Rifugiati: nessuno all’altezza della situazione?
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- 3 Novembre 2016
La confusione fra “migranti”, “profughi” e “rifugiati” viene spesso usata strumentalmente per aggirare le leggi internazionali e offuscare le norme morali. È ovvio che non tutti i “migranti” abbiano i requisiti per essere considerati “rifugiati”. È altrettanto ovvio che è ben difficile stabilire chi sia un rifugiato e chi no senza un (lungo) processo di identificazione ed accertamento. Molte delle misure prese da molti paesi e molte che sono in preparazione, tendono ad espellere, o escludere, tutti i “migranti” o “profughi” o comunque li si voglia chiamare, in assenza di ogni procedura di identificazione ed accertamento.
Il problema dei rifugiati è complesso e indissolubilmente legato ad altri altrettanto complessi: flussi migratori, guerre, terrorismo, povertà, disuguaglianze, oppressione, traffico di esseri umani, traffico di organi, schiavitù, crisi economica, xenofobia, razzismo, cambiamenti climatici. C’è molta confusione nei termini usati che, pure, hanno una loro importanza giuridica. Si parla, spesso indifferentemente, di “crisi migratoria” o di “crisi dei rifugiati”. Ovviamente, non tutti i migranti sono rifugiati. A rigor di termini, nemmeno quelli di loro che possono rientrare in tale categoria, perché fuggono da guerre, persecuzioni e violenze, lo sono. Sono potenziali “richiedenti asilo”. Diventeranno, eventualmente, “rifugiati”, una volta che, esaminati i loro casi, verrà loro riconosciuto tale status. Distinguere i potenziali rifugiati, con diritto alla protezione internazionale, dai cosiddetti “migranti economici” richiede risorse. Occorre accogliere coloro che arrivano, ospitarli in strutture adeguate, nutrirli, identificarli, ascoltare le loro storie, vagliarle, decidere se accordare o meno lo status di rifugiato e, eventualmente, espellere chi non ne abbia diritto. Queste procedure richiedono non solo strutture adeguate ma, anche, personale competente, finanziamenti e tempo. Molto tempo. All’interno dell’Unione Europea il loro espletamento richiede, in media, sei mesi; si arriva a 12 in Belgio e Ungheria, 24 in Italia (con il 60% di rifiuti), 36 nel Regno Unito e a Cipro[1]. Alla fine del 2015, il numero dei “migranti internazionali”, le “persone che vivono in un paese diverso da quello in cui sono nate”, era stimato a circa 244 milioni, una crescita del 41% rispetto al 2000[2]. Questa cifra include 21.300.000 “rifugiati”.
Alcune cifre
La cosiddetta “crisi dei rifugiati” non è Europea ma planetaria. E non è nemmeno “soprattutto” Europea. In un ottimo documento pubblicato il 4 ottobre scorso, Amnesty International sottolinea che dieci paesi, le cui economie, combinate, rappresentano il 2,5% di quella mondiale, ospitano più della metà dei rifugiati nel mondo[3]. L’ultimo rapporto dell’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) riporta il numero record di 65.300.000 persone sradicate dalle loro case e dalle loro terre. Di queste, 21.300.000 sono rifugiati perché, in fuga da guerre e persecuzioni, hanno oltrepassato un confine internazionale. Questa cifra include i Palestinesi che vivono da rifugiati dalla fondazione dello Stato di Israele, e i loro discendenti. Sono circa 5.200.000: la più vecchia e consistente popolazione di rifugiati al mondo. Non sono tutelati dall’ACNUR ma dall’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestinians Refugees in the Near East) creata l’8 dicembre 1949. Gli sfollati, cioè coloro che, costretti a fuggire, non hanno lasciato il proprio paese, sono 40.800.000. Circa 3.200.000 persone hanno fatto domanda di asilo in un paese straniero e attendono un risposta. Il 54% dei rifugiati proviene da tre paesi: Siria (4.900.000), Afghanistan (2.700.000) e Somalia (1.100.000); il 51% è costituito da bambini. L’86% si trova nei cosiddetti Paesi in via di Sviluppo, vale a dire, nei paesi poveri. Fra questi, quelli più poveri ne ospitano il 26%. I paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia (2.500.000), Pakistan (1.600.000), Libano (1.100.000, per lo più Siriani), Iran (979.400), Etiopia (736.100) e Giordania (664.100, per lo più Siriani). Per quanto riguarda Libano e Giordania, le cifre riportate non considerano la presenza, rispettivamente, di 450.000 e 2.117.361 rifugiati Palestinesi. Dal 2011, quando è iniziata la guerra in Siria, il Regno Unito ha accolto 8.000 rifugiati Siriani, gli USA 12.000, Russia, Cina e Stati del Golfo, nemmeno uno[4]. I dati sopra riportati sono approssimati per difetto. E non solo perché si riferiscono alla fine del 2015. Molte persone in fuga sfuggono anche alle statistiche. Ad esempio, i 2.700.000 rifugiati Afghani di cui sopra, sono quelli ufficialmente registrati come tali. Si stima che, nei paesi vicini, ce ne siano almeno altri 3.000.000 non registrati[5]. Infine, c’è una categoria di persone che sfugge a queste statistiche: gli “stranded”. Letteralmente, gli “intrappolati”. Coloro che si trovano in situazioni drammatiche ma non riescono a fuggire. Da quando la Giordania ha chiuso le proprie frontiere per motivi di sicurezza, ci sono circa 75.000 Siriani bloccati nel deserto[6]. Ma gli stranded sono centinaia di migliaia e si trovano in tutti i teatri di guerra, da quelli di cui molto si parla, come la Siria, a quelli di cui poco si parla e si sa, come lo Yemen, il Bacino del Lago Ciad, gli Stati di Rakhine, Kachin e Shan nella Birmania e altri ancora.
Gli arrivi attraverso il Mediterraneo
Al 20 settembre di quest’anno, erano circa 300.000 le persone arrivate in Grecia e in Italia via mare. Nello stesso periodo, l’anno scorso, erano state 520.000. In Grecia ne sono arrivate 165.750, contro le 385.069 del 2015. In Italia ne sono arrivate 130.411 contro le 132.071 dell’anno scorso. Le richieste di asilo nel nostro paese sono quasi raddoppiate in un anno e, attualmente, circa 158.000 persone sono ospitate nelle strutture di accoglienza. Il 48% degli arrivi in Grecia è costituito da Siriani, il 25% da Afghani, 15% da Iracheni, 4% da Pakistani e 3% da Iraniani. Diverse le nazionalità più rappresentate negli arrivi in Italia: Nigeria 20%, Eritrea 12%, Gambia, Guinea, Sudan e Costa d’Avorio 7% ciascuno. Le persone morte in mare nel 2016 sono state, fino al 20 settembre, 3.211; erano state 3.771 nell’intero 2015.
Il fallimento di un piano modesto
È passato un anno da quando l’UE ha reso noto il suo piano per Il ricollocamento di 160.000 rifugiati. Fino ad ora ne sono stati ricollocati meno di 5.000: 3.791 dalla Grecia e 1.156 dall’Italia. Il 3% del già molto modesto obiettivo iniziale[7]. Il referendum tenutosi il 2 ottobre in Ungheria riguardava il ricollocamento di 1.294 persone. L’Ungheria ha circa 9 milioni di abitanti e l’intera Unione Europea, circa 510 milioni. Il Libano ha circa 4,5 milioni di abitanti e più di 1,5 milioni di rifugiati (1.100.000 Siriani e 450.000 Palestinesi). La Giordania ha 6,5 milioni di abitanti e più di 2.700.000 rifugiati (664.100 Siriani e 2.117.361 Palestinesi). Queste cifre si commentano da sole. Il 6 ottobre scorso, in seguito al salvataggio in mare di circa 11.000 persone in due giorni, il Vicepresidente del Senato Italiano, Gasparri, ha affermato che occorre sospendere i soccorsi per interrompere l’“invasione” del nostro paese[8]. In altre parole, sarebbe stato meglio lasciare annegare le 11.000 persone di cui sopra. E sarà bene lasciare annegare le migliaia che seguiranno. Sommessamente ci permettiamo di consigliare al Senatore la lettura di “Lacrime di sale” del Dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa[9]. Sommessamente.
Storie dimenticate e leggi ignorate
La Convenzione per la protezione dei rifugiati, quando fu promulgata nel 1951, riguardava esclusivamente i rifugiati che si trovavano in Europa come conseguenza della seconda guerra mondiale. Si stima che fossero circa 40 milioni[10,11]. In altre parole, quasi il doppio dei rifugiati presenti oggi nel mondo e quasi dieci volte quelli presenti in Europa. Circa 14 milioni erano tedeschi espulsi da vari paesi dell’Europa meridionale e orientale[12]. Solo nel 1967 fu aggiunto alla Convenzione un Protocollo che ne estendeva il mandato ai rifugiati del resto del mondo. Attualmente, 144 paesi hanno aderito alla Convenzione. Per i paesi firmatari, la protezione dei rifugiati dovrebbe essere un dovere non solo morale ma anche legale. Un dovere che viene sempre più frequentemente eluso. La confusione fra “migranti”, “profughi” e “rifugiati” viene spesso usata strumentalmente per aggirare le leggi internazionali e offuscare le norme morali. E’ ovvio che non tutti i “migranti” abbiano i requisiti per essere considerati “rifugiati”. E’ altrettanto ovvio che è ben difficile stabilire chi sia un rifugiato e chi no senza un (lungo) processo di identificazione ed accertamento. Molte delle misure prese da molti paesi e molte che sono in preparazione, tendono ad espellere, o escludere, tutti i “migranti” o “profughi” o comunque li si voglia chiamare, in assenza di ogni procedura di identificazione ed accertamento. E questo, in base alla Convenzione del 1951, in base all’Articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 e in base alla pratica internazionale consolidata, è illegale. Oltre ad essere moralmente sbagliato.
- Europadreaming. Cosa succede quando il sogno europeo incontra il sogno dei migranti?
- United Nations Department of Economic and social affairs, International Migration Report 2015
- Tackling the global refugee crisis: from shirking to sharing responsibility. Amnesty International, 04.10.2016
- Global Trends. Forced displacement in 2015. Ginevra: UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), 2016.
- What’s driving the Global Refugee crisis? ICG (International Crisis Group), 15.09.2016
- Syria-Jordan border: 75.000 refugees trapped in desert no man’s land in dire conditions. Amnesty International, 15.09.2016
- As 300.000 cross the Mediterranean this year, UNHCR calls for admission pathways for refugees and speedy relocation out of Italy and Greece. UNHCR, 20 settembre 2016
- Stranierinitalia.it, Gasparri: È invasione, interrompere le operazioni di soccorso
- Bartolo P, Tilota L. Lacrime di sale la mia storia quotidiana di medico di Lampedusa, tra lacrime e speranza, Mondadori editore, 2016.
- Chalabi M. What happened to history’s refugees?, The Guardian Data Blog, 25.07.2013
- Kulischer EM. Europe on the move: War and Population Changes 1917 – 1947. Columbia University Press, 1948.
- Douglas RM. Orderly and humane: the expulsion of Germans after the Second World War, Yale University Press, 2012.