Università Popolare della Salute

UniversitàPopolarePier Mario Demurtas

L’Università Popolare non si colloca in un preciso luogo geografico, ma è itinerante. Esiste ovunque le persone abbiano il desiderio di trasformarla in azione. L’idea di fondo è che ogni persona, ciascuna con le proprie esperienze e competenze, possa partecipare alla costruzione di un sapere sulla salute. All’interno di questo dispositivo idee e narrazioni possono circolare liberamente, senza la necessità che qualcuno stabilisca chi è autorizzato a parlare di salute e chi no.


Nell’ottobre del 2014 un gruppo di persone si è riunito per gettare le basi di un’Università Popolare della Salute. Mentre si svolgeva un rapido giro di presentazioni, una delle persone che partecipavano all’incontro scelse di definirsi: “allieva indisciplinata dell’Università Popolare”. Questa affermazione strappò immediatamente un sorriso a tutti i presenti, ma allo stesso tempo sembrò perfettamente calzante col percorso che si era delineato nei mesi precedenti.

Tutto ebbe inizio verso la fine del 2012, quando stava volgendo al termine un’esperienza di cantiere di socioanalisi narrativa dell’istituzione medica che aveva coinvolto diverse persone (molte delle quali medici in formazione, insieme a persone che per varie ragioni avevano attraversato questa istituzione) e che aveva portato alla pubblicazione del libro “Medici senza camice, pazienti senza pigiama” (ed. Sensibili alle Foglie, 2013). Questo percorso durato oltre un anno, partendo dalla condivisione di esperienze vissute dai partecipanti, si era proposto di analizzare alcuni dei dispositivi di potere che operano all’interno dell’istituzione medica e che sono alla base del malessere che possono provare le persone che la vivono o la attraversano (operatori, persone in formazione, pazienti, parenti…).

Il lavoro del cantiere si era soffermato sull’analisi del sapere medico, e su come questo venga prodotto, conservato e trasmesso. È stato soprattutto messo in luce il modo in cui il periodo di formazione medica agisce sulle persone che intraprendono questo percorso di studio, riducendole ad oggetti passivi dell’insegnamento. Attraverso una “didattica implicita” (curriculum nascosto), gli studenti costruiscono il proprio ruolo di medico, la propria identità di gruppo, vengono inseriti in una rigida scala gerarchica, ed imparano presto le regole non scritte che disciplinano i rapporti tra medici e altre figure coinvolte nei percorsi di cura. Parallelamente, l’istituzione medica lavora anche al fine di costruire il ruolo del paziente come oggetto passivo, portatore inerte di sintomi e alterazioni patologiche che devono essere ricondotte alla norma, senza riconoscerne la dignità di soggetto attivo nel processo di cura e negando ogni “fattore disturbante” (derivante dalla sua esperienza di vita) che possa interferire con un modello di salute incentrato esclusivamente sulla biologia e sulla tecnica.

È in questo modo che, all’interno dell’istituzione medica, viene a realizzarsi un paradosso: il luogo che dovrebbe occuparsi della sofferenza delle persone diviene un luogo che genera ulteriore sofferenza, sia nelle persone ammalate, sia nelle persone che vi lavorano o si formano per poterlo fare.

In questo senso si può dire che il sapere medico è un sapere disciplinare, nell’accezione che Foucault dà di disciplina: Come sorvegliare qualcuno, come controllarne la condotta, il comportamento, le attitudini, come intensificare la sua prestazione, moltiplicare le sue capacità, come collocarlo nel posto in cui sarà più utile: ecco cos’è, per me, la disciplina…(Archivio Foucault, n 3, “Le maglie del potere 1981”, Milano, Feltrinelli, 1998, p. 162.)

L’Università Popolare della Salute muove quindi i suoi primi passi dal rifiuto di questo sapere disciplinare e getta le sue basi nel desiderio di provare a costruire un sapere sulla salute inclusivo, collettivo e in divenire. In questo senso tutte le persone del gruppo sono forse diventate“alliev* in-disciplinat*”.

I principi dell’Università Popolare

L’Università Popolare non si colloca in un preciso luogo geografico, ma è itinerante. Esiste ovunque le persone abbiano il desiderio di trasformarla in azione.

L’idea di fondo è che ogni persona, ciascuna con le proprie esperienze e competenze, possa partecipare alla co-costruzione di un sapere sulla salute; all’interno di questo dispositivo quindi, idee e narrazioni possono circolare liberamente, senza la necessità che qualcuno stabilisca chi è autorizzato a parlare di salute e chi no. Non sono quindi previste strutture gerarchiche o comitati organizzatori che proporranno dei corsi. Piuttosto, ogni persona che si riconosce in questo percorso può liberamente proporre iniziative, seminari, corsi, laboratori che saranno organizzati “nel segno dell’università popolare”. Ogni persona ha la libertà di scegliere il luogo e le modalità dell’iniziativa che propone.

Poiché l’approccio proposto è conoscitivo e trasformativo al contempo, diventa fondamentale mantenere sempre vivo uno sguardo su come i processi vengono portati avanti, e quindi un’attenzione costante alle metodologie (sia decisionali che formative). Sarà quindi sempre aperto uno spazio di autoriflessione e valutazione del percorso, su ciò che viene fatto e sul come e perché viene fatto.

Il timbro

L’Università Popolare si è dotata di un logo, o meglio di un timbro, che ha una duplice valenza. Da una parte, poiché il timbro è lo strumento attraverso il quale l’istituzione concede un’autorizzazione, si vuole giocare con la burocrazia, dal momento che, nel caso dell’Università Popolare, non ci sarà nessuna istituzione autorizzante, ma ognuno timbrerà le proprie iniziative in autonomia. Da un altro punto di vista, le onde che rimandano al timbro postale vogliono evocare un messaggio che circola liberamente come la posta, e può raggiungere qualunque luogo e persona.

Non si tratta però di un simbolo statico e definitivo, ma di uno strumento soggetto continuamente a variazioni (e sovversioni) creative da parte di chiunque voglia formulare altre proposte.

I primi passi

In questi mesi stanno nascendo le prime proposte di corso. Quelle elencate sono solo le prime tra le proposte che stanno iniziando a prendere vita:

  • Prendersi cura di sé e degli altri. Un percorso di condivisione collettiva a partire da tre domande guida: Cosa vuol dire prendersi cura di sé e degli altri? Come ci si prende cura di sé e degli altri? Cosa ci impedisce di prendersi cura di sè e degli altri?
  • Corso di medicina per pazienti senza pigiama e medici senza camice. Un corso che vuole contribuire a diffondere i saperi sulla salute e sulla malattia propri della medicina convenzionale al di fuori del contesto accademico e tecnico, restituendoli così alle persone.
  • Ceçi n’est pas une blouse (questo non è un camice). Una serie di seminari di formazione per operatori socio-sanitari e studenti nei quali affrontare alcuni aspetti clinici e di ricerca. Particolare attenzione verrà posta a come i saperi clinici vengono costruiti e al tipo di pratiche che ne conseguono.
  • Seminari sulla storia delle conquiste sulla salute in Italia. Riflessione sui percorsi che hanno portato all’istituzione del Sistema Sanitario, alla legge Basaglia e alla legge 194.
  • Ciclo di incontri sul fine vita e la condizione di inguaribilità. Riflessione collettiva su queste tematiche a partire da testi e video.
  • Incontri di auto-formazione sulla Nuropsichiatria Infantile. Ciclo di incontri organizzato da persone che a vario titolo (medici, speciaizzandi, psicologi, insegnanti…) lavorano nell’Istituto di Neuropsichiatria Infantile de La Sapienza, ma aperto a tutti, in cui ci si confronta su tematiche di vario genere inerenti il lavoro svolto nella clinica neuropsichiatrica.

I primi passi sono quindi già stati fatti, e il percorso che si è delineato in questi mesi continuerà finché il desiderio di farlo sarà vivo. Perché, sempre per dirla con Foucault, “dobbiamo capire che con i nostri desideri, attraverso i nostri desideri, si creano nuove forme di relazione, nuove forme d’amore, nuove forme di creazione”. (Dits et écrits 1954-1988, a cura di D. Defert e F. Ewald, Gallimard, Paris 1994)

Come partecipare

L’Università Popolare è aperta a tutti e per essere iscritti è sufficiente farne richiesta all’indirizzo email: medicisenzacamice@gmail.com. Si verrà inseriti all’interno della mailing list che mette in comunicazione i/le partecipanti all’interno della quale vengono proposti i corsi e le assemblee.

Pier Mario Demurtas, Gruppo Medici Senza Camice – Roma

 

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