Voto Trump e non mi vaccino

TrumpPier Luigi Lopalco

Se lo scetticismo vaccinale, nato sul web, viene alimentato perfino da forze politiche emergenti che raccolgono consensi sempre crescenti, allora l’impegno e le strategie da mettere in campo da parte della sanità pubblica devono essere di alto livello. Serve maggiore ricerca per disegnare strategie efficaci. Probabilmente bisognerà ripartire dalla scuola.


Le riflessioni e i commenti sulla elezione (quasi) a sorpresa di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti in queste settimane di certo non mancano. Molte perplessità e manifestazioni di preoccupazione sono riferite al possibile impatto sulla salute pubblica che la minacciata contro-riforma sanitaria, con la cancellazione dell’Obamacare, possa produrre. Inoltre non bisogna sottovalutare tutte le esternazioni che nel corso degli ultimi anni Trump ha fatto in tema di vaccinazioni, avallando il legame fra vaccini e autismo e dichiarandosi apertamente contrario al fatto che i bambini “debbano ricevere una dose massiccia di tanti vaccini”.

Trump ha basato il suo successo presentandosi come nemico del cosiddetto establishment, parlando direttamente (grazie al suo potere economico) ad una massa di cittadini disorientati e scontenti. È la prova definitiva, se ancora ce ne fosse stato bisogno, della crisi profonda di ogni agenzia di mediazione. La fine della mediazione, esemplarmente rappresentata dalla impotenza dei partiti tradizionali, coinvolge qualsiasi forma di autorità, non solo politica. Anche la scienza e la medicina diventano sospette. Trump si mostra sospettoso nei confronti dei vaccini perché sa che il suo elettorato lo approva e lo segue in questa sua battaglia. Non è un caso che tanti rappresentanti di altri movimenti populisti in Italia ed Europa, gli stessi che hanno salutato Trump se non come un eroe delle masse, certamente come un segnale positivo del vento che cambia, hanno spesso manifestato posizioni anti-vacciniste.

Che ruolo ha avuto la diffusione di Internet in tutto questo? La grande rivoluzione del web è stata quella di rendere disponibile a ciascuno ogni forma di conoscenza specialistica. Quello che fino a un paio di decenni fa era un sapere ristretto nelle mani di pochi che avessero accesso alle risorse universitarie, oggi può essere ritrovato in pochi secondi con un click. Questa disponibilità di conoscenze, però, che ogni studioso nel mondo ha accolto come la manna dal cielo, d’altro canto ha ingenerato in una vasta maggioranza di utenti del web la falsa consapevolezza che ciascuno può risolvere da solo ogni problema. Sia esso il montaggio di uno scaldabagno o la diagnosi di un linfoma. Su internet si trova tutto. In questo scenario, il medico e lo scienziato, che fino ad oggi avevano rappresentato un riferimento fondamentale in quanto unici mediatori fra il cittadino/utente e la pletora di conoscenze scientifiche, perdono la loro autorevolezza. Ed è proprio nella nuvola del web che si diffonde la disinformazione, nascono le teorie del complotto e si alimenta il populismo. I vaccini sono le prime vittime a cadere sotto i colpi del populismo. Le vaccinazioni, infatti, sono promosse da medici, governi, istituzioni sanitarie internazionali, tutti agenti mediatori senza più autorevolezza, anzi rappresentanti dell’establishment da abbattere.

Se lo scetticismo vaccinale, nato sul web, viene alimentato perfino da forze politiche emergenti che raccolgono consensi sempre crescenti, allora l’impegno e le strategie da mettere in campo da parte della sanità pubblica devono essere di alto livello. Serve innanzi tutto una forte consapevolezza del fatto che questo fenomeno non si combatte né a botta di spot né con un semplice aumento della presenza della sanità pubblica sul web. Quest’ultima è necessaria, ma non certo sufficiente. Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano come il cosiddetto debunking, cioè l’attività sistematica di correzione della disinformazione sul web, non migliora comunque l’atteggiamento negativo verso la vaccinazione[1,2]. Serve dunque maggiore ricerca in questo campo per disegnare strategie efficaci. La sanità pubblica, già sotto pressione dalla continua riduzione di risorse e motivazione professionale, è chiamata a rispondere a sfide sempre più difficili. Università, enti di ricerca e servizio sanitario devono stringere una forte alleanza per superare questa “crisi della mediazione”. Probabilmente bisognerà ripartire dalla scuola. Capire che le strumentalità di base, leggere, scrivere e far di conto, devono oggi essere velocemente integrate con la capacità di discernere fra la messe infinita di conoscenze disponibili sul web.

Pier Luigi Lopalco, Professore Ordinario di Igiene, Università di Pisa

 

Bibliografia

  1. Brendan Nyhan, Jason Reifler. Does correcting myths about the flu vaccine work? An experimental evaluation of the effects of corrective information. Vaccine, 2015; 33(3): 459-464
  2. Brendan Nyhan, Jason Reifler, Sean Richey, Gary L. Freed. Effective Messages in Vaccine Promotion: A Randomized Trial. Pediatrics, 2014; 133(4): e835

 

 

3 commenti

  1. Trovo questo articolo abbastanza fuori fuoco, per visione e approfondimento, purtuttavia figlio di generalizzazioni e semplificazioni molto diffuse in questi tempi.
    Prima di tutto, è vero che internet è diffuso ovunque, ma se uno vuole informazione medica fatta bene e seria deve consultare delle riviste a pagamento, cui sicuramente il 99,99% delle persone non può accedere (se non altro perché sono in lingua inglese e “difficili”). Pertanto, si debbono accontentare di informazioni di prima mano, spesso di basso livello. Ma la colpa vogliamo davvero darla a loro? Oppure agli avvoltoi dell’informazione sponsorizzata, che colmano il vuoto lasciato dai sistemi sanitari, quando la maggior parte delle persone rimane senza un riferimento, sia in termini informativi che di rapporto di fiducia personale?
    In secondo luogo, è azzardata e non supportata dai fatti la generalizzazione che chi vota Trump è contro i vaccini. Il repubblicano è stato votato da 61,9 milioni di americani. I bambini vaccinati negli Stati Uniti sono sempre più dell’80%, con punte di 98-99% a seconda del vaccino. Inoltre, gli studi su chi ha votato repubblicano e su chi non vaccina i figli mostrano una distribuzione percentuale che non combacia.
    Dov’è questo elettore disinformato, ignorante, contro i vaccini e a favore delle scie chimiche? Se davvero fosse lui a votare Trump, non sarebbe stato eletto, perché ampiamente sottorappresentato.

    1. Trovo questo commento abbastanza fuori fuoco, per visione e approfondimento, purtuttavia figlio di generalizzazioni e semplificazioni molto diffuse in questi tempi. A parte la battuta, provo a ribattere puntualmente alle sue critiche.
      Non è vero che su internet la buona informazione sia tutta a pagamento o specialistica. Vero è che gran parte delle buone risorse sulle vaccinazioni sia in inglese (CDC, ECDC, Agenzia canadese), ma è anche vero che sia sul sito del Ministero, sia su Epicentro che su Vaccinarsi, si può trovare ottima informazione gratis. Comunque gli elettori di Trump l’inglese lo parlano (non so in quanti lo sappiano leggere). Quindi tutto questo vuoto informativo dei sistemi sanitari (sul web) non lo vedo.
      Secondo, non ho detto che chi vota Trump è contro i vaccini. Il problema è che Trump, come altri populisti in Italia e Europa, ha inseguito il voto degli antivaccinisti. Questo voto può valere fino al 5% dell’elettorato e, quindi, può fare la differenza. Il politico che non ha pelo sullo stomaco questo lo sa e sposa la causa antivaccinista. Quindi, escludendo la proprietà transitiva, non tutti quelli che votano i Trump sono antivaccinisti, ma gli antivaccinisti sono più propensi a votare i Trump.
      Questo, in parole più povere, quello che intendevo dire nel mio breve articolo

      1. Lei cita fonti secondarie. I prezzi raggiunti dalle fonti primarie sono un problema attuale, ma capisco che chi lavora in centri dove ogni database è a disposizione fatichi a riconoscerne le criticità.
        Che gli antivaccinisti votino sopratutto Trump ripeto che è una conclusione del tutto sua e non supportata da fatti. E dal momento in cui si dovrebbe parlare di scienza, mi pare che sia seriamente insostenibile.

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