La formazione in salute globale
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- 26 Febbraio 2014
I corsi di Erice, nel 2001 e 2008, sono stati una fucina di idee e di progetti sul tema della salute globale. “La comunità scientifica – in particolare coloro che hanno il compito di produrre cultura, formazione e ricerca – ha il dovere di affrontare in modo diffuso e sistematico i temi dell’equità, della difesa della dignità e della vita degli uomini, e di denunciare apertamente i terribili e crescenti squilibri che affliggono il nostro pianeta, anche e soprattutto nel campo della salute”.
Dal 22 al 26 marzo 2001 si tenne a Erice, presso il Centro Ettore Majorana, un corso residenziale organizzato dalla Società Italiana d’Igiene (Siti) – Flussi migratori e politiche per la salute – che si concluse con una Dichiarazione rivolta alla società civile e alla comunità scientifica (Vedi Risorse), elaborata e sottoscritta da medici, ricercatori, docenti universitari e rappresentanti del volontariato, di cui riportiamo i seguenti passi.
“Mai come oggi l’Umanità soffre per così ampie e crescenti disuguaglianze nel reddito e nella salute. Eppure non sono lontani gli anni in cui l’Umanità sembrava incamminarsi in una strada di maggiore giustizia tra i popoli e di realizzazione dei principi solennemente enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). Tra questi anche il diritto alla salute. Poco più di 20 anni orsono l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava la campagna per la “Salute per tutti entro il 2000” e riaffermava che “la salute – come stato di benessere fisico, sociale e mentale e non solo come assenza di malattia e infermità – è un diritto fondamentale dell’uomo e l’accesso a un livello più alto di salute è un obiettivo sociale estremamente importante” (Conferenza di Alma Ata, 1978). Il percorso verso una maggiore giustizia tra i popoli e verso una globalizzazione dei diritti sembra essersi interrotto. La globalizzazione dei nostri giorni è quella della finanza e dell’economia. Non è un caso che la Banca Mondiale abbia di fatto sostituito l’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’indicare – e in certi casi imporre – le linee di politica sanitaria internazionale, che sono quelle della sanità a pagamento, delle privatizzazioni dei servizi e delle assicurazioni: in una parola della salute come bene di consumo, a disposizione di chi vuole, ma soprattutto di chi ha i mezzi per acquistarla”. (…)
“La comunità scientifica – e in particolare coloro che hanno il compito di produrre cultura, formazione e ricerca – ha il dovere di affrontare in modo diffuso e sistematico i temi dell’equità, dello sviluppo sostenibile, della difesa della dignità e della vita degli uomini. Questi temi non possono rimanere soltanto oggetto di trattative “a porte chiuse” in vertici internazionali o di reportage giornalistici. Emerge sempre più forte la necessità di studi approfonditi, di valutazioni indipendenti, di una trasmissione estesa delle informazioni e delle conoscenze e pertanto la Scuola e l’Università non possono più a lungo sottrarsi a questo compito”.
Alcuni anni dopo, dal 14 al 18 aprile 2008 un altro corso della Siti tenuto a Erice – “Globalizzazione e Diseguaglianze nella Salute” – è l’occasione per aggiornare la discussione e ridefinire gli obiettivi. Nel documento finale (Vedi Risorse), tra l’altro, si legge:
“La comunità scientifica – in particolare coloro che hanno il compito di produrre cultura, formazione e ricerca – ha il dovere di affrontare in modo diffuso e sistematico i temi dell’equità, della difesa della dignità e della vita degli uomini, e di denunciare apertamente i terribili e crescenti squilibri che affliggono il nostro pianeta, anche e soprattutto nel campo della salute.
Le Facoltà di Medicina e le altre strutture universitarie, sanitarie e di ricerca che si occupano di formazione nell’ambito socio-sanitario hanno il dovere di aprirsi maggiormente ai temi della “salute globale” per migliorare la qualità dell’offerta formativa, per rafforzare le competenze degli operatori sanitari e stimolare il loro ruolo di difensori e promotori del diritto alla salute.
La realizzazione del diritto alla salute richiede l’azione di molteplici settori sociali ed economici. Richiede, tra l’altro, che l’accesso ai servizi sanitari essenziali sia garantito a tutti, senza barriere economiche: il mancato rispetto di questo principio produce ogni anno milioni di morti, soprattutto tra le fasce più vulnerabili della popolazione, e trascina nella miseria milioni di famiglie
La lotta alle diseguaglianze nella salute deve essere considerata come una fondamentale strategia per migliorare lo stato di salute della popolazione. Le iniquità sociali nella salute indicano infatti la dimensione dei miglioramenti possibili perché dimostrano quali gruppi hanno raggiunto i più alti standard di salute possibili e inoltre indicano la possibilità da parte degli altri gruppi di sviluppare il proprio potenziale di salute in quel determinato tempo”.
I corsi di Erice, nel 2001 e 2008, sono stati una fucina di idee e di progetti sul tema della salute globale. Lì si è cominciato a discutere su come diffonderli nelle aule dell’Università. Anche il progetto “Equal opportunities for health” trova lì le sue radici, un progetto che ha contribuito a definire i contenuti dell’insegnamento sulla salute globale e a promuoverne la formazione accademica. Ed è all’interno di questo progetto che è nata la Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale* , da cui sono sbocciate una quantità d’iniziative di cui sono protagonisti soprattutto specializzandi e studenti in medicina, tra cui quella riportata nel primo post a corredo di questa Newletter.
Va infine segnalato il crescente ruolo – di proposta, di stimolo, di fermento – esercitato dagli studenti di medicina e della loro organizzazione, Segretariato Italiano Studenti Medicina (SISM).
Risorse
Dichiarazione di Erice 2008 [PDF: 109 Kb]
*Attualmente corsi di Salute Globale si svolgono nelle seguenti sedi universitarie: Bari, Bologna, Brescia, Campobasso, Catania, Ferrara, Firenze, Genova, Milano Bicocca e Statale, Novara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, a Roma – Sapienza, S. Andrea, Tor Vergata e Università Cattolica del Sacro Cuore – Sassari, Salerno, Siena, Torino, Trieste, Udine, Varese.
Caro Gavino e altri colleghi, chissa’ se un giorno qualcuno ricordera’ che nel 1986 cominciammo – a partire dall’allora cooperazione allo sviluppo del MAE per transitare in Istituto Superiore di Sanita’ – il primo master internazionale per la gestione dei servizi sanitari a livello globale, che contribui’ alla formazione di circa seicento quadri, anche italiani, utilizzando la strategia formativa per problemi, allora sconosciuta in Italia, che importammo dal Canada e dall’Olanda, adattandola al mondo post-laurea per la prima volta e migrandola successivamente (sempre per la prima volta) su piattaforme web open source, che andarono a costituire la base della formazione a distanza ECM – poi recepita e fromalizzata dal Ministero della Salute – dopo vari anni?? Chissa’ se i colleghi della SITI che si accanirono per bloccare l’innovazione e far transitare tutto attraverso gli usuali canali corporativi si compiacciono ancora di averci impedito di mantenere una leadership globale (appunto) guadagnata con la fatica delle idee e riconosciuta viceversa (come sempre accade) fuori dai confini nazionali nel mondo competitivo della conoscenza. mi domando spesso perche’ non abbia mai accettato di andarmene allora e migrare verso le grandi universita’ del nord Europa e degli Stati Uniti. Ed e’ la stessa domanda che adesso rivolgo ai 15mila ricercatori italiani residenti in USA e ai ragazzi italiani che trovo in NIH, ad Atlanta, in California, in Florida, a Boston: ovviamente la risposta e’ sempre la stessa, triste ma non rassegnata: chi desidera realizzare non ha scelta alternativa e deve andarsene. Chissa’ se i nuovi volti di un governo che forse ce la fa riusciranno a disossare le bare granitiche dove RIP la speranza di quei tempi? magari siamo ancora in tempo. Abbracci da Washington, DC
Carissimo Ranieri, mi associo al ricordo di quei tempi anche come uno dei primi ad andarsene in una università appunto del Nord Europa. La speranza di quei tempi vive ancora in molti giovani che popolano le nostre università pubbliche affamate di risorse e dignità. La testimonia l’entusiasta adesione alle iniziative per una riforma della formazione.
Un caro abbraccio,
Angelo
Mi onoro di essere uno dei seicento (come quelli della carica di Balaklava!) che cita il caro Ranieri Guerra, che saluto e ringrazio. Sono certo che l’International Master of Health Service Management dell’Istituto Superiore di Sanità sia stato una esperienza formativa fondamentale, ed anche di vita, non solo per me ma anche per tutti gli altri 599. Ancora oggi a molti anni di distanza il nostro gruppo si mantiene periodicamente in contatto e la maggior parte degli ex allievi ha assunto incarichi rilevanti nei sistemi sanitari dei rispettivi paesi. Ci si incrocia a volte, professionalmente, ai quattro angoli del Mondo. Ricordo di essermi trovato davanti in un meeting, nel 2006, in Tibet, il direttore dell’ufficio sanitario regionale … che era stato un mio compagno di corso! Ecco un’altra iniziativa italiana assolutamente di punta a livello internazionale da ricordare, valorizzare, aggiornare, ripetere. Ho incontrato i ragazzi del SISM ad una conferenza che ho tenuto a Brescia un anno fa: sono preparati, motivati, entusiasti. Sanno – “sentono” – che l’attuale corso globale economico-finanziario nel campo della salute non ha futuro, non funziona. Ed e’ vero che il buon medico infonde sempre la buona speranza, come scriveva Coleridge. Ma qui la speranza c’e’, ed anche qualcosa di piu’: ci sono i dati, ci sono le idee chiare, ci sono … non abbiamo paura di dirlo … ci sono gli ideali. Tutte cose molto potenti. Ci vorra’ tempo e sudore e sangue, ma alla fine andra’ bene. Grazie e complimenti a Ranieri a Gavino e a tutti i collaboratori di Salute Internazionale.