Gli ospedali psichiatrici giudiziari chiudono. Forse
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- 7 Aprile 2015
La legge 81/2014 introduce un cambiamento di paradigma nella gestione degli infermi di mente autori di reato, per certi versi paragonabile a quello che fu la 180 per la salute mentale. Il 31 marzo 2015 è la data che segna la chiusura formale degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma molte regioni sono ancora inadempienti. Il caso Toscana.
Il 31 marzo 2015 è una data per molti aspetti storica: segna infatti la chiusura formale degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) a conclusione di un percorso, non sempre lineare, iniziato col DPCM del 2008 di riordino della sanità penitenziaria, proseguito nel 2010 con la Commissione “Marino” che per la prima volta ha portato i politici a indagare e confrontarsi con istituzioni dimenticate, indegne, nelle parole del Presidente Napolitano, di un “Paese minimamente civile”. Da queste premesse, che si sono sommate alle instancabili denunce di tante Associazioni, a cominciare da Psichiatria Democratica che già nel suo primo Congresso nel 1974 aveva denunciato l’incostituzionalità dell’OPG, è maturata una prima proposta di legge di chiusura degli OPG nel febbraio 2012 che ne fissava la data di chiusura al marzo successivo, successivamente prorogata al marzo 2015 dalla legge 81/2014, senza ulteriori proroghe.
La legge 81/2014 è intervenuta in costanza legislativa, senza modificare gli istituti giuridici del codice penale a fondamento dell’invio in OPG dei soggetti infermi di mente e autori di reato nonché giudicati socialmente pericolosi. E’ certamente un limite della legge che ha suscitato critiche e riserve ma non si possono sottacere gli elementi di novità e (parziale) discontinuità col passato che la legge ha introdotto: la gestione di questi soggetti (i c.d. rei-folli) in un ambito completamente sanitario, in carico ai Dipartimenti di Salute Mentale del SSN, quindi con un forte legame col territorio, anche se in strutture deputate all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva (REMS-D) per quei soggetti ritenuti non dimissibili dagli attuali OPG (una ristretta minoranza degli attuali internati che, lo ricordiamo, erano circa 700 nell’ultima rilevazione ministeriale dei quali oltre la metà dimissibili) o anche nuovi, per i quali il giudice abbia disposto una misura di sicurezza detentiva; anche le REMS debbono prevedere una gestione interna totalmente sanitaria e, ove necessario, una vigilanza perimetrale cui sono affidati i compiti di custodia.
La legge impone, inoltre, ribadendo gli orientamenti espressi in merito in questi anni dalla Suprema Corte, che l’invio in misura di sicurezza detentiva (fino a ieri in OPG e d’ora in avanti nelle REMS) deve essere considerato residuale e limitato a quei casi in cui non siano applicabili misure alternative (per es. arresti domiciliari) meno afflittive; si stabilisce infine che la misura di sicurezza non possa superare come durata quella prevista per il reato ascritto dalla pena edittale e che la pericolosità sociale debba essere valutata a prescindere dall’esistenza di un progetto di presa in carico da parte dei servizi, questo per porre fine ad una pratica invalsa in tutti questi anni per cui l’assenza di presa in carico si traduceva automaticamente nella reiterazione della misura di sicurezza, generando quelli che sono stati definiti “ergastoli bianchi” per cui soggetti autori di reati di non particolare allarme sociale (i c.d. reati bagatellari) sono rimasti in OPG anche per decenni.
La legge 81, cioè, pur con i limiti denunciati, introduce un cambiamento di paradigma nella gestione degli infermi di mente autori di reato, per certi versi paragonabile a quello che fu la 180 per la salute mentale (anche se all’epoca la legge si collocava in una ben diversa tensione politica e morale): una sfida, alta, alla capacità delle Regioni di farsi carico di un problema politico e di civiltà da non risolvere unicamente con interventi organizzativi.
Possiamo vedere la legge 81 un po’ come la cartina di tornasole di questa capacità di governare un processo complesso che comporta anche un ripensamento complessivo del ruolo del SSN nella gestione della salute dei cittadini ed in questo, purtroppo,le Regioni hanno evidenziato diffuse carenze politico gestionali se, a meno di un mese dal termine di chiusura degli OPG, il Ministero della Salute certificava che solo 10 Regioni erano in grado di rispettare la scadenza di legge e, nella maggior parte dei casi, facendo ricorso all’intervento di un privato più o meno sociale, come sempre più spesso avviene nella gestione della sanità e in questo il superamento degli OPG non ha fatto eccezione!
Il caso Toscana
Né, in fatto di tentennamenti a farsi carico della chiusura dell’OPG di Montelupo Fiorentino e a riappropriarsi della titolarità della gestione degli internati toscani, ha fatto eccezione la Toscana pure considerata una punta avanzata nel panorama della sanità nazionale e anche nel campo della salute mentale. La Regione Toscana si è mossa in uno splendido isolamento. L’Assessorato alla salute, come è solito fare da qualche tempo in qua (si veda la riforma delle ASL) ha rifiutato qualunque confronto tanto con gli addetti ai lavori quanto con la società civile (confronto quanto mai necessario visto che il tema investe, come fu all’epoca della chiusura dei manicomi, la società nel suo complesso): ha dimostrato fin dall’inizio di non avere compreso lo spirito (oltre che la lettera) della legge, per esempio convenzionandosi con la Regione Umbria per accogliere i suoi internati nelle strutture toscane (e incamerare il relativo finanziamento), approntando soluzioni improvvisate e miseramente cadute al primo vero confronto fuori dalle stanze regionali.
Così in questi anni, ai reiterati roboanti annunci – “saremo i primi a chiudere l’OPG” – sono seguiti reiterati atti deliberativi nella individuazione delle alternative all’OPG, frutto di elaborazioni separate da parte degli assessori che si sono avvicendati nella gestione della sanità toscana, atti rapidamente revocati per l’opposizione principalmente delle amministrazioni locali dei Comuni che avrebbero dovuto ospitare le REMS: è andata così con l’amministrazione di S. Miniato (REMS da costruire ex novo), di Empoli (utilizzo del locale carcere), di Massa Marittima (idem), di Lastra a Signa, di Firenze (Clinica Villanova e Villa Guicciardini).
Si è arrivati così, il 30 marzo scorso a due giorni dalla scadenza, alla Delibera 380 che, oltre a confermare le strutture già esistenti (Le Querce a Firenze e la Comunità Tiziano ad Aulla), individua una struttura a Volterra, due piccoli moduli (Arezzo e Abbadia S.Salvatore), oltre a rinviare a successivo atto la formalizzazione di un’ulteriore struttura idonea, nel territorio delle Aziende USL dell’Area Vasta Centro, qualora se ne riscontri la necessità e, soprattutto, delibera il trasferimento in blocco della maggioranza degli internati di Montelupo nell’Istituto “M. Gozzini” (meglio conosciuto come Solliccianino), all’interno di un carcere che non cesserà, anche con la presenza dei nuovi arrivati, di mantenere le sue funzioni penitenziarie.
Una scelta inusitata, che non trova riscontro, per quanto a nostra conoscenza, in nessun’altra realtà italiana; una scelta regressiva su cui si è trovato il consenso unanime di amministratori regionali, sindaci, prefetti e magistrati; una decisione che disonora il passato della Toscana che fu realmente tra le prime regioni a battersi per l’abolizioni dei manicomi e che oggi ribadisce il binomio carcere/manicomio già proprio dell’ospedale psichiatrico giudiziario.
Con questa delibera, contraria alla legge 81, che già ha suscitato molte proteste – dalle Associazioni come Psichiatria Democratica e Stop OPG fino ai detenuti di Solliccianino e al Garante dei Detenuti della Toscana – la Regione Toscana ha creato le condizioni per il proprio Commissariamento così come previsto dalla legge stessa per le regioni inadempienti (e in questo caso l’inadempienza non è solo formale ma di contenuto!).
Cesare Bondioli, Responsabile Carceri e OPG, Psichiatria Democratica
Chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. La giravolta della Regione Toscana nel comunicato di Psichiatria Democratica
DOPO MONTELUPO
Oplà! Con una (speriamo) ultima giravolta – Delibera 565 del 27.4.2015 – la Regione Toscana si è rimangiata la sua delibera (380/15) di trasferimento degli internati toscani da Montelupo a Solliccianino (decisione che aveva sollevato unanimi e sdegnate critiche) individuando la REMS a vigilanza intensiva perimetrale nel Padiglione Morel di Volterra – che già ospitava un modulo residenziale per dimessi opg – e una struttura intermedia per l’Area Vasta Centro a Villa Guicciardini a Firenze.
In articulo mortis (e anche un po’ oltre) la Regione è forse riuscita ad evitare il Commissariamento anche se questa eventualità, considerata l’incapacità dimostrata in questi anni a gestire il superamento dell’opg, avrebbe messo un po’ di ordine e coerenza nel sistema.
Con la individuazione delle REMS provvisorie , pur con i loro limiti – soprattutto per la dimensione assunta da quella di Volterra – si apre comunque una nuova fase in cui la Regione dovrà fare quello che non ha fatto in questi anni per realizzare concretamente il superamento dell’opg senza limitarsi ad una semplice trans-istituzionalizzazione degli internati.
Per questo ribadiamo quelle che da sempre sono state le nostre richieste e proposte.
Chiediamo pertanto che:
1. La Regione istituisca immediatamente un gruppo di lavoro dedicato – una task force – con i Responsabili dei DSM e dei SerT (molti internati hanno una doppia diagnosi) per formulare o riformulare i programmi di dimissione. Non è possibile che quasi l’80% dei presenti a Montelupo risulti non dimissibile quando la media negli altri opg oscilla tra il 10 e 20%; i “folli-rei” toscani sono forse antropologicamente diversi dagli altri?
Il gruppo di lavoro deve avere un Responsabile certo e dotato degli stessi poteri di un Commissario ad acta .
Sarebbe utile che al gruppo partecipassero rappresentanti dei servizi sociali nonchè della società civile e/o delle associazioni del territorio.
2. Per applicare correttamente la Legge 81/14 occorre un continuativo collegamento tra Magistratura e Servizi di Salute Mentale. La Regione si faccia parte diligente, così come hanno fatto altre Regioni (v. Emilia Romagna) con ottimi risultati, per istituire un Tavolo Permanente tra Magistrati e operatori dei servizi che affronti tutte le problematiche connesse all’applicazione concreta della legge con l’obbiettivo di giungere ad un Protocollo operativo sottoscritto e vincolante per tutti i soggetti interessati.
3. Le Rems siano realmente provvisorie nella prospettiva di superarle restituendo, quanti più possibile, gli ospiti a strutture di piccole dimensioni, nel loro territorio di provenienza, gestite direttamente dal DSM di competenza al di fuori di ogni logica concentrazionaria e neo-istituzionalizzante.
4. Venga perciò abbandonato il progetto di costruire ex novo una REMS definitiva impiegando diversamente il relativo finanziamento tanto nelle suddette piccole strutture quanto soprattutto nel potenziamento degli organici dei servizi di salute mentale
Arezzo/Napoli, 29.4.2015
Cesare Bondioli – Resp. Naz. Carceri e OPG Psichiatria Democratica