Guai a chi tocca il latte artificiale
- 3
- 5.3K
- 5 Min
- |
- 2 Marzo 2015
La perigliosa storia di un giovane pakistano che ha denunciato i misfatti delle multinazionali del baby food. Ne è nato un film, Tigers, che sarà presentato in prima nazionale il prossimo 7 marzo presso il cinema Odeon di Firenze. Si tratta di un evento eccezionale, da non perdere, perché, oltre ad alcuni rappresentanti delle associazioni britanniche e italiane che si occupano del tema, sarà presente proprio Syed Aamir Raza.
Syed Aamir Raza è un giovane pakistano che, all’inizio degli anni ’90, dopo aver fatto per qualche tempo il rappresentante per una ditta di farmaci generici, trova lavoro presso la filiale della Nestlé nel suo paese. Suo compito è promuovere le vendite del latte artificiale per neonati e bambini presso i medici, impiegati in ospedali e altre istituzioni pubbliche, o nel settore privato. Le sue attività di promozione commerciale hanno successo, un po’ perché è brillante, intraprendente e conosce il mestiere, ma soprattutto perché i suoi superiori gli insegnano nuovi trucchi. Colui che addestra lui ed altri neo-assunti, li chiama “tigers”, per invitarli ad essere feroci nel promuovere il latte artificiale. Syed Aamir distribuisce campioni a destra e a manca, organizza cene, congressi ed altri eventi formativi, ripartisce regali, allestisce esposizioni, offre viaggi di studio e di lavoro, e naturalmente rende felici i suoi capi registrando significativi aumenti di vendite e profitti. Anche Syed Aamir è felice: diventa relativamente benestante, migliora l’alloggio e lo standard di vita della sua famiglia, acquista una motocicletta.
Ma un giorno, nel marzo del 1997, resta colpito da una frase che gli rivolge un giovane medico con cui, nonostante avesse soprattutto relazioni di lavoro, aveva instaurato un rapporto d’amicizia. Lo incontra fuori dal suo ambulatorio, dopo un’assenza di molti mesi per un corso di specializzazione, mentre sta parlando con i genitori di un bambino appena deceduto per diarrea e denutrizione. “Di cosa è morto questo bambino?” chiede Syed Aamir. “Grazie a gente come te”, gli risponde il medico. E gli spiega come questi genitori fossero caduti nella trappola del marketing, ed avessero quindi preferito il moderno latte artificiale all’obsoleto latte materno, entrando nel classico circolo vizioso tra infezioni e denutrizione che aveva portato alla morte del bambino.
Questo episodio scatena una crisi di coscienza in Syed Aamir, una crisi che non lo lascia dormire, lo fa diventare incerto e nervoso, deteriora la sua vita familiare, gli rende amara ogni giornata di lavoro. Da un lato si rende conto dei benefici che trae dal lavorare con una ricca e fiorente impresa multinazionale. Dall’altro sa che il suo giovane amico medico ha ragione. Sa bene quali metodi ha usato per far vendere e prescrivere sostituti del latte materno ben oltre le reali necessità. Sa di aver contribuito all’abbandono dell’allattamento, con le relative conseguenze per salute e nutrizione. Dopo un lungo conflitto interiore, e con l’appoggio della famiglia, mette assieme tutta la documentazione in suo possesso, si licenzia e diventa un whistleblower, una talpa che rivela i segreti di cui è a conoscenza sulle malefatte della multinazionale.
Ma qui comincia la sua tragedia. Da un lato ci sono le pressioni della ditta, che fa di tutto per ostacolarlo ed emarginarlo, ricorrendo a blandizie e minacce di ogni tipo. Dall’altro non trova sostegno nelle istituzioni, tutte in qualche modo legate agli affari che il mercato della salute permette di fare, se si ha un minimo di spregiudicatezza. Per rendere pubblica la sua denuncia, nella speranza, dimostratasi vana, di cambiare le cose, Syed Aamir si rivolge a un’associazione che si occupa di migliorare l’uso razionale dei farmaci in Pakistan. Vi trova persone che si rendono conto del problema e sono disposti ad aiutarlo. Con loro redige un rapporto sui metodi immorali e a volte illeciti usati da Nestlè per promuovere il latte artificiale: il titolo è Milking Profits[1].
Le minacce però aumentano, e colpiscono non solo Syed Aamir, ma anche la sua famiglia. Con i rappresentanti dell’associazione, decide di portare la discussione all’attenzione dei media internazionali. Prendono contatti con una catena televisiva tedesca e organizzano il viaggio. In Germania fa vedere tutta la documentazione in suo possesso e si fa intervistare per un reportage da mandare in onda su un canale nazionale. Ma quando tutto è pronto, i responsabili della rete televisiva si tirano indietro; dall’alto è arrivato un veto, probabilmente imposto dagli uffici legali, timorosi di ritorsioni o denunce da parte della multinazionale.
A questo punto Syed Aamir è disperato e terrorizzato, e decide di non rientrare in patria. Trova temporaneo rifugio in Gran Bretagna, con l’aiuto di un’associazione che si occupa di protezione dell’allattamento e di monitoraggio del rispetto del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno[2]. Vi si ferma un paio d’anni, ma non riesce ad ottenere lo statuto di rifugiato né a farsi raggiungere dalla famiglia. Alla fine emigra in Canada, dove vive tuttora facendo il taxista, e dove dopo qualche anno lo raggiungono moglie e figli.
Questa storia si è conclusa all’inizio del decennio scorso, e tutti l’hanno ormai dimenticata. Tutti tranne Danis Tanovic, il regista e sceneggiatore bosniaco che nel 2002 ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero con No man’s land. Non so come ne sia venuto a conoscenza, nel 2005. Fatto sta che dopo aver superato numerosi ostacoli di carattere legale (gli stessi incontrati dalla rete televisiva tedesca?) e dopo aver trovato dei produttori disposti a finanziarlo, Tanovic ha finalmente realizzato un film che, tra fiction e realtà, racconta la storia di Syed Aamir e di Milking Profits.
Il film si intitola Tigers ed è stato presentato in prima mondiale al festival del cinema di Toronto alla fine del 2014. È poi sbarcato al festival di San Sebastian e, a fine gennaio 2015, al Trieste Film Festival. Ora, in attesa di essere distribuito nelle sale, sarà presentato in prima nazionale alle 20:30 del 7 marzo 2015 presso il cinema Odeon di Firenze[3]. Si tratta di un evento eccezionale, da non perdere, perché, oltre ad alcuni rappresentanti delle associazioni britanniche e italiane che si occupano del tema, sarà presente proprio Syed Aamir Raza.
Ma perché è necessario non solo vedere il film, ma riprendere la discussione sui comportamenti delle multinazionali del baby food? Perché i fatti narrati nel film continuano ad accadere. Nei paesi a basso reddito, con le stesse conseguenze per la salute e la nutrizione dei bambini narrate nel film. Basta leggere un recente libriccino pubblicato da tre pediatri del Bangladesh, per rendersene conto[4]. Racconta la storia di 27 bambini alimentati con latte artificiale e ne mostra le foto. E queste storie illustrate sono più che sufficienti per capire il significato di quel “Grazie a gente come te”. Ma anche nei paesi ad alto reddito. Se è vero che da noi non si vedono le tragedie del Bangladesh, sappiamo benissimo che anche da noi si muore e ci si ammala[5,6], e si sprecano miliardi[7]. E, soprattutto, sappiamo che l’industria usa gli stessi metodi denunciati da Syed Aamar Raza, come dimostrano le recenti vicende che hanno portato all’arresto di pediatri e rappresentanti delle ditte in Toscana. Forse anche grazie a gente come noi, se continuiamo a restare zitti.
Adriano Cattaneo, Osservatorio Italiano sulla Salute Globale
- is published by TheNetwork — Association for Rational Use of Medication in Pakistan. Islamabad, December 1999
- Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno [PDF: 296]. Traduzione a cura dell’IBFAN Italia.
- Talukder MQK, Banu NA, Talukder K. Tragedies of infant formula and suboptimal breastfeeding. Bangladesh Paediatric Association, 2014
- Chen A, Rogan WJ. Breastfeeding and the risk of postneonatal death in the United States. Pediatrics 2004;113:e435
- Fisk CM, Crozier SR, Inskip HM et al. Breastfeeding and reported morbidity during infancy: findings from the Southampton Women’s Survey. Matern Child Nutr 2011;7:61-70
- Bartick M, Reinhold A. The burden of sub-optimal breastfeeding in the United States: a pediatric cost analysis. Pediatrics 2010;125:e1048
Tutto questo è meraviglioso per carità … Ma spiegate anche che le persone si appoggiano al latte artificiale perché non hanno avuto la possibilità di averne proprio … E perché quelle poche gocce che hanno non bastano a sfamare un bambino .. Provate a stare con un bimbo che piange tutto il giorno perché ha fame.. Scommetto che lo lasciate morire di fame ..
Il latte artificiale può essere salvavita, e probabilmente si potrebbero pubblicare case studies a dimostrazione di ciò. Quello che è certo è che il marketing immorale del latte artificiale contribuisce a far perdere molte più vite (a occhio e croce centinaia di migliaia di volte di più) di quelle poche che il latte artificiale salva. Cioè: quello che è in discussione non è il latte artificiale, ma il marketing del latte artificiale. Un po’ come non sono in discussione i farmaci essenziali, ma il loro uso sconsiderato e dannoso sulla spinta del marketing delle ditte.
La mancata produzione lattea è un problema di percezione. Lo stesso Ministero della Salute Italiano ha ribadito in diversi documenti che bisogna proteggere l’allattamento materno e che la mancanza di latte insorge da inadeguate tecniche di allattamento. Promuoviamo questo ma non diamo l’immagine che ci sia questa richiesta biologica di latte artificiale perché è una distorsione dei paesi occidentali. Nell’Africa subsaariana si fa allattamento prolungato, nonostante la carenza nutrizionale e i problemi insorgono sempre dopo, al momento dell’introduzione degli alimenti complementari che scarseggiano. Il latte artificiale resta l’alternativa più sicura che conosciamo ma non è neanche minimamente paragonabile alla produzione materna ricca di fattori specie-specifici e dalla composizione dinamica dall’inizio alla fine della poppata e da una poppata all’altra. La stessa immunità passiva, la carica probiotica…siamo proprio lontani anni luce.