La sanità nella legge di stabilità. I tagli che non si vedono
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- 3 Novembre 2013
La (sacrosanta) difesa degli attuali livelli di finanziamento non può essere confusa con la difesa dello status quo: il servizio sanitario nazionale ha ancora bisogno di interventi di riqualificazione, in particolare in alcune regioni, senza i quali l’intero sistema rischia di soccombere.
Il 15 ottobre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di Legge di Stabilità 2014, ora all’esame del Parlamento. Per quanto riguarda la sanità, la Legge non prevede tagli, salvo quelli sul personale pari a 540 milioni nel 2015 e 610 milioni a decorrere dal 2016.
Dopo un’iniziale soddisfazione (per l’assenza di tagli per il 2014, fortemente temuti dopo quelli già effettuati negli anni passati), il giudizio sulla legge di stabilità può essere considerato ancora sospeso, per una serie di ragioni.
In primo luogo, il rischio è che la revisione della spesa sia solo rinviata di qualche settimana, in concomitanza con uno dei provvedimenti che saranno messi a punto a breve, con il contributo del neocommissario per la spending review Cottarelli. Quali e quante restrizioni potranno essere imposte non è dato prevedere; certo è che le rassicurazioni circa la definitiva chiusura della stagione dei tagli non paiono, purtroppo, ancora convincenti. D’altro canto, la totale mancanza di disposizioni sulla sanità nella legge di stabilità non può che far pensare ad un successivo intervento: non tutto infatti può essere rinviato al Patto per la Salute. La (sacrosanta) difesa degli attuali livelli di finanziamento non può essere confusa con la difesa dello status quo: il servizio sanitario nazionale ha ancora bisogno di interventi di riqualificazione, in particolare in alcune regioni, senza i quali l’intero sistema rischia di soccombere.
In secondo luogo, non è esattamente vero che la legge di stabilità non impone ulteriori tagli: sul personale si applicano le stesse disposizioni che sono previste per tutto il pubblico impiego (indennità di vacanza contrattuale, blocco della contrattazione, trattamento economico accessorio, ecc.), disposizioni che si aggiungono a quelle già introdotte negli anni passati e che rendono ancora più critica la situazione del personale. A tale proposito non appare condivisibile l’affermazione secondo la quale i tagli sul personale non incidono sui livelli di assistenza: dopo anni di riorganizzazioni, incertezze, restrizioni e blocchi stipendiali, i professionisti della sanità risultano quasi ovunque sempre più penalizzati; oltre certi limiti, la richiesta di continui sacrifici non può che tradursi in un peggioramento delle condizioni di lavoro e, di conseguenza, in una riduzione della quantità e della qualità dei servizi erogati. Anche perché da troppi anni i governi hanno tollerato (e formulato) continue accuse di improduttività nei confronti degli operatori della sanità pubblica, nonostante i confronti internazionali documentino una situazione mediamente di buon livello e a dispetto della necessità – in presenza di difficoltà crescenti – di motivare i professionisti e di rassicurarli sul futuro del sistema.
In terzo luogo, non risulta ancora formalmente definita la copertura dei 2 miliardi di euro di ticket. La questione richiede qualche precisazione.
La questione dei 2 miliardi di ticket
Nel 2011 il governo Berlusconi[1] aveva previsto, a partire dal 2014, un aumento dei ticket di 2 miliardi di euro e una corrispondente riduzione del finanziamento cui concorre lo Stato per il Ssn. Il provvedimento è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale[2]: di qui la necessità di provvedere alla copertura del mancato gettito. L’eventuale riproposizione di 2 mld di ticket (con modalità non censurabili dalla Corte Costituzionale) è stata per fortuna scongiurata: un aumento così consistente degli oneri a carico degli assistiti avrebbe certamente pesato sulle famiglie, soprattutto sulle più fragili. La soluzione individuata in occasione del dibattito che ha preceduto l’approvazione della legge di stabilità impegna il Governo ad aumentare il finanziamento a carico dello Stato, ma la legge di stabilità non ha ancora formalizzato l’aumento del finanziamento per il 2014 (da 107,9 mld a 109,9 mld) e per gli anni successivi. Si consideri che, a legislazione vigente, il fabbisogno programmato per il 2014, pari 107,9 miliardi, incorpora tutte le manovre sulla sanità ad oggi fatte, in particolare la manovra di 5 mld del d.l. 98/11, la successiva manovra di 2 mld del d.l.95/12 e quella di 1 mld della precedente legge di stabilità per il 2013.
Nei documenti ufficiali, il finanziamento cui concorre lo Stato è pertanto ancora quello definito al netto dei 2 miliardi di ticket dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale (vedi tabella). Si ricorda che al finanziamento statale si aggiungono le entrate proprie delle regioni (circa 3 miliardi) e le eventuali integrazioni a carico dei bilanci delle regioni.
2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | |
Spesa effettiva | 111,6 | 110,8 | – | – | – |
Spesa tendenziale | – | – | 111,1 | 113,0 | 115,4 |
Finanziamento cui concorre lo Stato | 106,9 | 108,0 | 107,0 | 107,9 | 111,4 |
Mancato introito da ticket (DL 98/2011) | 2.0 | 2,0 |
È chiaro che il venir meno delle entrate da compartecipazione per 2 miliardi comporta, in assenza di un formale ripristino del livello di finanziamento a copertura del mancato introito derivante dall’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, ulteriori difficoltà per il sistema che si possono tradurre in un aumento dei disavanzi regionali o in una ulteriore riduzione della spesa (attraverso nuovi provvedimenti di spending review). Il rischio di pesanti ricadute sul sistema e sui cittadini è reale.
Altri interventi sulla sanità e sul sociale
La legge di stabilità contiene infine alcuni provvedimenti di minore entità dal punto di vista finanziario ma di grande rilevanza per il settore sanitario:
- la riduzione dell’aliquota Iva dal 10% al 4% per le prestazioni socio-sanitarie (o educative) rese da cooperative sociali e loro consorzi, sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale;
- lo stanziamento di 250 milioni per il Fondo per la non autosufficienza, del tutto insufficiente rispetto ai bisogni delle persone ma primo importante segno di attenzione nei confronti delle fragilità;
- lo stanziamento di 300 milioni per il Fondo per le politiche sociali, che si riduce purtroppo a 14 milioni negli anni successivi;
- l’incremento di 121 milioni delle risorse per l’assistenza di cittadini italiani all’estro, in relazione alla nuove norme sull’assistenza transfrontaliera;
- lo stanziamento di 80 milioni per i policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali e per l’ospedale Bambino Gesù, che da anni godono di finanziamenti riservati;
- lo stanziamento di 100 milioni per interventi di edilizia sanitaria pubblica;
- la riduzione della durata dei corsi universitari di specializzazione in area sanitaria, già introdotta nella legge di conversione del disegno di legge sulla razionalizzazione della PA.
Sono inoltre presenti piccoli interventi, solo apparentemente di minore rilevanza, che qualificano non sempre in modo convincente – anche in ragione della totale mancanza di specifiche sulle modalità di utilizzo dei finanziamenti – la legge di stabilità:
- il finanziamento di 6,6 milioni in favore dell’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti, una destinazione che dovrebbe essere finalizzata al miglioramento dell’assistenza ai ciechi e agli ipovedenti, attualmente ancora piuttosto carente,
- lo stanziamento di 3,5 milioni per la Fondazione Istituto Mediterraneo di Ematologia, una realtà gravata da difficoltà storiche, la cui attività dovrebbe essere finanziata con le stesse modalità in vigore per tutti gli altri soggetti erogatori di prestazioni sanitarie;
- l’accantonamento di 7 milioni per il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica(*) e per l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale degli Assistiti, due interventi sui quali sarebbero opportuni approfondimenti, anche tenuto conto dei precedenti finanziamenti ad essi dedicati.
In sintesi, si tratta di un insieme di interventi, non sempre robusti nella formulazione e adeguati nei contenuti, che complessivamente confermano la debolezza di un provvedimento che, per quel che riguarda la sanità, si limita a confermare il livello di finanziamento per il 2014, senza esplicitare le modalità di copertura dei 2 mld mancanti e senza introdurre alcun elemento di qualificazione del sistema (di cui al contrario si sente un enorme bisogno). Positiva l’attenzione alle politiche sociali e alla non autosufficienza, ancorché insufficiente rispetto ai reali bisogni della popolazione.
Nerina Dirindin, Università di Torino, Senato della Repubblica.
Nota
Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica è nato con lo scopo di curare i tumori mediante l’impiego di protoni e di ioni carbonio.
- Articolo 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 211.
- La Corte Costituzionale, con sentenza n. 187 del 16 luglio 2012, ha dichiarato illegittimo l’esercizio da parte dello Stato della potestà regolamentare in materie in cui esso non possiede competenza esclusiva.
Sull’adroterapia oncologica è opportuno citare le conclusioni del rapporto AGENAS/RIHTA del 2011: “Prima di pianificare ulteriori installazioni HT, devono essere fornite prove di efficacia più robuste, affidabili e correttamente valutate”. E’ singolare che, mentre sappiamo con certezza che la disoccupazione è uno dei determinanti negativi per la salute più importanti, si ritenga di poter tranquillamente bloccare le assunzioni pubbliche, cioè del principale datore di lavoro in Italia, continuando ad investire su tecnologie di non provata efficacia.