Variazioni e diseguaglianze

VariazioniFrequenzaGavino Maciocco

Nella maggior parte dei casi le variazioni della frequenza delle prestazioni sanitarie sono dovute a motivi socio-economici. Sia quando si tratta di negare una prestazione (specie quelle ad alto contenuto tecnico), sia quando si eccede nell’erogarle (e quindi con un alto rischio di inappropriatezza). Nell’uno e nell’altro caso ci troviamo di fronte a vere diseguaglianze nell’assistenza sanitaria e nella salute.


La variazione della frequenza delle prestazioni sanitarie è la regola, come dimostra il post di Marco Geddes. Ciò che colpisce nel monumentale rapporto dell’OECD, recensito nel post, è la dimensione del fenomeno che interessa tutte le più importanti prestazioni sanitarie, dall’angioplastica alla protesi del ginocchio, dal taglio cesareo alla risonanza magnetica. Differenze di due, cinque, anche dieci volte tra una nazione e un’altra, ma anche tra diverse province/regioni di una stessa nazione. Differenze di tale portata da non essere ragionevolmente giustificate da motivi clinici, bensì da ragioni di altra natura: organizzazione del sistema sanitario, differenze nell’offerta, discrezionalità del comportamento dei medici, influenze del mercato, fattori culturali e ragioni socio-economiche.

Il rapporto dell’OECD accenna a tutti questi motivi senza stabilirne una gerarchia d’importanza, tuttavia le ragioni socio-economiche si ritrovano quasi ovunque per giustificare un deficit (vedi interventi di rivascolarizzazione cardiaca) ma anche un surplus di prestazioni (vedi tagli cesarei o isterectomie). È allora interessante incrociare alcuni dati del rapporto OECD con quelli del Libro bianco sulle diseguaglianze di salute in Italia.

Interventi di rivascolarizzazione cardiaca (Bypass aortocoronarico e angioplastica coronarica).

Il Rapporto OECD afferma che “numerosi studi sui determinanti delle variazioni delle procedure di rivascolarizzazione suggeriscono che queste non sono interamente spiegate da motivi clinici, sollevando serie questioni sull’appropriatezza delle cure e sull’equità di accesso. (…) Vi sono minori probabilità di ricevere interventi di rivascolarizzazione nelle aree a bassa densità abitativa, con bassi livelli d’istruzione e basso reddito. (…) In conclusione, i fattori socioeconomici giocano un ruolo significativo nelle variazioni negli interventi di rivascolarizzazione cardiaca”.

Il Libro bianco conferma tale osservazione riportando i risultati di uno studio epidemiologico svolto a Roma che rivela che l’accesso all’intervento di bypass aortocoronarico risultava del 40% inferiore tra i meno abbienti di senso maschile, rispetto ai benestanti.

Molto significativa è la Figura 1 che si riferisce a quanto accade a Torino (un lampante esempio di iniquità nell’assistenza sanitaria):

  • l’immagine a sinistra mostra il tasso d’incidenza dell’infarto miocardico acuto (più alto negli abitanti dei quartieri operai della città);
  • l’immagine a destra mostra la frequenza dell’intervento di angioplastica (più alta negli abitanti dei quartieri residenziali della città).

Figura 1. Tasso d’incidenza dell’infarto miocardico acuto e frequenza dell’intervento di angioplastica in differenti quartieri della città di Torino. 2009.

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Taglio cesareo

Secondo il Rapporto OECD l’Italia è il paese con la più alta variabilità nel tasso di tagli cesarei: con un rapporto di 1 a 5 tra le varie province, come emerge chiaramente dalla Figura 2. È noto che i tassi più alti si verificano nelle aree del sud, che sono quelle più povere e dove è anche più diffusa l’assistenza privata in campo ostetrico. Ma anche in altre realtà, come Roma e all’interno delle strutture pubbliche – rivela il Libro Bianco – le donne con minore livello d’istruzione hanno una maggiore probabilità di avere un taglio cesareo rispetto alle più istruite.

 

Figura 2. Tasso di tagli cesarei per 1000 nascite, per provincia. Italia. 2011

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Isterectomia

Il Rapporto OECD osserva che le isterectomie sono più frequenti nelle donne con basso stato socio-economico, soprattutto quando i medici hanno una maggiore discrezionalità. Il Libro bianco conferma: “già negli anni 90 è stata evidenziata una relazione tra stato socioeconomico e isterectomia dovuta a lesioni benigne dell’utero (leiomioma e prolasso): le donne appartenenti al livello sociale più alto risultarono avere una probabilità maggiore del 34% di ricevere tecniche meno invasive per rimuovere lesioni benigne dell’utero rispetto alle più svantaggiate, specialmente nella fascia di età 35-49 anni”.

 

Ricoveri che non servono

Il Libro bianco, al capitolo 6 (“Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle diseguaglianze di salute: il governo clinico” di T. Spadea et al.), fa un lungo elenco di prestazioni “in difetto” per i gruppi più svantaggiati economicamente: vaccinazioni non obbligatorie, monitoraggio dei fattori di rischio cardiovascolari, assistenza odontoiatrica, screening oncologici.

D’altro canto ci sono anche prestazioni “in eccesso” che penalizzano i più poveri, il segnale che viene loro negata un’assistenza di qualità.  È il caso dei ricoveri “evitabili” per malattie croniche, evitabili in presenza di adeguati servizi di cure primarie. Quando questi servizi non funzionano sono i gruppi più fragili economicamente ad essere penalizzati con un (dannoso) eccesso di ricoveri ospedalieri, che dimostra la Tabella 1, dove risulta che i più poveri hanno una probabilità 4 volte maggiore dei più ricchi di essere ricoverati per scompenso cardiaco e per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

Tabella 1. Rischio relativo di ospedalizzazione per scompenso cardiaco e BPCO, per quintili di reddito. Età 20-64 anni. Anno 2000. Fonte: Agabiti et al. 2009 (Studio multicentrico svolto a Torino, Milano, Bologna e Roma).
Reddito (quintili)Scompenso cardiaco (RR)BPCO (RR)
I (alto)1,001,00
II1,801,40
III2,181,97
IV2,972,13
V (basso)3,784,23

 

 

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