Infezioni ospedaliere. Un germe “difficile”
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- 7 Maggio 2014
Dal 2003 Stati Uniti e Canada, Inghilterra e altri Paesi Europei compresa l’Italia riportano un incremento del tasso di infezioni da Clostridium difficile, con una importante proporzione di infezioni severe e ricorrenti con un incremento di incidenza e virulenza legati alla diffusione di ceppi particolarmente virulenti e resistenti ai farmaci, oggi responsabili di epidemie in ospedali di molti Paesi Europei.
Clostridium difficile è un microorganismo molto resistente, grazie alla capacità di formare spore, responsabile di gravi infezioni nelle strutture sanitarie dei Paesi Industrializzati dove si possono verificare diffuse epidemie.
In ospedale la proporzione dei soggetti colonizzati dal germe può raggiungere il 25%: il paziente colonizzato rappresenta la fonte primaria del germe, l’ambiente contaminato per via diretta o indiretta rappresenta la fonte secondaria; le spore infatti possono persistere in ambiente per mesi o anni mostrando elevata resistenza ai comuni detergenti e disinfettanti usati in ambiente ospedaliero.
Le infezioni si verificano caratteristicamente in pazienti anziani con patologie pre-esistenti in cui la flora batterica intestinale è stata distrutta da precedente terapia antibiotica e possono avere differenti livelli di gravità: dalla diarrea lieve, alla colite pseudomembranosa fino alla perforazione intestinale.
La prolungata terapia antibiotica determina alterazione della flora batterica intestinale e provoca mutazioni del Clostridium difficile che diviene antibioticoresistente.
Dal 2003 Stati Uniti e Canada, Inghilterra e altri Paesi Europei compresa l’Italia riportano un incremento del tasso di infezioni da Clostridium difficile con una importante proporzione di infezioni severe e ricorrenti con un incremento di incidenza e virulenza legati alla diffusione di ceppi particolarmente virulenti e resistenti ai farmaci, oggi responsabili di epidemie in ospedali di molti Paesi Europei. Uno studio condotto nel 2005 in 12 ospedali del Quebec ha registrato una incidenza di oltre 22 casi/1000 ricoveri con una letalità del 6,9%[1]. Uno studio di sorveglianza prospettica condotto in 29 ospedali canadesi nel periodo novembre 2004-aprile 2005 ha evidenziato una mortalità attribuibile del 5,7 % con un aumento di quasi 4 volte del dato precedentemente registrato (1,5%); la mortalità è risultata 3,5 volte superiore in pazienti di età > 65 anni[2]. I risultati di un recente studio di sorveglianza europeo del 2011 mostrano un’incidenza media pari a 4.1 per 10.000 pazienti con un trend in aumento nei Paesi del Nord e Centro Europa e una letalità che può arrivare al 40%[3]. Significativo è anche il rischio di infezioni ricorrenti e complicate che compaiono in genere entro 4 settimane dal termine della terapia antibiotica.
Negli studi effettuati finora si è evidenziato che comuni fattori di rischio sono costituiti dal pregresso uso di antibiotici nei tre mesi antecedenti l’insorgenza dell’infezione (soprattutto aminopenicilline, cefalosporine di prima e seconda generazione), età superiore ai 65 anni e ancor più superiore a 85[4], importanti patologie concomitanti quali insufficienza renale cronica, riduzione delle difese immunitarie, chirurgia del tratto gastrointestinale, neoplasie del sangue, morbo di Crohn, ricoveri ospedalieri prolungati e farmaci inibitori di pompa protonica spesso utilizzati come “gastroprotettori”[5]. Un’attenzione particolare va posta all’uso, che spesso è un abuso, di questi farmaci poiché è ormai evidente dalla letteratura che il loro l’utilizzo, determinando una persistente soppressione dell’acidità gastrica, promuove significativamente sia l’insorgenza sia le recidive di infezione da Clostridium difficile.
La tempestiva identificazione e il trattamento dei soggetti con infezione da Clostridium difficile rappresentano le misure più importanti sia per una diagnosi specifica che orienta ad una terapia specifica senza perdite di efficacia e efficienza (l’impatto economico delle infezioni da Clostridium difficile è significativo:· secondo dati dell’European CDC, in Inghilterra le infezioni da CD comportano una spesa indotta di € 5.000-15.000 per caso; se si riporta questo dato sull’intera popolazione europea, ciò porta a stimare che CDAD provochi ai sistemi sanitari europei un potenziale costo aggiuntivo di 3.000 milioni di € per anno, dato da ritenere in crescita per i prossimi decenni20) sia per prevenire la diffusione in ambiente ospedaliero attraverso la tempestiva adozione delle misure di isolamento da contatto in ogni fase del percorso assistenziale del paziente da attuarsi sia da parte del personale che dei visitatori[4].
La diagnosi si effettua attraverso la ricerca mirata della tossina di Clostridium difficile nelle feci da riservare ai pazienti con feci non formate o diarroiche, tipicamente maleodoranti (elemento importante per l’orientamento allo specifico accertamento diagnostico)[6].
L’isolamento dei pazienti affetti in stanze singole o con persona affetta dalla stessa infezione è una misura raccomandata di gestione degli eventi, al fine di evitare la diffusione di epidemie.
Strumenti essenziali della prevenzione sono quindi [7,8,9]:
- razionalizzazione nell’uso degli antibiotici sia in ospedale che in comunità: usare farmaci mirati in relazioni ad esigenze limitate e specifiche; evitare terapie con associazioni di antibiotici e limitare le terapie a lungo termine se possibile; evitare l’uso inappropriato sia in termini qualitativi (antibiotico a largo spettro di ultima generazione) e quantitativi (dosaggio giusto e durata corretta anche quando scompaiono i sintomi). Rispettare le Linee Guida basate sull’evidenza per l’antibioticoprofilassi in chirurgia.
- la rapida identificazione del caso (in un paziente dimesso dopo un lungo ricovero ospedaliero anche il Medico di Famiglia ha un ruolo chiave, in quanto combinando tempestivamente gli elementi che lo orientano alla diagnosi richiede accertamenti mirati e non inutili o costosi oltre che dannosi per la prognosi del paziente quali generiche coprocolture o coprocolture per patogeni gastrointestinali improbabili considerando il contesto e la storia del paziente).
- Il richiamo alla corretta igiene delle mani per tutte le persone a contatto con il paziente: la misura chiave è una meticolosa igiene delle mani con acqua e sapone con vigorosa azione fisica di frizionamento e risciacquo, prima di venire a contatto con il paziente o di indossare i guanti, dopo ogni contatto con il paziente affetto o solo con diagnosi sospetta, dopo0 ogni contatto con fluidi corporei o con superfici ambientali potenzialmente contaminate e dopo la rimozione dei guanti e dei camici e/o della soprascarpe. L’utilizzo di gel idroalcolici non è efficace nei confronti delle spore del Clostridium difficile pertanto non è indicato nell’assistenza ai pazienti con infezione sospetta o accertata.
- L’igiene ambientale si basa sull’utilizzo di derivati del cloro (es varechina) alle correte concentrazioni, almeno una volta al giorno riservando un’attenzione particolare alle superfici più frequentemente toccate (interruttori, maniglie) in cui le spore si possono annidare. I servizi igienici andrebbero sanificati almeno 3 volte al giorno e ogni qualvolta ve ne sia la necessità (es. dopo l’uso da parte del paziente affetto). E’ importante utilizzare strumenti per la pulizia dedicati per evitare la disseminazione delle spore in ambienti non contaminati., da risanare poi idoneamente (lasciandoli in immersioni di soluzioni disinfettanti a base di cloro con almeno 1000 parti per milione -ppm-) Anche Tutti i dispostivi medici devono essere dedicati e risanati con disinfettanti a base di cloro.
- La consapevolezza e la formazione del personale medico sanitario sia per la prevenzione, sia in fase di diagnosi e gestone dell’infezione, ma anche dei familiari sia durante il ricovero che alla dimissione del paziente che può continuare la terapia a domicilio, sono elementi fondamentali per attuare consapevolmente le citate misure di prevenzione in maniera efficace, a tutela della salute del paziente a rischio, ed efficiente evitando lo spreco di risorse inappropriate in fase di diagnosi e terapia con un inutile dispendio economico.
L’infezione, una volta correttamente riconosciuta, si può curare con metronidazolo per bocca (non per via iniettiva in quanto inefficace e questo sarebbe intuitivo essendo l’infezione a carico del tratto gastroenterico, ma non pienamente chiaro ad alcuni Medici) in dose pari a 500 mg x3 volte al giorno o vancomicina in dose di 125 mg ogni sei ore, entrambi per 10-14 giorni.
La conoscenza di questi elementi è oggi imprescindibile tra i medici perché possano prevenire correttamente le diffusione del rischio infettivo, tutelare efficacemente la salute dei loro assistiti, contribuire a prestazioni sanitarie sicure, efficaci ed efficienti senza inaccettabili ritardi diagnostici che possono mettere seriamente a rischi la vita del paziente affetto, che ha contratto quest’infezione come “effetto collaterale” di un’ospedalizzazione per tutt’altro motivo.
Patrizia Laurenti, Professore Associato Istituto di Sanità Pubblica Università Cattolica del Sacro Cuore
- Loo VG et al. A predominant clonal multi-istitutional outbreak of Clostridium difficile-associated diarrhea with high morbidity and mortality. N Engl J Med 2005; 353:2442-2449
- Gravel D et al. Healt Care-associated Clostridium difficile infection in adult admitted to acute care hospitals in Canada: a Canadian nosocomial infection surveillance program study. Clin Infect Dis 2009; 48: 568-576
- Martijn P Bauer, Daan W Notermans, Birgit H B van Benthem, Jon S Brazier, Mark H Wilcox, Maja Rupnik, Dominique L Monnet, Jaap T van Dissel, Ed J Kuijper, for the ECDIS Study Group* Clostridium difficileinfection in Europe: a hospital-based survey www.thelancet.com Vol 377 January 1, 2011
- European Centre of Disease Prevention and Control (ECDC): Clostridium difficile infection
- Kim JW, Lee KL, Jeong JB, Kim BG, Shin S, Kim JS, Jung HC, Song IS. Proton pump inhibitors as a risk factor for recurrence of Clostridium-difficile-associated diarrhea. World J Gastroenterol. 2010 Jul 28;16(28):3573-
- Carroll KC, Bartlett JG. Biology of Clostridium difficile: implications for epidemiology and diagnosis. Annu Rev Microbiol. 2011;65:501-21.
- Kwok CS, Arthur AK, Anibueze CI, Singh S, Cavallazzi R, Loke YK. Risk of Clostridium difficile infection with acid suppressing drugs and antibiotics: meta-analysis. Am J Gastroenterol. 2012 Jul;107(7):1011-9.
- Vernaz N, Sax H, Pittet D, Bonnabry P, Schrenzel J, Harbarth S Temporal effects of antibiotic use and hand rub consumption on the incidence of MRSA and Clostridium difficile. J Antimicrob Chemother. 2008 Sep;62(3):601-7.
- Eaton SR, Mazuski JE. Overview of severe Clostridium difficile infection.Crit Care Clin. 2013 Oct;29(4):827-39.