La nuova sanità veneta

Claudio Beltramello

Nel 2015 il Ministero della Salute aveva indicato una ULSS del Veneto (Alta Padovana) quale migliore ASL d’Italia sulla base di criteri d’efficienza e di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Una ULSS di 300 mila abitanti, probabilmente il livello ottimale per governare al meglio la complessità di un’organizzazione sanitaria. Ma anche in Veneto ha prevalso la Merger Mania, l’ossessione della fusione delle ASL, nella recente riforma del servizio sanitario regionale.

 

Premessa

I caratteri distintivi del servizio sanitario veneto sono stati i seguenti:

  • La presenza ASL relativamente piccole (22 in totale) ma che includessero sia i servizi territoriali che ospedalieri (le uniche Aziende Ospedaliere in Veneto sono i policlinici universitari di Padova e Verona). Questa scelta era finalizzata a favorire l’integrazione ospedale-territorio.
  • Il mantenimento nelle ASL anche delle funzioni integrate del sociale con molte deleghe dei Comuni, tanto che in Veneto si continua a denominarle ULSS (Unità Locali Socio Sanitarie). In Veneto pertanto la direzione strategica si compone di un Direttore Generale, un Direttore Sanitario, un Direttore Amministrativo ed un Direttore dei Servizi Sociali.
  • La presenza di un’organizzazione territoriale molto articolata con distretti “forti” e le Conferenza dei Sindaci con un ruolo di programmazione e verifica sostanziale.
  • La riduzione progressiva del numero di ospedali e soprattutto del numero di posti letto per pazienti acuti, fino a giungere nel 2016 al fatidico 3 posti letto per acuti per 1000 abitanti con un tasso di ricovero vicino al 140 per 1.000 abitanti.

Negli ultimi 10 anni, come tutte le altre Regioni, il Veneto ha iniziato a risentire del mancato aumento delle risorse destinate al SSN ed in particolare del blocco del turnover del personale che ha generato importanti carenze in quanto il personale sanitario era già proporzionalmente molto più basso rispetto alla media nazionale.

La definitiva certezza che una riforma sanitaria in Veneto sarebbe avvenuta è giunta con la campagna elettorale della primavera del 2015 per il governo della Regione. Tutti i candidati avevano incluso nel loro programma elettorale il fatto di voler ridurre il numero di ULSS per “risparmiare risorse negli ambiti amministrativi e renderli disponibili per i servizi ai cittadini”. Peraltro in un convegno del gennaio dello stesso anno intitolato “Gli Stati generali della Sanità Regionale in Veneto” è stata prospettata per la prima volta la possibilità di istituire l’Azienda Zero, una sorta di service delle ULSS per unificare alcune funzioni amministrative quali gli appalti, la gestione del personale e molto altro. Poco dopo la sua rielezione, il Governatore del Veneto Luca Zaia ha infatti presentato la prima bozza di riforma in linea con quanto già impostato nell’ultimo anno del suo precedente mandato.

I contenuti della Riforma

Dopo un iter legislativo molto articolato e lungo (quattro mesi di lavoro del Consiglio Regionale ininterrotti e dedicati esclusivamente alla riforma sanitaria), partendo da posizioni divergenti tra maggioranza (Lega e Forza Italia) e minoranze (PD, M5S, Lista Tosi) si è giunti al testo finale (Pdl 23/2015 poi LR 19/2016) approvato nell’ottobre 2016 con i soli voti della maggioranza ed entrato in vigore il primo gennaio 2017 i cui contenuti principali sono di seguito riportati.

  1. Istituzione dell’Azienda Zero

La normativa la definisce come “l’Azienda per la razionalizzazione, l’integrazione e l’efficientamento dei servizi sanitari, socio-sanitari, e tecnico-amministrativi del SSR veneto”. Ente con personalità giuridica di diritto pubblico ha la finalità di contribuire allo sviluppo del SSR attraverso le seguenti funzioni:

  • Responsabilità della Gestione Sanitaria Accentrata come previsto dal DLvo 23 giugno 2011, n. 118 (armonizzazione dei bilanci e dei sistemi contabili delle Regioni); redazione del bilancio preventivo e consolidato del SSR; gestione dei flussi di cassa del finanziamento del SSR; indirizzi alle ULSS e agli Ospedali Azienda in materia contabile.
  • Gestione degli acquisti centralizzati previa valutazione della Commissione Regionale per l’Investimento in Tecnologia ed Edilizia (CRITE).
  • Selezione del personale del comparto sanità.
  • Formazione manageriale, sul rischio clinico gestendo le procedure di accreditamento ECM.
  • Gestione delle tecnologie informatiche e dei sistemi informativi con il preciso obiettivo di attivare entro un anno il fascicolo sanitario elettronico per tutta la popolazione del Veneto.
  • Responsabilità sulle assicurazioni e sul contenzioso del lavoro e sanitario.
  • Le scelte in ambito di dotazioni tecnologiche secondo i principi e metodi dell’Health Technology Assessment (HTA).
  • Razionalizzazione della logistica legata al SSR.
  • Coordinamento degli Uffici Relazione con il Pubblico.

La Giunta regionale può eventualmente incaricare l’Azienda Zero di altre competenze quali il supporto alla programmazione sanitaria e socio-sanitaria e la definizione e valutazione di alcuni obiettivi per le ULSS e Aziende Ospedaliere.

L’Azienda zero è guidata da un Direttore Generale (di formazione Economico-Giuridica nominato dal Governatore) e risponde alla Giunta regionale per tramite del Direttore Generale dell’area sanità e sociale della Regione. Il Direttore Generale è coadiuvato da un Collegio sindacale composto di tre membri con funzioni di garanzia inerenti le regolarità amministrative e contabili e l’osservanza delle disposizioni e normative vigenti.

Gli indirizzi e i fabbisogni dell’Azienda Zero sono invece stabiliti dal Comitato dei Direttori Generali che include, oltre al Direttore dell’Azienda Zero a al Direttore Generale dell’area sanità e sociale, anche tutti i Direttori Generali delle nove ULSS, delle due Aziende Ospedaliere Universitarie e dell’Istituto Oncologico Veneto (IRCCS). Tale comitato pone l’Azienda Zero non “al di sopra”, ma “al servizio” delle ULSS e AOU.

  1. Merger Mania anche in Veneto

In linea con quanto accaduto in molte Regioni italiane la Merger Mania si è diffusa anche in Veneto e il numero di ULSS è stato ridotto da 22 a 9. Le ragioni della riduzione delle ULSS riportate nei documenti ufficiali partono tutte dal presupposto (teorico) che l’aggregazione migliori l’efficienza.

È stata dunque istituita una ULSS nelle Province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso e Verona. Sono invece state istituite due ULSS per ciascuna delle Province di Venezia e di Vicenza. Vengono confermate come uniche Aziende Ospedaliere i due policlinici universitari di Padova e Verona (oltre all’Istituto Oncologico Veneto, IRCCS).

La scelta di sdoppiare in due le ULSS di sole due Province è stato oggetto di scontro politico molto acceso durante i lavori in Consiglio regionale. Le minoranze richiedevano criteri omogenei da applicare in tutti i territori ovvero due ULSS per tutte le Province con popolazione simile a quelle di Venezia e Vicenza (ovvero anche Treviso, Padova e Verona), oppure tutte ULSS provinciali. La maggioranza, a differenza di altri punti della legge (ad esempio quelli relativi alle funzioni dell’Azienda Zero e all’integrazione socio-sanitaria), ha invece deciso di non modificare l’impostazione della prima bozza.

Il risultato è che le 9 ULSS del Veneto sono estremamente eterogenee per popolazione, territorio e numero di ospedali: si va da ULSS con 200.000 abitanti sino ad ULSS di 1 milione circa di abitanti.   Va inoltre ricordato che le ULSS provinciali di Padova e Verona hanno come ulteriore peculiarità quella di avere all’interno dei loro territori le due Aziende Ospedaliere Universitarie.

Si è di fronte dunque a livelli di articolazione e complessità gestionali molto differenti i cui risultati sia in termini di equilibri economici che di qualità dei servizi sanitari garantiti alla popolazione servita dovranno essere attentamente confrontati e valutati. (Cosa peraltro prevista dall’articolo 16 della Legge).

  1. Indirizzi generali ed obiettivi indicati nel testo della riforma

All’interno della Legge sono stati ribaditi come essenziali numerosi elementi qualificanti del SSR Veneto di cui riportiamo i più rilevanti:

  • L’erogazione uniforme dei LEA su tutto il territorio regionale.
  • Il potenziamento della rete sanitaria territoriale e dei servizi integrati socio-sanitari alla persona includendo anche l’attivazione di posti letto di Ospedali di Comunità e l’aumento progressivo delle Medicine di Gruppo Integrate dei Medici di Medicina Generale.
  • La riorganizzazione dell’offerta ospedaliera secondo una logica di rete coordinata.
  • Il miglioramento della qualità delle cure pur perseguendo una maggiore efficienza del sistema (sono specificamente menzionate le dimensioni dell’efficacia, dell’appropriatezza e della sicurezza).
  • La promozione dell’integrazione tra ricerca di base ed applicata e di sperimentazioni sulle tecnologie e sull’organizzazione dei servizi.
  • La valorizzazione delle risorse umane e la urgente definizione dei fabbisogni di personale medico ospedaliero.
  • La stringente pianificazione ed implementazione di azioni finalizzate alla riduzione delle liste d’attesa.
  • La promozione della salute attraverso programmi di prevenzione primari e secondari ribadendo i ruoli e le funzioni fondamentali dei Dipartimenti di Prevenzione, Salute mentale, delle Dipendenze nonché dei Servizi Distrettuali e dei MMG.
  1. Integrazione socio-sanitaria

Merita una menzione particolare la cosiddetta integrazione socio-sanitaria essendo una peculiarità del SSR del Veneto. La riforma (sebbene nella prima bozza se ne prevedesse un forte indebolimento e con la discussione d’aula sia stata poi ripristinata), ribadisce la fondamentale importanza dei compiti anche sociali delle ASL che mantengono per questo la denominazione di ULSS (Unità Locali Socio Sanitarie).

Sono state dunque confermate sia le figure dei Direttori dei Servizi Sociali (con la nuova denominazione di Direttori dei Servizi socio-sanitari) che le Conferenze dei Sindaci organizzate sul livello dei Distretti che, salvo alcune eccezioni, coincidono con i territori delle “vecchie” ULSS.

La Conferenza dei Sindaci (ora denominata Comitato dei Sindaci del Distretto) mantiene un ruolo chiave nella disposizione dei Piani di Zona e i Piani locali per la non autosufficienza. Essi concorrono inoltre a valutare l’operato dei Direttori Generali delle ULSS.

Le legge specifica inoltre che presso ogni Distretto siano presenti “una unità operativa di Cure Primarie, una per l’Infanzia, l’Adolescenza, la famiglia e i Consultori, una per la Disabilità e la Non Autosufficienza, una per le Cure Palliative e una per l’attività Specialistica”.

Considerazioni finali

Riguardo l’Azienda zero restano delle perplessità sul fatto che possa essere effettivamente costituita a costo zero per la Regione come indicato dalla legge di riforma. Essa avrà sede a Padova, città indicata per la sua centralità in Veneto in quanto il personale dovrà essere trasferito dalle singole ULSS, fatto questo che sta creando non poche preoccupazioni ai dipendenti che si vedranno trasferiti d’ufficio in una sede di lavoro per alcuni decisamente lontana. Essendovi in Italia solo un’altra esperienza simile (Liguria) non vi sono garanzie che gli effetti di efficientamento previsti accadranno realmente. Punto cruciale sarà quello di verificare se l’Azienda Zero riuscirà a rispondere ai bisogni delle ULSS (di personale, di acquisti, ecc.) in tempi adeguati. Tuttavia solo i fatti potranno dare ragione o meno a tale scelta.

Riguardo l’accorpamento delle ULSS poniamo due considerazioni.

La prima di carattere generale sui benefici delle aggregazioni delle ASL, problema discusso ampiamente anche in altre Regioni dove le aggregazioni sono addirittura sovra-provinciali. E’ utile in tale contesto citare il fatto che nel 2015 il Ministero della Salute aveva indicato una ULSS del Veneto (Alta Padovana) quale migliore ASL d’Italia tenendo conto di efficienza e qualità dei servizi offerti ai cittadini. Una possibile riflessione che se ne poteva ricavare era che il livello ottimale per governare al meglio la complessità (se non altro in Veneto) fosse quello di una ASL di circa 300.000 abitanti come quella premiata. Ragionando per paradossi, se si trattasse solo di risparmiare il denaro degli stipendi dei Direttori Generali, Sanitari, Amministrativi, ecc. il beneficio massimo si otterrebbe istituendo un’unica ALS per Regione, o meglio ancora un’unica ASL per l’intera Nazione! Ma ovviamente vi è un limite alla complessità che ragionevolmente un singolo Direttore Generale può positivamente governare. E su questo limite non si è giunti evidentemente a pareri condivisi (anche se le evidenze iniziano ad essere disponibili…).

La seconda considerazione sugli accorpamenti delle ASL riguarda specificamente la riforma in Veneto: se da un lato vi era certamente la necessità di eliminare alcune ULSS con meno di 100.000 abitanti, dall’altro sarebbe stato più razionale ragionare su quale potesse essere il livello aggregativo ottimale e, una volta stabilito, applicarlo uniformemente. Al contrario sono stati utilizzati criteri disomogenei: fatte salvo le due Province di Belluno e Rovigo caratterizzate da densità di popolazione relativamente scarsa (200.000 abitanti circa), tutte le altre Province venete sono sovrapponibili per territorio e popolazione (900.000 abitanti circa). Pertanto, a parte Belluno e Rovigo, aver creato tre ULSS provinciali (Treviso, Padova e Verona) e due ULSS per ciascuna delle altre due Province (Venezia e Vicenza) risulta poco comprensibile. Di fatto non si è scelto un unico modello di riferimento. Personale opinione è che in Veneto probabilmente era possibile giustificare due ULSS per ciascuna delle cinque Province “maggiori” dal momento che: tutti gli ospedali, anche quelli di terzo livello, sono parte delle ULSS; la storia ha dimostrato un ottimo funzionamento delle precedenti ULSS con 3-400 mila abitanti; molte funzioni amministrative saranno accentrate con l’Azienda Zero (pertanto l’efficientamento della parte amministrativa sarebbe stato comunque ottenuto).

Una menzione positiva meritano le parti della legge che ribadiscono l’importanza fondamentale del modello socio-sanitario, della prevenzione a tutti i livelli del sistema e del rafforzamento delle funzioni dei servizi territoriali.

La riforma parte certamente da presupposti ed obiettivi razionali e condivisibili. Tuttavia se le scelte effettuate (in particolare la costituzione dell’Azienda Zero e l’aggregazione disomogenea delle ULSS) porteranno i risultati desiderati, bisognerà attendere qualche anno.

Claudio Beltramello, Medico consulente e formatore di qualità e management dei servizi sanitari

 

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