raccomandazioni utili a rafforzare con un approccio multisettoriale i servizi, i programmi e le risposte alla violenza contro le donne.

Prevalenza ed effetti sulla salute

L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha di recente resi noti i risultati delle revisioni sistematiche riguardanti: a) i dati di prevalenza, globali e regionali, della violenza domestica e sessuale; e b) gli effetti della violenza sulla salute[2].
A livello globale, il 30% delle donne ha subito violenza domestica nel corso della vita, con valori regionali più elevati per Africa, Mediterraneo orientale e Asia dell’Est, come mostra la figura 1. La prevalenza globale della violenza sessuale perpetrata da non-partner è del 7,2%. Complessivamente il 35% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il 38% degli omicidi di donne sono stati commessi dai partner.
I dati confermano che la violenza è un fenomeno molto diffuso e non relegabile alla sfera delle relazioni private: rappresenta piuttosto un problema che riguarda la società nel suo insieme e che deve essere affrontato con urgenza, energia e in modo coordinato. Le variazioni regionali suggeriscono peraltro che è possibile contrastare la violenza di genere, prevenirla e ridurne la pervasività.
Le donne vittime di violenza soffrono di problemi fisici o psicologici con frequenza maggiore rispetto alle donne che non hanno subito violenza domestica, come conseguenza dei traumi subiti e dello stress cronico. Il 42% delle vittime di violenza domestica e/o sessuale ha riportato lesioni fisiche come risultato della violenza. Lo stress nel corso della gravidanza è responsabile di un rischio più alto (16%) di avere figli con basso peso alla nascita, probabilmente perché l’elevato livello di cortisolo determina vasocostrizione e diminuito afflusso di sangue all’utero. Doppio è il rischio di abortire rispetto alle donne che non hanno subito violenza; più che doppia la frequenza di depressione, il rischio di suicidio e l’abuso di alcool. In alcune regioni del mondo, il rischio di contrarre l’infezione da HIV è più elevato del 50%.

Lo studio, condotto da OMS, London School of Hygiene e South African Research Council, si è concentrato solo su alcuni predefiniti esiti di salute, non indagando altre condizioni per le quali è già stata riportata l’associazione con la violenza: i disturbi gastrointestinali cronici; le sindrome da dolore cronico; i disturbi del comportamento alimentare e quelli nutrizionali; l’uso di tabacco e di droghe; le malattie croniche non comunicabili (cardiovascolari, tumori, diabete); e la salute dei bambini che assistono alla violenza.
L’OMS ribadisce che la violenza contro le donne è un problema di sanità pubblica globale di proporzione epidemiche così come una violazione dei diritti umani fondamentali. La violenza rappresenta un determinante sociale della salute fisica e mentale della donna, a fronte del quale i sistemi sanitari hanno risposto finora con lentezza.

Figura 1. Tassi di prevalenza della violenza domestica per Regione OMS (2010)[2]

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Ruolo dei sistemi sanitari

Diversi documenti sono stati di recente pubblicati dall’OMS su come il sistema sanitario debba intervenire per prevenire e rispondere alla violenza contro le donne operando in collaborazione con altri settori della società: i servizi sociali, la scuola, i governi locali, le forze di polizia, la magistratura e i media.
Il settore sanitario deve fornire servizi comprensivi per le vittime di violenza, raccogliere informazione sulla prevalenza e i fattori di rischio, informare la polizia, promuovere programmi di prevenzione, svolgere un ruolo di advocacy indicando la violenza come un problema di sanità pubblica[3].
Particolare importanza rivestono le linee guida cliniche e di policy elaborate dall’OMS[4] che riportano le raccomandazioni basate su revisioni sistematiche fornendo standard utili ai governi nazionali anche per la formazione degli operatori[4]. Il personale sanitario si trova infatti in una posizione unica per intercettare e rispondere alla domanda di salute e psicosociale della donna vittima di violenza, ma non è usualmente addestrato a svolgere questo compito.
Per grandi linee, le raccomandazioni delle linee guida riguardano i seguenti argomenti:

  1. le modalità di approccio alle donne vittime di violenza (assistenza centrata sulla donna): si raccomanda di garantire confidenzialità, non intrusività, ascolto attento, e di fornire informazioni e supporto sociale.
  2. L’identificazione e l’assistenza per le donne sopravvissute alla violenza domestica: non appare indicato effettuare uno screening di routine della violenza in qualsiasi occasione di incontro della donna con i servizi, quanto piuttosto indagare con discrezione quando la donna chiede assistenza per una condizione che può essere determinata dalla violenza domestica.
  3. L’assistenza clinica per le donne sopravvissute alla violenza sessuale: assistenza immediata; contraccezione di emergenza; profilassi dell’infezione da HIV e per altre infezioni a trasmissione sessuale; interventi psicologici anche prolungati nel tempo, se necessario.
  4. La formazione degli operatori sanitari sulla violenza domestica e sessuale, sia in fase di pre-qualificazione del personale di prima linea (in particolare medici, infermieri, ostetriche) sia come formazione in servizio del personale addetto all’assistenza delle donne. La formazione deve essere multidisciplinare e riguardare i vari aspetti della risposta alla violenza: identificazione; valutazione della sicurezza e pianificazione della protezione; comunicazione e competenze cliniche; documentazione dei fatti riferiti e offerta di percorsi assistenziali.
  5. L’organizzazione dell’assistenza sanitaria per le donne vittime di violenza, integrandola per quanto possibile nei servizi già esistenti dando priorità a quelli di cure primarie.

Programmi organizzati di screening per la violenza domestica non sono al momento considerati appropriati, almeno al di fuori dell’assistenza prenatale[5]. Piuttosto appare opportuno, come raccomandato nelle linee guida OMS, adottare un approccio a “bassa soglia” con domande collegate alla storia clinica della donna.

I documenti predisposti dall’OMS rappresentano strumenti sicuramente utili per contribuire a realizzare servizi efficaci e appropriati per le donne vittime di violenza anche al di fuori degli ospedali – finora il principale setting assistenziale per la violenza domestica in Italia – e per integrare il sistema di cure primarie con programmi di sanità pubblica orientati alla prevenzione e al contrasto del fenomeno.

Antonella Graziadei, Esperta di Pari Opportunità, e Enrico Materia, Esperto di sanità pubblica.

Bibliografia

  1. Graziadei A, Materia E. La violenza contro le donne come priorità sociale e sanitaria. Salute Internazionale, 11.10.2010
  2. World Health Organisation. London School of Hygiene and Tropical Medicine. South African Medical Research Council. Global and regional estimates of violence against women: prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence. WHO, 2013.
  3. World Health Organisation. Violence against Women. The Health Sector Responds. Infographics. WHO, 2013.
  4. World Health Organisation. Responding to intimate partner violence and sexual violence against women. WHO clinical and policy guideline. WHO, 2013.
  5. World Health Organisation. Expert meeting on Health-sector responses to violence against women 17–19 March 2009 Geneva, Switzerland.

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