La sanità in Cina
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- 15 Marzo 2017
L’evoluzione della sanità cinese: da emblema dell’efficacia del comunismo di MaoTse-tung (sanità accessibile a tutti, priorità alle cure primarie, radicali miglioramenti della salute della popolazione) alla generale privatizzazione dei servizi (centralità degli ospedali, sanità a pagamento, rovina economica per le famiglie a causa dei costi delle cure, proteste popolari). Negli ultimi anni il governo è intervenuto garantendo un’assicurazione sanitaria quasi universale, ma ancora insoddisfacente. Le lezioni che vengono dalla Cina.
Saluteinternazionale.info ha pubblicato numerosi post dedicati alla sanità cinese (vedi Dossier Cina). Torniamo sull’argomento alla luce di un articolo recentemente comparso sul New England Journal of Medicine[1].
L’articolo – scritto da David Blumenthal e William Hsiao, tra i più noti e autorevoli analisti di politica sanitaria internazionale – all’inizio ricostruisce la complessa storia del sistema sanitario cinese sintetizzandola in quattro principali tappe storiche.
La prima fase inizia con la presa del potere da parte del Partito Comunista Cinese nel 1949. Il nuovo governo allora strutturò il sistema sanitario sulla base di quello degli altri Stati comunisti come l’Unione Sovietica e i Paesi dell’Europa Orientale. Lo Stato era proprietario e fornitore di tutti i servizi sanitari e i professionisti sanitari erano suoi dipendenti. Non era necessaria alcuna assicurazione sanitaria poiché i servizi erano perlopiù gratuiti. Una peculiarità che ebbe un discreto successo in questa fase fu l’impiego in comunità dei cosiddetti “medici scalzi” per fornire servizi essenziali di sanità pubblica e di cure primarie nei villaggi rurali. Tra il 1952 e il 1982 i tassi di mortalità infantile in Cina crollarono da 200 a 34 ogni 1000 nati vivi e furono quasi totalmente debellate malattie, come la schistosomiasi, che da secoli affliggevano il Paese.
Nel 1984 cominciò una fase nuova, caratterizzata da cambiamenti radicali per il sistema sanitario cinese. Il Partito Comunista, guidato in quegli anni da Deng XiaoPing, ridusse il ruolo dello Stato in tutti i settori economici e sociali, tra cui anche il Sistema Sanitario, per convertire la Cina in una economia di mercato. Il finanziamento governativo degli ospedali fu drammaticamente ridotto e molti operatori sanitari, tra i quali anche i medici scalzi, finirono per perdere il loro sussidio pubblico. Il governo era ancora il proprietario degli ospedali ma esercitava scarso controllo sulle organizzazioni sanitarie, che vi operavano quindi come entità for-profit in un mercato senza regole. Molti professionisti sanitari divennero imprenditori privati e i medici ospedalieri ricevevano laute ricompense se facevano crescere i profitti degli ospedali. A render ancora più drammatica l’esperienza di un sistema sanitario basato sul libero mercato fu il fatto che la maggior parte della popolazione rimase senza copertura assicurativa, dato che il governo non fornì alcuna copertura e non vi erano compagnie assicurative private. Nel 1999, solo il 49% della popolazione delle città possedeva una assicurazione sanitaria, perlopiù stipulata con imprese statali o governative, ed appena il 7% della popolazione rurale godeva di una qualche forma di copertura. Perciò, una popolazione non protetta contro il rischio di malattia si scontrava con un sistema che puntava alla sola sostenibilità economica e con una classe di medici che, non avendo avuto modo di sviluppare un’etica professionale indipendente, erano incoraggiati ad operare come imprenditori sanitari in un’economia capitalistica dalle nuove regole e dagli incentivi economici. Verso la fine degli anni Novanta, la riforma sanitaria aveva generato malcontento e rabbia nei confronti delle istituzioni sanitarie e dei professionisti del settore, spesso sfocianti in aggressioni anche fisiche verso i medici. Le proteste alimentate da tale malcontento, specialmente nelle aree rurali più povere, minacciavano la stabilità sociale ed il potere politico del Partito Comunista.
Nel 2003 cominciò una nuova fase, quando il governo cinese prese dei primi provvedimenti per mitigare la sfiducia dei cittadini verso il sistema sanitario, introducendo delle coperture assicurative per coprire le spese sanitarie ospedaliere dei residenti nelle aree rurali. La focalizzazione sulle cure secondarie fu dettata da un lato dal fatto che queste fossero molto costose e spesso conducessero le famiglie sul lastrico. D’altra parte però tale orientamento alle cure ospedaliere fu determinato dalla scarsa lungimiranza della classe politica che non vide nelle cure primarie un mezzo efficace per controllare i costi sanitari. Le autorità cinesi erano infatti molto preoccupate per il fardello finanziario creato dagli esorbitanti costi delle prestazioni ospedaliere. Tuttavia, non sorprende che le riforme del 2003 non furono sufficienti a risolvere le profonde problematiche del sistema sanitario cinese.
Nel 2008, i leader cinesi giunsero alla conclusione che fossero necessarie riforme per consolidare il sistema ed assicurare stabilità sociale. In questa fase, ancora in corso, abbandonarono ufficialmente l’esperimento di un sistema basato principalmente sui principi del mercato per impegnarsi a fornire una assistenza sanitaria essenziale per tutta la popolazione cinese entro il 2020, a prezzi accessibili. Nel 2012, un sistema assicurativo finanziato dal governo forniva al 95% della popolazione una pur molto modesta copertura (vedi anche I sistemi assicurativi nella repubblica popolare cinese). Il Paese si sforzò inoltre di creare un sistema di cure primarie.
Nonostante le riforme del 2008 siano ancora in fase di attuazione, una serie di problemi, perlopiù concernenti gli ospedali che erogano cure terziarie, continuano a dare del filo da torcere ai politici.
In primo luogo, molti ospedali terziari pubblici ma “profit-driven” hanno resistito alle ultime riforme, grazie al potere della loro lobby nella politica cinese. In secondo luogo, grosse iniquità continuano ad esistere tra la sanità nelle città più influenti e nelle aree rurali. Infine, la Cina sta lottando per costituire una classe medica professionale, fidata e di alta qualità. La più pesante eredità dell’esperimento di libero mercato del sistema sanitario cinese è stata la percezione che i medici anteponessero l’interesse economico a quello dei pazienti.
Le lezioni che vengono dalla Cina
Nonostante il sistema sanitario cinese si stia ancora evolvendo molto rapidamente, molte lezioni utili emergono dalla sua storia recente. La prima è che nei paesi a basso reddito, ma forse anche in quelli ad alto reddito, i professionisti sanitari che operano in comunità, come i medici scalzi, possono migliorare significativamente lo stato di salute delle popolazioni.
La seconda è che affidarsi quasi esclusivamente al mercato per finanziare ed erogare i servizi sanitari genera rischi che devono essere presi in considerazione. La sanità è soggetta a pericolosi fallimenti di mercato: le asimmetrie informative tra paziente e provider rendono difficili per i pazienti le scelte di salute in un libero mercato e la loro ignoranza può essere peraltro sfruttata dai medici. Il paziente quindi si sente frustrato, vulnerabile ed anche arrabbiato e questo può determinare instabilità sociale soprattutto quando i pazienti sono anche pesantemente esposti agli eccessivi costi delle cure, come è stato fino al recente passato in Cina.
La terza lezione è l’importanza della professionalità medica, che spesso è sottovalutata come elemento cardine di un moderno sistema sanitario. L’educazione dei medici durante e dopo gli studi ed i tirocini alle norme professionali e l’esistenza di società mediche che vigilano sull’applicazione di tali norme non garantiscono certo che il medico agisca solo per il bene del paziente e del pubblico, tuttavia la mancanza di una tradizione della professione medica ha complicato gli sforzi della Cina di creare una classe di professionisti sanitari su cui il governo ed i cittadini potessero fare affidamento.
Infine, l’esperienza cinese ci mostra quanto possa essere più semplice riformare il sistema assicurativo rispetto al sistema dei provider e quanto le cure primarie siano di vitale importanza nel creare un sistema efficace di erogazione delle cure.
La revisione del percorso del sistema sanitario cinese – concludono Blumenthal e Hsiao – rivela che la politica ha commesso grossi errori ma è anche stata capace di agire con flessibilità e autorevolezza nella correzione di questi. La volontà della Cina di effettuare esperimenti in materia di sistema sanitario la renderà un interessante esempio da continuare ad osservare in futuro.
L’articolo contiene – come gli altri paper della serie dedicata all’analisi dei sistemi sanitari (vedi anche Cile, Svizzera, Olanda) – un tabella sinottica con i principali indicatori di spesa sanitaria e di salute, Tabella 1, e i percorsi assistenziali “tipo” per infarto miocardico e gravidanza/parto.
Tabella 1. Cina. Principali indicatori di spesa sanitaria e di salute
INFARTO DEL MIOCARDIO
Un uomo di 55 anni senza altri problemi di salute è vittima di un infarto miocardico di moderata gravità.
La gestione dell’infarto del miocardio varia considerevolmente tra villaggi ed aree urbane in Cina e il signor Li vive in un villaggio rurale dove è coperto da assicurazione rurale. Attorno a mezzogiorno comincia ad accusare dolore al petto. Un’ora dopo chiama il medico del villaggio che arriva a casa sua dopo 30 minuti e gli somministra nitroglicerina. Poiché il dolore non viene alleviato, il dottore chiama un internista presso l’ospedale della municipalità, il quale consiglia al paziente di chiamare un’ambulanza per trasportarlo all’ospedale, a circa 30 minuti di distanza. Tuttavia, come è uso in Cina, il signor Li vuole attendere che torni la figlia dal lavoro per accompagnarlo. Così arriva in ospedale attorno alle 7 di sera.
Lì, l’elettrocardiogramma e gli enzimi miocardici confermano che si tratta di un infarto. Ha due opzioni terapeutiche: trombolisi intravenosa presso l’ospedale municipale oppure il cateterismo cardiaco presso un ospedale di terzo livello. Il suo dottore gli consiglia la seconda, dato che è troppo tardi perché la trombolisi abbia effetto.
Il signor Li esita per via delle spese di cura presso gli ospedali terziari. Il trattamento presso l’ospedale municipale richiede una compartecipazione di circa $300-600 mentre presso la struttura terziaria dovrebbe pagare $2000-2500. Il reddito annuale della sua famiglia è attorno ai $6000. Ciononostante, opta per l’ospedale terziario.
Il signor Li riceve una angiografia e due stent. Rimane in ospedale per due settimane, di cui una in terapia intensiva. Alla dimissione gli vengono prescritti aspirina, clopidogrel, un ace-inibitore, un beta bloccante, spironolattone e statina. La sua assicurazione paga il 60% dei medicinali, cioè circa $800, lasciandogli un costo out-of-pocket attorno ai $700-$800.
Il signor Li riceve scarse informazioni riguardo a misure preventive come lo smettere di fumare o il controllo dell’ipertensione e della lipidemia. Ritorna al suo villaggio senza un programma di visite presso il suo medico di famiglia.
GRAVIDANZA E PARTO
Una donna in salute di 23 anni è incinta per la prima volta.
La signora Wang vive nella Cina rurale. Le cure perinatali, che sono relativamente uniformi in tutta la Cina, si basano su un sistema tripartito per i servizi sanitari essenziali: le cliniche del villaggio o dei villaggi vicini forniscono servizi preventivi e primari basilari, i centri della municipalità, in cui prestano servizio medici di base, forniscono servizi di cure primarie più avanzati e sono anche dotati di posti letto per pazienti che richiedono osservazione ma non ricovero in ospedale, ed infine gli ospedali provinciali a cui si ricorre per cure specialistiche e ricoveri.
La signora Wang si registra presso la clinica del villaggio, come richiesto per ricevere i servizi coperti dall’assicurazione rurale cinese: cinque visite prenatali, vari test laboratoristici prenatali e postnatali, parto in ospedale e quattro visite postnatali. Nonostante i test di routine siano gratuiti, deve pagare a prezzo pieno alcuni servizi considerati elettivi, come le ecografie a tre o quattro dimensioni. Deve inoltre pagare una quota di compartecipazione tra il 10% e il 20% per il parto nell’ospedale provinciale, dotato di 300 posti letto; da notare che pagherebbe fino a dieci volte tanto in un ospedale di terzo livello.
Alla dodicesima e ventottesima settimana gestazionale, la signora Wang visita il centro sanitario della municipalità a tre miglia di distanza da casa sua per essere visitata da un medico in formazione da tre o quattro anni. Riceve i test di screening, un’ecografia e un servizio di counseling. Dalla ventinovesima settimana, si reca presso lo stesso centro ogni 3-4 settimane per controllare pressione, peso e altezza del fondo uterino. Il medico del suo villaggio esegue un follow up regolare dopo queste visite.
La signora Wang rimarrebbe in ospedale per 3 giorni per un parto normale. Tuttavia in Cina l’incidenza di parto cesareo è alta, in parte perché è più redditizio per i medici. Quando viene dimessa sarà visitata dal medico del villaggio per tre volte nel primo mese. Dopo 42 giorni ritornerà in ospedale per esami e visite.
Gino Sartor, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Firenze.
- Blumenthal D, Hsiao W. Lessons from the East — China’s Rapidly Evolving Health Care System. N Engl J Med 2015; 372: 1282-85