Vaccinare senza obbligo di legge. Perché solo in Veneto?

vacciniveneto2Massimo Valsecchi

La sospensione dell’obbligo non ha diminuito in Veneto l’adesione alle vaccinazioni. È deludente osservare che nessuna delle regioni italiane ha seguito o si appresta a seguire questa strada (ad eccezione della provincia autonoma di Trento). Bisogna lasciare il porto sicuro dell’obbligo per sfidare i procellosi flutti del confronto con gli utenti, cui bisogna esibire standard di qualità, attenzione e risposte soddisfacenti.


 

Dal 2008 la Regione Veneto ha sospeso l’obbligo vaccinale: ciò non ha modificato  l’adesione degli utenti all’offerta vaccinale attiva e gratuita promossa dal servizio sanitario regionale come mostra chiaramente la Figura 1.

Figura 1. Adesione percentuale, per coorti di nascita semestrali, all’offerta della prima dose di vaccino antipoliomielitico all’età di tre e nove mesi , nelle 19  ASL della Regione Veneto (su un totale di 21) che usufruiscono del sistema di registrazione regionale ONVAC  (escluse ULSS n. 4,8 e 14).
(Dati rilevati a fine agosto 2013)

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A questi dati vanno aggiunte le informazioni derivanti dall’ Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto, conclusasi, dopo due anni di lavoro, il 31.5.2011 .

L’ elaborazione effettuata sui 2.315 questionari ha evidenziato che l’adesione all’offerta vaccinale nel Veneto non è stata influenzata dalla sospensione dell’obbligo vaccinale, che viene ritenuta dai genitori sostanzialmente ininfluente sulle proprie scelte[1].

L’analisi di altri risultati emersi da tale indagine è, altresì, utile per interpretare anche altri atteggiamenti che emergono dall’analisi  dei dati del sistema unico regionale di registrazione delle vaccinazioni.

In particolare, è interessante valutare la  costante tendenza  dei genitori ad iniziare e concludere i cicli vaccinali in ritardo rispetto a quanto previsto dal calendario vaccinale ufficiale. Riguardo alle cause di questo ritardo, l’indagine già citata evidenzia la percezione largamente diffusa nei genitori che a tre mesi i bambini siano troppo piccoli per essere vaccinati.

La ricerca ha mostrato che l’area del dubbio sulle vaccinazioni è molto ampia e riguarda un  preoccupante 15% di chi finora ha vaccinato, disilludendo chi ritiene fidelizzata la quasi totalità della popolazione, come risulterebbe dalle coperture. Questi genitori  dubbiosi risultano così  vicini alle posizioni dei genitori che hanno deciso di  non vaccinare i propri figli.

L’ idea che i bambini siano troppo piccoli per ricevere le vaccinazioni (in una scala 1 a 5)  ha un peso molto basso tra chi vaccina “con fiducia” (2,14), per salire repentinamente nella fetta (appunto del 15 %!) di  vaccinatori dubbiosi (3,27),  avvicinandoli ai vaccinatori parziali (3,6). Tra i non vaccinatori l’idea che il bambino sia troppo piccolo è invece una certezza (4,58).

Gli altri vanno meglio di noi ? Confronto con la Regione Emilia Romagna

È, in realtà, difficile comparare la situazione della nostra regione con quella delle altre dato che noi ci siamo dotati di un sistema di rilevamento semestrale e di un’unica anagrafe computerizzata che ci consente di elaborare i dati in modo più aderente al reale rispetto al sistema di rilevazione nazionale.

Ho così tentato una comparazione con una regione “forte” e prossima a noi come l’Emilia Romagna. In questa (come nelle altre regioni) l’obbligo vaccinale continua ad essere vigente ed esiste un monitoraggio sui  genitori “renitenti” che vengono segnalati per inadempienza alla Procura della Repubblica. Dai dati riportati nella Figura 2 appare, in realtà, come la persistenza dell’obbligo faccia aumentare il numero dei genitori che rifiutano di far vaccinare i loro figli.

Figura 2. Regione Emilia Romagna. % di obiettori alla vaccinazione a 12 e 24 mesi di vita [2]

 

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Questi dati sembrano confermare l’ipotesi[3] che tentare di imporre l’obbligo ricorrendo alla magistratura induca ad una esacerbazione delle posizioni, in particolare nel gruppo di genitori incerti che viene spinto alla renitenza totale da un atteggiamento non colloquiante. Va ricordato che a Rimini  230 bambini, pari all’8 % della popolazione bersaglio, sono stati segnalati alla Procura della Repubblica per mancata vaccinazione[4].

Riflessioni sulla resistenza al cambiamento in questo Paese

Come è noto, questo è un Paese particolarmente riottoso ad arrendersi alla forza del reale. L’entità di questa riluttanza ad accettare i principi  dell‘evidence based   sia valutabile in un ritardo superiore agli 11 anni[5].

Al di la della discussione sulla bontà dello strumento dell’obbligo, nel futuro della nostra politica vaccinale nazionale c’è però dell’altro che, in ogni caso, andrebbe e non viene fatto dalle strutture centrali  per migliorare le nostre coperture vaccinali.

Mi riferisco al contrasto di due dei più forti motivi che spingono i genitori a dubitare della bontà delle vaccinazioni.

A. Il timore delle reazioni avverse

L’unico modo di contrastare questa preoccupazione, che ha dimensioni non giustificate dai numeri, è raccogliere, commentare e diffondere in modo trasparente ed indipendente i dati reali delle reazioni avverse. Ricordo, per inciso, che fare questa operazione è possibile, tant’è vero che in regione Veneto viene fatta dal 1993. Da quell’anno infatti una struttura esterna universitaria-ospedaliera, denominata Canale Verde, analizza e valuta tutte le reazioni avverse ai vaccini rendendone pubblici i risultati.

Dal 1993 al 2012 sono state raccolte e valutate 6.601 segnalazioni di sospette reazioni avverse, su  27.557.628 dosi somministrate.

In questo amplissimo intervallo di tempo non si sono verificati casi di decessi attribuibili ai vaccini. Tutti i 390 eventi avversi gravi analizzati, 73 in sede di iniezione e 317 sistemici correlabili con vario grado di probabilità a vaccinazioni (attribuibili 25%, probabili 46% e 29% possibili), sono stati seguiti nel tempo fino a guarigione o stabilizzazione. Di tutti gli eventi gravi , 366 (94%) si sono risolti con completa restituito ad integrum, mentre 23 soggetti (0,8 su 1.000.000 dosi di vaccino somministrate) presentavano sequele a distanza o risultavano in trattamento al momento dell’aggiornamento dei dati[6].

 

B. L’idea che le malattie infettive prevenibili non costituiscano più un pericolo reale

Per contrastare questa credenza erronea servirebbe una vasta e tempestiva informazione centrale sulla pericolosità delle malattie, perché al di là del convincimento  tra chi non vaccina  che le malattie infettive prevenibili con le vaccinazioni non costituiscano più un pericolo reale, la ricerca sottolinea chiaramente come la scelta vaccinale derivi alla fine da un complessa valutazione rischi- benefici in cui l’autorevolezza del sistema sanitario ha una parte assolutamente  rilevante.

La diffusa falsa credenza sulla scarsa pericolosità delle malattie  non viene, in realtà,  contrastata  da una puntuale campagna di informazione nazionale.

Conclusioni

È deludente osservare che nessuna delle grandi regioni italiane ha seguito o si appresta a seguire questa strada (ad eccezione della provincia autonoma di Trento) .

Sembra, in conclusione, prevalere in tutti, operatori, scuole di specialità e società scientifiche  incluse, la sensazione che in questi tempi magri, sia per il Paese che per la sanità tutta, con organici e bilanci che si assottigliano progressivamente,  sia uno sforzo eccessivo abbandonare il  fidato (per gli operatori)  porto sicuro dell’obbligo per sfidare i procellosi flutti del confronto con gli utenti cui bisogna esibire standard di qualità, attenzione e risposte soddisfacenti.

Questa mancanza di “pensiero lungo” che sta caratterizzando in questi ultimi anni la progettualità del Paese rischia di far perdere l’occasione di utilizzare questa esperienza, estendendola ovunque possibile, per ridare slancio all’ iniziativa di prevenzione.

 

Massimo Valsecchi, direttore Dipartimento di prevenzione di Verona.

Bibliografia

  1. Il rapporto finale Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto
  2. Dalla relazione del Dottor Sighinolfi G, nel convegno: Vaccinazioni: novità, criticità e sicurezza ,  Ferrara, 6 giugno 2013.
  3. Valsecchi M, Russo F. Valutazione dell’evoluzione degli obiettivi e delle modalità operative e comunicative delle attività vaccinali nella regione Veneto.  Atti del congresso SITI, Venezia 3-6 ottobre 2010.
  4. Non vaccinano i figli: 230 genitori Riminesi segnalati in Procura. Corriere di Rimini e San Marino, 25.01.2013.
  5. Valsecchi M. Se undici anni vi sembrano pochi…(tentativo di quantificare il ritardo del nostro Paese nella rimozione di pratiche preventive inutili) [PDF: 315 Kb] Atti XI Conferenza Nazionale di Sanità Pubblica
  6. Programma Regionale di consulenza prevaccinale e sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione “Canale Verde”.

 

3 commenti

  1. Credo di essere stato il primo a dimostrare, a partire dal 1980 e contro il parere di tutti, che una vaccinazione raccomandata sulla base di valide prove scientifiche poteva essere accettata dalla sostanziale totalità della popolazione se offerta attivamente e con modalità non paternalistiche direttive. Ho condotto dagli inizi degli anni ottanta studi per accertare il timing delle vaccinazioni, oltre il livello di copertura e i fattori associati. Il risultato dominante è risultato sempre la scarsa capacità operativa, con conseguenze aggravate quando si ha a che fare con situazioni socioeconomiche svantaggiate, notoriamente clusterizzate. Non entro nei dettagli dei meccanismi che determinano tale evenienza. voglio solo aggiungere che se si operasse nella primary health care in modo integrato e non settoriale e frammentato (la proposta del POMI va in questo senso) si potrebbero cogliere importanti sinergie ed evitare conseguenze drammatiche del disagio.
    agli inizi degli anni novanta proposi al Consiglio Superiore di sanità di attenuare l’obbligo delle vaccinazioni ponendo l’obbligo ai servizi di istituire una anagrafe vaccinale valida in modo tale che per ogni iscritto all’anagrafe dovesse risultare o la vaccinazione o la registrazione di un documento di dissenso informato, inoltre il titolare della potestà genitoriale si doveva impegnare a comunicare al minore lo stato vaccinale e stipulare una assicurazione per le eventuali complicazioni da infezioni prevenibili con le vaccinazioni raccomandate. La proposta non fu accolta.
    Ho seguitato fino al 2000 a studiare il ritardo vaccinale e le coperture, soprattutto nelle regioni meridionali, con risultati che confermano l’essere il ritardo o la non vaccinazione determinati essenzialmente dalla qualità dei servizi, nelle zone di degrado. Recentissime indagini population based riguardanti il percorso nascita (Rapporto ISTISAN 12/39) documentano straordinaria limitatezza (non più del 2-3% di rifiuto ideologico delle vaccinazioni. Bisogna seguitare ad effettuare studi adeguati allo scopo di identificare i cluster e non sono sufficienti le indagini che permettono di apprezzare solo i dati medi, peraltro con metodologie che sono a rischio elevato di bias.
    ,Se si togliesse l’obbligo senza soluzioni adeguate il rischio non è tanto il rilassamento della popolazione quanto quello dei servizi, e con l’andazzo attuale la cosa mi preoccupa non poco. Da notare che togliere l’obbligo nel contesto attuale metterebbe sullo stesso piano tutte le vaccinazioni disponibili, anche quelle su cui non c’è consolidata evidenza di efficacia non solo a livello individuale ma anche e soprattutto a livello di sanità pubblica, sfruttando la credibilità delle vaccinazioni valide. Attuali movimenti antivaccinali, molto attivi, sono alimentati da proposte discutibili di vaccini. Spesso i servizi per coprire le loro inadeguatezze assumono l’alibi dell’esistenza dei movimenti antivaccinali.

  2. Vaccinazioni: svelato il documento riservato dell’Aifa sulle reazioni avverse dal 2014 al 2016

    Ecco il documento riservato dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) indirizzato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino citato dal Codacons durante la conferenza stampa di questa mattina e consegnato a tutti i giornalisti presenti in sala.

    Nel testo sono riportati i dati riguardo le segnalazioni di sospetta reazione avversa al vaccino esavalente “Infanrix Hexa”, di titolarità della GlaxoSmithKline, registrate all’interno della Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) negli anni 2014, 2015 e 2016.

    Nel 2014 si sono verificate 1.857 reazioni avverse al vaccino esavalente, di cui 168 gravi (9%). Nel 2015 invece il numero è stato di 992, di cui 144 gravi (14,3%). Nel 2016 sono state segnalate 702 reazioni avverse, di cui 142 gravi (20,2%).

    Riassumento, l’AIFA comunica che ci sono state nel triennio un totale di 21.658 reazioni avverse, di cui 3.351 (1.857 + 992 + 702) solo da vaccino esavalente (Infanrix Hexa).

    Tra le segnalazioni di reazioni avverse, le più comuni sono state:
    – Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
    – Patologie del sistema nervoso: 16%
    – Disturbi psichiatrici: 29,2% (nel 2014) e 14,1% (nel 2015)

    Dal 2005 al 2015 in Italia c’è stato un aumento del numero dei bambini con deficit del neurosviluppo pari al 40%.

    Si sono verificati anche 5 decessi in neonati prematuri vaccinati a 2-3 mesi con Infanrix e Prevnar. La causa di ciò può essere ricondotta all’alluminio (neurotossico) presente al loro interno, in quanto facendo più vaccini ravvicinati si supera facilmente la soglia limite di tossicità.

    Secondo l’On. Zaccagnini i dati presentati sono comunque sottostimati, per il fatto che si rifanno alle sole segnalazioni, e c’è quindi da pensare che l’AIFA stia occultando parte della documentazione relativa alla farmacovigilanza.

    In allegato (vedi sotto) trovi il documento!

    Alla luce del documento e della gravità delle informazioni in esso riportate, la Ministra Lorenzin è stata denunciata alla Procura della Repubblica in quanto, pur essendo a conoscenza di questi dati dal 10 maggio, non solo non li ha resi noti al Parlamento, ma ha comunque emesso il decreto il 19 maggio ignorando di fatto questi dati, che riportano numeri ben più alti di “1 caso su 1 milione”.

    Al termine della conferenza del Codacons è arrivata la reazione dell’Agenzia italiana del farmaco che ha fatto sapere di avere dato mandato ai propri legali di agire nei confronti dell’associazione dei consumatori “affinché sia difesa in ogni forma e in ogni sede la verità scientifica, la realtà dei dati, la qualità dell’operato svolto dall’Agenzia che ha nella tutela della salute dei cittadini il suo unico obiettivo”.

    In una nota l’Aifa sottolinea come “in Italia ogni anno i vaccini salvano milioni di vite, hanno debellato malattie mortali, sono farmaci efficaci e sicuri che tutelano la salute. Sulla sicurezza dei vaccini, le affermazioni rilasciate oggi alla stampa dal presidente del Codacons, Carlo Rienzi, diffondono dubbi e incertezze che non trovano fondamento nella scienza e le attività di farmacovigilanza, nello specifico di vaccinovigilanza, svolte da Aifa attraverso il monitoraggio quotidiano confermano la verità scientifica”.

    La risposta del Codacons è arrivata a stretto giro: “Del tutto sproporzionate, fuori luogo e abnormi le dichiarazioni rilasciate oggi dall’Aifa contro di noi”.
    “Siamo ben consapevoli che i vaccini salvano molte vite umane ma, in base al principio di prevenzione dei danni alla salute, lo Stato è obbligato ad assicurare che qualsiasi trattamento sanitario sia eseguito soltanto in condizioni di assoluta sicurezza” spiega il Codacons.
    “È questo che la nostra associazione chiede, e cioè che i vaccini siano singoli e sicuri, e indagini pre-vaccinali sui bambini prima della somministrazione dei vaccini. Se poi tra gli eventi mortali o le migliaia di reazioni avverse alle vaccinazioni esista o meno un nesso di causalità, questo non ha rilevanza se non per il diritto al risarcimento dei danni sulla base della legge specifica in materia. Ciò che l’Aifa finge di non capire è che l’azione del Codacons è semplicemente tesa alla ricerca della massima informazione possibile in favore delle famiglie, informazione che dovrebbe provenire dalle autorità sanitarie sulle cui eventuali omissioni dovrà ora pronunciarsi la magistratura. Chiunque, a partire dall’Aifa, dovesse ancora affermare che il Codacons è contro i vaccini, sarà immediatamente querelato per diffamazione e per strumentalizzazione diretta a favorire le case farmaceutiche attraverso affermazioni false” conclude l’associazione.

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