Così lontana, così vicina. Il rischio polio valutato a casa nostra

polioPier Luigi Lopalco

Nel recente passato mi è capitato di ascoltare sempre più spesso storie di conoscenti (e addirittura colleghi) che non avevano vaccinato i propri figli contro la polio, convinti che il rischio in Italia fosse oggi del tutto inesistente. Una scelta che, alla luce di quanto sta succedendo in questi mesi, appare evidente nella sua assoluta assurdità.


Non è certo un caso se nelle ultime settimane si sia tanto parlato di poliomielite, anche su questo blog. L’emerenza di nuovi casi in Siria ha riacceso l’attenzione su questa malattia dai molti considerata assai lontana sia nel tempo che nello spazio. Il bell’articolo di Enrico Tagliaferri sottolinea giustamente il forte legame fra situazioni di crisi e la (ri)emergenza della polio. Bisogna comunque stare attenti a non cadere nell’errore epistemiologico di credere che “dove c’è la guerra, c’è la poliomielite” voglia significare “se non c’é guerra, non c’è la poliomielite”. Niente di più sbagliato. Ancor prima della evidenza di casi in Siria, le autorità sanitarie israeliane avevano lanciato una vasta campagna di controllo della malattia (riportando in uso il vaccino antipolio orale), dopo aver scoperto che il virus circolava estesamente nell’ambiente ma anche fra i bambini almeno dal mese di febbraio di quest’anno. L’attenta sorveglianza ambientale ed epidemiologica in Israele ha impedito che non si verificassero casi di paralisi, attivando in tempo una risposta efficace all’epidemia[1]. Ma la lezione israeliana ha avuto se non altro il merito di riaccendere l’attenzione su questa malattia in parte negletta in Europa.

L’European Center Disease Control (ECDC), in seguito alle informazioni fornite dalle autorità israeliane e sulla base di un processo basato sulle evidenze disponibili, ha redatto una valutazione del rischio di reintroduzione di polio in Europa[2]. Le evidenze raccolte dagli esperti europei vanno tutte in una direzione: il rischio di reintroduzione di polio è elevato, anche se, grazie alle buone coperture vaccinali il rischio di osservare un caso di polio paralitica è da considerarsi moderato. Quali sono le implicazioni pratiche (ad esempio per un cittadino o un operatore sanitario italiano) di una valutazione simile?

La prima, e più importante, è certamente che risulta prioritario di fronte a tale rischio verificare il livello di protezione individuale di ciascuno. L’esperienza israeliana, infatti, dimostra come una epidemia “silente” possa prolungarsi in una popolazione anche estesa  e continuare per mesi a passare inosservata per via del buon livello di copertura vaccinale. Se una buona parte di quei bambini infettati dal virus non fosse stata opportunamente vaccinata, infatti, il quadro sarebbe stato ben più drammatico. Nel recente passato mi è capitato di ascoltare sempre più spesso storie di conoscenti (e addirittura colleghi) che non avevano vaccinato i propri figli contro la polio, del tutto convinti che il rischio in Italia fosse oggi del tutto inesistente. Una scelta che, alla luce di quanto sta succedendo in questi mesi, appare evidente nella sua assoluta assurdità. Non fa male ricordare che se anche al mondo restasse anche un solo portatore del virus, questi sarebbe capace in pochi giorni di rilasciare nell’ambiente un numero di particelle virali sufficiente per re-infettare l’intero genere umano.

Una seconda considerazione, valida per gli operatori sanitari, riguarda la necessità di far ritornare alta l’attenzione verso questa patologia. La sorveglianza ambientale, da effettuare in base a protocolli precisi sugli scarichi fognari, dovrebbe essere avviata al più presto per essere sicuri che non sia in corso una circolazione silente del virus. Questo tipo di sorveglianza si è dimostrata particolarmente efficace nell’individuare con buon anticipo la reintroduzione del virus in aree indenni e permettere dunque di  montare una risposta adeguata all’epidemia prima che si sviluppassero casi clinici. In aggiunta, i protocolli di sorveglianza epidemiologica, dovrebbero comunque essere rafforzati. A questo, ovviamente, va abbinato un forte impegno nel rintracciare tutti coloro che non sono stati vaccinati secondo calendario e mettere in campo ogni sforzo per convincere gli obiettori.

Spero che sia chiaro a tutti che, purtroppo, è ancora troppo presto per dichiarare la polio sconfitta. Almeno finchè l’ultimo potenziale portatore del virus, quello che sarebbe in grado di re-infettare l’intero genere umano, sia stato individuato e vaccinato.

Pier Luigi Lopalco. Direttore della Sezione per la Valutazione Scientifica, ECDC – Stoccolma.   Professore Associato di Igiene – Università di Bari

Bibliografia

  1. Anis E, Kopel E, Singer SR, Kaliner E, et al. Insidious reintroduction of wild poliovirus into Israel, 2013. Euro Surveill 2013;18(38):pii=20586.
  2. ECDC. Wild-type poliovirus 1 transmission in Israel – what is the risk to the EU/EEA? [PDF: 898 Kb]

13 commenti

  1. quello che non si dice è che la circolazione ambientale dei poliovirus selvaggi (la cui origine è interessante ricostruire e allora sì che la guerra diffusa c’entra) in Israele è stretta conseguenza dell’introduzione della vaccinazione con IPV (Inactivated Polio Vaccine) in sostituzione dell’OPV(Oral Polio Vaccine) che contiene poliovirus attenuati e che garantisce immunità intestinale (oltre che umorale) e, quindi, herd immunity, cosa che non è garantita dalla vaccinazione con IPV. Chi non ha immunità intestinale ma solo umorale può essere colonizzato da poliovirus e, quindi, favorire la sua circolazione (e la sua presenza nell’ambiente). La circolazione si sviluppa e “finalmente” trova chi non ha né immunità intestinale né immunità umorale, perché non ha sieroconvertito (rarissimo) perché non vaccinato tempestivamente, perché non vaccinato. Da notare che le ultime due categorie appartengono alle sezioni di popolazione più svantaggiate, sono clusterizzate e vivono in condizioni di sovraffollamento, condizioni che favoriscono la precocità delle infezioni. In Israele, consapevoli del rischio conseguente lo sfaldamento dell’herd immunity anche in seguito all’esperienza della microepidemia sofferta nel 1988 per motivi analoghi, si sono affrettati ad offrire a tutte le coorti di bambini che sono stati vaccinati solo con IPV due dosi di OPV per ripristinare immediatamente l’herd immunity. La questione di sanità pubblica nella regione europea, che non ha appreso compiutamente la lezione della gigantesca epidemia in Tajikistan (appartenente alla regione europea) di tre anni fa, consiste nella qualità dell’assicurazione che non ci sia circolazione di poliovirus selvaggi nell’ambiente (quale è la qualità e la periodicità e la diffusione delle indagini ambientali?), nella qualità del sistema di sorveglianza attiva delle paralisi flaccide acute in tutti i paesi della regione europea, nella qualità dei sistemi di sorveglianza delle coperture vaccinali, in grado di escludere cluster, anche limitati, di non vaccinati o di vaccinati con grave ritardo. Nel caso in cui tali assicurazioni non persistano la scelta obbligata è seguire l’esempio di Israele se si vuole evitare che ci siano casi di polio nel prossimo futuro. Tanto per intenderci le assicurazioni di qualità dovevano essere date, e non c’erano, quando si decise di considerare la poliomielite eradicata (sic!) dalla regione europea e quasi ovunque si introdusse la vaccinazione con IPV in sostituzione della vaccinazione con OPV. In questo momento per carità di patria non mi soffermo sugli interessi economici che possono aver influenzato quella decisione. Ora non è il caso di nascondere la testa sotto la sabbia. Una considerazione finale vale la pena fare riguardo la qualità dei servizi sanitari pubblici universali, soprattutto per quanto riguarda la primary health care: il forsennato attacco alla sanità pubblica attualmente in corso con le sciagurate politiche di aggiustamento strutturale, di health reform (absit iniuria verbis) e di spending review degli economisti e dei politici da strapazzo, politiche che tendono a smantellare i servizi essenziali di primary health care, piuttosto che contrastare le ruberie e tagliare con determinazione gli interventi diagnostico-terapeutici inappropriati che da soli si mangiano un terzo delle risorse destinate alla sanità e producono patologia iatrogena ma che alimentano un florido mercato e arricchiscono i soliti noti, tale forsennato attacco avrà come conseguenza anche la risorgenza della polio, come anticipazione esemplare di ancora più gravi problemi.

  2. In aggiunta a quanto detto prima, vale la pena ricordare che nelle indagini sulle coperture vaccinali che ho condotto tra il 1998 e il 2000 in Campania e in Sicilia sono state documentati livelli di copertura non ottimali in alcuni distretti e quartieri di grandi città come Napoli, Catania e Palermo. In particolare, vorrei ricordare che nell’indagine effettuata in tutti i distretti della regione Campania risultò che nell’8% dei distretti si aveva una copertura con tre dosi di OPV entro il secondo anno di vita inferiore al 90%, pur essendo la copertura media in tutta la Campania del 96%, quindi superiore alla soglia di accettabilità. in tali circostanze la statistica cara a Trilussa è un disastro. Inoltre nel quartiere S.Cristoforo a Catania solo circa il 60% risultava vaccinato con tre dosi di OPV entro il secondo anno di vita. Con quale ragionevolezza, visti i tempi che corrono, si può ritenere che tali insoddisfacenti coperture siano state sanate? I flussi migratori che coinvolgono il nostro paese provengono anche dall’Africa subsahariana e dalle regioni asiatiche fino al medio oriente, dove la poliomielite è endemica, alla faccia della ridicola classifica dell’OMS, che al riguardo ha perso il lume della ragione ed è facile ipotizzare perché, di considerare paesi liberi da poliomielite se senza casi di polio per tre anni.

  3. A Michele Grandolfo. Sottoscrivo in pieno ogni parola del tuo commento (fra l’altro grazie perché avevo volutamente tralasciato alcuni aspetti importanti nel mio post per amor di brevitá), tranne una affermazione. Non sono d’accordo quando dici che la scelta del passaggio ad IPV é stata dettata da chissá quale interesse. L’Italia é stata fra le ultime nazioni in Europa a passare ad una schedula full-IPV. Tanti Paesi del Nord Europa non hanno mai utilizzato l’OPV, dimostrando che anche l’IPV, a fronte di alte coperture ed una situazione ambientale accettabile, poteva portare al controllo della malattia. Ti immagini cosa accadrebbe oggi se si verificasse anche un solo caso di paralisi post-vaccinale? L’impatto sulle vaccinazioni dell’infanzia sarebbe disastroso. Sono fermamente convinto che oggi l’OPV debba essere utilizzato solo ed esclusivamente a fronte di un serio pericolo di reintroduzione della polio paralitica.

    1. in realtà gli interessi ci sono stati e consistenti, altrimenti non si spiegherebbe perchè non si è seguitato con la schedula che prevedeva due dosi di IPV e due successive dosi di OPV. A me poi interessa il punto di vista di sanità pubblica, che mi fa essere molto preoccupato per l’esistenza di disfunzioni anche gravi di coperture vaccinali e di ritardi in alcune aree, seppure limitate, del paese, come ho documentato e non credo affatto che la situazione sia migliorata, semmai è peggiorata, non solo in Italia. In una popolazione con sacche, pure limitate, di non vaccinazione o con gravi ritardi, il rischio di paralisi da vaccino è enormemente inferiore al rischio di paralisi da polio selvaggio, come l’esperienza dell’Olanda insegna. In Olanda, con una copertura di IPV (tre dosi) del 97%, la comunità degli Amish offre l’esempio della mancata vaccinazione, con epidemie, ogni 15 anni circa, di circa un centinaio di casi. fatti i conti delle due popolazioni e dell’estensione della non vaccinazione e dei casi di paralisi vaccino associata in Italia nel periodo corrispondente alle tre successive epidemie in Olanda e si ottengono i rischi.
      In qualità di esperto nazionale delle strategie vaccinali presso l’OMS (prima che venissi fatto fuori per vicende molto interessanti) conosco i criteri che allora venivano considerati imprescindibili per dichiarare un paese polio free, meno che mai con polio eradicata. Si giustificò allora l’introduzione dell’IPV perché si sosteneva, non essendo rispettati i criteri, che la polio fosse eradicata dalla regione europea. L’abbandono della schedula combinata non aveva alcuna ragione, a maggior ragione per via del non rispetto dei criteri. Ho visto abbastanza acqua scorrere sotto i ponti dell’OMS dagli inizi degli anni ottanta per affermare che le politiche vaccinali da un certo momento in poi sono state condizionate dalle scelte delle multinazionali.
      certo, si potrebbe dire che chi non si vaccina peggio per lui, ma questa non è la visione di sanità pubblica e, avendo fatto moltissimi studi sullo stato immunitario e sulle sieroconversioni posso dire che nessuno può essere certo al 100000 per 100000 di essere protetto, per cui solo l’herd immunity è la salvezza. Per questo a me piace la public health literacy e giudico orribile la health literacy, che porta al biasimo delle vittime.

  4. Nel suo diluviante commento Grandolfo omette di ricordare che , in Italia, dal 1999 al 2001 ci furono, sette casi di paralisi flaccida associati alla vaccinazione antipoliomielitica con virus attenuato.
    Invece di inveire in eterno contro oscure manovre forse sarebbe il caso di discutere seriamente se non sia il caso introdurre una schedula mista che ci metta al riparo da effetti iatrogeni ma garantisca um maggiore controllo sulla circolazione del virus.

    1. Perché non si è continuato con la schedula mista? Quale è la qualità dell’assicurazione dell’esistenza dei criteri per dichiarare un paese libero da polio? Diluvio o non diluvio, reintrodurre la schedula mista è la mia proposta, oltre alla vaccinazione con OPV di tutte le coorti di vaccinati solo con IPV. Sulle oscure manovre sono disposto a un confronto pubblico ovunque e comunque. E non dimentico niente, faccio confronti di incidenza e formulo ipotesi sulla base della consistenza della herd immunity. Consiglio di leggere il lavoro di P. Fine.

  5. Il prof. Bartolozzi scrive “Di polio paralitica postvaccinazione (VAPP) si sono verificati in Italia un caso per anno fra il 1986 e il 1991, due nel 1993, due nel 1996, tre nel 1997 e due nel 1998. Dopo l’introduzione della vaccinazione sequenziale (7 aprile 1999) si è avuto in Italia un solo caso di polio post-vaccinazione (anno 2000) in un bambino che aveva una agammaglobulinemia tipo Bruton. “Manuale delle vaccinazioni”

    Inoltre scrive: “La vecchia affermazione che con il vaccino IPV non si sarebbe arrestata la moltiplicazione intestinale del virus polio selvaggio, è risultata, alla prova dei fatti, assolutamente falsa. Le differenze tra OPV e IPV non sono fra il banco e il nero, ma fra due tonalità di grigio.”

    E se pensiamo alle epidemie di polio in Olanda degli anni settanta, questa non si è estesa alla popolazione generale, ma è rimasta confinata alla comunità religiosa che rifiuta le vaccinazioni (nel bible belt). E l’Olanda ha da sempre usato solo il IPV.

    Una commissione di esperti del ECDC ha dato di recente il seguente parere:
    Due to the high vaccine coverage and good hygiene standards, the group agreed that IPV is considered the first choice in most of the potential scenarios within the EU/EEA. Sporadic cases or small clusters in closed communities should not justify the use of OPV.

    On the other hand, the group pointed out that OPV should be taken into consideration in case of evidence of
    widespread WPV circulation through environmental or epidemiological surveillance.

    http://www.ecdc.europa.eu/en/publications/Publications/Expert%20consultation%20mtg%20report%20-%20polio%20Israel%20Syria%20-%20final.pdf

    1. epidemie degli anni settanta, ottanta e novanta, in Olanda. L’esperienza finlandese del 1984, di Israele del 1988 e la recente situazione in Israele testimoniano la differenza tra IPV e OPV nella costituzione della herd immunity e nella circolazione dei poliovirus.
      sulla qualità dei servizi di primary health care ora e nel prossimo futuro con i piani di smantellamento della sanità pubblica non ci scommetterei.
      Ho condotto ricerche sullo stato immunitario e sulle coperture vaccinali con metodologie su cui sono disposto a scommettere. Se poi non vengono prese in considerazione perché non fanno comodo e sono un eretico, questo non è un mio problema.

  6. Da quello che si legge nell’articolo del MMWR del 1986 l’epidemia in Finlandia era probabilmente dovuta in parte al fatto che a suo tempo si usava un tipo di vaccino IPV che non dava una buona protezione dal poliovirus 3 (il tipo che aveva causato l’epidemia). Nel frattempo è stato sostituito dal IPV potenziato che è ca. 10 volte superiore (comunicazione personale del prof. Bartolozzi nel 2011). E questo vaccino potenziato è in uso fra l’altro anche in Italia.
    http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/00000682.htm

    1. il livello di suscettibilità evidenziato in Finlandia con indagini sieroepidemiologiche, dovuto alla ridotta efficacia del vaccino IPV non giustificava il livello di circolazione del polio3, trovato in tutte le acque di scarico, nei contatti familiari dei 9 casi accertati e nei contatti dei contatti familiari. il livello di suscettibilità ha rappresentato un potenziale epidemico aggravato dall’assenza di herd immunity. e’ molto probabile che il polio3 che allora circolò sia stato introdotto dagli operai finlandesi operanti in Iraq e rientrati in seguito allo scoppio della querra. Colonizzati hanno diffuso il polio nella popolazione fino a scovare i suscettibili e colpire con paralisi la frazione prevista. in quel periodo studiammo in ISS un caso importato di poliomielite proveniente dall’Iraq. Trovare risposte semplici è semplice, non sempre è valido. Senza la conoscenza della legge di azione di massa e la conseguente teoria dell’herd immunity si naviga a vista.

      1. Non ho capito. Forse perche manco delle nozioni necessarie.
        Non potrebbe essere che il caso a cui fate riferimento fosse causato dalla concomitanza della fallibilità del vaccino nell’immunizzazione contro il poliovirus 3 e la mancata immunizzazione intestinale? La mancata immunizzazione intestinale potrebbe aver causato la sua diffusione testimoniata dalle indagini siero epidemiologiche che ha riportato ed il difetto del vaccino IPV potrebbe essere stata la scintilla che ha fatto esplodere il pericolo latente? Quindi potrebbe essere che il nuovo vaccino garantisca una maggiore sicurezza e si possa quindi conservare la strategia formulata da gli esperti del ECDC sopracitata?

        1. se ci sono sacche di suscettibili, comunque siano, per fallimento di sieroconversione, per ritardo vaccinale o per evasione vaccinale l’assenza di herd immunity (determinata dall’immunità intestinale) favorendo la circolazione di poliovirus espone al rischio di episodi, più o meno estesi, epidemici. Da non trascurare che ci possono essere, anche per motivi non bellici, ma per disatri naturali momenti di ammassamento in campi, dove aumentando le probabilità di contatto aumenta il rischio.

  7. Buonasera. Ho letto con molto interesse l’articolo ed i relativi commenti e volevo, se posso, approfittare della presenza di talune autorevoli personalità, come il prof. Grandolfo, per avere un parere sulla questione “rischio poliomielite”.

    Premesso che:
    – la regione Europa è stata certificata “polio free” nel 2002 e in Italia l’ultimo caso di polio da virus selvaggio risale al 1982;

    – l’Italia e la Sicilia in particolare (la mia regione) è sempre stata meta di immigrazione massiccia da zone endemiche, da decenni almeno;

    – il vaccino Salk utilizzato esclusivamente dal 2002 ha una modesta efficacia che non conferisce immunità intestinale ed è peraltro limitata nel tempo (5 anni o più come da scheda tecnica di Imovax Polio (http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Imovax_Polio.asp);

    – il poliovirus è un virus a RNA, di cui si è recentemente scoperto un ceppo mutato e per il quale la vaccinazione non ha avuto efficacia, con esito fatale (http://www.pnas.org/content/111/35/12889.abstract);

    – non vi sono evidenze scientifiche (se non tramite opportuni esami ematici volti a verificare l’immunità individuale) che la stessa vaccinazione Sabin possa fornire immunità perenne, e che dunque è legittimo supporre che dopo 30/40 anni i titoli anticorpali possano scemare, vista anche l’assenza di booster naturali nell’ambiente (virus selvaggi/vaccino-derivati).

    Alla luce di quanto sopra enunciato, come si spiega la totale assenza di casi di PFA (benchè sia stimato 1 solo caso su 200 asintomatici) da 32 anni a questa parte in Italia, con una “presunta” copertura vaccinale del 95% e tenuto soprattutto conto della presenza di possibili sacche di non vaccinati, non responders e persone non più immuni? Non sembra tutto un pò “stonato” per continuare a parlare di Herd Immunity?

    Mille grazie per le vostre risposte!

    MG

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