Cooperazione sanitaria. Un centro trapianti in Kurdistan

Ignazio Majolino, Marta Verna,  Dosti Othman

Con un progetto di capacity-building a partire dal 2016 è stato avviato a Sulaymaniyah, nel Kurdistan iracheno, un centro per il trapianto di cellule staminali, primo e unico del Paese. Tutto il progetto, dal reclutamento di una squadra di volontari fino ai primi trapianti ha occupato meno di un anno ed è stato indirizzato in particolare alla cura della ß-talassemia.


 

Il Kurdistan iracheno (Figura 1) è una regione dell’Iraq che, con una popolazione di 8.3 milioni di abitanti, ha ottenuto l’autonomia sin dal 1970. Nonostante le riserve di petrolio, a causa del conflitto con ISIS e dell’affluenza di almeno un milione di rifugiati, esso è entrato in una profonda crisi che ha coinvolto anche il sistema sanitario, che rimane tuttavia su base universalistica. L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ha finanziato il progetto, che è stato realizzato in collaborazione da volontari italiani e da addetti curdi che si sono impegnati ad investire i fondi necessari per le infrastrutture e il personale locale.

Figura 1. Il Kurdistan Iraqeno è una Regione autonoma dell’Iraq. Il progetto è basato nella città di Sulaymaniyah, situata nella provincia meridionale del Paese.

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Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE), sia autologo che allogenico, è una tecnica efficace per la terapia di patologie ematologiche e non, sia acquisite che congenite[1]. Tra le prime leucemie e linfomi, tra le seconde le emoglobinopatie (talassemie e drepanocitosi)[2]. Queste ultime sono disturbi ereditari molto frequenti in alcune aree geografiche, la ß-talassemia nel bacino mediterraneo e nel Medio Oriente, la drepanocitosi nella vasta zona sub-sahariana. Purtroppo, a causa di problemi economici e/o politici, non tutti i paesi di queste aree geografiche hanno risorse e competenze per stabilire un programma TCSE. Su un piano globale, il TCSE è ampiamente praticato, e oltre 70.000 procedure vengono attualmente eseguite ogni anno in più di 70 paesi[3], ma dove il TCSE non è disponibile un gran numero di pazienti è costretto ad emigrare, con gravi problemi sociali ed economici per le famiglie e per i rispettivi governi. In particolare il trapianto rappresenta attualmente l’unica opportunità di cura per i pazienti con talassemia, con tassi di sopravvivenza a 5 anni superiori al 90% se la procedura viene effettuata precocemente[4].

All’inizio del 2015 una delegazione ICU durante una visita all’Hiwa Cancer Hospital (HCH) di Sulaymaniyah, un’istituzione oncologica di punta nell’intera nazione iraqena, trovava un’unità sterile per il TCSE dotata di circolazione d’aria filtrata HEPA a pressione positiva, che era stata donata dalla Regione Toscana ma non era mai stata avviata. Ciò nonostante, un gran numero di bambini con ß-talassemia major venivano regolarmente inviati in India, Turchia o Giordania per ricevere un trapianto dai fratelli HLA-identici, con pesanti ripercussioni sociali ed economiche per le famiglie e per il paese. Nel 2015 il governo aveva infatti assegnato un bilancio di 6 milioni di dollari l’anno per 3 anni consecutivi ai trapianti per talassemia all’estero (India e Turchia).

Una prima visita di work-up (agosto 2015) verificava la fattibilità del progetto attraverso una griglia già impiegata con successo in altre circostanze. Il secondo passo fu la formalizzazione del progetto in base ad una call del Ministero degli Affari Esteri – Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, da parte di ICU. Un progetto, che adotta la metodologia di capacity-building, venne finalmente approvato e finanziato nel dicembre 2015.

Capacity-building è il processo attraverso il quale le persone, le organizzazioni, le istituzioni e le società sviluppano capacità di svolgere funzioni, risolvere problemi e impostare e conseguire obiettivi[5]. In particolare, nel progetto sviluppato presso l’HCH, la metodologia di capacity building ha permesso di attuare un programma sostenibile di TCSE attraverso la collaborazione con esperti nel campo della emato-oncologia, medicina trasfusionale, aferesi, malattie infettive, manipolazione cellulare, biologia molecolare e biofisica provenienti da diverse istituzioni italiane. Tutti hanno prestato la propria opera su base volontaria.  Le professioni sanitarie coinvolte sono state quelle di Medici specialisti in Ematologia, Infermieri di Ematologia dell’adulto e Pediatrica, Biologi, Tecnici di Laboratorio, e un singolo professionista di Fisica Sanitaria  dedicato al delicato problema dell’irradiazione degli emocomponenti e dell’irradiazione corporea totale.

Nel corso del progetto non sono mancati gli inconvenienti. A dicembre del 2015 sul tetto dell’edificio si è sviluppato un incendio – fortunatamente non doloso – che ha danneggiato gravemente il centro trapianti. I lavori di restauro sono iniziati solo nell’aprile del 2016 e sono terminati nel mese di luglio. Nel frattempo il progetto è stato comunque avviato attraverso la creazione di un corso intensivo iniziale di conferenze e seminari settimanali volti alla formazione del personale locale, nonché attraverso l’implementazione del metodo di coaching per infermieri e medici e la stesura dei più importanti protocolli, seguendo le indicazioni degli standard JACIE[6]. In questa prima fase la mancanza di una scala di priorità, l’assenza del lavoro di squadra e di una metodologia adeguata per la risoluzione dei problemi, la condivisione e la gestione della qualità sono stati identificati come i principali target ai quali sono stati applicati considerevoli sforzi. Nonostante la tendenza a non stabilire un albero di responsabilità trasparente ed efficace, dopo ripetuti tentativi un organigramma è stato finalmente concordato.

Veniva attuata allora una rivalutazione accurata delle aree critiche, con particolare attenzione alla microbiologia, alla tipizzazione HLA e al laboratorio di ematologia, all’unità di aferesi, alla farmacia e alla manipolazione cellulare. Veniva sviluppata una politica di controllo delle infezioni e si giungeva all’identificazione di una zona dell’ospedale con caratteristiche di decontaminazione che permettessero l’avvio di un’attività di trapianto autologo in attesa del completamento delle opere di restauro. Le tecniche di mobilizzazione, raccolta, conta e criopreservazione delle cellule staminali erano definitivamente validate[7], e il programma clinico di trapianto veniva ufficialmente avviato.

Infatti, il primo trapianto autologo era eseguito con successo nel giugno 2016 in un uomo di 40 anni con mieloma multiplo. Successivamente molti altri trapianti autologhi venivano eseguiti in pazienti con linfoma di Hodgkin, linfoma non-Hodgkin e leucemia mieloide acuta; nel frattempo la squadra pediatrica portava a termine nel mese di ottobre il primo trapianto allogenico in una bimba di 4 anni affetta da ß-talassemia major, che riceveva il midollo osseo dalla sorella di 14 anni HLA-identica. Anche questo trapianto ha avuto successo e ha aperto la strada ai successivi trapianti allogenici, non solo nella talassemia, ma anche in pazienti adulti con leucemia acuta. Il centro, oggi in quasi totale autonomia, ha effettuato un totale di 36 trapianti, di cui 29 autologhi e 7 allogenici, questi ultimi quasi esclusivamente bambini con talassemia. Una prima valutazione retrospettiva dei risultati è molto incoraggiante [8-12]. Il centro trapianti dell’HCH è stato inoltre da poco ammesso come membro nel gruppo europeo European Bone Marrow Transplantation (EBMT) e fa parte quindi di una rete che ne rafforza le capacità e le risorse.

Questo è il primo centro di TCSE nella regione del Kurdistan Iraqeno e il secondo nell’intero Iraq, ma assume già un’importanza primaria perché è l’unico ad eseguire trapianti allogenici. Nel progettare questo intervento abbiamo fatto una serie di scelte, in particolare:

  • Il luogo dell’intervento. La regione autonoma del Kurdistan è un Paese con notevoli risorse, che attraversa una grave crisi, bellica e quindi economica e umanitaria, ma che possiede in sé strumenti culturali e socioeconomici per sostenere nel tempo un programma di medicina di alta tecnologia come quello costruito da noi.
  • La metodologia. Abbiamo scelto il metodo di capacity-building, che comporta la costruzione in loco di un sistema formativo e l’elaborazione delle procedure confrontandosi momento per momento con il contesto, un metodo plastico ma potente, che è in netto contrasto con quello consueto di portare “da noi” i soggetti da formare.
  • Il donatore. La scelta è stata quella di individuare un donatore istituzionale, in questo caso l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, per la considerazione della criticità di un intervento medico di alta tecnologia in un’area di guerra ove popolazioni diverse si incrociano entrando in contatto con un’offerta sanitaria incostante e insufficiente (rifugiati, sfollati, minoranze religiose perseguitate).

Sulla base della nostra esperienza con il metodo del capacity-building è possibile costruire anche programmi di medicina ad alto contenuto tecnologico con le garanzie di sostenibilità comunemente richieste a progetti di questo genere. Il processo di globalizzazione e i cambiamenti sociali e economici in corso anche in Paesi in via di sviluppo, col mutare delle patologie e il progressivo incremento delle malattie croniche degenerative renderà in futuro indispensabile lo sviluppo di settori della medicina un tempo ritenuti esclusivo appannaggio dei Paesi “ricchi”.  La cooperazione internazionale può essere di grande utilità in questo senso, e contribuire a migliorare le capacità dei centri con programmi di formazione in loco e attraverso un intenso scambio scientifico.

A Sulaymaniyah il nostro compito non è affatto concluso; attualmente infatti un progetto approvato e finanziato da AICS prosegue il lavoro svolto, nella direzione in particolare di stabilire nell’area, un centro di eccellenza per la diagnosi e la cura delle leucemie del bambino.

 

Ignazio Majolino1,2, Marta Verna1,2,  Dosti Othman3

  1. Istituto per la Cooperazione Universitaria (ICU), Roma, Italy;
  2. Associazione Volontari Servizio Internazionale (AVSI), Milano, Italy;
  3. Hiwa Cancer Hospital, Sulaymaniyah, Iraqi Kurdistan.

Bibliografia

  1. Majhail NS, Farnia SH, Carpenter PA, et al. American Society for Blood and Marrow Transplantation. Indications for Autologous and Allogeneic Hematopoietic Cell Transplantation: Guidelines from the American Society for Blood and Marrow Transplantation. Biol Blood Marrow Transplant 2015;21(11):1863-9. doi: 10.1016/j.bbmt.2015.07.032. PMID: 26256941.
  2. Angelucci E, Matthes-Martin S, Baronciani D, et al. EBMT Inborn Error and EBMT Paediatric Working Parties. Hematopoietic stem cell transplantation in thalassemia major and sickle cell disease: indications and management recommendations from an international expert panel. Haematologica 2014, 99:811-20.
  3. Gratwohl A, Pasquini MC, Aljurf M, et al. Worldwide Network for Blood and Marrow Transplantation (WBMT). One million haemopoietic stem-cell transplants: a retrospective observational study. Lancet Haematol. 2015 Mar;2(3): e91-100. doi: 10.1016/S2352-3026(15)00028-9. Epub 2015 Feb 27.
  4. Sabloff M, Chandy M, Wang Z, et al. HLA-matched sibling bone marrow transplantation for β-thalassemia major. Blood. 2011; 117:1745-50. doi: 10.1182/blood-2010-09-306829.
  5. Garriga M. (2013): The Capacity Building Concept
  6. FACT-JACIE International Standards for Hematopoietic Cellular Therapy Product Collection, Processing, and Administration, VI edition 2015
  7. Pierelli L, Perseghin P, Marchetti M, et al. Società Italiana Di Emaferesi and Manipolazione Cellulare (SIDEM) and Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo (GITMO). Best practice for peripheral blood progenitor cell mobilization and collection in adults and children: results of a Società Italiana Di Emaferesi e Manipolazione Cellulare (SIDEM) and Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo (GITMO) consensus process. Transfusion 2012; 52: 893–905, DOI: 10.1111/j.1537-2995.2011.03385.x
  8. Majolino I, Othman D, Rovelli A, et al. The start-up of the first hematopoietic stem cell transplantation center in the Iraqi Kurdistan: a capacity-building cooperative project by the Hiwa Cancer Hospital, Sulaymaniyah, and the Italian Agency for Development Cooperation: an innovative approach. Mediterr J Hematol Infect Dis 2017; 9(1): e2017031, DOI:
  9. Majolino I, Mohammed D, Hassan D, et al. Initial results of peripheral blood stem cell mobilization, apheretic collection, cryopreservation and autologous transplantation at the Hiwa Cancer Hospital, Sulaymaniyah. 2017. Submitted for publication
  10. Hassan D, Rasool L, Verna M, et al. Hematopoietic stem cell transplantation for children with thalassemia: a start-up cooperative project in Iraqi Kurdistan. 43rd Annual Meeting of the EBMT. Marseille, March 26-29, 2017. Poster B283.
  11. Canesi M. The start-up of the first HSCT center in the Iraqi Kurdistan: joint work of Hiwa Cancer Hospital (HCH), Sulaymaniah, and the Italian Agency for Development Cooperation (IADC): Nursing Perspectives. 43rd Annual Meeting of the European Society for Blood and Marrow Transplantation (26-29 marzo 2017 – Marsiglia). Oral presentation.
  12. Sulaymaniyah Ciabatti G, Broggi C, Canesi M, Dore G, Mastria A, Sidiq H. Valutazione dell’efficacia di un programma formativo infermieristico: avvio di un Centro Trapianti Midollo Osseo nel Kurdistan Iracheno. XI Riunione Nazionale GITMO (4/5 maggio 2017 – Milano). Poster.

 

 

 

 

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