Assistenza primaria in Europa
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- 25 Giugno 2014
Antonio Brambilla e Davide Botturi
L’assistenza primaria rappresenta una delle principali strategie nella realizzazione della nuova politica europea per la salute. Centralità del paziente, percorsi integrati e continuità delle cure, team multidisciplinari, equità nel finanziamento. Queste le linee guida di un documento pubblicato dalla Commissione Europea. Dove non c’è traccia dell’Italia.
Il 27 febbraio 2014 la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto preliminare dedicato alla “definizione di un modello di riferimento relativo all’assistenza primaria con particolare attenzione ai sistemi di finanziamento e di referral”[1]. È attualmente ancora in corso la fase di consultazione pubblica del documento, alla quale, peraltro, tutti sono invitati a partecipare.
Il documento è stato approvato da un panel multidisciplinare e indipendente di esperti, istituito nel 2012 dalla Commissione Europea (Commission Decision 2012/C 198/06). Il compito del panel consiste nell’esprimere delle opinioni, in risposta a particolari domande poste dalla Commissione stessa, relative alla modernizzazione, alla responsiveness e alla sostenibilità dell’assistenza sanitaria. Il mandato assegnato agli esperti consisteva nel: a) proporre all’Health and Consumers Directorate General (DG SANCO) della Commissione Europea una definizione esauriente e operativa di assistenza primaria, che includesse gli obiettivi, le funzioni e gli attori coinvolti;b) pronunciarsi sui fattori che contribuiscono a rendere i referral system efficaci nell’assicurare l’integrazione di tutti i livelli del sistema sanitario e nel garantire che tutte le persone ricevano la migliore assistenza possibile vicino al proprio domicilio. In aggiunta, il panel era tenuto a formulare proposte per future ricerche; c) identificare le principali linee di ricerca relative al finanziamento dell’assistenza primaria ed ai modelli di remunerazione degli erogatori, a supporto delle future attività della DG SANCO.
Meritano la nostra attenzione due aspetti.
Il primo riguarda la presenza del tema “assistenza primaria” nel dibattito politico europeo riguardante le modalità efficaci di investimento sulla salute, e più in generale relativo ai sistemi sanitari. Va ricordato, inoltre, come l’assistenza primaria rappresenti una delle principali strategie nella realizzazione della nuova politica europea per la salute: “Health 2020”.
Il secondo aspetto riguarda la partecipazione al gruppo di lavoro che ha redatto il documento, in qualità di Chair/Rapporteur, del Prof. Jan De Maeseneer del Department of Family Medicine and Primary Health Care, Ghent University del Belgio, tra i più autorevoli sostenitori della Community Oriented Primary Care [2].
Nelle seguenti pagine, proponiamo una selezione di quelli che riteniamo essere i “passaggi chiave” del documento, corrispondenti ai tre punti del mandato sopra citati, e una sintetica descrizione di due esperienze europee. Nelle conclusioni offriamo qualche spunto interpretativo rispetto al confronto con la situazione e l’evoluzione dell’assistenza primaria in Italia e le esperienze regionali di cui abbiamo maggiore conoscenza diretta (Emilia-Romagna e Toscana).
La definizione di assistenza primaria
Il panel di esperti definisce l’assistenza primaria come:“the provision of universally accessible, person-centered, comprehensive health and community services provided by a team of professionals accountable for addressing a large majority of personal health needs. These services are delivered in a sustained partnership with patients and informal caregivers, in the context of family and community, and play a central role in the overall coordination and continuity of people’s care” (cit. paragrafo “3.2.2 Core-definition”).
Nella definizione sono sufficientemente evidenti i riferimenti alle “4C” di Barbara Starfield (contact, continuous, comprehensive, coordination)[3] e al concetto di Community Oriented Primary Care(a).
Gli esperti affermano che il concetto di assistenza primaria è da intendere in modo dinamico, e non statico, ovvero in continuo adattamento rispetto ai cambiamenti del contesto(b), esterno e interno al sistema sanitario e all’assistenza primaria. Tra i fattori di cambiamento vengono elencati: a) il ruolo dei pazienti, con particolare attenzione agli obiettivi definiti dal paziente stesso nei termini di quantità e qualità di vita, e al coinvolgimento nelle decisioni riguardanti la cura (shared decision making); b) il ruolo degli informal caregiver (es. famigliari, organizzazioni di volontariato), da interpretare come complementare, e non più solo supplementare, alla più formale (istituzionale) assistenza, ed i loro bisogni.
Il coordinamento e la continuità delle cure
Gli esperti europei affermano come il referral system (inclusa la funzione di gatekeeping del general practitioner)abbia un ruolo cruciale nell’assistenza primaria, in quanto essa rappresenta il punto di ingresso nel sistema sanitario per molte persone. Essi collocano il tema del referral nella più ampia cornice concettuale del coordinamento e continuità dell’assistenza. Il panel propone che il gatekeeping si orienti maggiormente da una funzione di regolazione dell’accesso all’assistenza ad una funzione di indirizzo per il paziente verso una assistenza appropriata e costo-efficace. Nelle conclusioni vengono identificati diversi fattori per incrementare l’efficacia del referral system, tra cui un sistema di assistenza primaria organizzato per gruppi interprofessionali e centri di salute, con l’opportunità di avvalersi, nello stesso setting di cura, di second opinion da parte di specifiche figure professionali.
Il finanziamento dell’assistenza primaria
Gli esperti riconoscono la esistenza di diverse strategie nei Paesi europei di finanziamento dell’assistenza primaria, inclusa la attribuzione agli erogatori che operano nell’assistenza primaria della responsabilità per l’acquisto di assistenza specialistica. Più recentemente, anche in risposta ai vincoli finanziari esacerbati dalla crisi economica, sono state proposte alcune strategie per la protezione della spesa nell’assistenza primaria, tra cui la definizione di budget per target o la istituzione di tasse di scopo per il finanziamento di specifici programmi di salute pubblica[4].
Essi invitano i policy maker a porre attenzione ai temi dell’equità del finanziamento e della protezione finanziaria nel ricorso ai servizi. Rispetto a quest’ultimo punto sottolineano che, laddove vengano previsti meccanismi di pagamento diretto delle prestazioni sanitarie da parte dell’utente(c), dovrebbero essere attuate forme di protezione delle persone a basso reddito e delle persone che usano regolarmente i servizi sanitari.
Il panel identifica nei vari Paesi un progressivo sviluppo di forme miste di retribuzione degli erogatori (tra cui i medici di medicina generale), che combinano quota capitaria standardizzata (per alcuni fattori di rischio), tariffe per prestazione, e programmi di pay for performance (P4P)[d).
Tra le esperienze di diverse Paesi europei illustrate nel documento, abbiamo selezionato quella del Belgio (a) e della Finlandia (b).
a. In Belgio, nel 1978 è stato avviato il Community Health Centre Botermarkt, un’organizzazione not-for-profit, in un’area deprivata della città di Ghent. Il Centro offre assistenza ad una popolazione di 5600 persone, provenienti da più di 70 Paesi. L’insieme di servizi è ampio e riguarda: la promozione e prevenzione della salute, le cure primarie (medici di medicina generale), l’assistenza domiciliare integrata, l’assistenza odontoiatrica, le cure riabilitative, le cure palliative, e l’assistenza sociale. Nel 1986 il Centro ha istituito una “piattaforma” locale alla quale partecipano tutti gli erogatori di assistenza primaria, gli istituti scolastici, la polizia locale, le organizzazioni di cittadini (anche minoranze etniche) con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione inter-professionale e inter-settoriale.
b. In Finlandia, nel 2010 è stato approvato l’Health Care Act con il quale sono stati apportati dei cambiamenti alla organizzazione dell’assistenza primaria per fronteggiare alcune criticità, registrate negli anni precedenti, come ad esempio i problemi nell’accesso al medico in diversi territori ed i tempi di attesa per ricevere una visita. I servizi di assistenza primaria negli health centre riguardano, ad esempio, la gestione di problemi cronici di salute, la promozione e prevenzione della salute materna e infantile, la cura dei problemi di salute mentale, l’assistenza domiciliare, e anche il trattamento in emergenza. Nell’Health Care Act viene enfatizzato il tema dell’equità: le authority delle municipality devono garantire che i servizi sanitari siano disponibili e accessibili a tutti i residenti nell’area di cui esse sono responsabili.
Le opinioni formulate dagli esperti europei rappresentano senza dubbio un’occasione per riflettere sull’assistenza primaria, per quanto, va precisato, non ci sembrano offrire un contributo particolarmente significativo e innovativo, sia sul piano concettuale che empirico, rispetto al dibattito italiano e alle esperienze di alcune Regioni, maggiormente impegnate nello sviluppo dell’assistenza primaria. Ad esempio, nella discussione nazionale riguardo al nuovo Patto per la Salute è stato proposto il consolidamento delle equipe multiprofessionali territoriali e lo sviluppo di strutture territoriali di riferimento per l’erogazione dell’assistenza primaria. A livello regionale, le esperienze delle Case della Salute in Emilia-Romagna[5] e in Toscana contengono già i principali riferimenti concettuali proposti dagli esperti europei, e risultano essere, per diversi aspetti, allineate ad altre esperienze internazionali illustrate nel documento, come ad esempio l’Health Centre della Finlandia.
Desidereremmo, inoltre, proporre una sintetica osservazione sul tema del referral system. A nostro avviso, il tema potrebbe essere contestualizzato, sul piano operativo, nell’ambito dei percorsi assistenziali, ad esempio, per le patologie croniche, rispetto ai quali si registra una attenzione crescente unita ad uno sviluppo di progetti in diverse Regioni. In questa cornice il referral system potrebbe rappresentare uno strumento a garanzia della continuità e della appropriatezza dell’assistenza.
Non ultimo, si pone il tema della sostanziale “assenza” dell’Italia nel documento. Speriamo che tale fatto possa rappresentare un forte incentivo per migliorare la nostra capacità di documentare le numerose esperienze locali, adottando una prospettiva internazionale e di rigore scientifico. Basti citare, a titolo esemplificativo, le diverse iniziative illustrate qualche mese fa a Bologna (31 Marzo-1 Aprile 2014) nel convegno organizzato dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con la Regione Toscana[6], oppure i Chronic Related Group (GReG) della Regione Lombardia, il progetto PREVASC della Regione Lazio, il progetto Raffaello delle Regioni Marche e Abruzzo, ilprogetto Leonardo della Regione Puglia, e tanti altri ancora.
Ovviamente, siamo consapevoli delle diverse criticità che dobbiamo ancora affrontare, cominciando dalla assenza di un quadro normativo che definisca quali prestazioni e servizi essenziali debbano essere garantiti nell’ambito dell’assistenza primaria[7].
Antonio Brambilla, Responsabile Assistenza Distrettuale, Medicina Generale, Pianificazione e Sviluppo dei Servizi Sanitari, Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali, regione Emilia – Romagna.
Davide Botturi, Area Valutazione e sviluppo dell’assistenza e dei servizi, Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna
- Expert Panel on effective ways of investing in Health (EXPH). Preliminary report on definition of a frame of reference in relation to primary care with special emphasis on financing systems and referral systems [PDF: 878]. EXPH, 27.02.2014.
- De Maeseneer J, Willems S, De Sutter A, et al.Primary health care as a strategy for achieving equitable care: a literature review commissioned by the Health Systems Knowledge Network. March 2007.
- Starfield B. Is primary care essential ?. Lancet 1994; 344: 1129-1133.
- Thomson S, Figueras J, Evetovits T, et al. Health systems, health and economic crisis in Europe. Buckingham: Open University Press. 2014 (in press).
- Curcetti C, Parisini L, Tassinari MC (a cura di). Le “Case della Salute” in Emilia-Romagna. Report conclusivo 2013. Novembre 2013.
- Regione Emilia-Romagna e Regione Toscana. Convegno “Esperienze di cure primarie. L’innovazione 2.0 nell’assistenza territoriale”. Bologna, 31 marzo-1 aprile 2014.
- Corsalini E, Fattore G. L’assistenza sanitaria primaria in Europa: modelli, tendenze, scenario per l’Italia. Mecosan 2012; 82: 61-75.
(a) La Community Oriented Primary Care viene definita: “un approccio alla erogazione dell’assistenza sanitaria che si assume la responsabilità per la salute di una determinata popolazione. Esso combina epidemiologia e interventi sociali con la pratica clinica rivolta alla singola persona, in modo tale che l’assistenza primaria diventi essa stessa un programma di medicina di comunità. Sia il singolo paziente che la comunità o la popolazione sono i foci delle diagnosi, dei trattamenti e della sorveglianza continua” (rif. Rhyne R, Bogue R, Kukulka G, Fulmer H, editors. Community-oriented primary care: health care for the 21st century. Washington, DC: American Public Health Association, 1998
(b) Gli esperti assegnano una particolare importanza al contesto, come emerge, tra i tanti esempi presenti nel testo, dalla proposta di sviluppare in futuro una maggiore “contextual evidence (looking at effectiveness in the relevant practice-context)”, e di integrare le tre dimensioni (bio-psico-sociale) del modello di salute e benessere proposto nel 1977 da Engel, con una quarta dimensione, la dimensione ecologica, proposta nel 1997 da Rosenblatt. Il modello verrebbe così denominato “eco-bio-psico-sociale”.
(c) Nel documento viene utilizzato il termine user charge. Non è chiaro, tuttavia, se con esso si intenda il pagamento dell’intero costo della prestazione o di una sua quota (coinsurance) o di un ammontare fisso riferito alla prestazione erogata (copayment o ticket sanitario).
(d) Nel documento si afferma come in Europa il contributo di programmi di P4P alla retribuzione complessiva dei professionisti sia variabile, e compreso tra l’1% e il 25%.Gli esperti precisano che i programmi di P4P dovrebbero avere un ruolo di supporto, e non centrale, nella retribuzione, in quanto le evidenze riguardo agli effetti prodotti sono frammentate e inconsistenti (rif. Cashin C, Chi Y, Smith P, et al. Paying for performance in health care: implications for health system performance and accountability. Maidenhead: Open University Press. 2014 (in press)